Dialogo vero. Mai ingenuo
Card Dionigi Tettamanzi, Milano Incontro Uomini e religioni

Intervento del Card. Tettamanzi al meeting di Milano 5 - 7 settembre 2004. Leggi anche:
>>Suo saluto di apertura<<
 

In tempi neppure troppo lontani si pensava che, almeno in Occidente, la sempre più diffusa secolarizzazione avrebbe finito per emarginare dal vivere sociale e civile ogni dimensione religiosa. Oggi, invece, le religioni si trovano alla ribalta della scena pubblica. 

C'è chi cerca di strumentalizzarle, per incendiare le conflittualità etniche e politiche, e chi ne riconosce la funzione etica e sociale per sanare ogni piaga e per edificare nella pace la convivenza sul pianeta. Il loro ruolo appare, così, importante o, persino, decisivo. Ovvio che, intorno ad esse, si sviluppi un dibattito che coinvolge uomini e donne di religione e di cultura, ma anche molti cittadini.

In questo contesto, e per il futuro del mondo, appare sempre più necessario che i rappresentanti delle religioni e gli esponenti dei diversi mondi culturali si incontrino per cercare insieme vie concrete di riconciliazione e di pace. Questi hanno il delicato compito di aiutare le rispettive comunità a disinnescare i fenomeni di intolleranza e di fondamentalismo, derive "patologiche" dell'esperienza religiosa, e a resistere alla ricorrente tentazione di rivestire con motivazioni religiose i gravi problemi sociali e culturali che continuano a seminare terrorismo, lotta e morte financo per tanti bambini innocenti.

Quando gli uomini e le donne di religione sanno risalire al cuore della propria esperienza religiosa si scoprono capaci di dialogo, testimoni di fraternità, costruttori di pace. Le genuine fonti che ispirano le loro tradizioni, se ascoltate con attenzione, suggeriscono le motivazioni più originali e profonde per il confronto coraggioso e rispettoso con le altre tradizioni e per l'accoglienza dell'altro nella sua dignità.

L'intuizione profetica di Giovanni Paolo II che nel 1986 invitò ad Assisi i leader delle grandi religioni e confessioni cristiane ad inv ocare il dono della pace, è all'origine del pellegrinaggio che la Comunità di Sant'Egidio va promuovendo per le città del mondo e che quest'anno, per la seconda volta, fa tappa a Milano. La Chiesa ambrosiana è lieta di essere co-promotrice di questa iniziativa, la quale ben si colloca nella metropoli lombarda, città europea ed ecumenica, crocevia di etnie, culture e religioni.

Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo. È questo il titolo dell'odierno diciottesimo Incontro internazionale che, dopo molteplici confronti su questioni attuali e scottanti, avrà la sua solenne conclusione martedì 7 settembre sulla Piazza del Duomo.
Che cosa significa auspicare il coraggio di un nuovo umanesimo? Di fronte a chi si sottrae al dialogo o a chi lo pratica con superficialità, è opportuno richiamare l'esigenza di una nuova cultura e di una nuova prassi. Nel dialogo non ci si può limitare a scoprire e riconoscere ciò che si ha in comune. Non sarebbe vero dialogo quello che sottacesse le differenze o le mettesse tra parentesi, e non affrontasse la questione della loro apparente o reale inconciliabilità. Una nuova cultura del dialogo, invece, è quella che, senza rinnegare le singole identità, non le contrappone in una logica di inimicizia, ma sa farle convivere pacificamente.

Reinventare in termini dialogici le relazioni sociali a tutti i livelli, fino a quello delle relazioni internazionali nella società globale, è l'orizzonte di un nuovo umanesimo. Un umanesimo che riconosce come imperativo categorico il rispetto della inviolabile dignità di tutti gli uomini, dei diritti di ogni persona, popolo, cultura. Li riconosce, anzi li promuove, senza ingenui idealismi, ma con realismo tenace. È il realismo, umano e cristiano, che nasce dalla convinzione e dalla constatazione storica che non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono.


La sfida della pace: un triplice auspicio            
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Saluto Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano all’inaugurazione del XVIII Incontro internazionale di preghiera per la pace

Con gioia rivolgo il più cordiale saluto di benvenuto a ciascuno di voi che avete accolto l’invito a partecipare a questa assemblea con la quale s’inaugura il XVIII incontro internazionale di preghiera per la pace, promosso dall’Arcidiocesi di Milano insieme con la Comunità di sant’Egidio.

A tutti voi, amici di questa Comunità, dico il grazie più convinto e sincero per la vostra opera generosa e, soprattutto, per l’audacia e la costanza con cui, in tutti questi anni, avete raccolto e diffuso lo “spirito di Assisi”.

