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Il 5 settembre 2000, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha
presentato una dichiarazione dal titolo Dominus
Iesus sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e
della Chiesa. Al documento è stato dato un ampio rilievo da parte dei
mezzi di comunicazione sociale con resoconti purtroppo non sempre
accurati, e spesso molto polemici. In vari ambienti, la Dichiarazione non
è stata correttamente interpretata, e tali incomprensioni hanno suscitato
delusione, ed anche dispiacere nell'ambito delle altre Chiese e Comunioni
cristiane, le quali hanno visto nel testo un modo nuovo e negativo di
considerare il movimento ecumenico, che si poneva in contrasto con la
visione del Concilio Vaticano II.
A distanza di qualche tempo dalla pubblicazione del documento, ed ora che
le tensioni da esso provocate si sono alquanto ridimensionate, sembra
opportuno riflettere su alcuni aspetti della Dichiarazione, secondo
l'orientamento dato da Papa Giovanni Paolo II nell'Angelus del 1°
ottobre 2000. In tale circostanza, il Santo Padre, nel sottolineare
l'importanza degli «elementi cristiani essenziali» richiamati nella
Dichiarazione, affermava: essa «esprime ancora una volta la stessa
passione ecumenica che è alla base della mia Enciclica Ut
unum sint» (1).
Per una corretta lettura della Dichiarazione, è necessario tenere a mente
il suo scopo, descritto dal documento stesso: «[ ... ] la presente
dichiarazione interviene per richiamare ai Vescovi, ai teologi e a tutti i
fedeli cattolici alcuni contenuti dottrinali imprescindibili, che possono
aiutare la riflessione teologica a maturare soluzioni conformi al dato di
fede e rispondenti alle urgenze culturali contemporanee» (2).
Nel richiamare tali indispensabili elementi della dottrina cristiana, la Congregazione
per la Dottrina della Fede si riferisce in primo luogo al «dialogo
tra la fede cristiana e le altre tradizioni religiose» (3).
La Dichiarazione sottolinea l'insegnamento tradizionale della Chiesa, così
come esso è confessato nel Credo di Nicea e confermato dal Concilio
Vaticano II, e cioè che Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne,
Figlio del Padre, ha un ruolo assolutamente unico nella salvezza del mondo.
Secondo quanto ha affermato il Papa nell'Angelus già citato, «con
l'Apostolo Pietro noi confessiamo che in nessun altro nome vi è la
salvezza».
Nessun cristiano può evidentemente nutrire dei dubbi su tali essenziali
elementi della fede cristiana e della missione al mondo. Infatti, Gesù
stesso ha affermato: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene
al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14, 6), «nessuno conosce il Padre
se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,
27). Di fatto, numerose autorità delle altre Chiese e Comunioni
ecclesiali hanno espresso il loro apprezzamento per l'idea guida che ha
condotto alla pubblicazione di Dominus
Iesus, e sono state concordi nell'affermare con la Santa Sede la
necessità che sia chiarito, specialmente in questa nostra epoca, il ruolo
unico di Gesù Cristo nella salvezza. Anche per queste stesse autorità,
«certe teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il
pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio»
(4), sono oggi una minaccia per la fede
cristiana. Sebbene tra coloro che hanno commentato positivamente questo
aspetto della Dichiarazione, alcuni abbiano espresso riserve circa la
formulazione ed uno stile al quale non erano abituati, non di meno si può
affermare che non vi è stato un sostanziale disaccordo sul contenuto del
documento.
L'atmosfera polemica a seguito della pubblicazione della dichiarazione, ha
purtroppo fatto sì che i mezzi di comunicazione sociale trascurassero,
per la maggior parte dei casi, di mettere in rilievo il vasto consenso
attorno all'affermazione cristiana della nostra fondamentale comprensione
comune del ruolo unico di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo
nell'opera della salvezza, e che, di conseguenza, fosse data poca
importanza a tale consenso nelle successive discussioni sul documento.
