Partiamo da tre testimonianze concrete che ci
inseriscono nel cuore del problema senza
teorizzazioni, ma direttamente dal 'vissuto', per
riflettere in tutta la sua gravità e con tutta
l'ampiezza consentita dai documenti neocat che
citiamo, confrontati con gli insegnamenti della
Chiesa. L'articolo riporta in caratteri verdi le
nostre chiose e riflessioni.
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Dice Aldo:
Per 14 anni ho vissuto nella mia ex-comunità un
"gesto" che ancora oggi ho difficoltà a comprendere,
mi sono sempre reso conto che era una
contraddizione, oggi rileggendo i post di Gianluca
mi sono venuti in mente, durante il Triduo Pasquale,
vivevamo (come sempre) i doppi segni Giovedì Santo,
Venerdì Santo anche la Pasqua... ma il giovedì Santo
mi ha sempre turbato.. Durante la Cena Domini in
Chiesa il Sacerdote/Cristo
lava i
piedi ai Suoi Discepoli, (quasi sempre 12 uomini
che si offrivano come simbolo). In comunità io come
responsabile, lavavo i piedi a tutti i fratelli
(circa 40) poi si aprivano le danze, e lì cominciava
andi/rivieni di tutti con tutti, .. se ci eravamo
offesi durante l'anno, (io a te tu a me) fra marito
e moglie, figli ai padri, cantori al responsabile
dei cantori... etc. etc. un casino... Gianluca, Mic..
ma che gesto era? cosa facevamo? soprattutto "chi
interpretavamo"?.. la comunità che si autoassolve?
una specie di "Yom Kippur"? dov'era Cristo?
attenzione a questo teatrino ho visto sottoporsi
anche Sacerdoti...
Fermo restando che questi gesti "ostentati" non
hanno mai portato a vere e profonde
riconciliazioni.. forse sono uscito fuori tema, ma
forse qualcuno di Voi può aiutarmi a capire... cosa
ho fatto in questi anni... perchè io sono uno di
quelli che ha ascoltato tutto quello che avete
scritto e ci ho creduto...
Dice Michela:
Per rispondere ad Aldo, ho ripescato questo testo
che ho scritto tempo fa all'uscita dal cammino.
La Lavanda dei piedi è una scimmiottatura: è un atto
di orgoglio che permette di ripetere, da laici,
quello che ha fatto Gesù e che nella Chiesa può fare
solo il sacerdote durante la celebrazione
eucaristica.
E poi c'è l'aspetto, anche questo tenuto un po'
nascosto e quindi pericoloso,della riconciliazione
tra le persone che non è solo un segno simbolico
(come nella Messa lo scambio della pace col vicino),
ma diventa quasi un sacramentale, perchè il gesto
viene ripetuto nella sua completezza (ci si lava
veramente i piedi), e quindi si tende a ritenere che
sia quello il gesto che mi riconcilia veramente con
il fratello, rendendo quindi la confessione
personale, e l'eventuale penitenza qualcosa di
secondario rispetto al 'segno forte' celebrato in
comunità. I neocat dicono che si legge il vangelo di
Giovanni, che è vero, e che ci si attiene a quanto
sta scritto lì. Ma in realtà è una autocelebrazione
della comunità, (quasi sempre senza sacerdote, e
quando possibile nelle case private), per mettere in
evidenza il peccato e il fango dell'uomo, e poi
autoassolversi l'un l'altro con un gesto di
apparente umiltà.
Si fa quello che ha fatto Gesù per dire che in fondo
non abbiamo più bisogno di Lui, che possiamo
perdonarci da soli. Questa è l'impressone che ho avuto sulla lavanda dei
piedi.
Dice Jonathan
Concordo con Michela, è una scimmiottatura. Il
Giovedì Santo è proprio un giorno santo. Non sono
certa di essere nel giusto, ma ho sempre pensato a
questo giorno come al natale della Chiesa, perché
natale dell'Eucarestia, del sacerdozio. Gesù si
china a lavare i piedi di chi è già mondo, di coloro
alle cui mani affida il proprio Corpo, il Sangue e
l'Anima, Sé Stesso. Le Sue mani inchiodate saranno
da allora in poi le mani dei suoi amici prediletti.
Tanto amati e prediletti, che Egli stesso si china
ai loro piedi per servirli.
