I.2. LA DISCUSSIONE SUL VALORE SALVIFICO DELLE RELIGIONI
8. La questione di fondo è la seguente: le religioni sono mediazioni di salvezza per i
loro seguaci? A questa domanda c'è chi dà una risposta negativa, anzi alcuni dicono che
tale impostazione non ha senso; altri danno una risposta affermativa, che a sua volta apre
la via ad altre domande: sono mediazioni salvifiche autonome, o si realizza in esse la
salvezza di Gesù Cristo? Si tratta pertanto di definire lo 'statuto' del cristianesimo e
delle religioni come realtà socioculturali in relazione con la salvezza dell'uomo. Tale
questione non dev'essere confusa con quella della salvezza dei singoli, cristiani o no: di
tale distinzione non sempre si è tenuto il dovuto conto.
9. Si è tentato di classificare in vari modi le diverse posizioni teologiche di fronte a
questo problema. Vediamo alcune di tali classificazioni: Cristo contro le religioni, nelle
religioni, sopra le religioni, con le religioni (universo ecclesiocentrico o cristologia
esclusiva; universo cristocentrico o cristologia inclusiva; universo teocentrico con una
cristologia normativa; universo teocentrico con una cristologia non normativa). Alcuni
teologi adottano la divisione tripartita - 'esclusivismo, inclusivismo, pluralismo' - che
si presenta come parallela all'altra: 'ecclesiocentrismo, cristocentrismo, teocentrismo'.
Dovendo scegliere una di queste classificazioni per condurre la nostra riflessione,
seguiremo quest'ultima, pur completandola con le altre se sarà necessario.
10. L''ecclesiocentrismo' esclusivista, frutto di un determinato sistema teologico o di
un'errata comprensione della frase 'extra Ecclesiam nulla salus', non è più difeso dai
teologi cattolici, dopo le chiare affermazioni di Pio XII e del concilio Vaticano II sulla
possibilità di salvezza per quelli che non appartengono visibilmente alla chiesa (cf.,
per esempio, 'Lumen gentium', n. 16; 'Gaudium et spes', n. 22).
11. Il 'cristocentrismo' accetta che nelle religioni possa esserci la salvezza, ma nega
loro un'autonomia salvifica, a motivo dell'unicità e dell'universalità della salvezza di
Gesù Cristo. Questa posizione è senza dubbio la più comune tra i teologi cattolici, pur
essendoci differenze tra loro. Essa cerca di conciliare la volontà salvifica universale
di Dio con il fatto che ogni uomo si realizza come tale all'interno di una tradizione
culturale, che ha nella propria religione la più alta espressione e l'ultimo fondamento.
12. Il 'teocentrismo' vuol essere un superamento del cristocentrismo, un cambiamento di
prospettiva, una rivoluzione copernicana. Questa posizione deriva, tra gli altri motivi,
da una certa cattiva coscienza dovuta all'unione dell'azione missionaria del passato con
la politica coloniale, talvolta anche dimenticando l'eroismo che accompagnò l'azione
evangelizzatrice. Esso vuole riconoscere le ricchezze delle religioni e la testimonianza
morale dei loro seguaci e, in ultima istanza, intende facilitare l'unione di tutte le
religioni in vista di un'azione comune per la pace e la giustizia nel mondo. Possiamo
distinguere un teocentrismo nel quale Gesù Cristo, senza essere costitutivo, è
considerato normativo della salvezza e un altro nel quale non si riconosce a Gesù Cristo
neppure questo valore normativo. Nel primo caso, senza negare che anche altri possano
mediare la salvezza, si riconosce in Gesù Cristo il mediatore che meglio la esprime;
l'amore di Dio si rivela più chiaramente nella sua persona e nella sua opera, ed è così
il paradigma per gli altri mediatori. Tuttavia senza di lui non si rimarrebbe senza
salvezza, ma soltanto senza la sua manifestazione più perfetta. Nel secondo caso, Gesù
Cristo non è considerato né come costitutivo né come normativo per la salvezza
dell'uomo. Dio è trascendente e incomprensibile, quindi non possiamo giudicare i suoi
disegni con le nostre categorie umane; come, del resto, non possiamo valutare o mettere a
confronto i diversi sistemi religiosi. Il 'soteriocentrismo' radicalizza ancor più la
posizione teocentrica, essendo meno interessato alla questione su Gesù Cristo
(ortodossia) e più all'impegno effettivo di ogni religione nei confronti dell'umanità
che soffre (ortoprassi). In tale prospettiva, il valore delle religioni sta nel promuovere
il Regno, la salvezza, il benessere dell'umanità: questa posizione può così essere
caratterizzata come pragmatica e immanentistica.
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