INTRODUZIONE
"Un
tesoro come in vasi di terra" (2 Corinzi
4, 5-18)
Il
complesso flusso di migrazioni ha avuto un grande
impatto sulle vite di molti popoli, di molti Paesi
e Chiese nel mondo. L'Argentina costituisce uno
dei Paesi ove si sono verificati molti flussi
immigratori che hanno registrato effetti non solo
a livello nazionale ma anche nella vita delle
Chiese. Il progetto iniziale per la preghiera per
l'Unita dei Cristiani di quest'anno è opera di un
gruppo ecumenico in Argentina che ha scelto il
testo biblico e le riflessioni che ne derivano
constatando che l'Argentina è una nazione nata da
un ceppo locale e da immigrati. La fame, le guerre
e le persecuzioni religiose possono essere
considerati elementi scatenanti dell'immigrazione.
Ci sono due racconti inerenti al passato recente
dell'Argentina che possono renderne l'idea e che
evidenziano la necessità per le Chiese di
lavorare insieme nella ricerca dell'unità per
essere in grado di offrire una risposta di
autentica testimonianza.
Una famiglia in fuga
dalla violenza emigra e si stabilisce in
Argentina. Trova sicurezza ma deve far fronte a
una nuova società che non capisce, una lingua che
non è la propria e una storia con la quale non si
identifica. A volte la popolazione locale non
apprezza la loro presenza. La famiglia prova gioia
e tristezza nello stesso tempo. Ha lasciato alle
sue spalle la paura per scoprire la
discriminazione. In alcuni casi deve accettare di
essere sfruttata economicamente; è questo il
prezzo da pagare per proteggere la propria vita e
far crescere i figli. Il nuovo paese li accoglie e
li respinge allo stesso tempo. Hanno fiducia e
attendono una luce che li guiderà nel buio.
Una giovane donna arriva in una
grande città in cerca di lavoro. È cresciuta in
campagna ed è stata costretta ad abbandonarla nel
desiderio di un futuro migliore. Ha lasciato la
famiglia, gli amici ed ora si trova di fronte ad
una nuova società. La sua pelle e il suo accento
rivelano le sue origini, probabilmente ha sangue
del luogo. Anche lei deve pagare un alto prezzo.
Fa l'esperienza delle luci della metropoli ma nel
contempo sperimenta la tristezza della solitudine.
È straniera nel proprio paese. Molte volte si
sente trattata come se non avesse alcun diritto di
godere dei benefici che la vita offre. Non ha
nessuno in cui riporre la propria fiducia ma
confida ancora di trovare il suo posto nella
società.
Tali situazioni hanno indotto il
gruppo locale a riflettere su come la Parola di
Dio ci dia forza per affrontare situazioni
difficili e ci ricorda costantemente che tutto il
popolo di Dio è pellegrino sulla via del Regno.
La Bibbia ci presenta innumerevoli esempi di
persone che migrano da un luogo all'altro per le
stesse motivazioni di oggi. Abramo e Sara,
Giacobbe, Amos, Giuseppe, Maria e Gesù sono
esempi biblici di migranti. L'esperienza
dell'immigrazione rivela un mondo diviso. L'unità
dei cristiani deve costituire il paradigma
dell'unità del genere umano. I cristiani
posseggono «un tesoro in vasi di terra».
Il testo 2 Cor 4, 5-18 ci invita
a riconoscere che disponiamo di un tesoro che non
ci appartiene ma che è dono di Dio per
rafforzarci nei momenti di angoscia e infonderci
coraggio nella tristezza. Portiamo questo tesoro
nella fragilità della nostra natura umana affinché
sia chiaro che tale dono ha origine in Dio e non
è opera nostra. Dio ci invita a dargli
testimonianza tramite la nostra debolezza umana.
Il corpo di Cristo è indiviso e per tale ragione
le divisioni tra i cristiani costituiscono una
contro testimonianza a questa verità che dobbiamo
superare. Riconosciamo che le barriere sono
profonde e che le nostre forze fisiche non sono
sufficienti per guarire il peccato della
divisione.