In effetti, l'acceso dibattito che aveva innescato la pubblicazione del
documento, si è concentrato quasi interamente, almeno nell'emisfero
occidentale, sul suo capitolo IV, L'Unicità e l'Unità della Chiesa.
Anche a questo proposito si può sottolineare che le difficoltà non
provenivano dalle principali tesi esposte nella Dichiarazione, ma
piuttosto dall'assenza nel testo di ogni riconoscimento esplicito per ciò
che è stato realizzato in campo ecumenico negli ultimi trentacinque anni,
e per i progressi registrati dal movimento.
Tuttavia, la Dichiarazione Dominus
Iesus non riguarda direttamente il dialogo ecumenico. La Chiesa
cattolica dispone di altri documenti che trattano con autorevolezza
dell'impegno ecumenico, come la Lettera Enciclica di Papa Giovanni Paolo
II Ut unum sint, ed il
Direttorio per l'Applicazione delle Norme e dei Principi sull'Ecumenismo
(1993). Non era certamente nelle intenzioni della Congregazione per la
Dottrina della Fede sostituire Dominus Iesus ai documenti già
esistenti su tale argomento. Essa intendeva richiamare alcune verità
essenziali della dottrina cattolica alla base di ogni dialogo, sia esso di
carattere ecumenico o di carattere interreligioso, allo scopo di
respingere idee ed opinioni purtroppo diffuse in taluni ambienti di una
insufficiente e ambigua presentazione della cristologia e della
ecclesiologia cattolica.
Nella Lettera Enciclica Ut unum sint, Papa Giovanni Paolo II
sottolinea l'importanza per il dialogo ecumenico dell'amore per la
verità: «L'amore della verità è la dimensione più profonda di una
autentica ricerca della piena comunione tra i cristiani. Senza
quest'amore, sarebbe impossibile affrontare le obiettive difficoltà
teologiche, culturali, psicologiche e sociali che si incontrano
nell'esaminare le divergenze. A questa dimensione interiore e personale va
inseparabilmente associato lo spirito di carità e di umiltà. Carità
verso l'interlocutore, umiltà verso la verità che si scopre e che
potrebbe richiedere revisioni di affermazioni e atteggiamenti» (5).
Una comprensione della natura della Chiesa, così come essa è
stata fondata da Gesù Cristo, è questione centrale per quasi tutti i
dialoghi teologici attualmente in corso. Chi è impegnato in una rigorosa
ricerca teologica, riconosce senza difficoltà che molte altre questioni
di fondamentale importanza per pervenire alla comunione piena e visibile
tra i cristiani non possono essere risolte senza avere previamente
raggiunto una comune comprensione di ciò che è la Chiesa.
Dominus Iesus richiama il modo secondo il quale la Chiesa cattolica
comprende la relazione tra la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica
fondata da Gesù Cristo, e la Chiesa cattolica governata dal successore di
Pietro e dai Vescovi in comunione con lui. La dottrina cattolica afferma
che la Chiesa fondata da Cristo e che Egli ha affidato, dopo la sua
Risurrezione, alla cura pastorale di Pietro, sussiste nella Chiesa
cattolica.
La Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede,
richiamando ancora una volta l'insegnamento dei Concilio Vaticano II, nel
sottolineare che esiste, un'unica Chiesa di Cristo, riconosce l'esistenza
di altre Chiese particolari che «pur non essendo in perfetta comunione
con la Chiesa cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi
vincoli, quali la successione apostolica e la valida eucaristia" (6).
Le Chiese ortodosse e le Antiche Chiese dell'Oriente sono un esempio al
riguardo.
Sì ritiene invece mancante di quelle condizioni fondamentali che
permetterebbero di considerarla Chiesa particolare nel senso appena
indicato, una Comunità cristiana, che non ha un episcopato radicato nella
successione apostolica, o «la genuina ed integra sostanza del mistero
eucaristico» (7), così come esso è stato
trasmesso dalla Tradizione della Chiesa. La definizione del termine «Chiesa»,
ed il suo uso, in molte delle lingue parlate oggi designa semplicemente «una
particolare società cristiana organizzata». Le Comunità ecclesiali
originate dalla Riforma hanno modi differenziati di descrivere la Chiesa.
