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Capitolo IV
Come si comunica? Comunicazione orale, scritta, iconica,
Premessa Secondo una affermazione del grande letterato massmediologo canadese Marshall Mcluhan, le società sono sempre state plasmate più dalla natura dei media attraverso i quali gli uomini comunicano che non dal contenuto della comunicazione. Se facciamo un rapido excursus sullevolversi dei media, a partire dai primordi della civiltà e, quindi, dalla cultura orale, riscontriamo che, effettivamente, i cambiamenti più significativi, le vere e proprie mutazioni culturali e politiche dellumanità, vengono a coincidere proprio con le grandi tappe delloralità, dellinvenzione della scrittura, dellinvenzione della stampa, delle moderne tecnologie e, quindi, con le diverse e susseguentesi tecniche di comunicazione intenzionale. Questo mi suscita non poche perplessità perché, mentre devo riconoscere la validità dellasserzione proprio per quanto appena detto, credo che il contenuto, che è la parte pregnante della comunicazione e che in fondo è la sua ragion dessere, debba giocare, nel cambiamento, un ruolo quanto meno altrettanto importante del medium che lo veicola. Penso tuttavia che, perché questo ruolo del contenuto possa dispiegare tutta la sua efficacia, è fondamentale che si instauri una comunicazione autentica, possibile soltanto quando entrano in campo, nel comunicare, tutte le facoltà della persona. Il problema fondamentale, quindi, è che il maggior numero possibile di persone sia messo in grado di affinare, attraverso leducazione e un clima vitale reso tale da relazioni significative, le proprie capacità di esprimersi, di relazionarsi, di comunicare e, quindi, di agire con consapevolezza e con responsabilità. Ciò è possibile quando la crescita della personalità avviene in maniera armonica, nellattenzione a tutte le sue componenti.
È, oggi, ampiamente compreso lo stretto legame tra strutture cerebrali, conoscenza, miti, riti, simboli e si è chiarito come e quanto le modalità percettive incidono sulla costruzione e sulla struttura stessa della personalità. Lo studio dei fenomeni comunicativi, sia quelli che scaturiscono dalla interazione interpersonale che quelli mediati da sempre più sofisticate apparecchiature elettroniche non può prescindere da ciò. Consapevole, quindi, di quanto il mondo della comunicazione è capace di forgiare le
persone e il loro rapporto con la realtà, accennerò ai vari aspetti
dellessere-nel-mondo delluomo in rapporto alle varie tappe evolutive, a
partire dalla cultura orale e concludendo con lanalisi degli aspetti peculiari della
nostra epoca
Comunicazione orale La comunicazione orale è quella più immediata, diretta, personale, che richiede la presenza fisica contestuale dei comunicanti. La complessità vieppiù crescente, determinatasi nellorganizzazione e nelle strutture della società per effetto dei meccanismi evolutivi, ha comportato ladozione e laffinamento di tecniche, dalle più rudimentali dei primordi a quelle più sofisticate dei nostri giorni, per consentire la comunicazione a distanza; il che, successivamente, lha resa anche differita nel tempo. Molte sono le tappe percorse dalluomo sia sul piano tecnico che su quello speculativo. Ci è noto, attraverso levoluzione della comunicazione nella storia, come la cultura delloralità, viva agli albori della nostra civiltà, implicasse diverse modalità percettive, dal momento che lascolto implicava una totale immedesimazione della persona nel testo narrato oralmente: si verificava in realtà limmersione nel mondo evocato dal narratore con la totale identificazione del recitante e delluditorio rispetto allevento fonico prodotto dalluno e partecipato allaltro.
Tutto ciò provocava la contestualità con levento narrato, incideva immediatamente sullascoltatore, modificando -in diretta, diremmo oggi- larea cerebrale deputata alla percezione, inscrivendovi gli usi, i modelli comportamentali attraverso la simpatetica identificazione con i personaggi e le azioni descritte. In queste modalità trasmissive è stato identificato laspetto-funzione di conservazione della cultura orale. Tuttavia, nel contempo, "il pubblico" interagiva col narratore e lo portava a modificare di volta in volta le sue storie, entrando come soggetto partecipe del processo creativo della narrazione; il che, tra laltro, costituiva il fluire dinamico di una tradizione non cristallizzata in un rigido canone, ma alimentata e modificata dalle forze vive in essa presenti e attive. Ciò significa che anche nella cultura orale cera trasformazione e non solo conservazione. Forse cera meno consapevolezza del cambiamento, perché mancava il canone rigido di riferimento, successivamente fissato in forma definitiva nel testo scritto. Una delle immagini emblematiche della comunicazione orale è il pozzo del villaggio: luogo dellincontro nel momento essenziale dellattingere lacqua indispensabile a tanti bisogni quotidiani. In ogni caso, "luogo dellincontro". È molto pregnante il simbolismo del pozzo: attingere in profondità lelemento più essenziale per la vita....... Al pozzo ci si fermava, si sostava e si creava il clima, loccasione per scambiarsi notizie, racconti, esperienze. Al pozzo sostavano per ristorarsi anche i viandanti di passaggio, che portavano le notizie di "fuori". Ai piedi del pozzo sedeva, alla frescura, il vecchio, ricco di anni e di saggezza, capace di trasmettere, con i suoi racconti, la storia, i sogni, i miti delle generazioni precedenti: uno dei modi che rendevano vivo il continuum della memoria, dipanandone il filo conduttore. Qual è - o quali sono - , oggi, i "luoghi" dellincontro?