L'unità della Chiesa deve
essere raggiunta tramite l'azione e la potenza
dello Spirito Santo che agisce in noi, così che
ogni passo verso l'unità deve essere visto come
un atto di Dio che ci conduce sempre più vicino
al suo Regno. Abbiamo bisogno di accettare la
sfida dell'Apostolo Paolo che ha detto: «Ho
creduto, perci6 ho parlato» (2 Cor 4, 13). Non
parlare è nascondere la realtà visibile di
Cristo che agisce in noi, che è la base
dell'azione della Chiesa nel mondo. Così, con
questa forza che ci viene data dobbiamo rivolgerci
al nostro vicino per condividere la luce di Cristo
e scambievolmente riconoscere che siamo in debito
con Dio che ha dato la vita di suo Figlio per la
salvezza dell'umanità. Sono questi i temi
scaturiti dalla celebrazione ecumenica e
sviluppati dalle riflessioni bibliche per gli !18
Giorni". Il fine delle riflessioni proposte
è quello di approfondire il tema biblico centrale
e collegarlo al problema delle migrazioni scelto
dal gruppo ecumenico locale argentino. Alcune
comunità utilizzano il materiale per continuare
la loro preghiera per l'unità dei cristiani.
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Gli "8 Giorni di Preghiera"
sono stati così strutturati:
Paolo, nella sua lettera ai Corinzi
incoraggia i fratelli e le sorelle cristiane col
messaggio di speranza che è Gesù Cristo. È lui
il messaggero di Dio che rivela la sua gloria e la
sua luce che continua a brillare in un mondo di
tenebre (2 Cor 4, 5-6). È questa la speranza che
uomini e donne portano nel cuore, consapevoli che
la sua sorgente è in Dio e non in noi. È il
tesoro che sostiene il pellegrino e il migrante
nelle sue condizioni di fragilità (1° giorno,
2 Cor 4, 7).
La comune fede in Cristo è la
nostra speranza e il nostro tesoro. Nel mondo
molti uomini, donne e bambini sperimentano il peso
della persecuzione, dell'afflizione e
dell'abbandono perché costretti a lasciare le
case e a vivere sulla strada, costantemente
staccati dal proprio ambiente familiare. Paolo
riflette sull'esperienza delle persecuzioni
offrendo la consolazione della fede cristiana,
poiché Gesù ha assunto la nostra condizione
umana capace di elevarsi, che rivela la forza di
Dio nella propria debolezza. Allora non siamo né
schiacciati né spinti alla disperazione; non
siamo abbandonati o abbattuti, poiché abbiamo
fede (2° giorno, 2 Cor 4, 8).
Il mistero della redenzione
rifulge in situazioni in cui, per la grazia di
Dio, lo spirito umano rende visibile l'immagine di
Cristo nella fragilità delle nostre membra. In
tale fragilità vediamo la morte di Cristo portata
nel proprio corpo, ma tramite la misericordia di
Dio, possiamo anche vedere l'immagine di Cristo
rivelata. Troppo spesso il peccato della
discriminazione rivela una cultura di morte, che
non è nient'altro che il desiderio di eliminare
la diversità, cioè l'altro. La missione della
Chiesa è quella d' individuare insieme le modalità
per affermare l'immagine di Cristo nell'altro,
come una ricca sorgente, un dono prezioso. La
presenza di Cristo manifestata in noi ci rinnova,
così che, tramite una dignità che non può
essere cancellata, possiamo rendere visibile
l'immagine di Dio. È soltanto quando apprezziamo
un tale tesoro che ogni essere umano porta, nella
sua umanità, l'accoglienza degli altri, vedendo
in essi la somiglianza con Dio (3° giorno, 2
Cor 4, 10).
Sembra una contraddizione, ma fino a quando c'è
vita in noi, dobbiamo imparare a dare oltre la
morte, a morire noi stessi affinché Cristo possa
vivere in noi. Nel far questo, ci apriamo al vero
valore della vita stessa, una vita che è stata
affidata a Cristo affinché la sua vita possa
manifestarsi nella nostra carne.