Ad esempio, la Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti d'America, in un
documento ufficiale che determina la sua Struttura di Governo, adotta la
seguente definizione: «Le varie e diverse congregazioni di credenti,
prese in senso collettivo, costituiscono l'unica Chiesa di Cristo,
chiamata, in modo ridondante, la Chiesa» (8).
I Luterani hanno una comprensione molto più profonda, affermando che la
Chiesa è «laddove si predica il Vangelo e si amministrano i sacramenti
secondo il Vangelo» (9).
Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale
Joseph Ratzinger, in una intervista pubblicata ne L'Osservatore Romano, ha
affermato a tale proposito: «Il Concilio ha cercato di accogliere questo
diverso modo di determinare il luogo della Chiesa, affermando che le
Chiese evangeliche effettive non sono Chiese nello stesso modo in cui
ritiene di esserlo quella cattolica, ma in esse esistono elementi di
salvezza e verità» (10). La
Dichiarazione Dominus Iesus
richiama con chiarezza, al riguardo, l'affermazione conciliare, secondo la
quale le altre Chiese e Comunità ecclesiali, «quantunque crediamo che
abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie
di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di
servirsi di esse come strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla
stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla
Chiesa cattolica» (11). Inoltre, «i
battezzati in queste Comunità sono dal battesimo incorporati a Cristo e,
perciò, sono in una certa comunione, sebbene imperfetta con la Chiesa» (12).
Papa Giovanni Paolo II, nella sua Lettera Enciclica Ut
unum sint, definisce la «fraternità ritrovata» (13)
come una delle principali acquisizioni del movimento ecumenico di
questi anni. Affermando che «la consapevolezza della comune appartenenza
a Cristo si approfondisce», il Santo Padre dichiara: «Bisogna ribadire a
questo riguardo che il riconoscimento della fraternità non è la
conseguenza di un filantropismo liberale o di un vago spirito di famiglia.
Esso si radica nel riconoscimento dell'unico Battesimo e nella conseguente
esigenza che Dio sia glorificato nella sua opera» (14).
Papa Giovanni Paolo Il si è valso di varie occasioni, che gli ultimi mesi
dell'anno giubilare gli hanno offerto, per confermare che l'impegno della
Chiesa cattolica nel movimento ecumenico è «irreversibile».
- Il 18 settembre, Sua Santità ha ricevuto i membri della Commissione
mista internazionale cattolica-riformata, che teneva in quei giorni a Roma
la sua riunione annuale. Nel suo discorso, il Santo Padre parlando del
dialogo in corso tra la Chiesa cattolica e l'Alleanza Mondiale delle
Chiese Riforniate, lo ha definito «un appello alla conversione, nel quale
l'una e l'altra parte esamina davanti a Dio la sua responsabilità nel
lasciarsi alle spalle i conflitti del passato. Ed è così - ha affermato
ancora il Santo Padre - che lo Spirito infonde in noi il desiderio ardente
di confessare insieme: "un solo corpo, un solo spirito ... un solo
Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che
è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in
tutti" (Ef 4, 4-6). E noi percepiamo tutto questo come un dovere,
come qualcosa che deve essere fatta affinché il mondo creda (Gv 17, 21).
Per questo motivo l'impegno dalla Chiesa cattolica nel dialogo ecumenico
è irreversibile» (15).
- Pochi giorni dopo, Papa Giovanni Paolo Il inviava un Messaggio agli
illustri Rappresentanti delle Chiese e Comunità Cristiane e delle grandi
Religioni mondiali, radunati a Lisbona per il XIII Incontro Internazionale
sul tema: "Oceani di pace - Religioni e culture a confronto».
Ricordando la sua visita a Bucarest nel 1998, ed il grido che si era
spontaneamente levato dai fedeli cattolici ed ortodossi che assistevano
alla Liturgia: Unitate, Unitate!, Sua Santità ha scritto nel suo
Messaggio: «Sì, care sorelle e fratelli cristiani, quell'unità resta
per noi un impegno prioritario» (16).