Comunicazione scritta.
Così arrivano fino a noi dal Fedro di Platone i pensieri di Ammone e di Socrate sul concetto di verità, attraverso l'oralità e sul concetto di opinione (che oggi potremmo definire 'sapere libresco', avulso dall'esperienza o anche 'sapere ideologico' ingabbiato in strutture prefabbricate da altri e fatte proprie acriticamente), attraverso la scrittura. Si deve proprio a Socrate la consapevolezza e la sottolineatura della "capacità maieutica" dell'insegnante. Nulla contro l'opinione. Semplicemente dobbiamo riconoscere che essa non è la verità, ma solo ciò che di essa di tempo in tempo riusciamo a conoscere ed a vivere, che si modifica ed evolve in base alle esperienze ed ai rapporti intessuti con le persone e con la realtà e, quindi, può anch'essa essere forgiata in un fluire dinamico e non cristallizzarsi in forme rigide e difficilmente mutabili come nel caso del sapere libresco e di quello ideologico. I pensieri riportati all'inizio probabilmente costituiscono il primo esempio occidentale in cui si evidenzia il trapasso da una cultura immediata, mnemonica e naturale, ad una cultura 'mediata' (cioè non più scaturente dall'oralità e dal contatto dialogico, interpersonale), visiva e artificiale. I vari media succedutisi nel tempo a partire dallinvenzione della scrittura, e via via nel corso dei secoli levoluzione tecnologica che ha visto il susseguirsi ed il variegato moltiplicarsi dei supporti (tavolette di legno cosparse di cera, tavolette dargilla, papiro, pergamena, carta, supporti magnetici, supporti magneto-ottici) e delle diverse modalità di trasmissione dei messaggi (segnalazioni luminose, acustiche, staffette umane, cavi di rame, onde radio, fibre ottiche), hanno in realtà provocato una estensione meccanica della memoria umana, sottraendole la funzione di legame unico ed esclusivo tra le generazioni. Linvenzione della stampa poi, aumentando in misura esponenziale la possibilità di diffusione delle idee, ha provocato un ulteriore generalizzato impigrimento dei meccanismi mnemonici, che le possibilità offerte dalle nuove tecnologie tendono ad indurre ulteriormente, aumentando in ragione di ordini di grandezza ben più ampi la dipendenza delluomo dalla memoria della macchina. Se ne può cogliere laspetto utile nella la liberazione della mente da nozioni marginali e da attività ripetitive e con il proporzionale incremento della qualità del lavoro svolto. Tuttavia, cè da chiedersi se questo aspetto, di per sé - appunto - utile, spinto alle sue estreme conseguenze, non tragga fuori luomo dalla storia. Analizziamo cosa questo possa significare. Partiamo dal dato antropologico che luomo è un essere storico, nel senso che tutti gli eventi (incontri, esperienze) della sua vita si inscrivono nel suo essere rendendolo quello che via via diviene nel corso del processo vitale-storico tracciato dalla sua esistenza, il quale a sua volta incide a cerchi concentrici a partire dalla storia personale, in quella del gruppo di appartenenza, del contesto sociale, nazionale e, in definitiva, della specie umana. Chi e come sarà lessere-uomo di chi si pone nella realtà delegando alla macchina molte delle funzioni frutto di apprendimento faticato e vissuto insieme ad altri o comunque assorbito da mediazioni umane? Cosa potrà succedere di lui, se ad un certo punto eventi catastrofici, certamente non dietro langolo, ma pur sempre possibili, lo privassero degli strumenti tecnologici o dellenergia che costituisce il dato irrinunciabile per il loro uso? In altri termini, cosa resta delluomo senza un bagaglio culturale (parlo di
cultura intesa nel senso tedesco di edificazione - che diventa identificazione - della
persona) che ognuno si porta dentro? In effetti luomo, la cui individualità è un "unicum" irripetibile, non diviene "un altro"; ma, attraverso il suo processo di crescita, diventa "altro". Lessere-uomo è anche memoria e la memoria, che non è altro che la traccia del nostro vissuto, porta inscritto dentro di noi lessere che noi siamo, che denota il nostro comportamento, le nostre risposte agli stimoli che ci vengono dagli altri, informa la nostra azione, intendendo per azione non il volontarismo efficientistico o una robotica capacità tecnica, ma lOpera di ordinatore, in chiave individuale e cosmica insieme, che è il ruolo affidato alluomo dalla vita che lo ha posto in essere. Se il vissuto e lapprendimento vengono assorbiti -o comunque mediati- soltanto da una macchina, dove sono la profondità, lo spessore, lintenzionalità profonda che nutrono il nostro processo educativo (e-ducere = tirar fuori), che forma la struttura della personalità? Può essere affidata ad una macchina anche la capacità maieutica delleducatore? Leducazione autentica è lattenzione consapevole delladulto
genitore/insegnante al profitto Potremmo allargare il discorso al rapporto di reciproco insegnamento/apprendimento che
