...da "Avvenire" - Catholica - Martedi 03 Ottobre 2000

IL TEMA:   All'Angelus di domenica un discorso su contenuti e intenti del testo, dopo le polemiche seguite alla pubblicazione
«Dominus Iesus», verità senza arroganza

«Quella dichiarazione mi sta a cuore»: dal Papa la bussola per leggerla
«La confessione di Cristo non è disprezzo per le altre religioni ma riconoscenza gioiosa: egli ci si è mostrato senza alcun nostro merito»
Giovanni Paolo II



Quasi un mese è trascorso da quando, il 5 settembre, la Congregazione per la dottrina della fede presentava la dichiarazione «Dominus Iesus». Un mese di riflessioni su un testo dedicato a ribadire «l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa». Ma un mese, anche, di polemiche alimentate da chi ha letto in quel pronunciamento firmato dal cardinale Ratzinger, e approvato dal Papa «in forma speciale», una brusca sterzata della Chiesa cattolica nel dialogo con le altre confessioni cristiane e le grandi religioni. 

A smentire questo approccio, nel frattempo, è intervenuto il cardinale Cassidy, che guida il dicastero "ecumenico" del Vaticano, secondo il quale «i contenuti sono quelli del Vaticano II» in un testo comunque «indirizzato al mondo accademico e non al mondo ecumenico e interreligioso». 

Di «presentazione unilaterale e un po' distorta» dai media ha invece parlato il segretario della Cei, monsignor Antonelli, il quale ha consigliato a tutti «una lettura diretta», che in particolare «dovrebbe rassicurare i nostri amici ebrei». Proprio da loro la dichiarazione non era stata gradita, al punto da fargli rinunciare alla Giornata giubilare dell'amicizia ebraico-cristiana in programma domani (3 ottobre ndr) e invece, proprio per questa defezione, rinviata sine die

Vanno dunque lette con attenzione le parole che Giovanni Paolo II ha dedicato al testo durante l'Angelus di domenica. Assai accorato Papa Wojtyla nelle sue espressioni: ha parlato infatti di dichiarazione che «mi sta a cuore», mentre ha precisato che confessare Cristo come unico mediatore del Padre «non è arroganza» ricordando che il documento esprime «la stessa passione ecumenica» che «è alla base della mia enciclica "Ut unum sint"». 

Per questo l'«Osservatore romano» ieri descriveva il breve discorso papale (che pubblichiamo qui di seguito) come «una "bussola"» composta con parole «chiare e solenni»: di più, «definitivamente illuminanti» perché il testo dell'ex Sant'Uffizio «non venga insidiato persino nella interpretazione di documenti ufficiali della Chiesa»: «Cadono così nel vuoto - conclude il giornale vaticano - interviste o dichiarazioni rilasciate da chicchessia».



«Al vertice dell'Anno Giubilare, con la dichiarazione "Dominus Iesus" - Gesù è il Signore - approvata da me in forma speciale, ho voluto invitare tutti i cristiani a rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). 

La nostra confessione di Cristo come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr Gv 14,8), non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini. 

Con l'Apostolo Pietro noi confessiamo "che in nessun altro nome c'è salvezza" (Atti 4,12). La dichiarazione "Dominus Iesus", sulle tracce del Vaticano II, mostra che con ciò non viene negata la salvezza ai non cristiani, ma se ne addita la scaturigine ultima in Cristo, nel quale sono uniti Dio e uomo. 

Dio dona la luce a tutti in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale, concedendo loro la grazia salvifica attraverso vie a lui note (cfr "Dominus Iesus", VI, 20-21). Il documento chiarisce gli elementi cristiani essenziali, che non ostacolano il dialogo, ma mostrano le sue basi, perché un dialogo senza fondamenti sarebbe destinato a degenerare in vuota verbosità.

 Lo stesso vale anche per la questione ecumenica. Se il documento, con il Vaticano II, dichiara che "l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica", non intende con ciò esprimere poca considerazione per le altre Chiese e comunità ecclesiali. 

Questa convinzione s'accompagna alla consapevolezza che ciò non è merito umano, ma un segno della fedeltà di Dio che è più forte delle debolezze umane e dei peccati, confessati da noi in modo solenne davanti a Dio e agli uomini all'inizio della Quaresima. 

La Chiesa cattolica soffre - come dice il documento - per il fatto che vere Chiese particolari e comunità ecclesiali con elementi preziosi di salvezza siano separate da lei. 

Il documento esprime così ancora una volta la stessa passione ecumenica che è alla base della mia enciclica "Ut unum sint". È mia speranza che questa dichiarazione che mi sta a cuore, dopo tante interpretazioni sbagliate, possa svolgere finalmente la sua funzione chiarificatrice e nello stesso tempo di apertura. Maria, a cui il Signore sulla croce ci ha affidati quale Madre di tutti noi, ci aiuti a crescere insieme nella fede in Cristo, Redentore di tutti gli uomini, nella speranza della salvezza, offerta da Cristo a tutti, e nell'amore, che è il segno dei figli di Dio».

Giovanni Paolo II


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