L’ecumenismo,
priorità di Benedetto XVI, per affrontare “le grandi questioni
etiche”. «La fratellanza tra i cristiani non è un vago sentimento
e nemmeno nasce da una forma di indifferenza verso la verità. Essa è
fondata sulla realtà soprannaturale dell'unico Battesimo, che ci
inserisce nell'unico Corpo di Cristo».
Testo
ufficiale del discorso del Papa
Testo
integrale del discorso con aggiunte estemporanee
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L’unità dei
cristiani rimane una priorità del pontificato di Benedetto XVI.
Lo ha detto lui stesso durante un incontro nell’arcivescovado
con 30 rappresentanti di confessioni cristiane della Germania.
Il papa ha ricordato tutte le tappe di avvicinamento ecumenico
in questi ultimi decenni. Ma ha chiesto con urgenza di elaborare
risposte comuni alle “grandi questioni etiche del nostro tempo”.
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“In questo campo – ha detto
il papa - gli uomini di oggi in ricerca si aspettano con buona ragione
una risposta comune da parte dei cristiani, che, grazie a Dio, in
molti casi si è trovata. Ma purtroppo non sempre”. Il papa non ha
citato alcun punto preciso, ma si sa che in molte nazioni vi sono
differenze sui temi della vita, l’aborto, l’uso delle cellule
staminali, il valore dell’embrione, la famiglia, le coppie di fatto,
ecc. “A causa di contraddizioni - ha continuato il papa - in questo
campo la testimonianza evangelica e l'orientamento etico che dobbiamo
ai fedeli e alla società perdono di forza, assumendo non di rado
caratteristiche vaghe, e così veniamo meno al nostro dovere di dare
al nostro tempo la testimonianza necessaria. Le nostre divisioni sono
in contrasto con la volontà di Gesù e ci rendono inattendibili
davanti agli uomini”.
Riportiamo di seguito il testo del
discorso del papa, pronunciato in tedesco:
Cari fratelli e sorelle in Cristo nostro comune Signore!
È una gioia per me, in
occasione della mia visita in Germania, poter incontrare Voi,
rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Vi saluto
tutti molto cordialmente! Provenendo io stesso da questo Paese,
conosco bene la situazione penosa che la rottura dell’unità nella
professione della fede ha comportato per tante persone e tante
famiglie. Anche per questo motivo, subito dopo la mia elezione a
Vescovo di Roma, quale Successore dell'apostolo Pietro ho manifestato
il fermo proposito di assumere il ricupero della piena e visibile
unità dei cristiani come una priorità del mio Pontificato. Con ciò
ho consapevolmente voluto ricalcare le orme di due miei grandi
Predecessori: di Paolo VI che, ormai più di quarant'anni fa, firmò
il Decreto conciliare sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, e
di Giovanni Paolo II, che fece poi di questo documento il criterio
ispiratore del suo agire. La Germania nel dialogo ecumenico riveste un
posto di particolare importanza. Essa infatti non è solo il Paese
d'origine della Riforma; è anche uno dei Paesi da cui è partito il
movimento ecumenico del XX secolo. A seguito dei flussi migratori del
secolo scorso, anche cristiani delle Chiese ortodosse e delle antiche
Chiese dell’Oriente hanno trovato in questo Paese una nuova patria.
Ciò ha indubbiamente favorito il confronto e lo scambio. Insieme ci
rallegriamo nel constatare che il dialogo, col passare del tempo, ha
suscitato una riscoperta della fratellanza e creato tra i cristiani
delle varie Chiese e Comunità ecclesiali un clima più aperto e
fiducioso. Il mio venerato Predecessore nella sua Enciclica Ut unum
sint (1995) ha indicato proprio in questo un frutto
particolarmente significativo del dialogo (cfr nn. 41s.; 64).
La fratellanza tra i
cristiani non è semplicemente un vago sentimento e nemmeno nasce da
una forma di indifferenza verso la verità. Essa è fondata sulla
realtà soprannaturale dell'unico Battesimo, che ci inserisce nell’unico
Corpo di Cristo (cfr 1 Cor
12,13; Gal 3,28; Col 2,12). Insieme confessiamo Gesù
Cristo come Dio e Signore; insieme lo riconosciamo come unico
mediatore tra Dio e gli uomini (cfr 1 Tm 2,5), sottolineando
la nostra comune appartenenza a Lui (cfr Unitatis redintegratio,
22; Ut unum sint,
42). Su questo fondamento il dialogo ha portato i suoi frutti. Vorrei
menzionare il riesame, auspicato da Giovanni Paolo II durante la sua
prima visita in Germania nell'anno 1980, delle reciproche condanne e
soprattutto la "Dichiarazione comune sulla dottrina della
giustificazione" (1999), che fu un risultato di tale riesame e
portò ad un accordo su questioni fondamentali
che fin dal XVI secolo
erano oggetto di controversie. Bisogna inoltre riconoscere con
gratitudine i risultati costituiti dalle varie comuni prese di
posizione su importanti argomenti quali le fondamentali questioni
sulla difesa della vita e sulla promozione della giustizia e della
pace. Sono ben consapevole che molti cristiani in questo Paese, e non
in questo soltanto, si aspettano ulteriori passi concreti di
avvicinamento. Me li aspetto anch’io. Infatti è il comandamento del
Signore, ma anche l'imperativo dell'ora presente, di continuare in
modo convinto il dialogo a tutti i livelli della vita della Chiesa.