si instaura tra persone mature in dialogo, in quanto coinvolte in un rapporto di
reciprocità. È vera formazione quella che non introduce il soggetto coinvolto nel processo formativo (quando non si tratta di semplice addestramento meccanico od acquisizione di capacità tecniche), nel percorso di tutte le fasi salienti del processo cognitivo che ne è il presupposto: esperienza, percezione, organizzazione della conoscenza, apprendimento di una nuova conoscenza, selezione, memorizzazione ed, infine, metabolizzazione ed elaborazione personale? Può definirsi vera esperienza (nel senso di significativa e, quindi, trasformante)
quella che vede coinvolta soltanto la sfera intellettuale, che è la facoltà che viene
attivata nel contatto con le informazioni tratte da un elaboratore, e non anche il
contatto (che diviene rapporto) vivo e Ed è vera cultura quella composta da mere informazioni, senza il personale affinamento della capacità e degli strumenti di valutazione ed elaborazione, senza, cioè lermeneutica, e le conseguenti scelte frutto di coscienze libere e responsabili? Ed è vera conoscenza quella ridotta ad uninformazione per quanto vasta, capillare e ridondante essa sia, mentre la coscienza resta spogliata del suo contatto con la storia, con la capacità critica e con lesperienza? Senza dimenticare che leccedenza informativa porta con sé difficoltà di ricapitolazione e di introspezione (che è la capacità di penetrare, di "vedere" oltre lovvietà di ciò che appare) e, quindi, neutralizza la capacità di attivare e far entrare in campo nel vissuto e nel giudizio personale le risorse dellintuizione e dellimmaginazione, che connotano luomo rispetto agli altri esseri viventi. Potremo dire magari di avere tante persone addestrate ad affinare specifiche capacità in base alla specializzazione richiesta, ma non e-ducate, nel senso di tratte fuori dallanonimato (17) ed inserite in un processo di crescita che dura tutto larco della vita. Ne consegue che linformazione, senza lintenzionalità profonda, il calore del vissuto, non forma ma deforma la persona e comunque non raggiunge la profondità del suo essere, rimane un bagaglio superficiale e non un patrimonio acquisito. Luomo che affida la sua memoria interamente alla macchina, anziché
interiorizzarlo, si porterà dietro questo suo bagaglio come la lumaca che per
sopravvivere deve trascinarsi dietro il guscio. Cè da soffermarsi attentamente sul
significato di "guscio" e di cosa esso rappresenta nel caso del cosiddetto homo
tecnologicus, cioè se si volesse privilegiare nel nuovo che avanza soltanto questo
aspetto-possibilità, che non esaurisce tutta la realtà dellessere-uomo, rispetto
allinfinita gamma di espressioni che esso può portare nella storia del mondo. Bastano queste domande e queste riflessioni a renderci consapevoli del fatto che saggio è affidare ai supporti tecnologici soltanto quella parte di memoria che è utile per la qualità del lavoro e della vita, ma non quella indispensabile ad una piena incarnazione della cultura che nutre il nostro essere-nel-mondo, che non può non formare parte integrante della nostra persona e non è scindibile da essa. A meno che non si ritenga, come emerge da sfere non marginali di scuole di pensiero del nostro tempo, che la nostra cultura occidentale sia tutta da buttare via: ma, poiché certamente non è così, correremmo il rischio di "buttare via il bambino con lacqua sporca". Il fatto è che noi, pur immersi, forgiati e tributari di una cultura, siamo chiamati ad incarnare lEssere, di cui ogni cultura è solo una modalità di espressione in un certo luogo ed in un certo tempo. Quindi, ogni vero processo educativo dovrebbe metterci in grado di incarnare della
cultura del nostro luogo e del nostro tempo quel che proviene direttamente dalle sorgenti
dellEssere e buttare via "lacqua sporca", assimilando, nel contempo,
attraverso il dialogo con le altre culture reso possibile dallabbattimento delle
frontiere e dalla facilità di comunicazione frutto delle innovazioni tecnologiche, Questo è il lavoro affidato alla nostra scelta di persone mature e responsabili, che devono comunque operare, nei campi di propria competenza, le scelte giuste per salvaguardare anche le analoghe possibilità di chi sta ancora emergendo dalla non-consapevolezza. Dalle riflessioni espresse emerge che non possiamo affidare ai mezzi tecnologici la trasmissione della cultura; il che avverrebbe dando il massimo sviluppo alla "virtualità" in ogni campo dellinterazione umana, che vedrebbe luomo coniugato con lassurdo. Risultato ineluttabile, la disumanizzazione, che già sperimentiamo nelle periferie degradate delle nostre metropoli dove si registra il massimo grado di sradicamento e di disancoramento da una tradizione portante. Per la sopravvivenza della specie, se vogliamo ancora parlare di umanità, è ancora insostituibile il ruolo delloralità, della cosiddetta "tradizione orale", "testimone" che passa da una generazione allaltra. Daltro non si tratta che del dialogo tra generazioni, che la grande frammentazione del nostro tempo ha spento quasi del tutto. Non a caso ci stiamo accorgendo che una gran parte di questa generazione violenta,
