ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE
DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
All'episcopato al clero alle persone consacrate e ai fedeli laici
SULL'EUCARISTIA
FONTE E CULMINE DELLA VITA
E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA
INDICE
Introduzione [1]
Il
cibo della verità [2]
Lo sviluppo del rito eucaristico [3]
Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno dell'Eucaristia [4]
Scopo della presente Esortazione [5]
PRIMA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE
La fede
eucaristica della Chiesa [6]
Santissima Trinità ed Eucaristia
Il
pane disceso dal cielo [7]
Dono gratuito della Santissima Trinità [8]
Eucaristia: Gesù vero Agnello immolato
La
nuova ed eterna alleanza nel sangue dell'Agnello [9]
L'istituzione dell'Eucaristia [10]
Figura transit in veritatem [11]
Lo Spirito Santo e l'Eucaristia
Gesù e
lo Spirito Santo [12]
Spirito Santo e Celebrazione eucaristica [13]
Eucaristia e Chiesa
Eucaristia principio causale della Chiesa [14]
Eucaristia e comunione ecclesiale [15]
Eucaristia e Sacramenti
Sacramentalità della Chiesa [16]
I.
Eucaristia e iniziazione cristiana
Eucaristia, pienezza dell'iniziazione cristiana [17]
L'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione [18]
Iniziazione, comunità ecclesiale e famiglia [19]
II.
Eucaristia e sacramento della Riconciliazione
Loro nesso intrinseco [20]
Alcune attenzioni pastorali [21]
III.
Eucaristia e Unzione degli infermi [22]
IV.
Eucaristia e sacramento dell'Ordine
In persona Christi capitis [23]
Eucaristia e celibato sacerdotale [24]
Scarsità di clero e pastorale vocazionale [25]
Gratitudine e speranza [26]
V.
Eucaristia e Matrimonio
Eucaristia, sacramento sponsale [27]
Eucaristia e unicità del matrimonio [28]
Eucaristia e indissolubilità del matrimonio [29]
Eucaristia ed Escatologia
Eucaristia: dono all'uomo in cammino [30]
Il banchetto escatologico [31]
Preghiera per i defunti [32]
L'Eucaristia e la Vergine Maria [33]
SECONDA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CELEBRARE
Lex
orandi e lex credendi [34]
Bellezza e liturgia [35]
La Celebrazione eucaristica opera del « Christus totus »
Christus totus in capite et in corpore [36]
Eucaristia e Cristo risorto [37]
Ars celebrandi [38]
Il
Vescovo, liturgo per eccellenza [39]
Il rispetto dei libri liturgici e della ricchezza dei segni [40]
Arte al servizio della celebrazione [41]
Il canto liturgico [42]
La struttura della celebrazione eucaristica [43]
Unità
intrinseca dell'azione liturgica [44]
La liturgia della Parola [45]
L'omelia [46]
Presentazione dei doni [47]
La preghiera eucaristica [48]
Scambio della pace [49]
Distribuzione e ricezione dell'Eucaristia [50]
Il congedo: « Ite, missa est » [51]
Actuosa participatio [52]
Autentica partecipazione [53]
Partecipazione e ministero sacerdotale [53]
Celebrazione eucaristica e inculturazione [54]
Condizioni personali per una « actuosa participatio [55] »
Partecipazione dei cristiani non cattolici [56]
Partecipazione attraverso i mezzi di comunicazione [57]
« Actuosa participatio » degli infermi [58]
L'attenzione per i carcerati [59]
I migranti e la partecipazione all'Eucaristia [60]
Le grandi concelebrazioni [61]
La lingua latina [62]
Celebrazioni eucaristiche in piccoli gruppi [63]
La celebrazione interiormente partecipata
Catechesi mistagogica [64]
La riverenza verso l'Eucaristia [65]
Adorazione e pietà eucaristica
Il
rapporto intrinseco tra celebrazione e adorazione [66]
La pratica dell'adorazione eucaristica [67]
Forme di devozione eucaristica [68]
Il luogo del tabernacolo nella chiesa [69]
TERZA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE
Forma eucaristica della vita cristiana
Il
culto spirituale – logiké latreía (Rm 12,1) [70]
Efficacia onnicomprensiva del culto eucaristico [71]
Iuxta dominicam viventes – Vivere secondo la Domenica [72]
Vivere il precetto festivo [73]
Il senso del riposo e del lavoro [74]
Assemblee domenicali in assenza di sacerdote [75]
Una forma eucaristica dell'esistenza cristiana, l'appartenenza ecclesiale [76]
Spiritualità e cultura eucaristica [77]
Eucaristia ed evangelizzazione delle culture [78]
Eucaristia e fedeli laici [79]
Eucaristia e spiritualità sacerdotale [80]
Eucaristia e vita consacrata [81]
Eucaristia e trasformazione morale [82]
Coerenza eucaristica [83]
Eucaristia, mistero da annunciare
Eucaristia e missione [84]
Eucaristia e testimonianza [85]
Cristo Gesù, unico Salvatore [86]
Libertà di culto [87]
Eucaristia, mistero da offrire al mondo
Eucaristia, pane spezzato per la vita del mondo [88]
Le implicazioni sociali del Mistero eucaristico [89]
Il cibo della verità e l'indigenza dell'uomo [90]
La dottrina sociale della Chiesa [91]
Santificazione del mondo e salvaguardia del creato [92]
Utilità di un Compendio eucaristico [93]
Conclusione [94]
INTRODUZIONE
1.
