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In tempi neppure
troppo lontani si pensava che, almeno in Occidente, la sempre più
diffusa secolarizzazione avrebbe finito per emarginare dal vivere
sociale e civile ogni dimensione religiosa. Oggi, invece, le
religioni si trovano alla ribalta della scena pubblica.
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C'è chi
cerca di strumentalizzarle, per incendiare le conflittualità
etniche e politiche, e chi ne riconosce la funzione etica e
sociale per sanare ogni piaga e per edificare nella pace la
convivenza sul pianeta. Il loro ruolo appare, così, importante o,
persino, decisivo. Ovvio che, intorno ad esse, si sviluppi un
dibattito che coinvolge uomini e donne di religione e di cultura,
ma anche molti cittadini.
In questo contesto, e per il futuro del mondo, appare sempre più
necessario che i rappresentanti delle religioni e gli esponenti
dei diversi mondi culturali si incontrino per cercare insieme vie
concrete di riconciliazione e di pace. Questi hanno il delicato
compito di aiutare le rispettive comunità a disinnescare i
fenomeni di intolleranza e di fondamentalismo, derive
"patologiche" dell'esperienza religiosa, e a resistere
alla ricorrente tentazione di rivestire con motivazioni religiose
i gravi problemi sociali e culturali che continuano a seminare
terrorismo, lotta e morte financo per tanti bambini innocenti.
Quando gli uomini e
le donne di religione sanno risalire al cuore della propria
esperienza religiosa si scoprono capaci di dialogo, testimoni di
fraternità, costruttori di pace. Le genuine fonti che ispirano le
loro tradizioni, se ascoltate con attenzione, suggeriscono le
motivazioni più originali e profonde per il confronto coraggioso
e rispettoso con le altre tradizioni e per l'accoglienza
dell'altro nella sua dignità.
L'intuizione
profetica di Giovanni Paolo II che nel 1986 invitò ad Assisi i
leader delle grandi religioni e confessioni cristiane ad inv ocare
il dono della pace, è all'origine del pellegrinaggio che la
Comunità di Sant'Egidio va promuovendo per le città del mondo e
che quest'anno, per la seconda volta, fa tappa a Milano. La Chiesa
ambrosiana è lieta di essere co-promotrice di questa iniziativa,
la quale ben si colloca nella metropoli lombarda, città europea
ed ecumenica, crocevia di etnie, culture e religioni.
Religioni e
culture: il coraggio di un nuovo umanesimo. È questo il
titolo dell'odierno diciottesimo Incontro internazionale che, dopo
molteplici confronti su questioni attuali e scottanti, avrà la
sua solenne conclusione martedì 7 settembre sulla Piazza del
Duomo.
Che cosa significa auspicare il coraggio di un nuovo umanesimo? Di
fronte a chi si sottrae al dialogo o a chi lo pratica con
superficialità, è opportuno richiamare l'esigenza di una nuova
cultura e di una nuova prassi. Nel dialogo non ci si può limitare
a scoprire e riconoscere ciò che si ha in comune. Non sarebbe
vero dialogo quello che sottacesse le differenze o le mettesse tra
parentesi, e non affrontasse la questione della loro apparente o
reale inconciliabilità. Una nuova cultura del dialogo, invece, è
quella che, senza rinnegare le singole identità, non le
contrappone in una logica di inimicizia, ma sa farle convivere
pacificamente.
Reinventare in
termini dialogici le relazioni sociali a tutti i livelli, fino a
quello delle relazioni internazionali nella società globale, è
l'orizzonte di un nuovo umanesimo. Un umanesimo che riconosce come
imperativo categorico il rispetto della inviolabile dignità di
tutti gli uomini, dei diritti di ogni persona, popolo, cultura. Li
riconosce, anzi li promuove, senza ingenui idealismi, ma con
realismo tenace. È il realismo, umano e cristiano, che nasce
dalla convinzione e dalla constatazione storica che non c'è pace
senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono.
La sfida della pace: un triplice auspicio
torna su
Saluto Dionigi
Tettamanzi, Arcivescovo di Milano all’inaugurazione del XVIII
Incontro internazionale di preghiera per la pace
Con gioia rivolgo il più
cordiale saluto di benvenuto a ciascuno di voi che avete accolto l’invito
a partecipare a questa assemblea con la quale s’inaugura il
XVIII incontro internazionale di preghiera per la pace, promosso
dall’Arcidiocesi di Milano insieme con la Comunità di sant’Egidio.
A tutti voi, amici di questa
Comunità, dico il grazie più convinto e sincero per la vostra
opera generosa e, soprattutto, per l’audacia e la costanza con
cui, in tutti questi anni, avete raccolto e diffuso lo “spirito
di Assisi”.