demotivata, preda del non senso, dellangoscia del vuoto in luogo della energia
vitale della progettualità, del consumismo, in realtà non ha ancora ricevuto questo
"testimone". Né possono consegnarglielo i Non dimentichiamoci che i mass media non costituiscono né creano la realtà. Non fanno altro che inquadrarne alcuni aspetti secondo griglie di lettura poste in essere dagli operatori, per lo più in riferimento a domande già implicite o presenti tra "la gente". Quando non sono finalizzate a far passare messaggi in qualche modo manipolatori, al fine di formare unopinione pubblica in linea con le idee portanti dellideologia che informa il sistema che ha in mano linformazione. Un dato fondamentale a cui è necessario porre attenzione è la consapevolezza che il contenuto è più importante del medium che lo veicola e ciò che realmente importa, al di là degli incantesimi multimediali, è di recuperare linformazione rilevante, per non cadere del "delirio di onnipotenza del tecnologo" che porta a far prevalere la logica della tecnologia su quella della comunicazione privilegiando, per tornare ad un concetto già espresso in precedenza, il versante razionale rispetto a quello emotivo; il che priva luomo delluso equilibrato delle sue facoltà. Non è detto infatti che certe realizzazioni debbano essere concretizzate - o per lo meno esserlo in un certo modo - solo perché sono possibili tecnicamente ed incrementano una certa attività produttiva, ma poi in realtà non servono ad aumentare né la conoscenza (19) né la qualità della vita. Assistiamo infatti (basta avere una minima esperienza della navigazione in Internet; ma possiamo riflettere che succede la stessa cosa a coloro che restano incollati per ore davanti ad uno schermo televisivo) alla possibilità di fare indigestione di informazioni. Gli americani hanno coniato il termine infopollution: inquinamento da informazione. Si tratta di un inquinamento dato sia dalla pletora informativa, che spesso porta con sé insuperabili difficoltà di ricapitolazione e di introspezione, sia da contenuti volutamente o potenzialmente manipolatori. Potrebbe essere semplice obiettare che un uso equilibrato dei media preserverebbe da
simili rischi. Certamente il rischio è più forte nel caso di persone già portate allisolamento ed in qualche modo alla fuga dalla realtà; ma, a parte la considerazione che ciò non fa altro che alimentare queste tendenze, anziché favorire lapertura ad un contesto di relazione autentica, è bene essere consapevoli che occorre stare in guardia nei confronti di un approccio consumistico alle mirabilia tecnologiche che ci promettono e permettono i costruttori della nuova civiltà telematica. È reale il rischio di una ipertrofia informativa che, senza il dovuto vaglio di una coscienza matura, inducendo modelli culturali prefabbricati, opinioni massificanti, pregiudizi al servizio dellideologia dominante, produce leffetto di addomesticare, se non quello di addormentare le coscienze. Possiamo salvarci da questuso strumentale dei nuovi mezzi di comunicazione, attraverso un impegno civile orientato a cogliere le opportunità che le innovazioni tecnologiche ci stanno offrendo con le situazioni nuove che determineranno, costringendo i maggiori agenti sociali a ridefinire i loro ruoli, aprendo nuovi spazi di creatività, nuove forme di partecipazione. È qui che dovrà farsi viva e competente la nostra presenza. È comunque importante avere consapevolezza che ogni attività intenzionale delluomo ha conseguenze inintenzionali e non prevedibili. Del resto accade si sviluppino aspetti inattesi anche dalle realizzazioni intenzionali. Allinizio delluso della scrittura non si sarebbe mai potuto immaginare che questa azione avrebbe cambiato non solo le modalità di pensiero e di comunicazione, ma avrebbe provocato anche grandi trasformazioni in campo istituzionale, nella politica, nelleducazione, ed inoltre in una diversa concezione e applicazione della tecnica. Si avranno certamente ripercussioni analoghe per effetto ai nuovi mezzi e conseguenti modelli comunicativi di cui ci stiamo occupando. Ritengo tuttavia che non si debbano temere gli effetti di conseguenze che possono sfuggire da ogni previsione, se lintenzionalità che muove lazione non ha connotazioni esclusivamente egoistiche e prevaricatrici. Proprio in ciò si gioca la responsabilità di chi detiene in questo momento storico il potere di operare le scelte di fondo e, quindi, di orientare gli stili di vita ed i comportamenti nuovi che ne scaturiranno. Può essere interessante passare in rassegna alcune delle