Sacramento della carità (1), la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù
Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In
questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore « più grande », quello che
spinge a « dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13). Gesù, infatti,
« li amò fino alla fine » (Gv 13,1). Con questa espressione,
l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di
morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli
lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento
eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo
e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di
fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale
meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!
Il
cibo della verità
2. Nel
Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine
e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi suo compagno di viaggio.
In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di
verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero (cfr
Gv 8,36), Cristo si fa per noi cibo di Verità. Con acuta conoscenza della
realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova
spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò
che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa
ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo esclama: « Che cosa
desidera l'anima più ardentemente della verità? » (2). Ogni uomo, infatti,
porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per
questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita » (Gv 14,6), si rivolge
al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e assetato, al cuore che
sospira verso la fonte della vita, al cuore mendicante della Verità. Gesù
Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. « Gesù è
la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo
orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura,
si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova ».(3)
Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la verità
dell'amore, che è la stessa essenza di Dio. È questa verità evangelica che
interessa ogni uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che trova
nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna costantemente ad annunciare a
tutti, opportune importune (cfr 2 Tm 4,2), che Dio è amore.(4)
Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si rivolge
all'uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio.
Lo
sviluppo del rito eucaristico
3.
Guardando alla storia bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente
azione dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo,
ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria dell'evento
della nostra salvezza. Dalle molteplici forme dei primi secoli, che ancora
splendono nei riti delle antiche Chiese di Oriente, fino alla diffusione del
rito romano; dalle chiare indicazioni del Concilio di Trento e del Messale di
san Pio V fino al rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II: in
ogni tappa della storia della Chiesa la Celebrazione eucaristica, quale fonte
e culmine della sua vita e missione, risplende nel rito liturgico in tutta la
sua multiforme ricchezza. La
XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 2 al
23 ottobre 2005 in Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia un
profondo ringraziamento a Dio, riconoscendo operante in essa la guida dello
Spirito Santo. In particolare, i Padri sinodali hanno constatato e ribadito il
benefico influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio
ecumenico Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa.(5) Il Sinodo dei
Vescovi ha avuto la possibilità di valutare la sua ricezione dopo l'Assise
conciliare. Moltissimi sono stati gli apprezzamenti. Le difficoltà ed anche
taluni abusi rilevati, è stato affermato, non possono oscurare la bontà e la
validità del rinnovamento liturgico, che contiene ancora ricchezze non
pienamente esplorate. Si tratta in concreto di leggere i cambiamenti voluti
dal Concilio all'interno dell'unità che caratterizza lo sviluppo storico del
rito stesso, senza introdurre artificiose rotture.(6)
Il
Sinodo dei Vescovi e l'Anno dell'Eucaristia
4. È
necessario inoltre sottolineare il rapporto del recente Sinodo dei Vescovi
sull'Eucaristia con quanto è accaduto negli ultimi anni nella vita della
Chiesa. Innanzitutto, dobbiamo ricollegarci idealmente al Grande Giubileo del
2000, con il quale il mio amato Predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo
II, ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio cristiano. L'Anno Giubilare è
stato indubbiamente caratterizzato in senso fortemente eucaristico. Non si può
poi dimenticare che il Sinodo dei Vescovi è stato preceduto, ed in un certo
senso anche preparato, dall'Anno
dell'Eucaristia, voluto con grande lungimiranza da Giovanni Paolo II per
tutta la Chiesa. Tale periodo, iniziato con il
Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara nell'ottobre 2004, si è
concluso il
23 Ottobre 2005, al termine della XI Assemblea Sinodale, con la
canonizzazione di cinque Beati, che si sono particolarmente distinti per la
pietà eucaristica: il Vescovo Józef Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso,
Zygmunt Gorazdowski e Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso cappuccino
Felice da Nicosia. Grazie agli insegnamenti proposti da Giovanni Paolo II
nella Lettera apostolica
Mane nobiscum Domine (7) e ai preziosi suggerimenti della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,(8) sono
state numerose le iniziative che le diocesi e le diverse realtà ecclesiali
hanno intrapreso per risvegliare ed accrescere nei credenti la fede
eucaristica, per migliorare la cura delle celebrazioni e promuovere
l'adorazione eucaristica, per incoraggiare una fattiva solidarietà che
partendo dall'Eucaristia raggiungesse i bisognosi. Infine, è necessario
menzionare l'importanza dell'ultima Enciclica del mio venerato Predecessore,
Ecclesia de Eucharistia (9), con la quale egli ci ha lasciato un
sicuro riferimento magisteriale sulla dottrina eucaristica e un'ultima
testimonianza circa il posto centrale che questo divino Sacramento occupava
nella sua esistenza.