- Giovanni Paolo II ha assicurato gli studenti dell'Istituto Ecumenico
Universitario di Bossey, ricevuti in udienza il 16 novembre 2000, che, nel
grande compito di servire la causa dell'unità dei cristiani, essi
avrebbero trovato «nella Chiesa cattolica un partner degno di fiducia» (17).
- Il 2 dicembre 2000, Sua Santità incontrava un gruppo di Vescovi delle
varie Chiese "amici del Movimento dei Focolari». Nel corso
dell'udienza, improntata a grande cordialità, Giovanni Paolo Il rivolgeva
loro le seguenti parole: «Durante quest'Anno Santo, in modo speciale,
l'intenso desiderio di obbedire al comandamento del Signore che tutti
siano una cosa sola (Gv 17, 21), è stato al centro dello spirito
giubilare. Sono lieto che abbiate potuto riflettere e pregare insieme per
questo grande obiettivo per il quale la Chiesa cattolica ha reiteratamente
affermato il suo irrevocabile impegno. La via ecumenica, infatti, è la
via della Chiesa» (18).
- Nell'imminenza della conclusione dell'Anno Giubilare, ed in occasione
dell'udienza concessa ai Cardinali, alla Famiglia Pontificia, alla Curia e
alla Prefettura Romana, per la presentazione degli auguri natalizi,
Giovanni Paolo Il ha ricordato «con commozione» gli eventi ecumenici
dell'Anno Santo, e ha dichiarato: «Di fronte alle persistenti fatiche del
cammino ecumenico occorre non perdersi d'animo. Dobbiamo credere che il
traguardo della piena unità di tutti i cristiani è realmente possibile,
con la forza di Cristo che ci sostiene. Da parte nostra, accanto alla
preghiera e al dialogo teologico, dobbiamo coltivare quell'atteggiamento
spirituale che, proprio in quella suggestiva circostanza [l’apertura
della Porta Santa in San Paolo fuori le Mura, il 18 gennaio 2000], ho
indicato come il sacrificio dell'unità. Con quelle parole volevo evocare
la capacità di "mutare il nostro sguardo, dilatare il nostro
orizzonte, saper riconoscere l'azione dello Spirito Santo che opera nei
nostri fratelli, scoprire volti nuovi di santità, aprirci ad aspetti
inediti dell'impegno cristiano"» (19).
I discorsi e messaggi di Giovanni Paolo Il sopra elencati non lasciano
dubbi sulla sincerità ed il vigore dell'impegno che la Chiesa cattolica
ha assunto per il movimento ecumenico, e che Egli ha voluto spiegare,
durante il già citato Angelus di domenica 1° ottobre 2000 (20),
chiarendo che la Dichiarazione Dominus
Iesus non ha né l'intento di sostituirsi ai vari documenti della
Chiesa in materia ecumenica, né essa intende annullarli, ma che il
documento «esprime ancora una volta la stessa passione ecumenica che è
alla base della mia Enciclica Ut
unum sint».
In effetti, si può affermare che l'impegno della Chiesa cattolica nel
servizio dell'unità, è probabilmente l'impegno meglio definito e più
coraggioso tra quelli che le Chiese e Comunità ecclesiali hanno assunto.
Per la Chiesa cattolica, la via ecumenica è diventata la via della Chiesa
(21). Essa è la via difficile, ma tanto
ricca di gioia, dell'unità e della comunione fra i cristiani (22).
La via che si apre davanti a chi la intraprende con un duplice amore:
amore per la verità e amore per il compagno che la percorre insieme a
lui, alla ricerca della verità. La Settimana di Preghiera per l'unità
dei Cristiani 2001, la prima del nuovo millennio, offrirà ancora una
volta ai cristiani, ovunque nel mondo, l'occasione di rinnovare il loro
impegno per questo «nobilissimo scopo» (23),
quando essi, radunati insieme, si rivolgeranno a Colui che è la via, la
verità e la vita (Gv, 14, 6), Gesù Cristo, Colui che ha pregato il Padre
per i suoi discepoli Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi
in noi una cosa sola, perché il inondo creda che tu mi hai mandato
(ibidem 17, 21).
