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Secondo la testimonianza del Nuovo Testamento, l'eucaristia e la missione rappresentano due grandezze essenziali nella vita della Chiesa. Con il presente lavoro [1] si vuole mettere in luce il nesso interiore che lega, tra loro, l'eucaristia, mistero della fede, e la missione, annuncio del Vangelo per la fede. Per affrontare questo argomento è anzitutto necessario analizzare le principali prospettive biblico-teologiche dell'eucaristia per cogliere successivamente, dai dati emersi, la sua connessione vitale con la missione e le conseguenze che ne derivano. Le prospettive che si delineano, infatti, non solo aprono un campo fecondo per la riflessione teologica e l'annuncio catechetico, ma sviluppano anche preziosi orientamenti per una teologia biblica della missione e per una pastorale missionaria, intimamente sintonizzata con i valori profondi della salvezza divina, a noi rivelata mediante il Vangelo. Principali prospettive biblico-teologiche dell'eucaristia Le testimonianze neotestamentarie presentano l'eucaristia al punto di convergenza di alcuni temi biblici fondamentali: sacrificio di lode, memoriale, sacrificio, nuova alleanza e, quindi, alleanza. La conoscenza di questi remi, indispensabile per una comprensione scientifica e vitale dell'eucaristia, si rivelerà di una fecondità straordinaria per la nostra ricerca [2]. Come è stato recentemente messo in luce [3] l'eucaristia è connessa in modo speciale con la tradizione del sacrificio di lode: un particolare tipo di sacrificio di comunione (cfr. Lv 7,11-15), offerto da chi aveva ottenuto dal Signore la liberazione da un imminente pericolo di morte. Per cogliere l'importanza di questa tradizione, in vista di una più adeguata comprensione dell'eucaristia, occorre ancora tenere presente che il sacrificio di lode, secondo la testimonianza della Scrittura, non solo crebbe di importanza con il passare del tempo, ma conobbe anche un ricco processo di spiritualizzazione. In particolare nel tardo periodo postesilico esso divenne la celebrazione degli <'anawim>, di coloro che, nella prova del tempo presente e nella povertà della loro esistenza, ponevano a fondamento della propria vita la fiducia e la confidenza nel Signore (cfr. Sal 69 ,30-34). Questo processo culminò nel movimento apocalittico. La fede nella risurrezione portò a comprendere che il vero sacrificio di lode è quello che si celebrerà nel "mondo che deve venire", quando l'umanità sarà introdotta al banchetto eterno della comunione con il Signore, nella pienezza della rivelazione e nella vittoria definitiva della vita sulla morte (cfr. Is 25,6-9). Oltre il nome "eucaristia" ("rendimento di grazie"), un insieme di dati attesta che l'eucaristia è stata compresa in questa prospettiva. Così i racconti dell'ultima Cena affermano, concordi, che Gesù prese il "pane", termine con il quale non si indica il pane azimo, ma solo quello fermentato. Inoltre la formula "Questo calice è la (nuova) alleanza nel mio sangue" (1 Cor 11,25) conferma che nella celebrazione eucaristica il calice è "alzato" per proclamare la salvezza divina, salvezza che si configura, per la comunità dei discepoli di Gesù. come il dono della nuova alleanza, resa possibile dalla risurrezione del Cristo Signore. Accenniamo, infine, a una preziosa testimonianza che si trova nel Canone Romano: "Ricordati di tutti i presenti... per loro ti offriamo e anch'essi ti offrono questo sacrificio di lode e adempiono i loro voti a te, Dio eterno, vivo e vero ". La parte in corsivo è stata da noi tradotta in modo che risulti evidente che il testo liturgico latino si ispira esplicitamente al v. 14 del Sal 50 [4]. Si tratta di un salmo che, da un lato, suppone già iniziato il processo di spiritualizzazione del sacrificio di lode (l'unico richiesto, in un contesto in cui si condannano i sacrifici celebrati senza l'impegno di una vita coerente con la fede professata, dunque l'unico che suppone sempre un impegno esistenziale autentico) e, dall'altro, evidenzia che la decisione di offrire tale sacrificio maturava generalmente durante il pericolo di morte (per malattia o a causa dei nemici) e si trasformava in voto quando l'orante innalzava la sua supplica al Signore per essere salvato (cfr. Sal 116,14). La ricchezza di questa prospettiva è particolarmente illuminante. "Nella sera in cui fu tradito", Gesù non solo accettò di compiere la volontà del Padre, donando se stesso fino alla "morte di croce", ma anticipò, sulla terra, con i suoi discepoli, quel sacrificio di lode che egli avrebbe inaugurato, con la sua risurrezione, per l'eternità. In tale ottica la Chiesa, che celebra l'eucaristia, è la comunità del Risorto, che si unisce al suo Signore nella lode del Dio vivo e vero. In Gesù, Messia e Signore, il Padre ha veramente adempiuto la sua promessa di salvezza, inaugurando il mondo della risurrezione. Al tempo stesso, in ogni eucaristia i discepoli anticipano, come aveva fatto Gesù, il proprio sacrificio di lode nella certezza che il loro dare la vita, per Cristo e il Vangelo, è la via che conduce alla risurrezione, è evento salvifico che compie, nella esistenza di ogni giorno, la promessa racchiusa nella parabola del chicco di grano che, morendo, produce molto frutto (cfr. Gv 12.24). 2. Eucaristia, memoriale Un tema biblico essenziale, per una adeguata comprensione dell'eucaristia, è certamente quello del memoriale. Lo indica la stessa formula "fate questo in memoria di me", che si incontra nei racconti dell'istituzione. La formula è stata prevalentemente compresa in riferimento all'assemblea dei discepoli. In questa interpretazione si coglie una prospettiva feconda. In realtà la Scrittura, quando invita a "ricordare" ciò che ha fatto il Signore, chiama il popolo perché con coraggiosa fiducia si apra al suo Dio, nella certezza che egli rinnoverà anche nel futuro i prodigi della salvezza (cfr. D t 7,17-19; 20,1-4). Analogamente l'assemblea eucaristica, ricordando la salvezza compiuta dal Padre, mediante la risurrezione del Figlio, si apre nella fede a Dio per accogliere questa salvezza e diventare così sempre più partecipe della vita nuova del Signore glorificato. Nella Scrittura, però, non solo il popolo, ma anche il Signore è il soggetto del memoriale. La locuzione "il Signore ricorda" appartiene alle espressioni più ricche e suggestive della Scrittura. Essa scaturisce dal fondamento stesso sul quale si costruisce la fede biblica, vale a dire sulla certezza incrollabile della fedeltà del Signore, che realizza la promessa fatta gratuitamente ai padri (cfr. il v. S di Es 6,2-8), rinnovando nella storia la vocazione del suo popolo ( Os 11,1 ) , perché raggiunga la meta dell'esodo: la comunione vitale con lui, propria dell'alleanza. J. Jeremias ha dimostrato che la formula "in memoria di me", alla luce delle testimonianze bibliche e targumiche, suppone appunto Dio come soggetto del memoriale [5]. L'invocazione di un'antica preghiera giudaica, nella quale si chiede al Signore che si ricordi del Messia, offre il senso preciso della formula [6]. Se nella citata preghiera l'orante chiede a Dio che adempia la salvezza promessa, inviando il Messia, nella eucaristia la comunità cristiana, mentre confessa che Gesù come Messia è venuto, lo attende però come "Signore" (Kyrios ) e invoca perciò il Padre perché realizzi la sua promessa, inviando il Signore della gloria perché introduca tutte le genti nel mondo nuovo della risurrezione. La comunità che celebra l'eucaristia, quindi, comprende se stessa, e l'umanità, nella luce della venuta salvifica del Kyrios .In altri termini, la venuta del Signore diventa, per i discepoli, il principio ermeneutico di tutta la storia umana. Invocando questa venuta la Chiesa pone se stessa, con l'umanità, sotto il giudizio di Dio, che non ha preferenza di persone (cfr. Rm 2,11) e rinnova nei discepoli, riuniti come assemblea santa, la coscienza della loro responsabilità nella testimonianza del Vangelo, "potenza di Dio per la salvezza di tutti coloro che credono" (cfr. Rm 1.16). Per la sua ricchezza, questo tema richiede anzitutto che si colga il significato del sacrificio secondo le categorie della teologia biblica. Mediante il sacrificio l'uomo confessa di aver ricevuto dal Signore il dono di partecipare alla sua vita, di essere innalzato fino a lui nell'esperienza del suo amore fedele e misericordioso. La vittima, "fatta salire" sull'altare, e il fuoco, che si eleva verso l'alto della trascendenza, costituiscono le coordinate di uno spazio simbolico nel quale l'uomo incontra un "morire" che non segna la fine drammatica dell'esistenza, al contrario la introduce nella totalità della vita, rappresentata dalla comunione con il Dio vivente [7]. In questa ottica, la comprensione della morte di Gesù come sacrificio rappresenta una delle conquiste teologiche più feconde della Chiesa del tempo apostolico. Tale comprensione, infatti, suppone una comunità che è raggiunta dalla fede nel Signore risorto (cfr. Lc 24,34) e sa cogliere, nella luce di questa fede, il vero senso della morte di Gesù. La croce appare così come l'evento salvifico per eccellenza in quanto, attraversando la regione della morte, il Cristo ha inaugurato per l'umanità, di ogni luogo e di tutti i tempi, il mondo nuovo della risurrezione. Proprio questa fede ha portato la Chiesa del Nuovo Testamento a vedere, nella morte di Gesù, la realizzazione somma di quanto la tradizione biblica esprimeva e significava con il sacrificio. La stessa confessione di Gesù come il "servo del Signore" (cfr. Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9a; 52,13-53,12), che offrì la sua vita in sacrificio di espiazione, favorì l'interpretazione del valore salvifico della croce con la categoria biblico-soteriologica del sacrificio. La strofa di un antico inno protocristiano, che ancora può essere individuato in Ef 5,1-2 [8], testimonia che questa prospettiva si incontra già nel periodo iniziale della fede neotestamentaria e ne rappresenta un elemento fondamentale, destinato a trovare, nella lettera agli Ebrei, il suo grandioso e stupendo sviluppo. L'eucaristia, in quanto memoriale della salvezza divina, realizzata mediante la morte di Gesù, si configura così come il memoriale del sacrificio del Cristo. Per questo la comunità che partecipa all'eucaristia è raggiunta dall'amore del Signore, che ha offerto se stesso per la vita del mondo, e dall'amore del Padre, che rende sempre presente e operante, nella storia, il dono del Figlio (cfr. Gv 3,16). Grazie a questo amore, effuso per opera dello Spirito Santo (cfr. Rom 5,5), l'assemblea celebrante è introdotta nel fuoco del Dio santo: nella comunione vivificante con il Dio vivo e vero. È noto che nel racconto dell' istituzione Paolo e Luca parlano del calice della "nuova alleanza" (cfr. 1 Cor 11,25; Lc 22,20), mentre Matteo e Marco hanno soltanto il termine "alleanza" (cfr. M t 26,28; Mc 14,24). Non si tratta, però, di due interpretazioni diverse della "frazione del pane", in quanto nel Vangelo secondo Matteo e in quello secondo Marco la parola "alleanza", intesa come evento messianico e definitivo, assume il significato indubbio di nuova alleanza [9]. Se a queste testimonianze si aggiunge anche la pagina di Gv 6, nella quale il "pane della vita" è in connessione con l'insegnamento divino promesso per i tempi della nuova alleanza (cfr. Gv 6,45 con Is 54,13 e Ger 31,33-34), possiamo affermare che il N.T. è concorde nel considerare l'eucaristia come celebrazione propria dell'evento della nuova alleanza, realizzatasi nella morte e risurrezione di Gesù. Il tema della n uova alleanza appare, quindi, essenziale per comprendere l'eucaristia nel solco tracciato dalla testimonianza del N.T. AI riguardo si può rilevare che, se l'espressione "nuova alleanza" ricorre soltanto in Ger 31,31, le pagine che si ispirano alla promessa del profeta Geremia, e la sviluppano, sono numerose ed eloquenti. La pericope di Ger 31,31-34 presenta la nuova alleanza come l'intervento del Signore che, nella fedeltà del suo amore eterno (cfr. Ger 31,3) e nel fremito della sua tenerezza (cfr. Ger 31,20; Is 63,15), trasforma interiormente il suo popolo, divenuto infedele, così che esso sia nuovamente, nella dimensione profonda del proprio essere, in sintonia con l'insegnamento e la volontà del suo Dio. L'intervento del Signore, che trasforma l'intimo dell'uomo, è ripreso dal profeta Ezechiele. Il popolo, infedele, ha perso la propria unità e identità. In questa condizione Israele è venuto meno alla missione di testimoniare il Dio "santo" tra le genti. Il Signore, però interviene per "santificare il suo nome", ossia per salvaguardare la possibilità della sua rivelazione sulla terra mediante il popolo che egli stesso si è scelto. Per questo, come afferma il profeta in linea con il messaggio di Geremia, il Signore rinnova il popolo, donandogli un "cuore" capace di comunione e ponendo in lui il suo stesso spirito. CosÌ, interiormente trasformato, il popolo vivrà per sempre in sintonia con il disegno del suo Dio e, quindi, nell'autenticità dell'alleanza. La pagina di Is 54, a sua volta, parla dell'<alleanza di pace> richiamandosi chiaramente alla promessa di Geremia (cfr. Is 54,13 con Ger 31,34). La nuova alleanza si configura qui come l'opera del Signore che, nel suo amore fedele e misericordioso, "redime" la sua sposa, dischi udendole per sempre un futuro di fecondità e di vita nella rinnovata esperienza della sua infinita tenerezza ("con amore perenne ho tenerezza di te", Is 54,8; cfr. Sa1103, tutto). Anche la promessa della circoncisione del cuore (cfr. Dt 30,6-14) suppone l'annuncio geremiano della nuova alleanza e, da parte sua, lo sviluppa ponendo l'accento sull'intervento divino che rinnova il suo popolo nella fedeltà alla propria vocazione e missione. In sintesi la trasformazione interiore, annunciata nella promessa della nuova alleanza, dischiude ai credenti l'esperienza personale e vitale del Signore ("tutti mi conosceranno", v. 34). Questo dato è evidenziato e confermato dalla presenza della formula dell'alleanza: "Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo" (cfr. Ger 31,33 e, inoltre, Ez 36,28b). Questa formula, infatti, come si vedrà nel paragrafo successivo, connota U carattere filiale e sponsale della comunione che unisce Israele al suo Dio. Per Geremia, quindi, e per la tradizione a lui successiva, la promessa della n uova alleanza è finalizzata alla realizzazione piena dell'alleanza. Certo l'eucaristia rinnova nella Chiesa i doni propri della nuova alleanza: la trasformazione interiore dell'uomo, lo Spirito del Signore, l'esperienza del suo amore sponsale, la vita autentica simboleggiata dal tema della circoncisione del cuore. Proprio in forza di questi eventi, però, Dio plasma la Chiesa in modo che essa sia il popolo nel quale si realizza per sempre il dono dell'alleanza e per mezzo del quale si rivela, sulla terra, il nome santo del Signore. L'eucaristia in quanto sacrificio di lode della Chiesa, che è unita al Signore risorto, porta con se la certezza che è giunto il tempo della nuova alleanza. Ne deriva, da quanto è stato appena detto, che la "frazione del pane" è per ciò stesso il sacramento per antonomasia dell'alleanza. Con questo tema ci troviamo davanti a una categoria centrale della fede biblica e, quindi, essenziale per la comprensione della stessa eucaristia. Due sono i valori fondamentali che configurano la teologia biblica dell'alleanza: la comunione di vita e l'impegno a camminare nelle vie di Dio. La comunione di vita appare anzitutto nel rito dell'aspersione del sangue, che caratterizza la stipulazione dell'alleanza in Es 24,3-8 [10]. Secondo la concezione dell' Antico Oriente il sangue è la sede della vita ( cfr. Lv 17,11 ). Pertanto il rito, prevedendo che l'altare, simbolo del Signore, e l'assemblea siano aspersi con il sangue, esprime, a livello simbolico-celebrativo, il contenuto centrale della fede biblica: in virtù dell'alleanza, Israele diventa partecipe della vita divina ed è unito al suo Dio con un vincolo la cui immagine appropriata è il legame di sangue, che unisce tra loro i membri di una stessa famiglia. Che il significato simbolico del rito sia costituito da questo vincolo vitale e familiare è confermato dalla formula dell'alleanza [11] con la quale si confessa che il Signore è Dio di Israele e Israele popolo del Signore. Questa formula, come è stato dimostrato [12], è sorta e si è sviluppata per sottolineare il carattere familiare, diretto e personale del rapporto salvifico che unisce il popolo al Signore. Effettivamente la formula dell'alleanza richiama, nella sua stessa struttura, sia la formula di adozione ("tu sei mio figlio") che la formula sponsale ("tu sei mia sposa"). In altri termini, essere "popolo" del Signore significa essere suoi figli e formare, come comunità, la sua sposa. Le pagine meravigliose che descrivono il rapporto paterno-filiale che unisce tra loro il Signore e Israele (cfr. Es 4,22; Dt 14,1-2; 32,1-9; Os 11,1-4; Is 63,7-64,11), mostrano, con la loro ricchezza di motivi teologici, quanto sia stata vitale l'esperienza dell'alleanza nella tradizione della Scrittura. Lo stesso deve dirsi dei testi che ricorrono all'immagine sponsale per sottolineare l'amore con cui il Signore perdona alla sua sposa, infedele. e la rinnova donandole la fedeltà, così che possa vivere "nella giustizia e nel diritto, nell'amore e nella tenerezza" (cfr. Os 2,16.22-25; Is 54,1-13; 61,10- 62,12). In questo contesto si comprende il secondo valore caratteristico dell'alleanza: l'impegno di Israele a camminare nelle vie del suo Dio. L'assunzione di tale impegno costituisce una condizione indispensabile dell'alleanza. In realtà tutti i testi che descrivono il rito dell'alleanza (cfr. Es 24,3-8; Gs 24,1-25), o lo suppongono (cfr. D t 26,17-19; 29,1-20), contengono il motivo del popolo che si assume l'impegno di compiere la volontà del suo Dio. Il contenuto di questa volontà si articola in due direzioni. L'impegno suppone, anzitutto, un'adesione totale, esclusiva e perenne al Signore (comandamento fondamentale); al tempo stesso esige, come conseguenza, una vita basata sulla fraternità nella giustizia e nell'amore, secondo gli orientamenti dei comandamenti particolari (cfr. D t 10,12-13; Is 1,16-20). Grazie all'evento della nuova alleanza, l'eucaristia si presenta come il sacramento nel quale si realizzano in pienezza i valori dell'alleanza. Si realizza la comunione di vita in quanto il Padre per mezzo del Figlio comunica lo Spirito Santo. Lo Spirito rende i discepoli sempre più partecipi della condizione figliale di Gesù e al tempo stesso rende l'assemblea ricolma, in misura progressiva, dell'amore sponsale del Signore. L'eucaristia, in altri termini, fà la Chiesa: la rende popolo del Signore, famiglia del Dio vivente, sposa santa e immacolata. Al tempo stesso lo Spirito pone nei discepoli i sentimenti che furono in Cristo Gesù (cfr. Fil 2,5). Per questo l'impegno di amare i fratelli, con lo stesso amore del Cristo (cfr. Gv 13,33-34), diventa non solo adesione, necessaria, a un comando, ma esperienza interiore della mozione dello Spirito, che trasfigura i discepoli nell'icona gloriosa del Signore risorto (cfr. Rom 8,28-30; 2 Cor 3,18; Fil 3,20-21 ). II. Prospettive eucaristico-missionarie I temi biblici individuati mentre testimoniano la ricca comprensione teologica dell'eucaristia, che si sviluppò nella Chiesa del Nuovo Testamento, offrono anche delle preziose prospettive per cogliere il nesso vitale e fecondo che intercorre tra la stessa eucaristia e la missione. 1. Eucaristia e Risurrezione L'eucaristia, in quanto sacrificio di lode, celebra il Padre che, risuscitando il Figlio dalla morte, ha inaugurato il mondo nuovo della risurrezione [13]. Quando la fede nel Signore, Dio dell'esodo e dell'alleanza, si sviluppò e giunse a proclamare la vittoria divina sulla morte mediante la risurrezione, si comprese che il mondo nuovo avrebbe costituito il futuro non solo di Israele, ma di tutti gli uomini. Così il testo di Is 25,6-8 presenta il Signore che prepara il banchetto per tutti i popoli sul monte della nuova Gerusalemme: è il banchetto che simboleggia la definitiva comunione dell'umanità con il Dio vivente, la piena rivelazione dell'amore del Signore e la vittoria totale della vita sulla morte e su ogni forma di sofferenza. Anche il Sal 22, ricco di motivi propri del sacrificio di lode, si conclude con l'immagine delle famiglie dei popoli che si prostrano nella lode e nell'adorazione davanti al Signore, perché egli ha realizzato il suo regno, richiamando alla vita "quanti discendono nella polvere" (cfr.vv.28-30). La confessione di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, porta la comunità del Nuovo Testamento a comprendere che tutti i popoli, mediante la fede nel Vangelo, sono chiamati a partecipare alla vita nuova del Cristo. Proprio nell'eucaristia si anticipa, già ora sulla terra, il banchetto della piena comunione con il Dio santo e fonte della vita. Tutta l'umanità, nelle sue articolazioni storiche e sociali, è convocata a questo banchetto. L'eucaristia, perciò, è di sua natura il sacramento al quale sono chiamate tutte le genti e suppone la Chiesa come comunità costituita da ogni popolo e nazione, capace di accogliere in se l'umanità intera, nella molteplicità delle sue espressioni storiche e culturali. Un elemento determinante nel sacrificio di lode è il rito del calice cui è annessa la proclamazione della salvezza del Signore. La Chiesa, che nell'eucaristia si unisce al sacrificio di lode del suo Signore, proclama che, nella risurrezione del Figlio, il Padre rende l'umanità partecipe della sua vita e del suo regno. La promessa fatta ai padri si è adempiuta. È iniziato il banchetto che Dio ha preparato per tutti i popoli. Contemplata in questa luce, l'eucaristia appare come la sorgente dell'autocoscienza della Chiesa che, essendo la famiglia di coloro che sono risorti con Cristo, è la nuova Gerusalemme, la madre di tutti i popoli (cfr. Sal 87). Proprio per questo dall'eucaristia sgorga la testimonianza vitale del Vangelo che prolunga, nell'esistenza e nella missione dei battezzati, la proclamazione della salvezza compiuta nel sacramento. Anche il tema biblico del memoriale illumina il rapporto interiore che unisce l'eucaristia alla missione. Anzitutto nell'eucaristia l'assemblea ricorda la salvezza operala da Dio con la risurrezione di Cristo. In questo modo essa si apre al Padre nella sIcura fiducia che egli rinnova ora la sua salvezza. accrescendo nei dIscepoli la loro partecipazione alla "vita nuova" del SIgnore risorto (cfr. Rm 6, 1 -11). In altri termini l'eucaristia è la fonte dell'autenticità della Chiesa che testimonia, con il proprio essere nel mondo, la realtà del "mondo nuovo" della risurrezione, realtà che, nel Cristo, raggiunge ogni uomo rendendolo cittadino della Gerusalemme celeste. Nell'eucaristia, inoltre, il tema del memoriale suppone l'ardente invocazione della presenza totale di Dio (epiclesi) e, quindi l'invocazione della continua venuta del Signore nella vita della comunità celebrante, nella storia della Chiesa e del mondo, fino al compimento definitivo, quando l'umanità intera entrerà nel regno promesso. In questa visuale l'eucaristia è il sacramento che rinnova nella Chiesa l'attesa dinamica del mondo nuovo, dove tutte le famiglie dei popoli potranno partecipare in pienezza alla salvezza di Dio. Invocare la venuta del Signore signifIca dunque invocare la potenza dello Spirito del Risorto che opera nel cuore degli uomini e della storia umana per preparare l'incontro salvifico con il Vangelo. Se la Chiesa è lo spazio vivente, nel quale brilla la luce del Vangelo, l'invocazione della venuta del Kyrios nel mondo suppone sempre la sua venuta nella Chiesa per rinnovarla, rendendola "tutta gloriosa, senza macchia ne ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ef 5,27). In questa ottica l'eucaristia non solo rinnova costantemente nei battezzati l'aneli lo della salvezza di tutti gli uomini, ma rende anche la Chiesa testimone del Risorto in tutte le dimensioni del suo essere e delle sue strutture. In forza dell'eucaristia, pertanto, la ChIesa diventa sempre più se stessa e quindi si presenta al mondo come lo spazio dell'esodo e dell'alleanza, della libertà e della vita, in una parola lo spazio della rivelazione con cui Dio si comunica all'uomo nel suo Figlio risorto. Queste riflessioni mettono anche in rilievo che il tema del memoriale è intrinsecamente connesso con la speranza nel Dio che ha aperto all'uomo il futuro della promessa e che è confessato dalla Scrittura come colui che è eternamente fedele alla sua parola. Nell'eucaristia, l'abbiamo visto, la Chiesa si apre fiduciosa alla salvezza del Dio vivente e invoca la venuta del Signore, nella storia e per l'eternità. Proprio per questo essa si presenta come il popolo che sperimenta la salvezza nella speranza e testimonia la luce della speranza sulla terra. Se l'annuncio del Vangelo fa risplendere sulla terra la "beata speranza" legata all'avvento del Signore Gesù, allora si può affermare che l'eucaristia è la fonte di ogni evangelizzazione. In altri termini, nell'eucaristia la Chiesa attinge alla sorgente stessa del Vangelo: la sorgente dell'amore di Dio che si rivela eternamente fedele inviando il Signore risorto. 3. Eucaristia: sacrificio di Cristo e dei discepoli La categoria biblica del sacrificio ha rappresentato una prospettiva teologica feconda che ha guidato la fede della Chiesa del tempo apostolico a comprendere la morte del Signore come l'unico evento di salvezza, grazie al quale tutta l'umanità trova la via per accedere alla comunione con il Dio vivente. L'eucaristia, in quanto sacramento dell'unico sacrificio con cui il Cristo inaugura il mondo nuovo della risurrezione, pone sempre la Chiesa alla presenza dell'amore di Dio, che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio (cfr. Gv 3,16), e alla presenza dell'amore con cui Gesù amò i suoi, fino a compiere totalmente il disegno del Padre (cfr. Gv 13,1), fino ad essere innalzato da terra per attirare tutti a se (cfr. Gv 12,32). L'eucaristia, sotto questo profilo, appare come il sacramento per antonomasia della missione della Chiesa, anzi della Chiesa che è missionaria per natura, perché portatrice e testimone di colui che ha dato se stesso per la vita del mondo. Il tema del sacrificio mostra la dimensione missionaria della eucaristia anche sotto un altro punto di vista. I battezzati sono così realmente e vitalmente uniti al Signore risorto da diventare per grazia ciò che il Cristo, Figlio di Dio, è per natura. Ne segue che, come il Cristo, così anche i cristiani sono chiamati dalla grazia divina e abilitati dallo Spirito Santo a fare di se stessi un dono d'amore ai fratelli e a tutti gli uomini. Nell'amore vicendevole e nella carità verso tutti, i battezzati offrono il proprio "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12,1; cfr. Rm 15,16) [14]. In altri termini essi, uniti al Cristo e partecipi della sua risurrezione, diventano nella quotidianità della loro esistenza, il dono con il quale Dio manifesta al mondo il suo amore. Sotto questo profilo è legittimo affermare che l'eucaristia è la fonte della sacramentarietà missionaria dei battezzati e di ogni comunità ecclesiale. L'eucaristia come sacramento della nuova alleanza contiene delle grandi implicanze missionarie. Anzitutto in essa il Signore risorto rinnova il dono dello Spirito. È lo Spirito infuso con il battesimo, nell'intimo dei credenti, quale sorgente interiore della loro trasfigurazione nell'icona del Signore risorto; e, al tempo stesso, è lo Spirito effuso con la confermazione, sopra i battezzati, quale forza che li rende profeti, e dunque testimoni del Signore risorto e annunciatori del Vangelo di Dio fino agli estremi confini della terra [15]. L'eucaristia, in altri termini, rinnova nel cristiano l'autenticità della sua esistenza battesimale e la forza necessaria per la sua testimonianza e la sua missione nel mondo. In secondo luogo il popolo della nuova alleanza porta la Parola del Signore nel suo cuore. Dio trasforma l'uomo ponendogli nell'intimo il suo insegnamento (Ger 31,33), il suo Spirito (Ez 36,27) e la sua Parola (D t 30,14). Ne segue che nell'eucaristia, sacramento della nuova alleanza, la comunità dei battezzati riceve, con lo Spirito del Signore, il dono della rivelazione. Il Padre rivela nell'intimo dei discepoli il Figlio e a sua volta il Figlio, accolto mediante la fede, rivela il Padre (cfr. M t Il,25-27; 13,16-17; Lc 10,21-23; Gv 1,18; 14,9.20; 17, 6.14). Secondo la ricca teologia giovannea la cena dell'Agnello è appunto il sacramento nel quale si realizza la promessa della Scrittura relativa alla nuova alleanza: "tutti saranno ammaestrati da Dio" (cfr. Gv 6,45 con Is 54,13 e Ger 31, 33-34 ). L 'eucaristia si configura allora come il sacramento della rivelazione del Cristo, della sua interiorizzazione nel cuore del credente ad opera dello Spirito. Sotto questo profilo essa è giustamente compresa come la sorgente dell'evangelizzazione che si sviluppa in forza di una missione profetica, in quanto scaturisce sempre dall'esperienza di Dio e della sua rivelazione in Cristo. La pagina di Ez 36,16-28 offre un'ulteriore prospettiva che illumina la dimensione missionaria dell'eucaristia. Il Signore ha scelto il suo popolo per manifestare la sua potente presenza salvifica nel mondo. Ne segue che, se il popolo eletto perde la propria autenticità, viene meno sulla terra la testimonianza del Signore. In questa visuale si situa il messaggio straordinario della nota pagina del libro di Ezechiele. Il Signore trasforma il suo popolo, divenuto infedele, perché il suo Nome possa ancora manifestarsi "santo" sulla terra. Se l'eucaristia è il sacramento della nuova alleanza essa è il sacramento nel quale il Signore, nel suo amore fedele e misericordioso, trasforma continuamente, con il dono dello Spirito, la Chiesa e, in essa, le comunità ecclesiali e i singoli battezzati, perché mediante la loro testimonianza nel mondo, si accenda sulla terra il fuoco santo della rivelazione del Padre nel suo Cristo. La rivelazione di Dio mediante il Vangelo del Figlio suo, morto e risorto, si sviluppa e si diffonde in proporzione dell'autenticità della Chiesa e dei battezzati. Proprio questa autenticità è incessantemente rinnovata e accresciuta dall'eucaristia, se è celebrata in modo sincero e coerente, come è richiesto dalla natura stessa dell'alleanza. L'autenticità del popolo di Dio, resa possibile dalla nuova alleanza, testimonia che nella Chiesa si realizza il dono dell'alleanza. L'alleanza rappresenta il cuore del disegno di Dio, che ha predestinato gli uomini ad essere partecipi della sua vita come famiglia, nella quale tutti realizzano la comunione con il Signore e tra di loro. Gli elementi che caratterizzano il tema biblico dell'alleanza, non solo presentano l'eucaristia come il sacramento della salvezza per antonomasia, ma mettono anche in evidenza il suo rapporto essenziale con la missione. Anzitutto l'eucaristia rinnova l'elemento essenziale e fondamentale dell'alleanza: la comunione di vita con il Signore. Grazie ad essa l'assemblea liturgica è la famiglia dei figli di Dio e, come comunità, forma la sposa sempre purificata e rinnovata dall'amore fedele del Signore. Nel Nuovo Testamento la caratteristica del Figlio Unigenito è quella di essere "dato" dall'amore del Padre per la vita del mondo. Se i battezzati sono figli di Dio, perché partecipi della risurrezione del Figlio e resi simili a lui dallo Spirito, allora anch'essi sono, in Cristo, i figli "dati" dal Padre perché il mondo creda e, credendo, abbia la vita in abbondanza. Analogamente la dimensione sponsale della Chiesa è connessa con la risurrezione del Signore. Nel Risorto, però, è abbattuto il muro della divisione che separava i gentili dal popolo del Signore (cfr. Ef 2,11-22). Quanti si sono rivestiti di Cristo, mediante la fede e il battesimo (cfr. GaI 2,26-28), formano l'Israele di Dio (cfr. GaI 5,16). La "Sposa" del Kyrios, di conseguenza, è costituita dalla moltitudine delle genti unite da una sola fede e in una sola carità. In questo contesto appare la valenza missionaria dell'eucaristia. In quanto sacramento dell'alleanza, l'eucaristia rende la Chiesa la comunità dei figli sempre più trasfigurati nell'icona gloriosa del Signore risorto e quindi sempre più "dati" dal Padre per la vita del mondo. Al tempo stesso essa rende la Chiesa sposa e quindi intrinsecamente costituita da ogni popolo, lingua e nazione. L'eucaristia, in