Scopo della presente Esortazione
5. Questa
Esortazione apostolica postsinodale ha lo scopo di riprendere la multiforme
ricchezza di riflessioni e proposte emerse nella recente
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, – a partire dai
Lineamenta fino alle Propositiones, passando attraverso l'Instrumentum
laboris, le Relationes ante et post disceptationem, gli
interventi dei Padri sinodali, degli auditores e dei delegati fraterni
–, nell'intento di esplicitare alcune fondamentali linee di impegno, volte a
destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico. Consapevoli del
vasto patrimonio dottrinale e disciplinare accumulato nel corso dei secoli
intorno a questo Sacramento,(10) nel presente documento desidero soprattutto
raccomandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali,(11) che il popolo
cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero eucaristico, l'azione
liturgica e il nuovo culto spirituale derivante dall'Eucaristia,
quale sacramento della carità. In questa prospettiva intendo porre la
presente Esortazione in relazione con la mia prima Lettera enciclica
Deus caritas est, nella quale ho parlato più volte del sacramento
dell'Eucaristia per sottolineare il suo rapporto con l'amore cristiano, sia in
riferimento a Dio che al prossimo: « Il Dio incarnato ci attrae tutti a sé. Da
ciò si comprende come agape sia ora diventata anche un nome
dell'Eucaristia: in essa l'agape di Dio viene a noi corporalmente per
continuare il suo operare in noi e attraverso di noi » (12).
PRIMA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE
« Questa è l'opera di Dio: credere in colui
che egli ha mandato » (Gv 6,29)
La
fede eucaristica della Chiesa
6. «
Mistero della fede! ». Con questa espressione pronunciata immediatamente
dopo le parole della consacrazione, il sacerdote proclama il mistero celebrato
e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e
del vino nel corpo e nel sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni
comprensione umana. In effetti, l'Eucaristia è per eccellenza « mistero della
fede »: « è il compendio e la somma della nostra fede ».(13) La fede della
Chiesa è essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare
alla mensa dell'Eucaristia. La fede e i Sacramenti sono due aspetti
complementari della vita ecclesiale. Suscitata dall'annuncio della Parola di
Dio, la fede è nutrita e cresce nell'incontro di grazia col Signore risorto
che si realizza nei Sacramenti: « La fede si esprime nel rito e il rito
rafforza e fortifica la fede ».(14) Per questo, il Sacramento dell'altare sta
sempre al centro della vita ecclesiale; « grazie all'Eucaristia la Chiesa
rinasce sempre di nuovo! ».(15) Quanto più viva è la fede eucaristica nel
Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale
mediante la convinta adesione alla missione che Cristo ha affidato ai suoi
discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia della Chiesa. Ogni grande
riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza
eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo.
Santissima Trinità ed Eucaristia
Il
pane disceso dal cielo
7. La
prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore
trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo, troviamo un'espressione
illuminante a questo proposito: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma
perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3,16-17). Queste parole
mostrano la radice ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà non «
qualche cosa » ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo sangue. In
tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte
originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio dato per noi dal Padre. Nel
Vangelo ascoltiamo ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine con la
moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi interlocutori che lo avevano
seguito fino alla sinagoga di Cafarnao, dice: « Il Padre mio vi dà il pane dal
cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita
al mondo » (Gv 6,32-33), ed arriva ad identificare se stesso, la
propria carne e il proprio sangue, con quel pane: « Io sono il pane vivo,
disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che
io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Gesù si
manifesta così come il pane della vita, che l'eterno Padre dona agli uomini.
Dono gratuito della Santissima Trinità
8.