E' Dio Carne che svela il Suo progetto d'amore senza
fine.
Il Cnc svuota, snatura, svilisce questo giorno
solenne. Estromette l'Eucarestia, e traduce tutto in
chiave esistenziale, come sempre. Usa il Vangelo di
Giovanni e lo piega ad un consumo ingenuo del Suo
'amatevi come...', attraverso gesti tanto plateali
quanto insignificanti.
E questo avviene spesso, lo confermo, in ambienti
privati, sale nelle quali normalmente si fanno
allegre spaghettate con partitina a carte
incorporata. Senza sacerdote, ovviamente.
Il Cnc dimostra così di non aver bisogno di Dio.
Basta a se stesso.
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Guardiamo da vicino la predicazione di Carmen
Hernandez sulla riconciliazione. (Le citazioni sono
prese dagli Orientamenti editi nel '72 a Madrid per
le équipes di catechisti)
"Non è per parlarne alle persone
tutto quel che dirò, ma perché possa servire come
canovaccio, come base per gli innumerevoli problemi che
possono presentarsi con le persone. Servirà ad evitare
complicazioni, perché il questionario sulla Penitenza si
presta a molte discussioni con le persone (p.124)".
È evidente, attraverso questa frase
iniziale di Carmen, che i suoi ascoltatori si sentiranno
lusingati per la confidenza loro dimostrata: sentiamoci
“di casa”, iniziati nei segreti del neocatecumenato.
Esser a parte di un segreto lusinga, in quanto già separati e distinti dalla vil plebe, che non ha
diritto di saper tutto. La stessa frase ha anche una
finalità didattica, mirando a consigliare i futuri
“maestri” – i catechisti – su come meglio operare.
"Non diciamo nulla alle persone di
tutte queste cose; semplicemente rivalutiamo il valore
comunitario del peccato, la sua natura sociale, il
potere della Chiesa, ecc. (p.137)"
Perché il segreto? Perché ella è
consapevole che la dottrina che espone è contraria a
tutto quello che ha sempre insegnato la Chiesa cattolica
e che i cattolici in genere conoscono. Il segreto del
neocatecumenato deriva dalla consapevolezza dei suoi
responsabili di predicare una dottrina che non è
cattolica.
"La Chiesa primitiva considerava
peccato mortale quasi unicamente l’apostasia, ossia, la
negazione del cammino o l’uscita da esso, perché l’uomo
durante il Cammino è debole e cade, ma senza uscire dal
Cammino (…) Per questo la Chiesa primitiva non pone
l’esame di coscienza al termine del giorno, come fu più
tardi introdotto dai Gesuiti, ma invece al mattino al
momento di alzarsi, perché convertirsi è porsi davanti a
Dio quando si comincia a camminare” (p.128) "
(Quindi nessuna riflessione né
responsabilizzazione sul comportamento tenuto, che
significa nessuna assunzione di responsabilità…)
Osserviamo che i cristiani della Chiesa primitiva correvano il rischio
di morire nell’arena, nel caso non cedessero
all’apostasia. Era quindi naturale che questa fosse la
loro grande prova, la grande tentazione: quella di
divenire apostati. Questo era il loro rischio maggiore
più che qualsiasi altro peccato e da qui l’importanza
del problema. Ma ciò non significa che i cristiani delle
catacombe considerassero, ad esempio, l’adulterio un
peccato lieve.
Carmen sostiene che la Chiesa primitiva aveva una
nozione di peccato totalmente diversa da quella attuale,
e per questo la concezione del Sacramento della
Penitenza doveva necessariamente essere diversa...
"Dobbiamo spiegare un poco come con
Costantino si entrerà nella Chiesa delle masse,
perdendosi quindi la sensibilità della comunità. Non si
vede più una comunità che cammina in costante
conversione sotto gli impulsi dello Spirito Santo.
Vediamo persone che peccano individualmente che sono
assolte individualmente e, in seguito, vanno a
comunicarsi... Ma tutta una comunità in conversione, che
si riconosce peccatrice non la vediamo (p.145)"
E, successivamente, mette in
opposizione due Chiese, quella sacramentale (prima di
Costantino) e quella giuridica (dopo Costantino), che
istituzionalizzandosi diviene giuridica, nella quale il
peccato diventa violazione della legge che esige una
punizione legale...