Nella Lettera Apostolica Novo
Millennio ineunte, del 6 gennaio 2001, Giovanni Paolo II,
nell'invitare l'episcopato, il clero e i fedeli a proiettarsi verso il
futuro con coraggio, «fiduciosi nelle parole di Cristo: Duc in altum!»,
non tralascia di insistere sull'urgenza di promuovere la comunione nel
delicato ambito dell'impegno ecumenico. Dopo aver riflettuto sull'unità
di Cristo col Padre «quale luogo sorgivo dell'unità della Chiesa e dono
perenne che in lui questa, misteriosamente, riceverà fino alla fine dei
tempi», il Santo Padre continua: «Quest'unità, che non manca di
realizzarsi concretamente nella Chiesa cattolica, nonostante i limiti
propri dell'umano, opera pure in varia misura nei tanti elementi di
santificazione e di verità che si trovano all'interno delle altre Chiese
e Comunità ecclesiali; tali elementi, come doni propri della Chiesa di
Cristo, le sospingono incessantemente verso l'unità piena.
«La preghiera di Cristo ci ricorda che questo dono ha bisogno di essere
accolto e sviluppato in maniera sempre più profonda. L'invocazione ut
unum sint è, insieme, imperativo che ci obbliga, forza che ci
sostiene, salutare rimprovero per le nostre pigrizie e ristrettezze di
cuore. E sulla preghiera di Gesù, non sulle nostre capacità, che poggia
la fiducia di poter raggiungere anche nella storia, la comunione piena e
visibile di tutti i cristiani» (24).
Card. Edward Idris Cassidy
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità
dei Cristiani
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Note
1) L'Osservatore Romano del 2-3 ottobre 2000, pp.
8-9.
2) Congregazione per la Dottrina della Fede,
Dichiarazione Dominus Iesus
- L'unicità e
l'universalità salvifica di Gestì Cristo e della Chiesa, n. 3.
3) Ibidem.
4) Ibidem, n. 4
5) Giovanni Paolo 11, Lettera Enciclica sull'impegno
ecumenico Ut unum sint, n. 36.
6) Dominus Iesus, n. 17.
7) Ibidem.
8) Form of Government of the Presbyterian Church USA,
G-1.0400.
9) Confessio Augustana, Art. 7.
10) L'Osservatore Romano dell'8 ottobre 2000, pp.
4-5.
11) Dominus Iesus, n. 17, che cita Unitatis
redintegratio, n. 3 e Evangelii nuntiandi, n. 4.
12) Ibidem, che rinvia a Unitatis redintegratio, n. 3 e Evangelii
nuntiandi, n. 1
13) Giovanni Paolo 11, Lettera Enciclica sull'impegno
ecumenico Ut unum sint,
n. 4 1.
14) Ibidem, n. 42.
15) L'Osservatore Romano del 20 settembre 2000.
16) Il Messaggio ha la data del 21 settembre 2000 (cfr
L'Osservatore Romano del 28 settembre
2000, p. 5).
17) L'Osservatore Romano del 17 novembre 2000, pp.
1 e 5.
18) L'Osservatore Romano del 3 dicembre 2000, p.
5.
19) L'Osservatore Romano del 22 dicembre 2000. La
citazione del Santo Padre si riferisce alla sua Omelia durante la solenne
celebrazione ecumenica del 18 gennaio 2000 in San Paolo.
20) L'Osservatore Romano del 2-3 ottobre 2000, pp.
8-9.
21) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica sull'impegno
ecumenico Ut unum sint, n. 7.
22) Ibidem, n. 2.
23) Ibidem, n. 3.
24) Lettera Apostolica Novo
Millennio ineunte, n. 48.
Card. Edward Idris
Cassidy |
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