Nell'Eucaristia si rivela il disegno di amore che guida tutta la storia della
salvezza (cfr Ef 1,10; 3,8-11). In essa il Deus Trinitas, che in
se stesso è amore (cfr 1 Gv 4,7-8), si coinvolge pienamente con la
nostra condizione umana. Nel pane e nel vino, sotto le cui apparenze Cristo si
dona a noi nella cena pasquale (cfr Lc 22,14-20; 1 Cor 11,23-
26), è l'intera vita divina che ci raggiunge e si partecipa a noi nella forma
del Sacramento. Dio è comunione perfetta di amore tra il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo. Già nella creazione l'uomo è chiamato a condividere in qualche
misura il soffio vitale di Dio (cfr Gn 2,7). Ma è in Cristo morto e
risorto e nell'effusione dello Spirito Santo, dato senza misura (cfr Gv
3,34), che siamo resi partecipi dell'intimità divina.(16) Gesù Cristo, dunque,
che « con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio » (Eb
9,14), nel dono eucaristico ci comunica la stessa vita divina. Si tratta di un
dono assolutamente gratuito, che risponde soltanto alle promesse di Dio,
compiute oltre ogni misura. La Chiesa accoglie, celebra, adora questo dono in
fedele obbedienza. Il « mistero della fede » è mistero di amore trinitario, al
quale siamo per grazia chiamati a partecipare. Anche noi dobbiamo pertanto
esclamare con sant'Agostino « Se vedi la carità, vedi la Trinità ».(17)
Eucaristia: Gesù vero Agnello immolato
La
nuova ed eterna alleanza nel sangue dell'Agnello
9. La
missione per la quale Gesù è venuto fra noi giunge a compimento nel Mistero
pasquale. Dall'alto della croce, dalla quale attira tutti a sé (cfr Gv
12,32), prima di « consegnare lo Spirito », Egli dice: « Tutto è compiuto » (Gv
19,30). Nel mistero della sua obbedienza fino alla morte, e alla morte di
croce (cfr Fil 2,8), si è compiuta la nuova ed eterna alleanza. La
libertà di Dio e la libertà dell'uomo si sono definitivamente incontrate nella
sua carne crocifissa in un patto indissolubile, valido per sempre. Anche il
peccato dell'uomo è stato espiato una volta per tutte dal Figlio di Dio (cfrEb
7,27; 1 Gv 2,2; 4,10). Come ho già avuto modo di affermare, « nella
sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale
Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma
più radicale ».(18) Nel Mistero pasquale si è realizzata davvero la nostra
liberazione dal male e dalla morte. Nell'istituzione dell'Eucaristia Gesù
stesso aveva parlato della « nuova ed eterna alleanza », stipulata nel suo
sangue versato (cfr Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20). Questo
scopo ultimo della sua missione era già ben evidente all'inizio della sua vita
pubblica. Infatti, quando sulle rive del Giordano, Giovanni il Battista vede
Gesù venire verso di lui, esclama: « Ecco l'agnello di Dio, ecco colui
che toglie il peccato del mondo » (Gv 1,29). È significativo che la
stessa espressione ricorra, ogni volta che celebriamo la santa Messa,
nell'invito del sacerdote ad accostarsi all'altare: « Beati gli invitati alla
cena del Signore, ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo
». Gesù è il vero agnello pasquale che ha offerto spontaneamente se
stesso in sacrificio per noi, realizzando così la nuova ed eterna alleanza.
L'Eucaristia contiene in sé questa radicale novità, che si ripropone a noi in
ogni celebrazione.(19)
L'istituzione dell'Eucaristia
10. In
tal modo siamo portati a riflettere sull'istituzione dell'Eucaristia
nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di una cena rituale che costituiva
il memoriale dell'avvenimento fondante del popolo di Israele: la liberazione
dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena rituale, legata all'immolazione degli
agnelli (cfr Es 12,1-28.43-51), era memoria del passato ma, nello
stesso tempo, anche memoria profetica, ossia annuncio di una liberazione
futura. Infatti, il popolo aveva sperimentato che quella liberazione non era
stata definitiva, poiché la sua storia era ancora troppo segnata dalla
schiavitù e dal peccato. Il memoriale dell'antica liberazione si apriva così
alla domanda e all'attesa di una salvezza più profonda, radicale, universale e
definitiva. È in questo contesto che Gesù introduce la novità del suo dono.
Nella preghiera di lode, la Berakah, Egli ringrazia il Padre non solo
per i grandi eventi della storia passata, ma anche per la propria «
esaltazione ». Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed
implica il Sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione. Al tempo
stesso, Egli si rivela come il vero agnello immolato, previsto nel
disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si legge nella Prima
Lettera di Pietro (cfr 1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono,
Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che
diviene realtà rinnovatrice della storia e del cosmo intero. L'istituzione
dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di per sé violenta ed
assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva liberazione
dell'umanità dal male.