Conoscete qualcosa di più falso? Anche se nel secolo
scorso può essere invalso un certo "giuridismo" siamo
ben lontani da questa concezione di peccato che - la
Chiesa ci ha sempre insegnato - è innanzitutto un opporsi
a Dio, allontanarsi dal Suo Progetto per noi... e causare
innanzitutto la nostra rovina oltre ad avere
effettivamente valenze sociali. Invece per Carmen
il peccato ha sempre una valenza solo comunitaria.
"Per questo la Chiesa primitiva non
pone l’esame di coscienza al termine del giorno, come fu
più tardi introdotto dai Gesuiti, ma invece al mattino
al momento di alzarsi, perché convertirsi è porsi
davanti a Dio quando si comincia a camminare (p.128) "
Mi sembra chiaro che eliminare
l'esame di coscienza al termine del giorno elimina il
senso di responsabilità e l'esame di quanto operato
concretamente nel bene e nel male, mettendosi davanti al
Signore e riconoscendo la propria realtà.
All'inizio del giorno puoi fare dei propositi e l'esame
riguarda se mai la tua situazione e certo non per
lasciarla così com'è, ma per cercare di cambiarla con
l'aiuto della Grazia santificante che nel cammino non ha
alcun diritto di cittadinanza!
"Le persone si chiedono se è
possibile offendere solo Dio. La domanda è posta così
perché abbiamo una concezione verticale del peccato,
individualista: che siamo noi che offendiamo, in maniera
particolare Dio, come se il peccato fosse un'offesa a
Dio, nel senso di rubare a Dio la sua gloria.
Accreditiamo l'ipotesi che possiamo causare danno a Dio.
La prima cosa che dobbiamo pensare è che non si può
causare danno a Dio. Dio non può essere offeso nel senso
di togliere a Lui la gloria, perché allora Dio sarebbe
vulnerabile e non sarebbe più Dio (p. 140)"
Come teologa, davvero carente,
Carmen non sa che si distingue la gloria intrinseca di
Dio - invulnerabile, infinita e immutabile - dalla
gloria estrinseca di Dio, gloria che può essere maggiore
o minore, e che risulta diminuita a causa dei peccati
degli uomini. Per questo S. Ignazio ha scelto per la
Compagnia di Gesù il motto "Ad maiorem gloriam Dei",
affermando che essa avrebbe dovuto lottare per la
"Maggior gloria di Dio".
Del resto, basta notare quanto il peccato in qualche
modo escluda dalle situazioni della storia individuale e
collettiva la "Presenza" del Signore, basta vedere il
vuoto e i drammi umani e sociali di questo nostro mondo
in cui si è perso il senso del peccato. E purtroppo si è
perso il senso del peccato come responsabilità
individuale, perché è sempre una mancata risposta alla
chiamata costante di Dio alla conversione e al progetto
che Egli ha per ognuno di noi. Questo non esclude né un
ambito comunitario e sociale né la nostra responsabilità
anche nei confronti del prossimo; ma tutto è fondato nel
rapporto IO-TU che ogni creatura ha col suo Signore, un
rapporto che può anche arricchirsi in ambito comunitario
(ek-lesìa = la Chiesa di coloro raccolti insieme in
comunione nel Signore) per poi dispiegarsi nelle
relazioni interpersonali e nelle scelte individuali e
collettive; ma è innanzitutto un rapporto pieno e
profondo individuale, non di gruppo né in simbiosi. Il
Signore ha creato e vuole relazionarsi con delle
persone, non con dei burattini.
Il Sacro Cuore di Gesù è un cuore vivo, che gioisce per
le cose belle che facciamo e si rattrista per i peccati.
In questo senso, il peccato è un'offesa, eccome se è
un'offesa... oltre a offendere Colui che è il Sommo
Bene, rompe la comunione tra l'uomo e Dio e quindi,
senza mezzi giri di parole, offende anche la dignità
umana dal momento che l'uomo è tempio del Dio vivente.
Duplice offesa, quindi. È ovvio che il peccato ha anche
una ripercussione sociale, ma questa è una dimensione
successiva, che non sostituisce ma si va aggiungere a
quella individuale.