molteplici conseguenze inintenzionali della scoperta della scrittura. Tra quelle più rilevanti: - la nascita della filosofia, della scienza, della logica e delletica, con la sistematizzazione che loro riconosciamo. La forma di astrazione necessaria per lo sviluppo di queste discipline è stata resa possibile soltanto quando luomo, interiorizzata la scrittura, ha avuto la libertà mentale per una maggiore astrazione del pensiero. - la nascita dellindividualità. Gli illetterati non sono in grado di uscire dal pensiero situazionale, di fondare unautoanalisi sul nucleo centrale della persona, intorno al quale si sviluppa la capacità di collocare il vissuto esperienziale in chiave storico-narrativa. Oggi siamo arrivati al culmine di questo processo di autocoscientizzazione. È estremamente agevole trasporre le stesse riflessioni ai cambiamenti indotti dalle trasformazioni che ci stanno interpellando e dalle quali intenzionalmente desideriamo non essere presi, per quanto possibile, alla sprovvista, cogliendone le opportunità ed evitandone, sempre per quanto possibile, i rischi.
Comunicazione imagogica Mentre la scrittura produce una certa segmentazione della realtà in una sua linearità che consente lassimilazione e la valutazione dei contenuti del testo, i mezzi elettronici, soprattutto quando sono vettori di immagini, tendono a favorire una percezione più globale, più incisiva sullosservatore, posto in condizioni di passività, se le sue facoltà critiche non sono sufficientemente attivate. Inoltre nella lettura, essendo comunque il testo scritto un medium filtrante, leccitazione emotiva risulta maggiormente modulata rispetto a quella indotta dai messaggi visivi e sonori offerti dalla televisione. Ciò significa che si ha il tempo e il modo di assimilare, elaborare ed integrare equilibratamente i dati informativi e conoscitivi tratti dal testo scritto. Lincisività delle immagini, che parlano un linguaggio immediato e globale e, quindi, soltanto in parte filtrato dalla coscienza, quando cè una coscienza in grado di farlo, ci induce direttamente a paragonare il loro effetto a quello delloralità delle culture del passato. Cè un dato in comune: la contestualità simpatetica, che immerge
lascoltatore ed il narrante Linterrogativo che dobbiamo porci con la dovuta urgenza è: in quale cultura, in quale realtà veniamo immersi, sono immersi i nostri figli con meno anticorpi di noi, davanti allo schermo televisivo o saremo immersi in un futuro già presente davanti alle informazioni multimediali la cui realizzazione è già in corso? A chi sono in mano queste stupende opportunità? Chi crea e chi sceglie i contenuti? Purtroppo quella che impera è la legge del mercato e le sfere di potere da essa
create. Ma questo non riguarda soltanto lInformazione, ormai tutto il tessuto della
nostra società è in Se poi ci soffermiamo sul medium-televisione e, comunque, per effetto della multimedialità che è ormai dietro langolo, faremo sempre più i conti con la capacità educativa (o diseducativa, a seconda dei casi) delle immagini, dobbiamo renderci conto di quale importanza vitale assumano i contenuti, i messaggi veicolati dalle immagini stesse. Non possiamo più assistere inerti allo scempio che viene fatto della coscienza delle masse. Né possiamo continuare ad accettare che ci si dica, grazie anche al risultato di referendum a suo tempo promossi, che è quello che la gente vuole (da parte di chi con certi programmi si arricchisce) o si merita (da parte di chi, sentendosi superiore, cinicamente se ne disinteressa, non si ritiene responsabile della crescita degli altri). Questo significa non aver nessun rispetto per la "gente", che non è unentità astratta, ma è composta di persone che hanno diritto ad una qualità di vita migliore e non a intrattenimenti ludici (Telenovelas ed altro) che ricordano i famosi "panem et circenses", lontani nella memoria storica ma ancora evidentemente presenti nelle idee di certi politici. Questa riflessione non vuol essere una condanna dellintrattenimento, perché la dimensione ludica ed un sano divertimento aiutano lequilibrio della persona umana. Il problema è che si tende a sommergere "il pubblico" di banalità
diseducative senza offrirgli alternative per non correre, si dice, il rischio di perdere