Figura transit in veritatem
11. In
questo modo Gesù inserisce il suo novum radicale all'interno
dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi cristiani non è più
necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri, figura transit in
veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora lasciato il posto
alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato superato
definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato. Il
cibo della verità, Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum.(20)
Con il comando « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19; 1
Cor 11,25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di
rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore
esprime, per così dire, l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio,
accolga questo dono, sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma
liturgica del Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non
consiste nella semplice ripetizione dell'Ultima Cena, ma propriamente
nell'Eucaristia, ossia nella novità radicale del culto cristiano. Gesù ci ha
così lasciato il compito di entrare nella sua « ora »: « L'Eucaristia ci
attira nell'atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico
il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua
donazione ».(21) Egli « ci attira dentro di sé ».(22) La conversione
sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro la
creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di «
fissione nucleare », per usare un'immagine a noi oggi ben nota, portata nel
più intimo dell'essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di
trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del
mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr
1 Cor 15,28).
Lo Spirito Santo e l' Eucaristia
Gesù e lo Spirito Santo
12. Con
la sua parola e con il pane ed il vino il Signore stesso ci ha offerto gli
elementi essenziali del culto nuovo. La Chiesa, sua Sposa, è chiamata a
celebrare il convito eucaristico giorno dopo giorno in memoria di Lui. Essa
inscrive così il sacrificio redentore del suo Sposo nella storia degli uomini
e lo rende presente sacramentalmente in tutte le culture. Questo grande
mistero viene celebrato nelle forme liturgiche che la Chiesa, guidata dallo
Spirito Santo, sviluppa nel tempo e nello spazio.(23) A tale proposito è
necessario risvegliare in noi la consapevolezza del ruolo decisivo esercitato
dallo Spirito Santo nello sviluppo della forma liturgica e
nell'approfondimento dei divini misteri. Il Paraclito, primo dono ai
credenti,(24) operante già nella creazione (cfr Gn 1,2), è pienamente
presente in tutta l'esistenza del Verbo incarnato: Gesù Cristo, infatti, è
concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo (cfr Mt
1,18; Lc 1,35); all'inizio della sua missione pubblica, sulle rive del
Giordano, lo vede scendere su di sé in forma di colomba (cfr Mt 3,16 e
par); in questo stesso Spirito agisce, parla ed esulta (cfr Lc
10,21); ed è in Lui che egli può offrire se stesso (cfr Eb 9,14). Nei
cosiddetti « discorsi di addio », riportati da Giovanni, Gesù mette in chiara
relazione il dono della sua vita nel mistero pasquale con il dono dello
Spirito ai suoi (cfr Gv 16,7). Una volta risorto, portando nella sua
carne i segni della passione, Egli può effondere lo Spirito (cfr Gv
20,22), rendendo i suoi partecipi della sua stessa missione (cfr Gv
20,21). Sarà poi lo Spirito ad insegnare ai discepoli ogni cosa e a ricordare
loro tutto ciò che Cristo ha detto (cfr Gv 14,26), perché spetta a Lui,
in quanto Spirito di verità (cfr Gv 15,26), introdurre i discepoli alla
verità tutta intera (cfr Gv 16,13). Nel racconto degli Atti lo
Spirito discende sugli Apostoli radunati in preghiera con Maria nel giorno di
Pentecoste (cfr 2,1-4), e li anima alla missione di annunciare a tutti i
popoli la buona novella. Pertanto, è in forza dell'azione dello Spirito che
Cristo stesso rimane presente ed operante nella sua Chiesa, a partire dal suo
centro vitale che è l'Eucaristia.
Spirito Santo e Celebrazione eucaristica
13. In
questo orizzonte si comprende il ruolo decisivo dello Spirito Santo nella
Celebrazione eucaristica ed in particolare in riferimento alla
transustanziazione. La consapevolezza di ciò è ben documentabile nei Padri
della Chiesa. San Cirillo di Gerusalemme, nelle sue Catechesi, ricorda
che noi « invochiamo Dio misericordioso di inviare il suo Santo Spirito sulle
oblate che ci stanno dinanzi, affinché Egli trasformi il pane in corpo di
Cristo e il vino in sangue di Cristo. Ciò che lo Spirito Santo tocca è
santificato e trasformato totalmente ».(25) Anche san Giovanni Crisostomo
rileva che il sacerdote invoca lo Spirito Santo quando celebra il Sacrificio:
(26) come Elia, il ministro – egli dice – attira lo Spirito Santo affinché «
discendendo la grazia sulla vittima si accendano per mezzo di essa le anime di
tutti ».(27) È quanto mai necessaria per la vita spirituale dei fedeli una
coscienza più chiara della ricchezza dell'anafora: insieme alle parole
pronunciate da Cristo nell'Ultima Cena, essa contiene l'epiclesi, quale
invocazione al Padre perché faccia discendere il dono dello Spirito affinché
il pane e il vino diventino il corpo ed il sangue di Gesù Cristo e perché « la
comunità tutta intera diventi sempre più corpo di Cristo ».(28) Lo Spirito,
invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull'altare, è il
medesimo che riunisce i fedeli « in un solo corpo », rendendoli un'offerta
spirituale gradita al Padre.(29)
Eucaristia e Chiesa
Eucaristia principio causale della Chiesa
14.