Lo stesso Gesù nel Vangelo dice: "C'è più gioia nel
cielo per un peccatore che si converte che per 99 giusti
che non hanno bisogno di conversione". Dunque se c'è
gioia, va da sé che c'è anche tristezza se non
camminiamo nella retta via. Poi è ovvio che si potrebbe
discutere anche del fatto che ogni peccato è un altro
chiodo conficcato in quella Croce e su quella croce Gesù
non ha fatto salti di gioia, mi pare, ma ha gridato,
magari pianto... sofferto per tanta indifferenza...
Come può non soffrire tuttora per i tanti peccati che
commettiamo?
Ricordiamo il grido di S.Francesco per i boschi de La
Verna: "L'Amore non è amato". Gridava a squarciagola, e
probabilmente soffriva anche lui, dopo aver sperimentato
quell'amore nella sua vita.
"La celebrazione del sacramento della
Penitenza ha avuto nel corso dei secoli uno sviluppo che
ha conosciuto diverse forme espressive, sempre, però,
conservando la medesima struttura fondamentale che
comprende necessariamente, oltre all'intervento del
ministro — soltanto un Vescovo o un presbitero, che
giudica e assolve, cura e guarisce nel nome di Cristo —
gli atti del penitente: la contrizione, la confessione e
la soddisfazione." [Motu Proprio Misericordia Dei di
Giovanni Paolo II]
Da notare che il Papa afferma che c’è stata
un’evoluzione nelle forme espressive della celebrazione
del sacramento, ma che la Chiesa "ha conservato la
medesima struttura fondamentale del sacramento", che
comprende: 1. l’azione di un ministro che giudica e
assolve; 2. l’azione del penitente che include la
contrizione, la confessione, la soddisfazione.
Secondo il Papa in questa struttura nulla potrà mutare e
la Chiesa così l’ha conservata; per Carmen, ciò che si è
evoluto è la concezione che le persone hanno del
sacramento, che è ben diverso da quello che dice il Papa.
È questa concezione evolutiva della fede, dei dogmi e
dei sacramenti che fa del neocatecumenato il movimento
eretico modernista che è.
Sulla penitenza è ormai noto che i neocatecumenali
pongono l'accento essenzialmente sulla confessione
comunitaria e pubblica dei peccati, piuttosto che sulla
confessione resa al sacerdote. In più nella confessione
(non sacramentale) ma comunitaria, che avviene duranti
gli 'Scrutini', è il catechista, e non il presbitero, ad
interrogare ed a guidare spiritualmente i membri del
Cammino. Abbiamo visto che Carmen afferma che "il
peccato ha solo una dimensione sociale e, quindi, anche
la conversione dovrà riguardare la società. Secondo lei,
l'offeso non è Dio ma la Comunità, e quindi sarà la
Comunità a perdonare e ad assolvere. La cosa, però, non
è poi importante perché in Gesù siamo già stati
perdonati". Per i fondatori del Movimento la dimensione
reale del peccato è quella sociale e mai quella
individuale; inoltre "per Kiko l'uomo sarebbe costretto
a peccare: la sua natura non gli permetterebbe di
compiere il bene. Sarebbe quindi vano ogni suo sforzo di
correggersi". Tra l'altro i fondatori del Cammino hanno
una concezione radicalmente pessimista sulla possibilità
dell'uomo di evitare il male e di poter scegliere
liberamente nella loro vita, per cui "secondo Kiko e
Carmen, la conversione non consiste tanto nel dispiacere
d'aver offeso Dio e nel proposito d'emendarsi, che in
realtà è l'attuazione della Redenzione operata da
Cristo, ma
semplicemente nel riconoscimento (anche pubblico) delle
colpe commesse e nella totale fiducia nella potenza
salvifica di Gesù Risorto. Di conseguenza non avrebbe
senso insistere sulla Penitenza perché la Santità non è
possibile. E' evidente l'influsso luterano della "fede
fiduciale": Le "opere della Fede" non sono quelle che
scaturiscono da un cuore redento dal Signore, che la
vita di fede nella Chiesa rende progressivamente
connaturale alla Grazia che riceve nei Sacramenti, ma
quelle di
chi "crede fortiter" e, nel nostro caso, si assicura
la salvezza con
l'appartenenza al cammino nc e, in sostanza, resta
inesorabilmente peccatore e non sente e non vive la
responsabilità della 'risposta' e lo sforzo della
'trasformazione' che è l'effetto della Redenzione.
