Una Chiesa senza paure
Paolo Cavallo, su La Gazzetta del Mezzogiorno 22 agosto 2005

Nei tre momenti evidenziati dall'articolo, le giornate di Colonia ci hanno mostrato un Papa attento alle vicende del mondo, innamorato dell'umanità, che non cerca di essere popolare a ogni costo. Ma deciso a camminare verso la storia di una Chiesa protagonista, aperta e libera, senza pregiudizi né paure.

Tre passaggi "politici" fondamentali che hanno segnato il viaggio di Benedetto XVI a Colonia, nella sua Germania, nel primo impegno internazionale di un pontificato che ha il difficile compito di seguire il solco tracciato da Giovanni Paolo II. 

Ebbene, se i ragazzi, radunati nella città del Reno, hanno accolto Papa Ratzinger come amico e padre, "promuovendolo" con una libertà di cuore e di intelligenza che deve far riflettere, superando ogni pretesa concorrenza con Giovanni Paolo II, i "grandi" invece si sono comportati in modo diverso. Lo hanno giudicato proprio in rapporto al suo predecessore e hanno cercato di metterlo in difficoltà, quasi in soggezione rispetto a Karol il Grande, sui temi dell'ecumenismo. 

Credevano, soprattutto i protestanti tedeschi, non certo teneri con il cardinale custode della dottrina e ancor più duri con il cardinale diventato pontefice, che Ratzinger avesse balbettato scuse sul tema della pretesa facilità dell'indulgenza, del preteso sorpassato celibato dei sacerdoti, della pretesa incongruenza tra la missione petrina e la guida del sistema ecclesiastico vaticano. Sono rimasti semplicemente stupiti quando Benedetto XVI li ha chiamati fratelli e li ha invitati a partecipare più attivamente e a pieno titolo al confronto sul tema che più gli sta a cuore: la comunione tra le Chiese. 

La comunità ebraica, invece, dimostrava orgoglio e fierezza ed era pronta ad accogliere il Papa facendogli pesare il suo essere tedesco e la distanza che ancora separa Roma da Israele, San Pietro dal Muro del Tempio. Ratzinger ha risposto da tedesco parlando a tutti gli ebrei, ma anche al suo popolo: è giunto il momento di guardare avanti, senza dimenticare. Nel segno di un'amicizia, che vuol dire prima di tutto stima e fiducia reciproche. E il Papa non ha evitato il giudizio sul popolo ebreo: dal punto di vista religioso ha risposto da grande teologo invocando il "mysterium iniquitatis", il senso del compiersi del Male perché trionfi il Bene; dal punto di vista politico ha richiamato il mondo a sfuggire alla tentazione di un nuovo paganesimo che è anche il rigurgito di una violenza antisemita di cui si notano segni sempre più evidenti e preoccupanti. 

Infine, le pretese di riconoscimento e la richiesta di aiuto della comunità turco-musulmana: la prova forse più difficile per il Papa, se non altro per la pressione che il mondo intero sopporta a causa del terrorismo, sempre più spesso fanaticamente religioso. Ratzinger ha usato un linguaggio duro, al limite della crudezza. Parole che non lasciano spazio alle interpretazioni: la responsabilità dell'Islam è enorme di fronte al mondo intero. E i maestri della fede musulmana devono insegnare prima di tutto il rispetto: rispetto per la vita e rispetto per la dignità della persona. Non c'è spazio per la fede che diventa alibi per una scelta di morte. 

Alla luce di questi tre momenti, le giornate di Colonia ci hanno mostrato un Papa attento alle vicende del mondo, innamorato dell'umanità, che non cerca di essere popolare a ogni costo. Ma deciso a camminare verso la storia di una Chiesa protagonista, aperta e libera, senza pregiudizi né paure.

  

| home | | inizio pagina |