L'unica prospettiva
Gérard Leclerc
Francia
L'attuale esplosione che ha colpito l'insieme delle zone
urbane della Francia non è comprensibile a prescindere dalla nostra
storia contemporanea e dall'evoluzione che ha condotto alla costituzione
di queste vaste concentrazioni di popolazioni, frutto di immigrazioni.
La violenza che è comparsa in modo spettacolare in questi giorni esiste
da moltissimo tempo, e in modo endemico. Anche se la situazione è stata
aggravata da varie cause congiunturali, esse non possono essere isolate
dal contesto generale relativo all'anomia sociale (zone di "non
diritto"), all'inoperosità (disoccupazione massiccia) oltre che
alla creazione di una economia sotterranea di natura criminale (traffico
di droga). Si aggiunga che qualsiasi apprezzamento univoco e ancor più
semplicistico o manicheo della situazione contribuisce a rendere ancora
più irrisolvibili problemi estremamente difficili.
Coloro che pretendono di avere a disposizione soluzioni esaurienti o
definitive ai mali di cui soffriamo sono degli impostori. L'estrema
complessità dei compiti da intraprendere richiede, da parte delle
persone di buona volontà, un clima di concertazione e la dimenticanza
delle rivalità di parte. È necessario innanzitutto capire bene che non
potremo tornare indietro e che l'unica prospettiva ragionevole di fronte
alla forte presenza di popolazioni di origini straniere è
l'integrazione, nel senso in cui si intende in Francia e che si
distingue dai concetti anglosassoni di appartenenza alla comunità. Una
delle ragioni, spesso dimenticate dei flussi migratori francesi, è
connessa al passato coloniale francese e alle responsabilità assunte
nei confronti di quei Paesi che parlano la lingua francese e si
rivolgono naturalmente a noi per uscire dalla propria miseria economica.
La decolonizzazione, segnando una nuova fase dei rapporti politici, non
ha assolutamente interrotto una storia. Sarà forse possibile avere una
migliore regolamentazione dell'immigrazione, ma, fintanto che l'Africa
non sarà in grado di offrire alle proprie giovani generazioni i mezzi
per realizzare le proprie aspirazioni, i muri innalzati per impedire la
circolazione delle persone si riveleranno impotenti. Forse la debolezza
della crescita economica rende problematico l'accesso all'impiego nelle
periferie. Inoltre, la riluttanza ad aumentare la spesa pubblica è in
conflitto con gli investimenti massicci a favore dei bisogni più
cruciali, in materia di urbanismo, di istruzione e di formazione. Ma
niente sarebbe più deleterio di una rassegnazione che scoraggerebbe
qualsiasi iniziativa. Monsignor Ricard, da Lourdes, ha riassunto in una
formula l'auspicio che tutti dovrebbero condividere: "È vitale
offrire a queste nuove generazioni, spesso prive di speranza, un
avvenire di libertà, di dignità e di rispetto reciproco". La
violenza deve essere arginata quanto prima. Ma l'immediato mantenimento
dell'ordine non sarà sufficiente a risolvere una crisi profonda. È
tutta la nazione ed è anche l'Europa ad essere chiamate a
riposizionarsi su una prospettiva di bene pubblico, per trovare le
soluzioni molteplici e dinamiche che vinceranno il fatalismo della
disperazione e dell'odio.
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[Fonte: Agenzia SIR 16 novembre 2005]
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