Ed ecco ancor
più chiaramente, come Carmen distrugge il Sacramento
della Penitenza:
“Con il Concilio di Trento, e dal XVI al XX secolo tutto
rimane bloccato. Appaiono i confessionali, queste
casette sono molto recenti. La necessità del
confessionale nasce quando si comincia a generalizzare
la forma della confessione privata, medicinale e di
devozione portata dai monaci… Chi mette i confessionali
dappertutto è San Borromeo. Con dettagli che riguardano
anche la grata… Adesso comprendete che molte delle cose
che diceva Lutero avevano fondamento”(OR, p. 174).
“Ma a Trento si punta tutto sulle essenze, sulla
efficacia, e si perde di vista il valore sacramentale
del segno. Per questo è lo stesso fare la comunione col
pane o con l’ostia che non sembra più pane ma carta, che
il vino lo beva uno solo o che lo bevano tutti perché
essenzialmente il sacramento si realizza lo stesso.
“Si vedrà dunque molto l’efficacia del sacramento della
penitenza per perdonare i peccati e l’assoluzione
diventa un assoluto. Così la confessione acquista un
senso magico in cui l’assoluzione di per se sola è
sufficiente a perdonare i peccati. L’assoluzione ti
perdona i peccati e tu resti tranquillo.
“Così abbiamo vissuto la confessione: per l’efficacia
assoluta del sacramento si perde di vista il valore
sacramentale che è quello che ti fa capace di ricevere
questo perdono. Questo passa in secondo piano rimanendo
in primo piano e come essenziale il semplice confessare
i peccati e ricevere l’assoluzione. La confessione si
trasforma in qualche cosa di magico o privato e questo
dura fino ai nostri giorni. E’ giunta fino a noi una
concezione legalista del peccato, per la quale non
importa tanto l’atteggiamento interiore, quanto il
confessate esternamente e dettagliatamente tutti i
peccati d’ogni tipo. E’ una visione individualista del
peccato, completamente ‘privata’. La Chiesa non compare
da nessuna parte ed è un uomo che ti perdona i peccati.
“Ora potete capire perché questa pratica, oggi, è
totalmente in crisi. Per questo la chiamiamo
confessione. Non appare da nessuna parte il processo
penitenziale né il processo sacramentale. Per questo, e
anche perché l’umanità oggi cammina verso visioni
sociali e comunitarie del peccato e non legaliste e
individualiste, capite come la pratica della confessione
sia in crisi. E per questo la gente si comunica
tranquillamente senza confessarsi” (OR, p. 175).
“Molti pensano… visto che la confessione personale è
odiosa,… ci fossero assoluzioni generali… E per questo
non crediate che sia una cosa nuova, perché già Pio XII
concesse di dare assoluzioni generali, durante la
guerra, a tutti i soldati. I grandi liturgisti dicono
che è stato una fortuna che questo non si sia imposto
perché avrebbero distrutto completamente la penitenza,
rendendola ancora più magica. Perché il valore del rito
non sta nell’assoluzione, visto che in Gesù Cristo siamo
già perdonati, ma nel rendere l’uomo capace di ricevere
il perdono che è ciò che vuole il processo catecumenale
ed il processo penitenziale della Chiesa primitiva” (OR,
p. 176).
“Uno si sente perdonato nel profondo, quando si sente in
comunione con i fratelli. Per questo è importante
l’abbraccio di pace… quello che noi facciamo è
recuperare a poco questi valori del sacramento della
Penitenza, facendo però ancora la confessione privata
che è tuttora in uso” (OR, p. 177).
“Tu sei schiavo del male: sei schiavo del maligno e
obbedisci alle sue concupiscenze e ai suoi comandi” (OR,
p. 129).
“Questa è la realtà dell’uomo: vuol fare il bene e non
può. Il marxismo dirà che non può perché alienato dalle
strutture… la psicologia… a causa dei suoi complessi
psicologici. Tutto questo non mi convince. Il
cristianesimo dice un’altra cosa. Dio ha rivelato la
realtà dell’uomo così: L’UOMO NON PUO’ FARE IL BENE
PERCHE’ SI E’ SEPARATO DA DIO, PERCHE’ HA PECCATO, ED E’
RIMASTO RADICALMENTE IMPOTENTE E INCAPACE IN BALIA DEI
DEMONI. E’ RIMASTO SCHIAVO DEL MALIGNO. IL MALIGNO E’ IL
SUO SIGNORE. (Per questo non valgono né consigli né
sermoni esigenti. L’uomo non può fare il bene).
