" Cristo, unico fondamento della
Chiesa"
(1 Corinzi 3, 1-23)
Le circostanze in cui il tema
è stato sviluppato sono contrassegnate da nuove possibilità di crescita per la Chiesa. Le chiese
in Slovacchia stanno sperimentando, da oltre una decade, un rinnovamento e un progresso, dopo
quattro decenni in cui hanno vissuto una situazione politica che, pur permettendo alle chiese di
esistere, tentava, nondimeno, di impedirne lo sviluppo e ostacolarne la testimonianza verso la
società. Nel lavoro di preparazione del tema per la Settimana di preghiera di quest'anno, la
Commissione preparatoria ha riflettuto sulla traccia delle seguenti domande:
- Qual è il fondamento su cui è stata costruita questa nuova "esistenza" delle
loro chiese?
- Nel percorso di sviluppo delle singole comunità confessionali, vi è anche uno spazio per
crescere
verso l'unità?
- Quali sono i mezzi per rafforzare il servizio della chiesa?
Il Nuovo
Testamento contiene lettere scritte alle chiese come incoraggiamento per la loro crescita
spirituale, dal momento che esse vivono in una condizione spesso ostile ai valori del vangelo. Una
di queste, da cui i membri della Commissione preparatoria hanno tratto ispirazione, è la prima
lettera ai cristiani di Corinto. Le riflessioni che seguono intendono servire da introduzione
teologico-pastorale al tema di quest'anno e ai commenti per gli otto giorni, tratte primariamente
dal contesto slovacco e dalla recente esperienza delle comunità cristiane in esso presenti. Sono,
tuttavia, riflessioni che potrebbero interessare tutte le chiese, a prescindere dal contesto in cui
si trovano e dalla situazione di ascesa o declino che devono affrontare.
Crescere nella fede significa crescere nell'unità
Riflettendo
sull'esperienza di crescita, ci siamo accorti che essa è un dono per tutte le chiese in Slovacchia.
La gente, che prima del 1989 evitava adesione alla chiesa, ha cominciato a rivolgersi alle chiese
con importanti interrogativi sulla propria vita. Ciò significa che le chiese hanno dovuto imparare
a rispondere e comunicare il vangelo in questo nuovo contesto di ascesa. La situazione non
differisce da quella vissuta da Paolo, che aiuta la chiesa di Corinto in una sua fase di crescita.
Tuttavia, questo
cammino non è mai esente da problemi e regressi. Paolo osserva che i Corinti non sono ancora pronti
per il cibo solido, che assicura la crescita nella fede. È normale che all'inizio si prenda il
latte, tuttavia, se dopo un certo tempo ancora non si riesce a prendere il cibo solido, ci sono
indizi di squilibrio nel corpo.
Paolo usa
un'espressione molto forte per richiamare i cristiani di Corinto. Li chiama "ancora troppo
bambini" poiché li vede spiritualmente immaturi. Essi vivono ancora assecondando le
inclinazioni umane, come indica la loro gretta rivalità e il continuo litigare fra loro (primo
giorno, 1 Cor 3, 1-4). Come può Paolo usare parole così forti nel descrivere un popolo la cui
chiesa è tanto ricca di doni diversi e così piena di vita? Egli stesso ne conosce la ricchezza, e
ne fa menzione in 1 Cor 14.
La mancanza di
maturità spirituale non era emersa finché non sono apparsi progetti superbi e segni visibili di
potere. La comunità era ricca di doni e di opere. In questo senso essi non erano né più poveri, né
più deboli di qualunque altra comunità. Nonostante ciò, Paolo definisce la comunità mondana e
infantile. Perché? Perché fra di essi non vi era unità.
Conseguentemente,
le chiese di Slovacchia si sono chieste: "Quanto è stata autentica la nostra crescita in
questi ultimi quindici anni di ritrovata libertà e nuove possibilità?", "Quale valore
hanno i nostri successi, se ci sono ancora tensioni fra noi, in quanto confessioni diverse?".
Le chiese in Slovacchia hanno compreso la necessità di pregare per una crescita nella fede che
fosse contraddistinta dall'unità nel servizio e dalla comprensione reciproca.
L'umiltà nel servizio unisce
I motivi di
divisione a Corinto non erano dovuti al rigetto di qualche elemento fondamentale della fede. Il
problema reale era il fatto di non essersi lasciati alle spalle vecchi modelli di comportamento.
