Questo
tesoro lo portiamo in vasi d’argilla (2 Cor 4,7)
I
cristiani di Corinto mettevano a confronto
l’apostolo Paolo con altri predicatori
contemporanei che parlavano con maggiore eloquenza
ed erudizione. A loro piacevano i bei discorsi, le
speculazioni filosofiche, mentre Paolo si
presentava con semplicità, senza grandi parole
suggerite dalla sapienza umana, debole e provato
nel fisico. Eppure a lui Gesù, sulla via di
Damasco, si era pienamente rivelato, e da allora
Dio aveva continuato a fargli brillare in cuore la
luce del Figlio suo e lo aveva inviato a portare a
tutti quella luce. Paolo era però il primo a
rendersi conto della sproporzione tra la preziosità
inestimabile della missione affidatagli e
l’inadeguatezza della sua persona: un tesoro in
un povero vaso di terracotta.
Quante
volte anche noi avvertiamo la nostra povertà, i
limiti, l’insufficienza davanti ai compiti che
ci sono affidati, l’incapacità di rispondere
pienamente alle esigenze della nostra vocazione,
l’impotenza di fronte a situazioni che sono più
grandi di noi. Percepiamo inoltre inclinazioni e
attrattive che ci orientano più facilmente al
male che al bene, alle quali facciamo fatica a
resistere per la debolezza della nostra volontà.
Anche noi come Paolo ci sentiamo vasi di creta.
Ci
è facile riscontrare le stesse debolezze e
fragilità anche nelle persone che ci stanno
accanto, in famiglia, così come nella comunità o
nel gruppo di cui facciamo parte.
E
come non pensare a queste parole di Paolo in
questo mese in cui si celebra la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani? Noi
cristiani nei secoli non siamo riusciti,
nonostante il tesoro che Dio ci ha dato, a vivere
in unità.
Se
guardassimo soltanto al vaso d’argilla che siamo
noi, ci sarebbe proprio da scoraggiarsi. Ciò che
invece vale, e su cui dobbiamo volgere tutta
l’attenzione, è il tesoro che portiamo dentro!
Possiamo
sperimentare il tesoro infinito che, in quanto
cristiani, portiamo dentro di noi: è la Trinità
Santissima. Mi guardo dentro e scopro come una
voragine d’amore, come un abisso, come
l’immenso, come un sole divino dentro di me.
Mi
guardo attorno e anche negli altri, al di là del
loro vaso di creta, che subito mi appare davanti
con evidenza, imparo a scorgere il tesoro che lì
inabita. Non mi fermo all’apparenza esteriore.
La luce della Trinità che abita in noi, ci ha
ricordato Giovanni Paolo Il, “va colta anche sul
volto dei fratelli che ci stanno accanto” .
Sì,
possiamo imparare a convivere con la Santissima
Trinità, fino a perderci in essa. Possiamo avere
un rapporto personale con ognuna delle tre divine
Persone, col Padre e col Figlio e con lo Spirito
Santo, in modo che sia Dio stesso a vivere e ad
agire in noi.
Che
vogliamo di più? Un solo Amore ha preso stanza
nel nostro cuore: è il nostro tesoro. Il vaso di
argilla, il nostro come quello degli altri, non
sarà più un ostacolo, non ci scoraggerà più.
Ci ricorderà soltanto che la luce e la vita che
Dio vuole sprigionare in noi e attorno a noi non
è tanto frutto delle nostre capacità umane, ma
effetto della sua presenza operosa in noi,
riconosciuta ed amata.
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