“Non serve a nulla dire alla gente che si deve amare.
Nessuno può amare l’altro… chi può perdere la vita per
il nemico… E’ assurdo.
“E chi ha colpa di questo? Nessuno. Per questo non
servono i discorsi. Non serve dire sacrificatevi,
vogliatevi bene, amatevi. E se qualcuno ci prova si
convertirà nel più gran fariseo, perché farà tutto per
la sua perfezione personale” (OR, p. 136). [in
alcuni casi può essere vero, ma queste sono
degenerazioni, da cui la Chiesa insegna a guardarsi! E
le vediamo assolutizzate per giustificare i propri
insegnamenti difformi.]
“Uno guarda se stesso e si rende conto di essere un
comodo cui costa perfino andare in chiesa la domenica e
che è triste di non essere capace di cambiare. Al
massimo cercherà di fare qualcosina per guadagnarsi il
cielo nell’altra vita con qualche opera buona. Non può
fare di più perché è profondamente tarato. E’ carnale.
Non può fare a meno di rubare, di litigare, d’essere
geloso, di invidiare, ecc. Non può fare altrimenti e non
ne ha colpa” (OR, p. 138).
“Lo Spirito che Gesù invierà non è affatto uno Spirito
di buone opere e di fedeltà al Cristo morto” (Or, p.151).
[Non riconosce che le buone opere
sono le "opere dela fede" che scaturiscono da un cuore
Redento, spiegato più avanti]
“L’uomo che pecca vive nella morte. Ma non perché lui
sia cattivo, perché vuol fare del male. Perché questo è
religiosità naturale, che crede che la vita è una prova,
che tu puoi peccare oppure no. No, no, l’uomo pecca
perché non può fare altro, perché è schiavo del peccato”
(1°SCR, p. 93).
Per chi accoglie
ignaramente queste affermazioni si ha una distruzione
del vero senso del peccato. Non è possibile che codesti
personaggi si aggirino per la Chiesa senza che nessuno
della Gerarchia li fermi.
I
neocatecumenali sono soliti affermare, per sostenere la
loro attendibilità e soprattutto difendersi dalle accuse
di eresia, che "Kiko
non ha inventato nulla, lui ha solo preso quello che di
meglio - a suo giudizio - gli dona la storia millenaria
della Chiesa. Come fa del resto ogni ordine religioso."
Falso: Kiko - oltre a non appartenere ad un ordine religioso -
non ha preso quel che gli ha donato la storia millenaria
della Chiesa, l'ha semplicemente riscritta, criticandola
a morte (leggendo i più volte citati "Orientamenti" o
ascoltando le catechesi si evince proprio questo!)
Affermano i neocat che il sacramento della
riconciliazione fu istituito solo nel sec XIII (il che è
vero, ma non ne giustifica la critica distruttiva,
perché esso ha le sue radici nella istituzione della Chiesa, nel "legare
e sciogliere" stabilito dal Signore, nella "diakonia della
Riconciliazione", di cui parla S. Paolo 2 Corinzi 5,17-21);
inoltre essi affermano che il sacramento della Penitenza
è solo riconciliazione con la Chiesa e quindi non c'è
bisogno di assoluzione, ma basta sentirsi in pace e in
comunione coi fratelli, per cui la confessione
sacramentale è destinata a scomparire. (Orientamenti
pag. 177) Infatti è la comunità che assolve: questo è il
vero significato del 'segno della pace' nonché della
"lavanda dei piedi", che il Giovedì Santo celebrano
nelle case, senza sacerdote! Invece il Sacramento opera
la riconciliazione con Dio (la riconciliazione con gli altri e con le
cose e gli eventi non può che esserne la conseguenza); il che accade
attraverso il sacerdote che agisce in persona Chirsti!
Questi sono gli insegnamenti della Chiesa?
