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L'Editrice Lindau per l'Anno PaolinoIl
29 giugno si apre l'Anno Paolino.
In occasione del bimillenario della nascita dell'Apostolo delle genti (avvenuta
tra il 7 e il 10 d.C.), Benedetto XVI ha voluto promuovere, per la durata di
dodici mesi, la conoscenza della figura di Paolo nonché un rinnovamento
spirituale, missionario ed ecumenico della Chiesa, improntato al suo
straordinario slancio apostolico.
«La costruzione di una rete di comunità di
cristiani convertiti dal paganesimo, estesa in vaste aree dell’Impero
romano, è merito personale di Paolo, che impiegò tutta la passione della sua
fede cristiana, il suo vigore intellettuale, le sue capacità organizzative e
la sua attitudine a dirigere le comunità. La Lettera ai Romani è, tra
le lettere di Paolo, la più ampia, ma soprattutto quella che esercitò
maggiore influenza sulla storia della Chiesa. Essa fa conoscere ciò che è
più caratteristico della vita, della personalità, del pensiero e dell’opera
di Paolo. Un lettore contemporaneo può comprendere la sua prospettiva
teologica soltanto attraverso un’analisi approfondita.»
L'Autore
Romano Amerio (Lugano, 1905-1997) studiò alla Cattolica di Milano,
laureandosi in dilosofia e in filologia classica, prima di diventare, nel
1951, libero docente di storia della filosofia. Consulente del vescovo di
Lugano Angelo Jelmini durante i lavori della Commissione centrale
preparatoria del Concilio Ecumenico Vaticano II, Amerio fu per molti anni in
stretta consonanza intellettuale e religiosa con il cardinale Giuseppe Siri.
Oltre a Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel
secolo XX, e Stat Veritas editi dalla editrice Lindau di Torino,
si devono ad Amerio un'imponente edizione critica in trentaquattro volumi
degli scritti di Tommaso Campanella, tre volumi dedicati alle Osservazioni
sulla Morale cattolica di Alessandro Manzoni e importanti studi su Epicuro,
Dante Alighieri, Giordano Bruno, Paolo Sarpi, Descartes e Giacomo Leopardi.
Il Libro
La Lettera ai Romani è lo scritto che, dopo i Vangeli, ha esercitato una
più profonda influenza sulla cultura religiosa occidentale.
Al suo centro vi è il grande tema della libertà del cristiano, presentata
come il presupposto di una nuova idea di religione. In questo volume
Schmithals evidenzia la portata innovatrice dell’epistola analizzando la
funzione che essa doveva assolvere nella Chiesa antica, soprattutto per
quanto riguardava la questione fondamentale dei rapporti tra cristianesimo e
giudaismo.
Paolo indirizza infatti il suo scritto dottrinale ai cristiani di Roma.
In esso egli espone il tema dell’universalità della giustizia per fede, e
illustra gli elementi specifici del suo messaggio: se la fede porta la
giustizia di Dio a tutti i popoli, senza alcuna distinzione, i cristiani di
origine pagana non hanno nessun bisogno di rompere con i loro connazionali,
di porsi sotto la legge ebraica e di raccogliersi nelle sinagoghe.
L’intento di Paolo è di conquistare i pagani «timorati di Dio» e, dopo
aver posto fine a quella che considera una loro eccessiva disponibilità nei
confronti del giudaismo, di riunirli in una comunità di cristiani di origine
pagana che si richiami al vangelo paolino.
Nell’interpretazione di Walter Schmithals – uno dei rappresentanti più
insigni dell’esegesi tedesca contemporanea – diventa chiaro perché non è
esagerato affermare che senza la Lettera ai Romani la diffusione del
cristianesimo nel mondo antico avrebbe avuto una storia totalmente diversa.
dal libro
Capitolo I
Paolo, l’autore della Lettera ai Romani
La Lettera ai Romani inizia con il nome del suo autore: «Paolo,
servo di Cristo Gesù» 1. Non c’è
dunque alcun dubbio: la Lettera ai Romani non è uno scritto
pseudonimo, ma è stata effettivamente redatta da Paolo.
Paolo è la figura del cristianesimo primitivo che conosciamo meglio. Le
sue lettere – nelle quali i dati autobiografici sono molto numerosi –
contengono una massa di informazioni che è straordinariamente ricca se
paragonata con quanto avviene di solito nel caso degli autori antichi.
Inoltre gli Atti degli Apostoli – il cui autore, Luca, non sembra aver
utilizzato le lettere di Paolo – danno su di lui altre preziose notizie. Va
però tenuto presente che l’immagine di Paolo che emerge dagli Atti degli
Apostoli riflette soprattutto la specifica prospettiva di Luca, e quindi
richiede di essere valutata attentamente.
La cultura di Paolo era quella del giudaismo ellenistico, e la sua lingua
madre era il greco. Paolo faceva risalire il suo albero genealogico a
Beniamino, uno dei dodici capostipiti di Israele 2, e,
come afferma esplicitamente, non si vergognò mai della sua appartenenza al
popolo ebraico 3. L’anno della sua nascita non è noto,
ma dovette cadere nei primi anni dell’era volgare. Il suo luogo di nascita è
Tarso 4, la capitale della provincia romana della
Cilicia, una polis dall’intensa vita commerciale, non lontana dal
Mediterraneo, sulle pendici dei monti del Tauro che separano, e
contemporaneamente uniscono, Oriente e Occidente. Tarso era un centro della
cultura ellenistica, e, come in quasi tutte le città dell’Oriente, non vi
mancava una cospicua minoranza ebraica – che godeva di notevoli diritti –
organizzata intorno alla sinagoga. Tutti i suoi membri pagavano regolarmente
un tributo per il mantenimento del tempio di Gerusalemme, e testimoniavano
in questo modo della loro appartenenza al popolo ebraico. Erano esonerati
dal culto all’imperatore ed erano soggetti a una loro giurisdizione
autonoma, che anche Paolo ebbe occasione di conoscere 5.