In particolare agli illustri ospiti, ai leader religiosi e ai relatori di questo convegno, desidero porgere un saluto di calorosa accoglienza a nome della Chiesa ambrosiana, di tutti i suoi fedeli, e - mi sia consentito - a nome anche della “Milano ecumenica” e delle comunità cristiane di altra confessione con le quali da alcuni anni si è costituito il “Consiglio delle Chiese di Milano”, l’organismo che lo scorso giugno ha promosso il “Cammino ecumenico di pace a Gerusalemme”, al quale ho personalmente partecipato anche in preparazione di questo incontro internazionale.

La nostra gioia, però, oggi è venata da una grande tristezza. Negli occhi e nel cuore di tutti noi stanno le tragiche immagini dell’inutile, vile e spietata strage di tanti bambini innocenti e di molte altre persone a Beslan.

L’animo di ogni credente, qui sfidato drammaticamente, si sente chiamato a una più accorata preghiera, per invocare da Dio il dono della pace. E anche il nostro “lavorare insieme” di questi giorni acquista un valore ancora più decisivo. È proprio il coraggio di dare vita a un nuovo umanesimo - fondato sull’inviolabile dignità di ciascuna persona e sul rispetto dei diritti di ogni uomo, popolo e cultura - il contributo più originale ed efficace che, insieme, vogliamo assicurare all’edificazione di una pace giusta e duratura.

A tutti, per questo nostro convegno, vorrei esprimere un triplice auspicio.

Il primo auspicio si richiama proprio al messaggio di speranza ricevuto durante il viaggio a Gerusalemme. Incontrando persone e comunità, che vivono drammatiche situazioni di sofferenza senza poterne vedere soluzioni vicine, abbiamo ascoltato testimonianze da parte di uomini e donne israeliani e palestinesi, che si ostinano a sperare nella pace e a cercare la riconciliazione tra i due popoli in conflitto. Ci ha colpito il coraggio di chi opera nella convinzione che non c’è pace finché non ci si fa carico delle ferite dell’altro e di chi si rifiuta di odiare o aggredire l’altro, pur avendo da esso subito violenze e lutti. Non erano parole, ma fatti reali, vissuti da centinaia di famiglie israeliane e palestinesi, che testimoniano una grande forza interiore. Questo stesso spirito singolarmente vigoroso, che spinge a cercare anche contro corrente vie di riconciliazione e a suscitare esperienze di dialogo nella carità, desidero augurare anche a tutti noi qui convenuti.

Il secondo auspicio riguarda il confronto che ci attende nei molteplici “forum” su problematiche diversissime, ma tutte confluenti nell’unico grande tema del coraggio di un nuovo umanesimo. Questo tema rimanda all’esigenza fondamentale di edificare la società e i rapporti tra i popoli mettendo al centro, con più coerenza e determinazione, la persona, l’essere umano che possiede e vive un’essenziale e irrinunciabile dimensione “relazionale” e, quindi, di dialogo. Il mio auspicio è che, proprio a partire dalla dimensione relazionale della persona, possano nascere e svilupparsi una nuova cultura e prassi del dialogo, che si basino non solo su ciò che le diverse identità religiose e culturali hanno in comune, ma soprattutto sulle loro differenze e specificità. È la forma più complessa, ma autentica del dialogo.

L’ultimo auspicio che vorrei qui formulare è che Milano raccolga i frutti di questo incontro internazionale avviando un serio itinerario per preparare la celebrazione, fra nove anni, del XVII centenario dell’Editto di Milano, con il quale l’imperatore Costantino, nel 313, diede la piena libertà religiosa ai cristiani di tutto l’impero. In questa città, in cui sta crescendo la consapevolezza del proprio ruolo europeo ed internazionale, mi auguro che la memoria di questo evento, che ha segnato una svolta nella storia del cristianesimo e dell’umanità, possa costituire l’occasione per un eventuale nuovo incontro interreligioso e internazionale, per offrire un comune messaggio di unità e di pace all’odierna società globale e pluralista.

Concludo unendomi spiritualmente a Giovanni Paolo II che, con l’incontro di Assisi del 1986, è il “padre ispiratore” anche di questo nostro convegno. Come lui, anche noi vogliamo lasciarci ispirare dalla grande profezia di Isaia che vede “tutti i popoli del mondo in cammino dai diversi punti della terra per raccogliersi attorno a Dio come un’unica, grande e multiforme famiglia”.

Questa visione tarda ad avverarsi, ma proprio per questo si avvererà in straordinaria pienezza. E noi siamo qui per assaporarne già ora la bontà e la bellezza.

+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano

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