In realtà Kiko fa una storia della Confessione da un
certo punto in poi e respinge in modo deciso la
Confessione privata e arriva in alcuni punti a
beffeggiarla, a ironizzare sui confessionali "casette di
legno", "non ridete perché questo è successo anche a me
a confessare ogni stupidaggine (riferendosi certo ai
peccati veniali). Si arriva addirittura a fare della
confessione una devozione per la santificazione
personale, cosa che giungerà fino ai nostri giorni". C'è
nelle catechesi un punto in cui Kiko fa abboccare le
persone semplici col dire: "(...) le persone pensano che
perfino il confessionale fu inventato da Gesù Cristo" (p.143)
La confessione così com’è prevista,
non va bene. Dice ancora Kiko "Confessandoti ritorni
tranquillo. La confessione privata ci ha segnati in
questo senso. Ma il Catechismo della Chiesa Cattolica
nell’elencare gli effetti spirituali della confessione
dice che essa conferisce la pace e la serenità della
coscienza e la consolazione spirituale. Se il peccatore
non ha offeso Dio, non ha neppure senso la contrizione,
il dolore personale. "Come è curiosa l’idea (v. p. 174)
di confessarsi prima di fare la Comunione, e questo è
durato fino ai nostri giorni. Così abbiamo vissuto noi
la Confessione: per l’efficacia del sacramento!".
"Attualmente la Chiesa non compare da nessuna parte ed è
un uomo che ti perdona i peccati".
Così Kiko non nega solo la finalità
del sacramento della Confessione, ma anche il ruolo del
ministro ordinato ed il potere che gli è conferito nella
persona di Cristo. Nel Cammino i peccati passati,
presenti e futuri sono già perdonati in partenza. Ma
questo concetto non è cattolico!
Sostanzialmente Kiko contesta la Confessione privata, la
Confessione di devozione, la direzione spirituale e la
Confessione come mezzo di santificazione: tutte
sciocchezze da superare. Si tratta solo di accogliere
questo perdono gratuito. "Ma alla gente non dite nulla
di tutte queste cose"! La stessa frase ripeterà a
proposito della vendita dei beni personali che porrà
come condizione per continuare il Cammino
Neocatecumenale, per fare certi passaggi e quindi per
accedere alla Salvezza. Kiko è cosciente di essere su
un’altra strada e raccomanda di non imbarcarsi per nulla
in questo discorso quando si parla con la gente "perché
creereste un mucchio di problemi".
Tra i modi ricorrenti di vivere la "confessione" è
quella coram populo dei propri peccati e delle proprie
debolezze che caratterizza ogni passaggio e che
indiscutibilmente è una scimmiottatura del sacramento
vero della confessione.
A partire da quest'ultimo punto, si può senz'altro
osservare che anche uno psicologo da quattro soldi
rispetta i 'tempi' di una persona perché possa aprire il
cuore e l'anima (chiamiamolo pure inconscio o anche
quella parte consapevole che può essere problematica). E
c'è un pudore grande in ogni persona nello 'scoprirsi'!
Ma se facciamo fatica a farlo - quando facciamo sul
serio - anche cuore a cuore con il Signore!
Esecrabili quelle corali proclamazioni di colpevolezza
che sembrano giochi al massacro e quasi quasi viene il
dubbio che qualcuno per non sentirsi da meno possa anche
amplificare le proprie colpe.
Si può ragionevole pensare che è sano tutto questo?
Ricordo le raccomandazioni martellanti dei catechisti
prima delle penitenziali con confessioni individuali:
"Siate chiari e sintetici, non vi perdete in
chiacchiere, confessate i vostri peccati con nome e
cognome e non allungate il discorso inutilmente!".
Ricordo il senso di vuoto che dopo tale esortazione
provavi accostandoti al presbitero mentre l'assemblea
cantava a squarciagola per coprire le parole, la
paranoia di un dialogo che tutto poteva sembrare meno
che riconciliazione con Dio e con i fratelli.
Non possiamo non riconoscere contrario agli insegnamenti
della Chiesa quanto detto dai catechisti.
PRIMO, perché la confessione non è l'elenco dei peccati.
Per confessarsi occorre innanzitutto scrutare dentro di
sé e saper riconoscere cosa c'è dietro a quell'errore
ricorrente (dico 'errore' anziché peccato, così
attenuiamo anche un po' quella cupa atmosfera di
colpevolezza, ma senza voler sminuire la
responsabilità). E poi occorre guardare dentro di sé con
gli occhi della misericordia di Dio : il Signore ha
detto "non sono venuto per condannare, ma per liberare"!
