Molti in Occidente non sanno di che cosa si tratta. Il mondo cristiano del Medio
Oriente è frastagliato, complesso e difficile da definire e districare. Eppure è
la parte più antica e nobile della cristianità, quella che affonda le radici
nella Chiesa apostolica e dei Padri delle due prime grandi scuole teologiche la
antiochena e alessandrina. Comunità cristiane fiorenti che si sono logorate nel
tempo sotto il peso della tradizione non rinnovata e sotto l’urto talvolta
sottile e continuativo e talaltra armato e violento di popoli ostili (il
“battesimo di sangue” del 451 degli armeni assaliti dall’esercito i persiano) e
poi a confronto con l’Islàm, una religione decisa ad affermarsi, considerando i
cristiani (e gli ebrei) come “dimmi” (protetti), in realtà, ospiti della “umma”
ma non membri a pieno titolo e perciò cittadini di seconda classe.
Comunità logorate anche da discussioni cristologiche che hanno determinato il
rifiuto del Concilio di Calcedonia (451) e il conseguente scisma dalla Chiesa di
Roma e da quella di Costantinopoli. Per molte ragioni e circostanze storiche
avverse si sono trovate in una pericolosa solitudine, pur perseverando nella
fede e nella pratica liturgica dei riti pervenuti intatti fino ad oggi e dando
una eroica testimonianza di martirio.
Ora, la crescita del fondamentalismo islamico in Medio Oriente e la situazione
di conflitto in tutta la vasta area geopolitica, che provocano quella che è
stata chiamata “la grande fuga” (F. Scaglione, I cristiani e il Medio Oriente.
La grande fuga. ed. S.Paolo) trovano una risposta nell’annunciato
Sinodo speciale per il Medio Oriente,
che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010.
Da tempo si chiedeva di fare qualcosa di serio e importante per cercare qualche
soluzione ai gravissimi problemi che gravano sulle spalle dei cristiani di
queste Chiese. Ciò che è stato egregiamente fatto finora in ambito ecumenico è
stato il chiarimento delle questioni dottrinali per cui non ci sono ragioni
teologiche tali da giustificare la divisione tra queste antiche Chiese cristiane
per il loro presunto monofisismo e le chiese cattolica e ortodossa che hanno
accettato il Concilio di Calcedonia. Il Sinodo è rivolto soltanto ai membri
delle Chiese orientali cattoliche, evidentemente. Il Papa non poteva invitare
esplicitamente le Chiese che non riconoscono il suo primato. Dovrà tuttavia,
spingere perché si costruisca almeno una unione vera tra i vari riti cattolici e
poi tra i cattolici e i cristiani delle varie altre Chiese. La divisione tra
cristiani è infatti un enorme ostacolo alla vitalità del cristianesimo in Medio
Oriente e alla efficacia della loro testimonianza. Già nel
decreto sulle Chiese cattoliche
orientali del Concilio vaticano II era espressamente indicata come
prioritaria la via dell’ecumenismo prima di tutto quello interno tra i cattolici
e poi con i cristiani delle rispettive antiche denominazioni separate dalla Sede
Apostolica romana.
Altro grande tema sarà quello della relazione con la religione di maggioranza,
con la quale devono misurarsi in un periodo più difficile del solito, dopo l’11
settembre e dopo la guerra in Iraq. I cristiani in generale e i cattolici in
modo speciale si trovano di fronte alla lotta tra sunniti e sciiti, alla
avanzata delle correnti musulmane più intransigenti.
Devono affrontare e fermare il grande esodo, che è andato crescendo verso
l’Occidente dove le varie Chiese hanno presenze notevoli, talvolta più numerose
dei fedeli rimasti in patria. Chiese in diaspora con i problemi della assistenza
agli immigrati che lavorano lontano dai loro Paesi e della costituzione di
gerarchie e rappresentanza delle Chiese all’estero.
Si tratta non solo di assistere momentaneamente singole persone, ma di costruire
strutture ecclesiastiche e pastorali perché la loro fede non rimanga un vago
ricordo dei loro paesi di origine. Il periodo di un anno che separa l’annuncio
dalla celebrazione potrà fornire elementi di giudizio e offrire anche
l’occasione perché le Chiese europee possano prendere coscienza e prendersi
carico dei cristiani appartenenti a quelle Chiese sorelle per aiutarli a
superare una fase della storia assai difficile e affrontare il duro compito
della testimonianza nelle terre di origine, senza essere costretti a dover
fuggire per paura e per necessità, concedendo vantaggio a chi pensa di eliminare
da quelle terre una presenza ritenuta scomoda.
© Copyright Sir 22 settembre 2009