Ciò deve ovviamente avvenire con sincerità e realismo, con pazienza
e perseveranza nella fedeltà al dettato della coscienza. Non può
esserci un dialogo a prezzo della verità; il dialogo deve svolgersi
nella carità e nella verità.
Non intendo sviluppare
qui un programma per i temi immediati del dialogo – questo è
compito dei teologi in collaborazione con i Vescovi. Mi sia concessa
soltanto un’annotazione: le questioni ecclesiologiche, e
specialmente quella del ministero consacrato, ossia del sacerdozio,
sono connesse inscindibilmente con la questione sul rapporto tra
Scrittura e Chiesa, sull’istanza cioè della giusta interpretazione
della Parola di Dio e dello sviluppo di essa nella vita della Chiesa.
Una priorità urgente nel dialogo ecumenico è costituita poi dalle
grandi questioni etiche poste dal nostro tempo; in questo campo gli
uomini di oggi in ricerca si aspettano con buona ragione una risposta
comune da parte dei cristiani, che, grazie a Dio, in molti casi si è
trovata. Ma purtroppo non sempre. A causa di contraddizioni in questo
campo la testimonianza evangelica e l'orientamento etico che dobbiamo
ai fedeli e alla società perdono di forza, assumendo non di rado
caratteristiche vaghe, e così veniamo meno al nostro dovere di dare
al nostro tempo la testimonianza necessaria. Le nostre divisioni sono
in contrasto con la volontà di Gesù e ci rendono inattendibili
davanti agli uomini.
Che cosa significa
ristabilire l'unità di tutti i cristiani? La Chiesa cattolica ha di
mira il raggiungimento della piena unità visibile dei discepoli di
Cristo secondo la definizione che ne ha dato il Concilio Ecumenico
Vaticano II in vari suoi documenti (cfr Lumen
gentium, nn. 8;13; Unitatis redintegratio, nn.
2;4 ecc.). Tale unità sussiste, secondo la nostra convinzione, nella
Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta (cfr Unitatis
redintegratio, n. 4). Essa non significa, tuttavia, uniformità in
tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme
liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e
molteplicità nell'unità: nell’Omelia per la solennità dei santi
Pietro e Paolo, lo scorso 29 giugno, ho rilevato che piena unità e
vera cattolicità vanno insieme. Condizione necessaria perché questa
coesistenza si realizzi è che l’impegno per l'unità si purifichi e
si rinnovi continuamente, cresca e maturi. A questo scopo può recare
un suo contributo il dialogo. Esso è più di uno scambio di pensieri:
è uno scambio di doni (cfr Ut unum sint, n. 28), nel quale le
Chiese e le Comunità ecclesiali possono mettere a disposizione i loro
tesori (cfr Lumen gentium, nn. 8;15; Unitatis redintegratio,
nn. 3;14s; Ut unum sint, nn. 10–14). E’ proprio grazie a
questo impegno che il cammino può proseguire passo passo fino a
giungere all'unità piena, quando finalmente arriveremo "tutti
all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo
stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità
di Cristo" (Ef 4,13). E’ ovvio che un tale dialogo in
fondo può svilupparsi solo in un contesto di sincera e coerente
spiritualità. Non possiamo "fare" l'unità con le sole
nostre forze. La possiamo soltanto ottenere come dono dello Spirito
Santo. Perciò l'ecumenismo spirituale, e cioè la preghiera, la
conversione e la santificazione della vita costituiscono il cuore del
movimento ecumenico (cfr Unitatis redintegratio,
n. 8; Ut
unum sint, nn. 15s; 21 ecc.). Si potrebbe anche dire: la forma
migliore di ecumenismo consiste nel vivere secondo il Vangelo.
Vedo un confortante
motivo di ottimismo nel fatto che oggi si sta sviluppando una sorta di
"rete" di collegamento spirituale tra cattolici e cristiani
delle varie Chiese e Comunità ecclesiali: ciascuno si impegna nella
preghiera, nella revisione della propria vita, nella purificazione
della memoria, nell’apertura della carità. Il padre dell'ecumenismo
spirituale, Paul Couturier, ha parlato a questo riguardo di un
"chiostro invisibile", che raccoglie tra le sue mura queste
anime appassionate di Cristo e della sua Chiesa. Io sono convinto che,
se un numero crescente di persone si unirà alla preghiera del Signore
"perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17,21), una
tale preghiera nel nome di Gesù non cadrà nel vuoto (cfr Gv
14,13; 15,7.16 ecc.). Con l’aiuto che viene dall’Alto, troveremo,
nelle varie questioni tuttora aperte, soluzioni praticabili, e il
desiderio di unità alla fine, quando e come Egli vorrà, sarà
appagato. Invito tutti voi a percorrere, insieme con me, questa
strada.