"audience". Il rischio è perdere audience, ma il guadagno si misura in termini di credibilità e dignità, per non parlare di responsabilità e di etica. Non si tratta di moralismo, ma di senso della realtà e amore per la verità. Cosa ci offre, la nostra Agorà televisiva? Da un lato, assistiamo ad immagini negative che generano angoscia, facendo entrare nelle nostre case tutti gli orrori del mondo, per un malaugurato senso di spettacolarità, di sensazionalità che ha ormai intriso linformazione in tutti i suoi versanti, come se la concreta normalità del quotidiano non avesse il suo intrinseco valore che, evidentemente, non è più un valore condiviso. Non si offrono, per contro, se non eccezionalmente, i necessari approfondimenti sulle cause degli eventi o sulle possibili soluzioni. Senza parlare del compiacimento, a volte morboso, sulla crudezza delle immagini, che è certamente reale, ma che spesso viene presentata senza il rispetto e la delicatezza dovuti sia alle vittime che al dolore dei familiari. Si assiste ad una presenza asettica dei cronisti, costretti a spogliarsi della loro emotività per continuare a riprendere scene agghiaccianti, come abbiamo visto sui vari fronti di guerra. Un conto è lequilibrio di chi deve riferire senza rimanere invischiato emotivamente, ma nel profondo partecipa e condivide lorrore dellaccaduto, che pure è un dato della realtà da conoscere; un conto è il continuare asettico a registrare immagini che diviene mancanza di rispetto e, in definitiva, indifferenza. Dallaltro lato, nel semplice volgere di pochi secondi, si volta pagina e ci troviamo di fronte a notizie di una banalità incredibile o agli strombazzamenti di una pubblicità ormai invasiva, che non fanno altro che addormentare le coscienze ed il cui effetto è confusione e perdita di senso della realtà in questo assurdo rimescolamento dei più diversi aspetti del reale (divenuto veloce, privo di filtri, di consequenzialità). Tra laltro, ripeto, i vari eventi ed aspetti della realtà vengono selezionati con griglie di lettura che non ne colgono tutta lenorme ricchezza, complessità e, perché no, anche bellezza. "La TV certamente aiuta a comprendere la realtà, ma a patto che essa stessa non si faccia realtà. Nel "villaggio globale" di McLuhan, profetizzato e già superato, sembra ci sia sempre meno spazio per la pietas (lelemento umano) a fronte della progressiva affermazione della confusione tra mezzo e messaggio" (20) Parlando di televisione dobbiamo registrare un altro dato estremamente importante, che riguarda lo sviluppo psicologico delle fasce generazionali oggi ritenute a rischio. Ne fanno testo alcuni segnali allarmanti sulla violenza giovanile. "Sono accaduti fatti, in questi ultimi tempi, che inducono a riflettere su due cose: la permeabilità degli adolescenti a comportamenti distruttivi e autodistruttivi, ela parte che in questi avvenimenti ha la televisione, poiché questa, o nel darne notizia o nel proporre spettacoli nei quali la violenza è un contenuto di non secondaria importanza, rappresenta ed enfatizza la violenza stessa" (21) Possiamo senzaltro affermare, come sostengono i due ricercatori, esperti di psicologia delletà evolutiva, autori dellarticolo citato, che prendersela con la televisione può rappresentare un falso problema, perché molto dipende dalluso che se ne fa. Sta di fatto comunque che essa non è un optional, ma è entrata a far parte della nostra quotidianità e, mentre è la nostra finestra sul mondo, qual è il mondo che ci presenta? Resta innegabile che il fenomeno della enfatizzazione della violenza è un dato reale ed ha il suo peso determinante, soprattutto quando mancano, come è frequente al giorno doggi, le possibilità per gli adolescenti di compiere processi esperienziali soddisfacenti, ma soprattutto significativi, che sono la migliore modalità di "ricevere" il senso della vita (il famoso "testimone" cui ho già accennato in precedenza) e la capacità di attivare le proprie risorse per viverla con creatività, preparandosi a dare al meglio il proprio contributo di partecipazione e di innovazione. In ogni caso "parlare di violenza e di televisione senza parlare di società e violenza significa voler proiettare su uno schermo, fuori di noi, il problema della violenza che noi, prima ancora che la televisione, abbiamo posto troppo a portata di mano degli adolescenti, innanzitutto perché la temiamo e la subiamo e cerchiamo di rimuoverla sublimandola in comportamenti compensativi (come ladesione a valori dei quali non si è pienamente convinti), prevenendola con la paura, reprimendola e, insomma, non accettandola. Laccettazione è forse alla base di tutto, se per essa correttamente si intende comprensione e presa di coscienza, mettersi in discussione per responsabilizzarsi e convivere" (22) Se si tratta di convivere con la violenza non sono daccordo. Per il resto, ben venga la comprensione e la presa di coscienza che preludono alla trasformazione. Dalle riflessioni che precedono, mi pare possiamo trarre la conclusione di doverci impegnare ad usare i media per quello che sono: strumenti di lavoro, grandi opportunità per la snellezza e la completezza dellinformazione a supporto delle riflessioni e delle decisioni da prendere, abbattimento di frontiere, anche piacevole intrattenimento. Limportante è che non proiettiamo nelle loro pur mirabolanti possibilità lonnipotenza che vorremmo avere, ma che non ci è data perché siamo creature ancora in cammino verso la nostra vera finalità.