Come molti altri ebrei in età ellenistica, Paolo portava un doppio nome,
e cioè quello ebraico di Saulo accanto a quello greco di Paolo; nelle sue
lettere usa esclusivamente quest’ultimo 6. Alla base
della solida cultura che la sinagoga forniva ai suoi membri erano l’Antico
Testamento – nella traduzione greca dei Settanta – e la letteratura, più o
meno strettamente religiosa, che si richiamava ad esso. Era inoltre una
cultura alla quale non erano estranee né la filosofia stoica, né la
mentalità propria della retorica ellenistica.
Come è evidente dalle sue lettere, Paolo aveva una buona conoscenza della
cultura greca (seppur nella riformulazione che la sinagoga ne aveva
proposto) e si moveva in essa perfettamente a suo agio. È invece
probabilmente una pia leggenda la notizia secondo cui avrebbe studiato a
Gerusalemme presso Gamaliele, un famoso maestro 7.
Inoltre è da ritenere che non conoscesse in maniera approfondita l’ebraico
dell’Antico Testamento e l’aramaico che si parlava in Palestina.
Saulo-Paolo era un artigiano, ma non siamo in grado di precisare quale
attività svolgesse, per quanto parli di sé come di un «fabbricante di
tende» 8. Continuò comunque a praticarla anche dopo
che divenne apostolo 9, per sfuggire all’accusa di
esser mosso da motivi di interesse. Era sempre stato vicino alle posizioni
del farisaismo, e cioè a una corrente all’interno dell’ebraismo diffusasi
nella diaspora soprattutto tra gli artigiani: essa attribuiva un’importanza
centrale alle regole della purità rituale, e quindi rivendicava la netta
separazione tra ebrei e pagani. In questo senso Paolo si definisce un
seguace zelante delle tradizioni dei padri 10.
Il suo zelo per la legge ebraica lo fece anche diventare il primo
persecutore del cristianesimo del quale abbiamo notizie precise, e Paolo
ricorse a tutti i mezzi che la sinagoga gli metteva a disposizione per
contrastarne la diffusione nel mondo pagano. Paolo stesso fa più volte
riferimento a questa sua attività, nella quale non esitava ad adottare le
misure più drastiche 11. Nella sua fase più antica il
cristianesimo era tollerato se rispettava almeno le regole essenziali della
legge ebraica, e di conseguenza, fino allo scoppio della guerra giudaica
dell’anno 66, ci furono anche in Palestina comunità giudeocristiane. Ma i
giudeocristiani potevano anche smettere di vivere da ebrei, per unirsi ai
cristiani convertiti dal paganesimo che avevano fondato comunità senza alcun
rapporto con l’istituto sinagogale 12. Costoro, i
cosiddetti «ellenisti», diventavano allora passibili di persecuzione
13: Stefano, il primo martire cristiano di cui conosciamo il
nome, era appunto uno di essi 14.
Paolo si convertì improvvisamente alla fede che prima perseguitava
15 e divenne ben presto il più efficace missionario della
religione cristiana. La conversione e la vocazione a svolgere la sua
attività presso i pagani si datano di solito intorno agli anni 30-32, ma va
tenuto presente che l’intera cronologia paolina è molto incerta. Paolo operò
per molti anni in Siria, dove collaborò all’attività missionaria che stava
svolgendo, tra gli altri, Barnaba 16. In seguito
intraprese da solo viaggi missionari in Asia Minore, in Grecia e in Italia,
sui quali la Lettera ai Romani dà alcune informazioni. Probabilmente subì il
martirio a Roma nell’anno 65, sotto l’imperatore Nerone (54-68).
La costruzione di una rete di comunità di cristiani convertiti dal
paganesimo, estesa in vaste aree dell’impero romano, è merito personale di
Paolo, che impiegò tutta la passione della sua fede cristiana, il suo vigore
intellettuale, le sue capacità organizzative e la sua attitudine a dirigere
le comunità. La Lettera ai Romani è, tra le lettere di Paolo, la più
ampia, ma soprattutto quella che esercitò maggior influenza sulla storia
della Chiesa. Essa fa conoscere ciò che è più caratteristico della vita,
della personalità, del pensiero e dell’opera di Paolo. Un lettore
contemporaneo può comprendere la sua prospettiva teologica soltanto
attraverso un’analisi approfondita. La presentazione della Lettera ai Romani
che segue si limita a mettere in luce i presupposti storici e letterari che
possono condurre all’interpretazione dei suoi contenuti, e quindi ad
avvicinare al testo paolino come esso si presentò ai suoi primi lettori.
1 Romani (Rom.) 1, 1
2 Lettera ai Filippesi (Fil.) 3, 5-6
3 Fil. 3, 5-6; II Lettera ai Corinti (Cor.) 11, 22
4 Atti degli Apostoli (Atti) 22, 3
5 II Cor. 11, 24-25
6 Atti 7, 58; 8, 1.2; 9, 1.8
7 Atti 22, 3
8 Atti 18, 3
9 I Cor. 4, 12; II Cor. 11, 27; I Lettera ai Tessalonicesi (Tess.) 2, 9
10 Lettera ai Galati (Gal.) 1, 14; Fil. 3, 5-6
11 Gal. 1, 13-14; Fil. 3, 6
12 Gal. 2, 1-10; Atti 6, 8-15
13 Atti 8, 1-3; 9, 1-2
14 Atti 7, 54-60
15 Gal. 1, 13-14; Fil. 3, 7
16 Gal. 1, 21
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