Attraverso il Sacramento eucaristico Gesù coinvolge i fedeli nella sua stessa
« ora »; in tal modo Egli ci mostra il legame che ha voluto tra sé e noi, tra
la sua persona e la Chiesa. Infatti, Cristo stesso nel sacrificio della croce
ha generato la Chiesa come sua sposa e suo corpo. I Padri della Chiesa hanno
lungamente meditato sulla relazione tra l'origine di Eva dal fianco di Adamo
dormiente (cfr Gn 2,21-23) e della nuova Eva, la Chiesa, dal fianco
aperto di Cristo, immerso nel sonno della morte: dal costato trafitto,
racconta Giovanni, uscì sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), simbolo dei
sacramenti.(30) Uno sguardo contemplativo « a colui che hanno trafitto » (Gv
19,37) ci porta a considerare il legame causale tra il sacrificio di Cristo,
l'Eucaristia e la Chiesa. La Chiesa, in effetti, « vive dell'Eucaristia ».(31)
Poiché in essa si rende presente il sacrificio redentore di Cristo, si deve
innanzitutto riconoscere che « c'è un influsso causale dell'Eucaristia alle
origini stesse della Chiesa ».(32) L'Eucaristia è Cristo che si dona a noi,
edificandoci continuamente come suo corpo. Pertanto, nella suggestiva
circolarità tra Eucaristia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa
l'Eucaristia,(33) la causalità primaria è quella espressa nella prima formula:
la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente
nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel
sacrificio della Croce. La possibilità per la Chiesa di « fare » l'Eucaristia
è tutta radicata nella donazione che Cristo le ha fatto di se stesso. Anche
qui scopriamo un aspetto convincente della formula di san Giovanni: « Egli ci
ha amati per primo » (1 Gv 4,19). Così anche noi in ogni celebrazione
confessiamo il primato del dono di Cristo. L'influsso causale dell'Eucaristia
all'origine della Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo
cronologica ma anche ontologica del suo averci amati « per primo ». Egli è per
l'eternità colui che ci ama per primo.
Eucaristia e comunione ecclesiale
15.
L'Eucaristia, dunque, è costitutiva dell'essere e dell'agire della Chiesa. Per
questo l'antichità cristiana designava con le stesse parole Corpus Christi
il Corpo nato dalla Vergine Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo ecclesiale
di Cristo.(34) Questo dato ben presente nella tradizione ci aiuta ad
accrescere in noi la consapevolezza dell'inseparabilità tra Cristo e la
Chiesa. Il Signore Gesù, offrendo se stesso in sacrificio per noi, ha
efficacemente preannunciato nel suo dono il mistero della Chiesa. È
significativo che la seconda preghiera eucaristica, invocando il Paraclito,
formuli in questo modo la preghiera per l'unità della Chiesa: « per la
comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un
solo corpo ». Questo passaggio fa ben comprendere come la res del
Sacramento eucaristico sia l'unità dei fedeli nella comunione ecclesiale.
