Quasi un mese è trascorso da quando, il 5 settembre, la Congregazione per la dottrina
della fede presentava la dichiarazione «Dominus
Iesus». Un mese di riflessioni su un
testo dedicato a ribadire «l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della
Chiesa». Ma un mese, anche, di polemiche alimentate da chi ha letto in quel
pronunciamento firmato dal cardinale Ratzinger, e approvato dal Papa «in forma
speciale», una brusca sterzata della Chiesa cattolica nel dialogo con le altre
confessioni cristiane e le grandi religioni.
A smentire questo approccio,
nel frattempo, è intervenuto il cardinale Cassidy, che guida il dicastero
"ecumenico" del Vaticano, secondo il quale «i contenuti sono quelli del
Vaticano II» in un testo comunque «indirizzato al mondo accademico e non al mondo
ecumenico e interreligioso».
Di «presentazione unilaterale
e un po' distorta» dai media ha invece parlato il segretario della Cei, monsignor
Antonelli, il quale ha consigliato a tutti «una lettura diretta», che in particolare
«dovrebbe rassicurare i nostri amici ebrei». Proprio da loro la dichiarazione non era
stata gradita, al punto da fargli rinunciare alla Giornata
giubilare dell'amicizia ebraico-cristiana in programma domani (3 ottobre ndr)
e invece, proprio per questa defezione, rinviata sine
die.
Vanno dunque lette con
attenzione le parole che Giovanni Paolo II ha dedicato al testo durante l'Angelus di
domenica. Assai accorato Papa Wojtyla nelle sue espressioni: ha parlato infatti di
dichiarazione che «mi sta a cuore», mentre ha precisato che confessare Cristo come unico
mediatore del Padre «non è arroganza» ricordando che il documento esprime «la stessa
passione ecumenica» che «è alla base della mia enciclica "Ut unum
sint"».
Per questo l'«Osservatore
romano» ieri descriveva il breve discorso papale (che pubblichiamo qui di seguito) come
«una "bussola"» composta con parole «chiare e solenni»: di più,
«definitivamente illuminanti» perché il testo dell'ex Sant'Uffizio «non venga
insidiato persino nella interpretazione di documenti ufficiali della Chiesa»: «Cadono
così nel vuoto - conclude il giornale vaticano - interviste o dichiarazioni rilasciate da
chicchessia».
«Al vertice dell'Anno Giubilare, con la dichiarazione "Dominus Iesus" -
Gesù è il Signore - approvata da me in forma speciale, ho voluto invitare tutti i
cristiani a rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando
unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, "la via, la verità e la vita"
(Gv 14,6).
La nostra confessione di Cristo
come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr Gv 14,8),
non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo
si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci
ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli
altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio
appartengono a tutti gli uomini.
Con l'Apostolo Pietro noi
confessiamo "che in nessun altro nome c'è salvezza" (Atti 4,12). La
dichiarazione "Dominus Iesus", sulle tracce del Vaticano II, mostra che con ciò
non viene negata la salvezza ai non cristiani, ma se ne addita la scaturigine ultima in
Cristo, nel quale sono uniti Dio e uomo.
Dio dona la luce a tutti in
modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale, concedendo loro la grazia
salvifica attraverso vie a lui note (cfr "Dominus Iesus", VI, 20-21). Il
documento chiarisce gli elementi cristiani essenziali, che non ostacolano il dialogo, ma
mostrano le sue basi, perché un dialogo senza fondamenti sarebbe destinato a degenerare
in vuota verbosità.
Lo stesso vale anche per
la questione ecumenica. Se il documento, con il Vaticano II, dichiara che "l'unica
Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica", non intende con ciò esprimere
poca considerazione per le altre Chiese e comunità ecclesiali.
Questa convinzione s'accompagna
alla consapevolezza che ciò non è merito umano, ma un segno della fedeltà di Dio che è
più forte delle debolezze umane e dei peccati, confessati da noi in modo solenne davanti
a Dio e agli uomini all'inizio della Quaresima.
La Chiesa cattolica soffre -
come dice il documento - per il fatto che vere Chiese particolari e comunità ecclesiali
con elementi preziosi di salvezza siano separate da lei.
Il documento
esprime così ancora una volta la stessa passione ecumenica che è alla base della mia
enciclica "Ut unum sint". È mia speranza che questa dichiarazione che mi sta a
cuore, dopo tante interpretazioni sbagliate, possa svolgere finalmente la sua funzione
chiarificatrice e nello stesso tempo di apertura. Maria, a cui il Signore sulla croce ci
ha affidati quale Madre di tutti noi, ci aiuti a crescere insieme nella fede in Cristo,
Redentore di tutti gli uomini, nella speranza della salvezza, offerta da Cristo a tutti, e
nell'amore, che è il segno dei figli di Dio».
Giovanni Paolo II |