Nei tre momenti
evidenziati dall'articolo, le giornate di Colonia ci hanno mostrato un
Papa attento alle vicende del mondo, innamorato dell'umanità, che non
cerca di essere popolare a ogni costo. Ma deciso a camminare verso la
storia di una Chiesa protagonista, aperta e libera, senza pregiudizi né
paure.
Tre passaggi "politici" fondamentali
che hanno segnato il viaggio di Benedetto XVI a Colonia, nella sua
Germania, nel primo impegno internazionale di un pontificato che ha il
difficile compito di seguire il solco tracciato da Giovanni Paolo II.
Ebbene, se i ragazzi, radunati nella città del Reno, hanno accolto
Papa Ratzinger come amico e padre, "promuovendolo" con una
libertà di cuore e di intelligenza che deve far riflettere, superando
ogni pretesa concorrenza con Giovanni Paolo II, i "grandi"
invece si sono comportati in modo diverso. Lo hanno giudicato proprio
in rapporto al suo predecessore e hanno cercato di metterlo in
difficoltà, quasi in soggezione rispetto a Karol il Grande, sui temi
dell'ecumenismo.
Credevano, soprattutto i protestanti tedeschi, non
certo teneri con il cardinale custode della dottrina e ancor più duri
con il cardinale diventato pontefice, che Ratzinger avesse balbettato
scuse sul tema della pretesa facilità dell'indulgenza, del preteso
sorpassato celibato dei sacerdoti, della pretesa incongruenza tra la
missione petrina e la guida del sistema ecclesiastico vaticano. Sono
rimasti semplicemente stupiti quando Benedetto XVI li ha chiamati
fratelli e li ha invitati a partecipare più attivamente e a pieno
titolo al confronto sul tema che più gli sta a cuore: la comunione
tra le Chiese.
La comunità ebraica, invece, dimostrava orgoglio e
fierezza ed era pronta ad accogliere il Papa facendogli pesare il suo
essere tedesco e la distanza che ancora separa Roma da Israele, San
Pietro dal Muro del Tempio. Ratzinger ha risposto da tedesco parlando
a tutti gli ebrei, ma anche al suo popolo: è giunto il momento di
guardare avanti, senza dimenticare. Nel segno di un'amicizia, che vuol
dire prima di tutto stima e fiducia reciproche. E il Papa non ha
evitato il giudizio sul popolo ebreo: dal punto di vista religioso ha
risposto da grande teologo invocando il "mysterium iniquitatis",
il senso del compiersi del Male perché trionfi il Bene; dal punto di
vista politico ha richiamato il mondo a sfuggire alla tentazione di un
nuovo paganesimo che è anche il rigurgito di una violenza antisemita
di cui si notano segni sempre più evidenti e preoccupanti.
Infine, le
pretese di riconoscimento e la richiesta di aiuto della comunità
turco-musulmana: la prova forse più difficile per il Papa, se non
altro per la pressione che il mondo intero sopporta a causa del
terrorismo, sempre più spesso fanaticamente religioso. Ratzinger ha
usato un linguaggio duro, al limite della crudezza. Parole che non
lasciano spazio alle interpretazioni: la responsabilità dell'Islam è
enorme di fronte al mondo intero. E i maestri della fede musulmana
devono insegnare prima di tutto il rispetto: rispetto per la vita e
rispetto per la dignità della persona. Non c'è spazio per la fede
che diventa alibi per una scelta di morte.
Alla luce di questi tre
momenti, le giornate di Colonia ci hanno mostrato un Papa attento alle
vicende del mondo, innamorato dell'umanità, che non cerca di essere
popolare a ogni costo. Ma deciso a camminare verso la storia di una
Chiesa protagonista, aperta e libera, senza pregiudizi né paure.