L'Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mistero di
comunione.(35)
Sulla
relazione tra Eucaristia e communio aveva già attirato l'attenzione il
servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua Enciclica
Ecclesia de Eucharistia. Egli ha parlato del memoriale di Cristo come
della « suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa
».(36) L'unità della comunione ecclesiale si rivela concretamente nelle
comunità cristiane e si rinnova nell'atto eucaristico che le unisce e le
differenzia in Chiese particolari, « in quibus et ex quibus una et unica
Ecclesia catholica exsistit ».(37) Proprio la realtà dell'unica Eucaristia
che viene celebrata in ogni Diocesi intorno al proprio Vescovo ci fa
comprendere come le stesse Chiese particolari sussistano in e ex
Ecclesia. Infatti, « l'unicità e indivisibilità del Corpo eucaristico del
Signore implica l'unicità del suo Corpo mistico, che è la Chiesa una ed
indivisibile. Dal centro eucaristico sorge la necessaria apertura di ogni
comunità celebrante, di ogni Chiesa particolare: attratta tra le braccia
aperte del Signore, essa viene inserita nel suo Corpo, unico ed indiviso
».(38) Per questo motivo nella celebrazione dell'Eucaristia, ogni fedele si
trova nella sua Chiesa, cioè nella Chiesa di Cristo. In questa
prospettiva eucaristica, adeguatamente compresa, la comunione ecclesiale si
rivela realtà per natura sua cattolica.(39) Sottolineare questa radice
eucaristica della comunione ecclesiale può contribuire efficacemente anche al
dialogo ecumenico con le Chiese e con le Comunità ecclesiali non in piena
comunione con la Sede di Pietro. Infatti, l'Eucaristia stabilisce
obiettivamente un forte legame di unità tra la Chiesa cattolica e le Chiese
ortodosse, che hanno conservato la genuina e integra natura del mistero
dell'Eucaristia. Al tempo stesso, il rilievo dato al carattere ecclesiale
dell'Eucaristia può diventare elemento privilegiato nel dialogo anche con le
Comunità nate dalla Riforma.(40)
Eucaristia e Sacramenti
Sacramentalità della Chiesa
16. Il
Concilio Vaticano II ha ricordato che « tutti i Sacramenti, come pure
tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato, sono strettamente
uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima
Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso
Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo
Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo
invitati e indotti a offrire assieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e
tutte le cose create ».(41) Questa relazione intima dell'Eucaristia con tutti
gli altri Sacramenti e con l'esistenza cristiana è compresa nella sua radice
quando si contempla il mistero della Chiesa stessa come sacramento.(42) A
questo proposito il
Concilio Vaticano II ha affermato che « la Chiesa è, in Cristo, in qualche
modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e
dell'unità di tutto il genere umano ».(43) Essa, in quanto « popolo – come
dice san Cipriano – adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo »,(44) è sacramento della comunione trinitaria.
Il fatto
che la Chiesa sia « sacramento universale di salvezza »(45) mostra come l'«
economia » sacramentale determini ultimamente il modo in cui Cristo, unico
Salvatore, mediante lo Spirito raggiunge la nostra esistenza nella specificità
delle sue circostanze. La Chiesa si riceve e insieme si esprime
nei sette Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio influenza
concretamente l'esistenza dei fedeli affinché tutta la vita, redenta da
Cristo, diventi culto gradito a Dio. In questa prospettiva desidero qui
sottolineare alcuni elementi, messi in evidenza dai Padri sinodali, che
possono aiutare a cogliere la relazione di tutti i Sacramenti con il Mistero
eucaristico.
I.
Eucaristia e iniziazione cristiana
Eucaristia, pienezza dell'iniziazione cristiana
17. Se
davvero l'Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della
Chiesa, ne consegue innanzitutto che il cammino di iniziazione cristiana ha
come suo punto di riferimento la possibilità di accedere a tale sacramento. A
questo proposito, come hanno detto i Padri sinodali, dobbiamo chiederci se
nelle nostre comunità cristiane sia sufficientemente percepito lo stretto
legame tra Battesimo, Confermazione ed Eucaristia.(46) Non bisogna mai
dimenticare, infatti, che veniamo battezzati e cresimati in ordine
all'Eucaristia. Tale dato implica l'impegno di favorire nella prassi pastorale
una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione cristiana. Il
sacramento del Battesimo, con il quale siamo resi conformi a Cristo,(47)
incorporati nella Chiesa e resi figli di Dio, costituisce la porta di accesso
a tutti i Sacramenti. Con esso veniamo inseriti nell'unico Corpo di Cristo (cfr
1 Cor 12,13), popolo sacerdotale. Tuttavia è la partecipazione al
Sacrificio eucaristico a perfezionare in noi quanto ci è donato nel Battesimo.
Anche i doni dello Spirito sono dati per l'edificazione del Corpo di Cristo (1
Cor 12) e per la maggiore testimonianza evangelica nel mondo.(48) Pertanto
la santissima Eucaristia porta a pienezza l'iniziazione cristiana e si pone
come centro e fine di tutta la vita sacramentale.(49)
L'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione
18. A
questo riguardo è necessario porre attenzione al tema dell'ordine dei
Sacramenti dell'iniziazione. Nella Chiesa vi sono tradizioni differenti. Tale
diversità si manifesta con evidenza nelle consuetudini ecclesiali
dell'Oriente,(50) e nella stessa prassi occidentale per quanto concerne
l'iniziazione degli adulti,(51) rispetto a quella dei bambini.(52) Tuttavia
tali differenziazioni non sono propriamente di ordine dogmatico, ma di
carattere pastorale. Concretamente, è necessario verificare quale prassi possa
in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento
dell'Eucaristia, come realtà cui tutta l'iniziazione tende. In stretta
collaborazione con i competenti Dicasteri della Curia Romana le Conferenze
Episcopali verifichino l'efficacia degli attuali percorsi di iniziazione,
affinché il cristiano dall'azione educativa delle nostre comunità sia aiutato
a maturare sempre di più, giungendo ad assumere nella sua vita un'impostazione
autenticamente eucaristica, così da essere in grado di dare ragione della
propria speranza in modo adeguato per il nostro tempo (cfr 1Pt 3,15).