In particolare agli illustri
ospiti, ai leader religiosi e ai relatori di questo convegno,
desidero porgere un saluto di calorosa accoglienza a nome della
Chiesa ambrosiana, di tutti i suoi fedeli, e - mi sia consentito -
a nome anche della “Milano ecumenica” e delle comunità
cristiane di altra confessione con le quali da alcuni anni si è
costituito il “Consiglio delle Chiese di Milano”, l’organismo
che lo scorso giugno ha promosso il “Cammino ecumenico di pace a
Gerusalemme”, al quale ho personalmente partecipato anche in
preparazione di questo incontro internazionale.
La nostra gioia, però, oggi
è venata da una grande tristezza. Negli occhi e nel cuore di
tutti noi stanno le tragiche immagini dell’inutile, vile e
spietata strage di tanti bambini innocenti e di molte altre
persone a Beslan.
L’animo di ogni credente,
qui sfidato drammaticamente, si sente chiamato a una più accorata
preghiera, per invocare da Dio il dono della pace. E anche il
nostro “lavorare insieme” di questi giorni acquista un valore
ancora più decisivo. È proprio il coraggio di dare vita a un
nuovo umanesimo - fondato sull’inviolabile dignità di ciascuna
persona e sul rispetto dei diritti di ogni uomo, popolo e cultura
- il contributo più originale ed efficace che, insieme, vogliamo
assicurare all’edificazione di una pace giusta e duratura.
A tutti, per questo nostro
convegno, vorrei esprimere un triplice auspicio.
Il primo auspicio si
richiama proprio al messaggio di speranza ricevuto durante il
viaggio a Gerusalemme. Incontrando persone e comunità, che vivono
drammatiche situazioni di sofferenza senza poterne vedere
soluzioni vicine, abbiamo ascoltato testimonianze da parte di
uomini e donne israeliani e palestinesi, che si ostinano a sperare
nella pace e a cercare la riconciliazione tra i due popoli in
conflitto. Ci ha colpito il coraggio di chi opera nella
convinzione che non c’è pace finché non ci si fa carico delle
ferite dell’altro e di chi si rifiuta di odiare o aggredire l’altro,
pur avendo da esso subito violenze e lutti. Non erano parole, ma
fatti reali, vissuti da centinaia di famiglie israeliane e
palestinesi, che testimoniano una grande forza interiore. Questo
stesso spirito singolarmente vigoroso, che spinge a cercare anche
contro corrente vie di riconciliazione e a suscitare esperienze di
dialogo nella carità, desidero augurare anche a tutti noi qui
convenuti.
Il secondo auspicio
riguarda il confronto che ci attende nei molteplici “forum” su
problematiche diversissime, ma tutte confluenti nell’unico
grande tema del coraggio di un nuovo umanesimo. Questo tema
rimanda all’esigenza fondamentale di edificare la società e i
rapporti tra i popoli mettendo al centro, con più coerenza e
determinazione, la persona, l’essere umano che possiede e vive
un’essenziale e irrinunciabile dimensione “relazionale” e,
quindi, di dialogo. Il mio auspicio è che, proprio a partire
dalla dimensione relazionale della persona, possano nascere e
svilupparsi una nuova cultura e prassi del dialogo, che si basino
non solo su ciò che le diverse identità religiose e culturali
hanno in comune, ma soprattutto sulle loro differenze e
specificità. È la forma più complessa, ma autentica del
dialogo.
L’ultimo auspicio
che vorrei qui formulare è che Milano raccolga i frutti di questo
incontro internazionale avviando un serio itinerario per preparare
la celebrazione, fra nove anni, del XVII centenario dell’Editto
di Milano, con il quale l’imperatore Costantino, nel 313, diede
la piena libertà religiosa ai cristiani di tutto l’impero. In
questa città, in cui sta crescendo la consapevolezza del proprio
ruolo europeo ed internazionale, mi auguro che la memoria di
questo evento, che ha segnato una svolta nella storia del
cristianesimo e dell’umanità, possa costituire l’occasione
per un eventuale nuovo incontro interreligioso e internazionale,
per offrire un comune messaggio di unità e di pace all’odierna
società globale e pluralista.
Concludo unendomi
spiritualmente a Giovanni Paolo II che, con l’incontro di Assisi
del 1986, è il “padre ispiratore” anche di questo nostro
convegno. Come lui, anche noi vogliamo lasciarci ispirare dalla
grande profezia di Isaia che vede “tutti i popoli del mondo in
cammino dai diversi punti della terra per raccogliersi attorno a
Dio come un’unica, grande e multiforme famiglia”.
Questa visione tarda ad
avverarsi, ma proprio per questo si avvererà in straordinaria
pienezza. E noi siamo qui per assaporarne già ora la bontà e la
bellezza.
+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano