Insediamento di Teofilo III
una nuova strada ai rapporti tra cattolici e ortodossi
Gerusalemme.
Nonostante le obiezioni ufficiali di Israele la cerimonia si è svolta
regolarmente
La cerimonia di insediamento di Teofilo III, patriarca ortodosso di
Gerusalemme, apre una “nuova e più cordiale strada” ai
rapporti fra la Chiesa cattolica e quella greco-ortodossa. Il padre
Atanasio, francescano responsabile del Santo Sepolcro, commenta così ad
AsiaNews la cerimonia di martedì 22 novembre - alla quale ha
partecipato personalmente - con la quale Teofilo III è divenuto
ufficialmente il nuovo Patriarca della Chiesa del Santo Sepolcro di
Gerusalemme.
“Teofilo III – dice ancora p. Atanasio – è un’ottima
persona, molto istruita e molto cordiale. Ha già espresso il desiderio
di rinnovare e rafforzare il legame fra le confessioni cristiane in
Terra Santa”. “In passato – ha concluso – il nuovo patriarca ha
molto collaborato per la manutenzione del Luogo Santo”.
Alla cerimonia erano presenti Christodoulos e Karolos Papoulias,
rispettivamente arcivescovo e presidente di Grecia, oltre a
rappresentanti di tutte le chiese e patriarcati ortodossi. Presenti
anche rappresentanti di Giordania e dell’Autorità palestinese, anche
se “non in veste ufficiale”. Assenti invece i rappresentanti
israeliani. Fino ad oggi lo stato d'Israele non ha ancora riconosciuto
la destituzione del precedente patriarca, Ireneos I, né la nomina del
nuovo da parte del Sinodo pan-ortodosso di Costantinopoli (Istanbul)
guidato da Bartolomeo I.
Tzachi Hanegbi, ministro israeliano con delega agli affari di
Gerusalemme dell’ufficio del primo ministro, aveva consegnato il 10
novembre scorso una lettera al Patriarcato che obiettava alla
celebrazione di questa cerimonia "intesa come un invalidamento
della rimozione del patriarca Ireneo I, mossa non riconosciuta da
Israele come prevede la legge”.
A questo proposito Ireneos, ridotto al rango di monaco dai membri
della sua chiesa, ha detto in un’intervista al Jerusalem Post
che “la nomina di Teofilo III è un atto illegale, che Israele, sempre
attento alla legalità, giustamente non riconosce”. Ireneos era stato
destituito dal suo ruolo di Patriarca per aver venduto beni immobili di
proprietà del Patriarcato ad affaristi israeliani.
Secondo alcuni esperti a Gerusalemme, la situazione “è destinata a
rimanere così come è ora. Lo status quo a cui è ridotto il rapporto
fra il Patriarcato e lo Stato di Israele, in un certo senso, va bene a
tutti”.
Precedenti interessanti
(Asia News 28 ottobre 2005)
Patriarca greco-ortodosso ricorre
contro il governo d’Israele per il mancato riconoscimento
Il Patriarca Greco Ortodosso di Gerusalemme,
Teofilo III ha presentato un ricorso al Supremo Tribunale di
Giustizia, la Suprema Corte di Cassazione israeliana, contro il governo
israeliano che, secondo lui, gli nega tuttora il riconoscimento civile,
ossia il decreto (di origine ottomana) del Berat, che solo lo
autorizzerebbe ad agire a nome del Patriarcato in campo civile. Secondo le affermazioni nel ricorso, presentato il 26 ottobre,
come condizione per riconoscere il Patriarca, il governo pone il
riconoscimento da parte di quest’ultimo di alcune vendite immobiliari
(in Gerusalemme-est) compiute dal predecessore Ireneo I, a favore di
coloni israeliani.
Le vendite hanno creato enorme scandalo tra clero e fedeli ortodossi,
ma anche tra il grande pubblico. Il nuovo Patriarca le ritiene
palesemente invalide, non solo perché effettuate senza il
necessario consenso del Sinodo patriarcale, ma anche perché i
prezzi indicati sui contratti - e citati nel ricorso – sono
inverosimilmente bassi. Il Governo non ha ancora risposto al
ricorso del Patriarca
Il giurista francescano israeliano, p. David-Maria A. Jaeger, esperto
di rapporti Chiesa-Stato in Israele, interpellato da AsiaNews,
spiega il senso del Berat: "In Israele non esiste
alcuna legge che richieda il Berat o alcun altro atto di
riconoscimento governativo del neo-eletto Patriarca greco ortodosso.
Nonostante ciò, nella vita di ogni giorno, senza una lettera di
riconoscimento da parte del Governo, gli enti pubblici e privati - per
es. banche, ditte ecc., ma anche il catasto e vari uffici governativi -
si rifiutano spesso di trattare con il Patriarca nella sua qualità di
rappresentante legale dell'ente Patriarcato, il che risulta in grosse
difficoltà soprattutto per la gestione dei beni temporali. Ad ogni
modo, il rifiuto [del governo – ndr] non ha alcuna base nella legge,
ed è anche incompatibile con i principi fondamentali dell'ordinamento.
Per questo, il Patriarca potrebbe ricorrere contro l'esigenza stessa del
Berat (mai rivolta, per esempio, ai Vescovi cattolici). Mi pare
quasi sicuro che, se il Patriarca lo facesse - riferendosi
soprattutto al diritto alla libertà religiosa - la Cassazione
israeliana gli darebbe ragione). Mi sembra però che, a quanto riferito
dalla stampa, non è in questa direzione che si muove il ricorso. Il
Patriarca, pare, ha scelto - forse per motivi tattici, ma anche perché
sarebbe difficile sfidare una norma di legge che non esiste -
di non sfidare direttamente la sopravvivenza del Berat, ma di
argomentare che tale decreto gli viene negato per ragioni illegittime, a
servizio di un'operazione tutto sommato di "ricatto". Questa
è un'affermazione grave perché fatta nei confronti delle pubbliche
autorità, con le quali egli e la sua istituzione dovranno comunque
convivere. Attendiamo con molto interesse l'eventuale risposta del
governo”.
Patriarcato greco
ortodosso "ostaggio" nelle mani di Israele e Palestina
Aryeh Cohen, su AsiaNews 13 giugno 2005
Gerusalemme (AsiaNews) - Il Patriarcato Greco-ortodosso di Gerusalemme
ha diffuso un appello “a tutte le istituzioni religiose del mondo e a
tutti i governi…. per la salvaguardia dell’indipendenza,
l’autonomia e l’unità” del Patriarcato. L’appello, che porta la
data del 9 giugno, è stato distribuito a tappeto dall’Ufficio stampa
del patriarcato ed è firmato dall’amministratore ad interim, il Locum
Tenens Metropolita Cornelios. Il documento protesta con forza contro il
rifiuto dei governi di Israele e Palestina di riconoscere la rimozione
canonica dell’ex patriarca Ireneos e apprezza invece la posizione del
governo giordano che “ha dato risposta immediata riconoscendo
l’allontanamento di Ireneos e le elezioni del Locum Tenens, che
preparerà le elezioni” del nuovo patriarca.
L’appello condanna anche la pretesa dei due governi di avere
autorità nel determinare chi deve o non deve reggere il Patriarcato. In
esso si precisa che “è vero che, per ragioni storiche”,
l’elezione del patriarca o del Locum Tenens è tradizionalmente
“approvato” dai governi locali, ma questa “approvazione” è solo
“un’indicazione di mutua fiducia e rispetto e un riconoscimento
della volontà della Chiesa da parte dei governi. Esso non è mai stato
concepito come un mezzo per intervenire – in modo diretto o indiretto
– negli affari interni della Chiesa”. Il Locum Tenens osserva che
nella presente situazione, il Patriarcato è ridotto “allo stato di
ostaggio, reso incapace di compiere la sua missione ed eseguire il suo
lavoro”.
Ireneos I è accusato di avere segretamente venduto a investitori
ebrei alcuni palazzi di proprietà del Patriarcato, nella Città Vecchia
di Gerusalemme, a pochi passi dalla porta di Giaffa. Il comportamento
illecito di Ireneos ha spinto il Sinodo ortodosso a rimuoverlo
dall’incarico il 7 maggio scorso. In seguito, il 24 maggio, il Sinodo
pan-ortodosso di Costantinopoli (Istanbul) ha ratificato la decisione e
ha “scomunicato” Ireneos del titolo e dell’autorità di patriarca.
Da allora il governo israeliano, con guardie armate piazzate nel
monastero greco della Città Vecchia, continua a difendere la presenza
di Ireneos negli appartamenti del Patriarcato, contro la volontà del
Sinodo patriarcale.
v.anche
. Il nuovo
patriarca ortodosso di Gerusalemme e complesse implicazioni
. Il
Sinodo greco ortodosso nomina il nuovo Patriarca di Gerusalemme