Comunicazione multimediale Si sta prendendo coscienza, in questo nostro tempo, del fatto che gli attuali sviluppi dellInformazione, trovandosi ad un incrocio virtuoso tra multimedialità e telematica, promettono eclatanti trasformazioni nel mondo dellinformatica e, attraverso queste, radicali cambiamenti nel tessuto culturale, nella struttura stessa della società e, conseguentemente, dellessere-nel-mondo dellumanità, che acquisterà aspetti del tutto inediti. Diciamo innanzi tutto che la multimedialità può essere definita come "la possibilità di acquisire informazioni provenienti da "media" differenti (testi, audio, immagini) da poter gestire contemporaneamente su un unico supporto informatico (cioè un computer) ed accessibili in modo interattivo dallutente finale" Il computer, per la memorizzazione e lelaborazione dellinformazione usa una
logica che codifica i dati sotto forma di espressioni numeriche. È per questo che, con lavvento della multimedialità il computer virtualmente diviene contemporaneamente televisore, registratore sia audio che video, fax, telefono. Linsieme di questi processi, di cui oggi è possibile la fusione, sta provocando, grazie allinsieme delle connessioni elettroniche che permettono a qualsiasi computer di collegarsi agevolmente e rapidamente con milioni di altri computer, affacciandosi sulluniverso di una miriade di reti, di banche dati ed attingendo ad informazioni di ogni genere, il porsi in essere di un vero e proprio organismo tecnologico in continua evoluzione. È facile immaginare come tutto questo renda molto più agevole lutilizzazione da
parte degli utenti comuni, per i quali - tra laltro - è richiesta una sempre minore
specializzazione, grazie al contestuale progresso dei software che consentono
uninterfaccia estremamente "amichevole" ed un uso molto guidato dei
sistemi operativi. È un altro dei fattori che contribuiranno a favorire una grande
pervasività dei nuovi strumenti nei vari campi della vita civile e domestica. Si tratta in effetti non tanto di una preoccupazione di genere ansiogeno, quanto di una
pre-occupazione, nel senso pieno della parola: occuparsi di qualcosa, per avere la
possibilità Oggi tutti i Paesi più sviluppati sono in corsa per promuovere la realizzazione di un ventaglio di prodotti e servizi che si muovono nello spazio tra telefono e televisione e in generale rispondono alla domanda di intrattenimento, di informazione e di transazioni informative da parte dei consumatori, da un lato. Da un altro punto di vista, si registra un grande dinamismo evolutivo che tende a portare numerose applicazioni, che prima avevano nei vari campi professionali il loro esclusivo scenario di riferimento, nel campo domestico, con grandi proposte innovative ed allettanti sotto laspetto dellutilità e dellinteresse per un uso sempre più individualizzato. La trasformazione ha una valenza che non è enfatico, ma semplicemente realistico definire epocale. Occorre cercar di esplorare come e con quali conseguenze tutto ciò si calerà nella realtà per esaminare le principali tematiche che nutrono la nostra consapevolezza e capacità di proiettarci nelle future trasformazioni. Il dato più immediatamente ed incontrovertibilmente emergente è il rapido evolversi dei parametri di riferimento e di comportamento che guidano le nostre scelte. Mentre siamo consapevoli che la progettualità è stata ed è indispensabile per fissare gli obiettivi e scegliere mezzi e tempi di realizzazione, attualmente gli input e le possibilità che ci si propongono in virtù delle nuove tecnologie, rendono la situazione anomala rispetto ai vecchi modelli. Infatti ci troviamo di fronte ad una realtà in evoluzione estremamente veloce, con ritmi che superano le nostre proiezioni progettuali e richiedono da parte nostra una grande flessibilità e capacità di adattamento e, soprattutto, di rinnovamento, che dobbiamo riuscire ad imprimere anche nel contesto in cui operiamo. Per esplicitare meglio: in sostanza ci troviamo coinvolti ed immersi come soggetti attivi in un processo di dinamismo evolutivo in cui il futuro, nel quale le generazioni precedenti proiettavano la loro progettualità, è già presente. Infatti, mentre nelle generazioni precedenti la nostra si proiettavano nel futuro i progetti e si ponevano in atto con studiata gradualità le operazioni realizzative (se ne aveva tutto il tempo) oggi sembra che la stessa scansione del tempo sia mutata e stia assumendo ritmi sempre più accelerati. È una accelerazione che non consente più una progettualità a lungo termine, che risulterebbe sempre e comunque superata, ma richiede - direi meglio, impone - la capacità di cogliere al volo le spinte innovative e calarle in una realtà in continua e rapida trasformazione. Si tratta sostanzialmente di prendere di volta in volta, di tappa in tappa, le decisioni ritenute più valide. Tutto questo necessariamente implica non solo - come visto più innanzi - creatività,