Tutti i cristiani sono
chiamati a testimoniare che il peccato non ha più
dominio su di noi. Ciò avviene ove le Chiese,
insieme nel mondo, rendono testimonianza alla
dignità della vita, che è vita nuova in Cristo (4°
giorno, 2 Cor 4, 11). Nelle condizioni
precarie in cui si trovano sia i pellegrini che i
migranti, le Chiese cristiane riunite "nel
medesimo spirito di fede" offrono le loro
voci ai forestieri e ai diseredati. È perché
confessiamo la stessa fede che siamo in grado di
trovare le parole da dire.
Il
tema del 5° giorno (2 Cor 4, 14)
incoraggia i cristiani a riflettere sulla necessità
di parlare con coraggio delle condizioni disperate
dei senza tetto, dei rifugiati, degli immigrati,
della gente di strada, delle popolazioni dei
migranti e delle donne e dei bambini indigenti.
Veramente noi crediamo al potere rinnovatore di
Dio in Gesù Cristo e così, insieme, parliamo con
coraggio contro tutto ciò che distrugge la dignità
umana.
È insito nella missione della Chiesa essere segno
della grazia di Dio nella società. l valori di
questo mondo che passa non coincidono
necessariamente con quelli del regno dei più
fortunati. Gesù ha affidato a ogni cristiano e
alle Chiese insieme la missione di vivere la
giustizia del Regno di Dio come una forza nuova,
capace di rinnovare la società. La
giustificazione che gratuitamente ci è stata data
per la grazia di Dio ci obbliga a vivere da
salvati nel mondo. (6° giorno, 2 Cor 4, 15).
Nonostante le
innumerevoli difficoltà e persecuzioni non ci
siamo persi d'animo. San Paolo c'incoraggia a
restare forti perché noi portiamo nella nostra
carne non soltanto la morte di Cristo, ma anche la
sua vita. La Chiesa è dove è chiaramente
evidenziata la vittoria di Cristo sulla morte
poiché essa è comunità di coraggio. La
perseveranza di coloro che cercano di perseguire
l'unità dei cristiani costituisce un'importante
realtà per coloro che si perdono d'animo e per
quelli che sono tentati di offrire le proprie
energie per tale causa, essa è segno della
potenza della grazia di Dio nonostante le
innumerevoli difficoltà. Gesù ha pregato per
l'unità di tutti coloro che veramente portano il
suo nome, affinché il mondo creda. Nonostante gli
ostacoli sul nostro cammino verso l'unità dei
cristiani, le Chiese devono agire insieme con
coraggio e perseveranza di fronte alle avversità
per offrire a un mondo diviso un esempio di unità
ed essere segno della potenza della morte di
Cristo sopra tutte le forze del peccato e delle
tenebre (7° giorno, 2 Cor 4, 10).
Nell'8° giorno
riflettiamo su come la sofferenza che sopportiamo
«Ci prepari una vita gloriosa che non ha l'uguale»
(2 Cor 4, 17). Questa non è una visione
utopistica di come potranno cessare le lotte
umane, poiché l'apostolo Paolo c'invita a
riflettere su come verremo trasformati dalla
grazia della risurrezione se resteremo uniti nella
fede ai patimenti di Cristo. Noi portiamo nelle
nostre membra la sua sofferenza e la sua
risurrezione. Ecco perché S. Paolo ci esorta a
guardare al di là di quello che i nostri occhi
possono percepire, verso l'eterno che ci viene
rivelato nella gloria di Cristo. L'unità di tutti
i credenti in Cristo è resa visibile quando i
cristiani veramente affrontano i propri doveri nel
mondo in cui sono chiamati ad operare.
Ognuno degli "8
Giorni" propone una preghiera che implora la
grazia di Dio per l'unità di tutti i credenti in
Cristo. Il valore della preghiera per l'unità non
può essere mai sottolineato abbastanza, poiché
è il luogo ove tutti i cristiani, tramite la
forza dello Spirito Santo umilmente riconoscono
che l'unità auspicata da Dio per la Chiesa è di
per se un dono. Preghiamo allora con perseveranza
affinché possiamo essere pronti a ricevere questo
dono e custodirlo nel "vaso di terra"
della nostra fragilità umana.
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