Nonostante tutti i doni con cui i Corinti erano stati benedetti, qualcosa ancora mancava: non erano
uniti in una sola mente e in un solo proposito. Paolo rigetta questo stile di essere cristiani. Egli
non cade nella trappola della rivalità quando alcuni lo onorano e dichiarano di appartenere a lui,
ma insiste che né lui né Apollo sono "signori" cui la gente deve appartenere. Essi sono
"servitori per mezzo dei quali voi siete giunti alla fede" (1 Cor 3, 5). Neppure quel
ministero è stato esercitato con la loro autorità: nell'offrire tale servizio, infatti, essi
potevano contare solo sulla grazia del Signore, poiché: "A ciascuno di noi Dio ha affidato un
compito" (1 Cor 3, 5).
Questo
atteggiamento mostra umiltà e grandezza al tempo stesso. Ciò che Paolo intende per servizio è
diverso da ciò che è inteso da una prospettiva mondana, ove l'essere solo un "servitore"
è opposto al voler essere servito come un personaggio importante. Gesù ci insegna: "Il Figlio
dell'uomo, è venuto non per farsi servire, ma per servire" (Mt 20, 28). Perciò tutti i doni
ricevuti devono essere messi a servizio del piano di Dio, dal momento che devono essere ricondotti
all'Autore di questi doni e non a coloro che li hanno ricevuti.
Paolo comprende
che i frutti di questo servizio saranno differenti, perché saranno costruiti sulla cooperazione di
ciascuno. Questa è anche la realtà sperimentata nel contesto slovacco. A motivo della nuova
situazione, e cioè soprattutto della mobilità della gente, molto spesso i ministri non vedono il
frutto di ciò che hanno piantato. Ora, proprio come nella descrizione di Paolo, alcuni piantano,
altri si occupano delle necessità quotidiane delle persone, altri raccolgono. Nel passato la gente
rimaneva negli stessi villaggi e città perciò i loro pastori si prendevano cura delle loro
necessità spirituali dal momento in cui il seme veniva piantato, fino al momento in cui venivano
raccolti i frutti maturi. Oggi forse ci sono molte persone coinvolte in questo processo di crescita.
Questo cammino non è scevro da problemi. Anche fra chiese della stessa confessione, una situazione
del genere può causare tensioni fra i ministri, come accadde a Corinto. Oltre tutto, spesso
dimentichiamo che non è il ministro che provoca alla fede, ma è solo "Dio che fa
crescere" (secondo giorno, 1 Cor 3, 5-9).
Questa circostanza
richiede di fermarci a riflettere: fino a che punto le tensioni fra di noi sono causate da
differenze nella dottrina? Quanto orgoglio vi è ancora fra noi? Fino a che punto permettiamo che il
desiderio di potere controlli le nostre azioni, invece di un desiderio e una prontezza a servire?
Paolo dovette affrontare una situazione analoga a Corinto. La sua risposta è che l'umiltà nel
servizio unisce. Questo è, in effetti, quello che le chiese stanno imparando nella loro vita
insieme. Ci rendiamo conto che siamo cooperatori nell'opera di Dio, e che costruiamo ciascuno
sull'unico fondamento gettato da Dio, e cioè Gesù Cristo. Sapendo questo siamo in grado di
aiutarci a vicenda e ad agire secondo la grazia che Dio ha dato a ciascuno di noi (terzo giorno,
1 Cor 3, 10-11).
Costruire il servizio sull'unico fondamento
La responsabilità
che noi abbiamo nel nostro servizio è grande. Le fondamenta sono state gettate, ma l'edificio che
è costruito dipende dal lavoro di ciascun operaio. In quale modo ciascuno di noi userà il dono
ricevuto da Dio? Paolo fa riferimento, più avanti nella sua lettera, al fatto che c'è varietà di
doni e di servizi dati, ma che è lo stesso Signore che li elargisce. La diversità è data dallo
stesso Spirito per il bene comune e per l'unità del Corpo (1 Cor 12, 4ss). Questi doni devono
essere utilizzati in modo conforme all'edificazione della Chiesa e alla costruzione di ponti come
segno di speranza e come frutto dell'unità in Cristo (quarto giorno, 1 Cor 3, 12-13a).
Ciò che è chiaro
a Paolo e al nostro contesto, è che il lavoro fatto per costruire l'edificio sarà valutato e il
contributo apportato da ciascuno sarà messo in luce. Nel passato, a volte, le chiese sono rimaste
troppo ripiegate su se stesse, assorbite nei loro progetti, invece di essere tese alla proclamazione
del Cristo crocefisso e risorto, fondamento della vita cristiana. Paolo si considera responsabile
davanti a Dio per quello che ha compiuto. Allo stesso modo le chiese devono sentirsi responsabili
non solo davanti a Dio, ma anche le une verso le altre, in quanto collaboratrici nel servizio. Il
tipo di lavoro fatto rivelerà la qualità del loro discepolato (quinto giorno, 1 Cor 3, 13b-15).