flessibilità Anche perché oggi, come allinizio di ogni grande svolta innovativa, molte implicazioni e conseguenze nel lungo periodo sono assolutamente imprevedibili. Ho già parlato più diffusamente in un capitolo precedente del grande cambiamento determinatosi nella vicenda umana, al momento del passaggio dalloralità alla scrittura alfabetica, per effetto del nuovo modo di organizzare il "dire", la "visione del mondo" che quel dire esprimeva. Altrettanto sta accadendo per effetto della nuova modalità di approccio con la realtà indotta dalle tecnologie avanzate. Noterei una rilevante analogia: mentre la cultura orale viveva e trasmetteva una visione olistica della realtà, la cultura scritta e quella scaturita dall"Universo Gutemberg" con linvenzione della stampa, ha dato alla realtà una notazione atomistica e lineare, la stessa linearità che caratterizza la "logica" che ha forgiato la nostra cultura occidentale. Ora, il "villaggio globale" ci riporta alla simultaneità; ma si tratta di un modo comunque diverso di abitare il mondo e, come tale, capace di indurre cambiamenti di cui al momento vediamo soltanto la punta delliceberg. Alcuni costituiscono grandi opportunità, altri saranno portatori di rischi. Del resto questo è un dato ricorrente nella storia, al quale luomo non ha mai potuto sottrarsi. Ciò significa che è sempre luomo, essere responsabile, a dominare -nel senso di governare- gli eventi per non subirli ed esserne reso schiavo, strumento inconsapevole dellassurdo. Se una società è plasmata dagli strumenti che usa, potendosi dimostrare che le appendici tecnologiche provocano alla lunga apprezzabili e irreversibili mutazioni della percezione, che è una delle fasi imprescindibili del processo cognitivo, non dobbiamo dimenticarci che luomo è contemporaneamente artefice e prodotto di questo processo. Si impone, quindi, la necessità di non perdere di vista il fatto che la tecnologia e tutte le sue applicazioni sono strumenti che vanno usati con consapevolezza e responsabilità e non mossi unicamente da finalità economiche o, peggio, di strumentalizzazione mercificante o massificante a seconda dei casi. Posti questi basilari interrogativi, cercherò di trovare delle risposte. Dovrò servirmi di parametri noti per entrare in un campo inesplorato. Dovrò affidarmi in parte allintuizione e in parte allimmaginazione. Certo intuizione ed immaginazione sono aspetti della nostra creatività; tuttavia chi è abituato ad un approccio esclusivamente empirico mi potrebbe obiettare che occorre procedere con scientificità e con dati verificabili. Non è detto, tuttavia, anche se il versante esclusivamente empirico della nostra cultura lo sostiene, che tutto ciò che non è rigorosamente, strettamente scientifico è, perciò stesso, irrazionale e non debba trovar posto nella nostra presa di coscienza della realtà. Non è questa la sede per entrare in sottili "distinguo" filosofici su ciò che si intende per "ragione" e, quindi, per razionalità, che ne è lespressione e sostanzialmente definirei ragione-in-azione. Ritengo tuttavia che anche chi agisce in ambito strettamente scientifico, pur dichiarando di servirsi di una ragione che si nutre di dati esclusivamente empirici, in realtà non può non attingere, almeno nellinsopprimibile momento teorico di ogni sperimentazione, alle proprie doti intuitive, i cui connotati sfuggono ad ogni misurazione e non possono entrare in gioco in termini quantificabili. Penso inoltre che, in quanto si tratta di una facoltà umana, anche lintuizione non solo può, ma anzi deve, entrare in campo quando è necessario prefigurare scenari ignoti, orizzonti sconosciuti. Inoltre lintuizione vola alto e porta lontano, ma si appoggia, si muove in realtà pur sempre da dati noti, certi, reali. Gli orizzonti che si aprono sono ampi e di non facile esplorazione, dato che siamo
immersi in un processo magmatico di cui non si vedono che alcuni passaggi e solo
confusamente le tappe ulteriori. Ignoto è il punto di arrivo. |