altri termini, sviluppa nella Chiesa la coscienza dell'universalità come nota che caratterizza in modo essenziale il suo essere e, quindi, la sua esistenza e missione nella storia umana. La "koinonìa", la "diakonìa" e la "marturìa", realtà basilari per la teologia e la pastorale della missione, sono le espressioni tipiche di questa coscienza e perciò sono anch'esse il frutto precipuo dell'eucaristia in quanto sacramento dell'alleanza. Lo stesso impegno, che nella prospettiva dell'alleanza costituisce la condizione indispensabile dell'eucaristia, ha una valenza missionaria. Questo impegno è espresso, con una felice formulazione, nelle parole del comandamento nuovo di Gv 13,34-35. I battezzati che si riuniscono come assemblea eucaristica sono chiamati, per l'autenticità stessa della loro celebrazione, a rinnovare l'impegno dell'amore vicendevole, un amore che ha la sua fonte e il suo modello nello stesso amore di Gesù, quale si rivela sulla croce. E' significativo che per il quarto Vangelo proprio l'amore vicendevole è il segno mediante il quale "tutti" conosceranno i cristiani come discepoli di Gesù. Questa promessa richiama la dichiarazione di Gv 12,32: "Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me". Tra i modi con cui il Signore glorificato attira tutti a se, il Vangelo secondo Giovanni sottolinea quello dell'amore vicendevole. I discepoli che si amano come Cristo costituiscono la forza spirituale con la quale il Risorto attira tutti a se, per rendere tutti partecipi della sua risurrezione. III. Orientamenti conclusivi Il quadro che è emerso, anche se schematico per esigenze di spazio, può favorire una visione sintetica ed essenziale dei profondi rapporti che legano l'eucaristia alla missione. La strada percorsa ha ancora consentito di constatare la ricchezza delle prospettive che si dischiudono alla riflessione teologica, pastorale e catechetica quando si pone, come anima interiore dell'intelligenza della fede, la Santa Scrittura. Compresa alla luce della risurrezione e della Scrittura, l'eucaristia manifesta la sua connessione, intrinseca ed essenziale, alla missione. Essa, di sua natura, è il sacrificio di lode con cui tutti i popoli sono chiamati a proclamare la salvezza di Dio; è il memoriale con cui la Chiesa, mentre ricorda la morte e la risurrezione del suo Signore, invoca il compimento della redenzione per l'umanità intera; è il sacrificio con cui tutti sono innalzati con Cristo alla comunione con il Padre; è il sacramento della nuova alleanza che rinnova l'autenticità della Chiesa, perché per mezzo suo si compia sulla terra la rivelazione di Dio mediante il Vangelo del suo Figlio; infine è il sacramento dell'alleanza che rende la Chiesa l'assemblea dei figli, che prolungano sulla terra la missione del Figlio Unigenito, e la sposa "santa e immacolata", costituita da ogni popolo, lingua e nazione. Da quanto è stato detto risulta, inoltre, che l'eucaristia è per antonomasia la celebrazione di coloro che, pur essendo in questo mondo, non sono più di questo mondo, in quanto appartengono al mondo della risurrezione (cfr. Gv 15,19; 17,11-18). Tale dato mostra che l'eucaristia porta in se stessa l'esigenza dell'inculturazione, in quanto è la celebrazione del Risorto che si compie in un determinato tempo della storia umana e in un preciso spazio socio-culturale [16]. Anche questo aspetto, nella missione della Chiesa, riveste un 'importanza che difficilmente potrà essere esagerata. L'inculturazione, infatti, costituisce la via della missione che si sviluppa nella linea dell'incarnazione, della risurrezione, dell'eucaristia e, quindi, dell'autenticità evangelica. Notiamo, infine, che il rapporto dell'eucaristia con la risurrezione ha permesso alle comunità cristiane del Nuovo Testamento di comprendere la celebrazione della cena del Signore nella prospettiva simbolica della teologia della Pasqua. Questa teologia conferisce ai principali temi dell'eucaristia una propria impronta. È l'impronta della liberazione e della speranza. L'eucaristia, in quanto celebrazione della Pasqua del Signore, è la sorgente inesauribile della liberazione dell'uomo e della sua speranza. Per questo la missione della Chiesa, che ha la propria fonte e il proprio culmine nell'eucaristia, avrà necessariamente una connotazione pasquale. La Chiesa, in definitiva, è mandata dal suo Signore a portare il Vangelo della salvezza per far rifiorire, in ogni uomo e nella società umana, l'esperienza gioiosa della liberazione divina e l'energia luminosa della speranza. Roma, 29 giugno 1995 NOTE [1] Il presente articolo riporta, con alcuni ampliamenti, la relazione svolta nel raduno dei professori dell'Istituto di Catechesi Missionaria, a Roma, nella Pontificia Università Urbaniana il 14.02.1995. [2] In questi ultimi decenni si è sviluppata una notevole sensibilità alla comprensione dell'eucaristia alla luce della Scrittura. Tra le opere più significative segnaliamo: C. Giraudo, La struttura letteraria della preghiera eucaristica. Saggio sulla genesi di una forma, Roma 1981; J. leremias, Le parole dell'ultima cena, Brescia 1973; X. Leon-Dufour, Sharing the Eucharistic Bread: the Witness of the New Testament , New York 1987 (originale francese: Le partage du pain eucharistique, 1982); R. Pesh, Das Abendmahl und Jesu Todesverständniss (Quaestiones disputatae, 80), Freiburg-Basel-Vienna 1978. Sempre utile è la consultazione delle seguenti opere: L. Bouyer, Eucaristia. Teologia e spiritualità della preghiera eucaristica, Torino 1969; F.