Nel tentativo di
incoraggiare i cristiani di Corinto, Paolo deve ribadire quale fosse la loro natura. Dal momento che
hanno ricevuto il dono dello Spirito, essi sono divenuti tempio di Dio e portatori della sua
immagine. Questa realtà sfida i cristiani a vivere uniti nello Spirito, che a sua volta li unisce
in Cristo (sesto giorno, 1 Cor 3, 16-17).
Dalle esperienze
umane e dalle storie che oggi possiamo raccontare, cominciamo a vedere la stoltezza delle nostre
strade che hanno causato divisioni fra coloro che seguono Cristo. Ed è a tale stoltezza che Paolo
si riferisce nella lettera ai Corinti, quando li esorta ad andare d'accordo ed evitare le divisioni,
dal momento che avrebbero dovuto avere lo stesso intendimento e lo stesso proposito (1 Cor 1, 10).
Abbiamo causato nell'unica Chiesa di Cristo molte divisioni fondate sul disaccordo, dal momento che
non abbiamo avuto le stesse intenzioni e lo stesso proposito, e abbiamo, invece, operato l'uno
contro l'altro. Questo potrebbe essere visto come il frutto di un vivere in un mondo in cui
individualismo e competizione sono considerati saggezza. Paolo invece, proclama il messaggio di
Cristo, che si è umiliato ad accettare la debolezza umana fino alla morte, rivelando ciò che
"Dio ha preparato per quelli che lo amano" (1 Cor 2, 9) (settimo giorno, 1 Cor 3,
18-20).
Paolo stabilisce
un legame fra i diversi operai che lavorano a servizio del vangelo, e pone questa fraternità nel
contesto dell'unità universale e cosmica. Egli rassicura coloro che in tempi e modi diversi
edificano, che tutti insieme sono di Cristo. Se apparteniamo a Cristo apparteniamo anche a Dio
Padre, che nella creazione ha agito mediante Cristo per fare nuove tutte le cose e riconciliarle.
Come cooperatori nell'opera di Dio, siamo uniti quando comprendiamo che il nostro ministero è in
Cristo, ed è diretto a Dio che ha gettato l'unico fondamento della nostra fede e dal quale proviene
la nostra unità (ottavo giorno, 1 Cor 3, 21-23).
Gli otto giorni di
preghiera sono un invito a riflettere insieme come chiese divise, ad invocare la benedizione le une
per le altre, e a discernere se possiamo essere ancor più tese verso l'unità.
Preparazione del testo della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2005
Il materiale
elaborato è frutto del lavoro di un gruppo ecumenico composto da membri del Comitato teologico del
Consiglio ecumenico delle chiese in Slovacchia, che ha stilato una prima bozza dell'attuale testo,
alla cui elaborazione hanno preso parte (in ordine alfabetico):
Vescovo Augustin Bacinsky (Chiesa
vecchio cattolica)
Rev. Tsolt Görözdi (Chiesa riformata)
Rev. Jan Halama (Chiesa cattolica)
Rev. Jozef Havercak (Chiesa ortodossa)
Rev. Jan Henzel (Chiesa dei fratelli)
Rev. Gabriela Kopas (Chiesa metodista)
Rev. Jozef Kulacik (Unione battista)
Rev. Mikulas Lazor (Chiesa ortodossa)
Rev. Ondrej Prostrednik (Chiesa evangelica della confessione augustana)
Desideriamo
ringraziare di cuore tutti i membri del Comitato teologico per il materiale e l'ispirazione
offertaci.
Il testo, nella
forma attuale e nella sua completezza, è stato redatto durante un incontro della Commissione
preparatoria internazionale nominata dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico
delle chiese e dal Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani della Chiesa
cattolica. Il gruppo si è riunito nella Casa per Ritiri tenuta dai Gesuiti a Piesta y, Slovacchia,
accolti dal direttore della Casa p. Emil Vani. Un pensiero grato va a tutto lo staff del centro per
la loro accoglienza e la vicinanza nella preghiera.
Desideriamo
porgere il nostro più vivo ringraziamento al Consiglio ecumenico delle chiese in Slovacchia e in
particolare al suo Segretario generale Rev. Ondrej Prostrednik per il lavoro svolto nella
preparazione del progetto a livello locale e per l'ospitalità riservata alla Commissione
preparatoria internazionale durante l'incontro.
****
Nota
I testi biblici riportati nel presente libretto sono tratti:
- per l'A.T. da: Parola del Signore. La Bibbia. Traduzione interconfessionale in lingua corrente,
Elle Di Ci-Alleanza Biblica Universale, Leumann-Roma 1985;
- per il N.T. da: Parola del Signore. La Bibbia. Traduzione interconfessionale in lingua corrente,
Elledici-Alleanza Biblica Universale, Leumann-Roma 2000.
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