Certo poi occorre anche la buona volontà e l'aiuto del
Signore, la preghiera, l'Eucarestia. Ma ogni confessione
è sempre una tappa ulteriore nella conoscenza di noi
stessi alla luce della Parola e dello sguardo del
Signore.
SECONDO, perché non allargare il discorso, che invece
significa tirar fuori i blocchi, i problemi, le angosce
in maniera razionale e consapevole? E' proprio questo
che aiuta a crescere nella fede e come persone.
La confessione non è l'autoaccusa (ricordiamo chi è
l'accusatore?) ma il discernimento sereno e consapevole,
ma anche pieno di contrizione per i peccati - della
nostra realtà interiore che si traduce in comportamenti
e la ricerca delle modalità per superare le difficoltà e
le cadute, con la nostra buona volontà, i consigli che
riceviamo dal sacerdote e l'indispensabile aiuto della
Grazia.
Poi forse troppo spesso dimentichiamo e certo non ce
l'insegnano i NC che la confessione oltre alla CONFESSIO
VITAE (la individuazione delle difficoltà, delle cadute,
ma anche delle conquiste con l'aiuto della Grazia della
propria vita nella fede), in sostanza il bilancio della
nostra fatica ma anche della nostra gioia di essere
uomini e donne in cammino!! è anche la CONFESSIO LAUDIS,
il riconoscimento e la lode per le meraviglie che il
Signore ha operato e opera nella nostra vita!! Ed è
infine CONFESSIO FIDEI, cioè della fiducia che riponiamo
nel Signore che è un affidarsi, un corrispondergli...
la Chiesa non ha mai sollecitato,
incoraggiato, concesso in alcuna forma di celebrazione
(Non ne abbiamo riscontri nemmeno per la Chiesa delle
Origini o - come qualcuno spesso impropriamente dice -
per la Chiesa Primitiva) la confessione o la
testimonianza corale, pubblica.
La Samaritana ritornando tra la sua gente dopo la
guarigione ottenuta gratuitamente al pozzo di Sicar,
grida la sua esperienza di fede, ma prima di essa ha
ottenuto, in un solo attimo, la guarigione da parte di
Gesù nella sua esperienza individuale e "segreta" con
lui.
Ridurre, minimizzare,
annacquare, mistificare (usare collateralmente o
addirittura in sostituzione della confessione
sacramentale una mistagogia della confessione sia in
senso di pubblica testimonianza della propria fede sia
in senso pedagogico per l'assemblea, per il gruppo) non
è "cattolico".
In ogni caso siamo su piani completamente diversi!
Il battesimo neocatecumenale lo dà la comunità alla fine
del cammino, l'eucaristia neocatecumenale è fatta dalla
comunità, il perdono dei peccati lo dà la comunità
neocat.
"NO HAY VIDA CRISTIANA SIN COMUNIDAD"!!!
Kiko ancora non può eliminare i Sacramenti (per lui
"magici") della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, pena
l'esserne escluso. Ma solo per ora. Lo stesso concetto
di Sacramento che hanno i "cattolici della domenica" è
sbagliato per Kiko, è "magico", e sparirà. Per lui è
solo una questione di tempo, e Sacramenti e Dogmi
cadranno per lasciare posto ad una chiesa tutta nuova...
Per i neocatecumenali la confessione individuale è solo
formale, un atto a cui per ora li obbliga il Papa, ma il
vero perdono è ottenuto con la confessione davanti alla
comunità.
La prassi vince sulla teoria.
La psiche prevale sullo spirito.
I neocatecumenali "si sentono" battezzati, "si sentono"
perdonati, "si sentono" in comunione solo per mezzo
della comunità, dalla quale ricevono ad ogni evento
comunitario, che necessita di rinnovazione perenne,
l'esaltazione e l'"allegria" degli 'eletti'. È un 'sentimento' religioso,
non un atteggiamento profondo del cuore, 'luogo' delle
decisioni ultime: restano tagliate fuori ragione e
volontà, esercitate solo nell'adeguamento alle direttive
dei catechisti e alle regole del cammino. Un
relativismo molto sottile... che si è tagliato fuori
dalle radici della Tradizione.