-X. Durrwell, L 'eucaristia sacramento del mistero pasquale, Torino 1982; T. Schneider, Segni della vicinanza di Dio. Compendio di teologia dei sacramenti, Brescia 1989, 130-193. per il rapporto dell'eucaristia con la missione cfr. G. Odasso, "Eucaristia e missione", in: Dizionario di Missiologia (Pont. Univ. Urbaniana), Roma 1993, 229-232. [3] Su questo tema cfr. H. Gese, Sulla teologia biblica , Brescia 1989, 129-154. In queste pagine l'autore tratta "L'origine della cena del Signore", riprendendo la tesi della connessione dell'eucaristia con il sacrificio di lode già presentata nell'articolo "Psalm 22 upd das Neue Testament", ZThK NF65 (1968) 1-22.[4] Per il Sal 50 rinviamo allo studio interessante di D. Bach, "Rite et parole dans l'AT. Nouveaux elements apportés par l'etude de Tôdâh, VT 28 (1978) 10-19 [5] Cfr. J. Jeremias, Le parole dell'ultima cena, op. cit., 296-318, in particolare le pp. 310-318. [6] Questa preghiera si trova in tutte le numerose edizioni della Haggadàh pasquale. Qui diamo una traduzione, dall'originale, della parte che interessa più direttamente il nostro tema: "Dio nostro e Dio dei nostri padri, salga, venga, giunga, sia visto, sia gradito, ascoltato, considerato e pensato davanti a te (= da te) il ricordo di noi, il ricordo della nostra umiliazione, il ricordo dei nostri padri, il ricordo del messia, figlio di Davide, tuo servo, il ricordo di Gerusalemme, tua città santa, e il ricordo di tutto il tuo popolo, la casa di Israele, per la salvezza, per il bene...". [7] Cfr. H. Gese, Sulla teologia biblica , op. cit., 103-128, dove l'autore sviluppa una profonda teologia del sacrificio in connessione con l'espiazione (una categoria biblica fondamentale nella comprensione neo testamentaria della morte di Gesù come sacrificio) . [8] L'inno dice: "(il Messia) ha amato noi e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave aroma". Per il commento a questo passo cfr. H. Schlier, La lettera agli Efesini (Commentario Teologico del Nuovo Testamento, X/2), Brescia 1973, 362-366.[9] L'espresssione "nuova alleanza", come è noto, ricorre solo in Ger 31,31, mentre numerosi sono i testi che riprendono il messaggio di Geremia. In particolare la teologia deuteronomistica e le pagine di Is 54-55; 61-62 hanno influito a comprendere i temi della salvezza futura, messianica, nell'ottica della nuova alleanza, senza ricorrere all'espressione esplicita di Ger 31,31. D'altronde già in Ger 31,33 la nuova alleanza, che sta per essere descritta, è indicata semplicemente con il nome di "alleanza". [10] Il rito contempla l'aspersione, con il sangue, dell'altare e dell'assemblea. L'altare è simbolo del Signore e il sangue di vita. Il rito significa, quindi, che tra il Signore e la comunità si stabilisce un vincolo di comunione vitale, che ha il suo riferimento specifico nel vincolo di sangue che lega tra loro i membri di una stessa famiglia. Quanto al sangue simbolo di vita, il Gese nota giustamente: "La <legittima> presenza del sangue nella prassi normale, quotidiana, del sacrificio impronta il concetto di sangue, specie nell'ambito cultuale. Qui il sangue non viene inteso come una neutrale sostanza corporea nel senso della medicina, ne come sorgente di forza nel senso delle pratiche magiche, ma come ciò che normalmente "sembra essere" all'uomo nel momento dell'immolazione sacrificale: il portatore della vita" (Sulla teologia biblica, op. cit., 118-119). [11] La formula dell'alleanza può essere indicata con l'espressione "io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo". Questa formulazione presenta delle variazioni sia quando è messa in bocca a Israele, sia quando si ricorre alla terza persona ("egli è il nostro Dio..."), oppure, in riferimento a Israele, si usa il pronome o l'aggettivo plurale ("tu sei il nostro Dio e noi siamo il tuo popolo"). [12] Cfr. R. Smend, "La formula dell'alleanza", in: Mc Carthy-Mendenhall-Smend, Per una teologia del patto nell'Antico Testamento, Torino 1972, 121-153.[13] Una suggestiva trattazione, a carattere prevalentemente teologico- pastorale,della risurrezione è sviluppata da G. O'Collins, Gesù risorto. Un'indagine biblica, storica e teologica sulla risurrezione di Cristo, Brescia 1989. Si vedano soprattutto le pp. 217-232. [14] Per una trattazione biblica di questo tema cfr. St. Lyonnet, "La vocazione cristiana alla perfezione secondo san Paolo", in: De la Potterie -Lyonnet, La vita secondo 10 Spirito, condizione del cristiano, Roma 1967, 255-281. Per la prospettiva missionaria sono interessanti anche le pp. 281-308 dove lo stesso autore tratta il tema: "Perfezione del cristiano <animato dallo Spirito> e azione nel mondo secondo S. Paolo" [15] La teologia biblica mette in luce il rapporto dell'eucaristia con il battesimo e la confermazione, rapporto che pone l'eucaristia al vertice dei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Questo aspetto, per la sua importanza spirituale, pastorale e missionaria, sta giustamente ricevendo una nuova attenzione nella ricerca teologica e storico-liturgica. Per una prima panoramica cfr. E. Ruffini, "Iniziazione cristiana", in: Nuovo Dizionario di Teologia, 658-690. [16] Quanto all'inculturazione cfr. A.A. Roest Crollius, "Inculturazione", in: Dizionario di Missiologia (Pont. Univ. Urbaniana), Roma 1993, 281-286.
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