Iniziazione, comunità ecclesiale e famiglia
19.
Occorre tenere sempre presente che l'intera iniziazione cristiana è cammino di
conversione da compiere con l'aiuto di Dio ed in costante riferimento alla
comunità ecclesiale, sia quando è l'adulto a chiedere di entrare nella Chiesa,
come avviene nei luoghi di prima evangelizzazione e in tante zone
secolarizzate, oppure quando i genitori chiedono i Sacramenti per i loro
figli. A questo proposito, desidero portare l'attenzione soprattutto sul
rapporto tra iniziazione cristiana e famiglia. Nell'opera pastorale si deve
associare sempre la famiglia cristiana all'itinerario di iniziazione. Ricevere
il Battesimo, la Cresima ed accostarsi per la prima volta all'Eucaristia sono
momenti decisivi non solo per la persona che li riceve ma anche per l'intera
famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo compito educativo dalla
comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti.(53) Qui vorrei sottolineare
la rilevanza della prima Comunione. In tantissimi fedeli questo giorno rimane
giustamente impresso nella memoria come il primo momento in cui, seppur ancora
in modo iniziale, si è percepita l'importanza dell'incontro personale con Gesù.
La pastorale parrocchiale deve valorizzare adeguatamente questa occasione così
significativa.
II.
Eucaristia e sacramento della Riconciliazione
Loro nesso intrinseco
20.
Giustamente, i Padri sinodali hanno affermato che l'amore all'Eucaristia porta
ad apprezzare sempre più anche il sacramento della Riconciliazione (54). A
causa del legame tra questi sacramenti, un'autentica catechesi riguardo al
senso dell'Eucaristia non può essere disgiunta dalla proposta di un cammino
penitenziale (cfr 1 Cor 11,27-29). Certo, constatiamo come nel nostro
tempo i fedeli si trovino immersi in una cultura che tende a cancellare il
senso del peccato (55), favorendo un atteggiamento superficiale, che porta a
dimenticare la necessità di essere in grazia di Dio per accostarsi degnamente
alla comunione sacramentale (56). In realtà, perdere la coscienza del peccato
comporta sempre anche una certa superficialità nell'intendere l'amore stesso
di Dio. Giova molto ai fedeli richiamare quegli elementi che, all'interno del
rito della santa Messa, esplicitano la coscienza del proprio peccato e,
contemporaneamente, della misericordia di Dio (57). Inoltre, la relazione tra
Eucaristia e Riconciliazione ci ricorda che il peccato non è mai una realtà
esclusivamente individuale; esso comporta sempre anche una ferita all'interno
della comunione ecclesiale, nella quale siamo inseriti grazie al Battesimo.
Per questo la Riconciliazione, come dicevano i Padri della Chiesa, è
laboriosus quidam baptismus,(58) sottolineando in tal modo che l'esito del
cammino di conversione è anche il ristabilimento della piena comunione
ecclesiale, che si esprime nel riaccostarsi all'Eucaristia.(59)
Alcune attenzioni pastorali
21. Il
Sinodo ha ricordato che è compito pastorale del Vescovo promuovere nella
propria Diocesi un deciso recupero della pedagogia della conversione che nasce
dalla Eucaristia e favorire tra i fedeli la confessione frequente. Tutti i
sacerdoti si dedichino con generosità, impegno e competenza
all'amministrazione del sacramento della Riconciliazione.(60) A questo
proposito si deve fare attenzione a che i confessionali nelle nostre chiese
siano ben visibili ed espressivi del significato di questo Sacramento. Chiedo
ai Pastori di vigilare attentamente sulla celebrazione del sacramento della
Riconciliazione, limitando la prassi dell'assoluzione generale esclusivamente
ai casi previsti,(61) essendo solo quella personale la forma ordinaria.(62) Di
fronte alla necessità di riscoprire il perdono sacramentale, in tutte le
Diocesi vi sia sempre il Penitenziere.(63) Infine, alla nuova presa di
coscienza della relazione tra Eucaristia e Riconciliazione può essere di
valido aiuto una equilibrata ed approfondita prassi dell'indulgenza,
lucrata per sé o per i defunti. Con essa si ottiene « la remissione davanti a
Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa ».(64)
L'uso delle indulgenze ci aiuta a comprendere che con le nostre sole forze non
saremmo capaci di riparare al male compiuto e che i peccati di ciascuno recano
danno a tutta la comunità; inoltre, la pratica dell'indulgenza, implicando
oltre alla dottrina degli infiniti meriti di Cristo anche quella della
comunione dei santi, ci dice « quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli
uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare
agli altri ».(65) Poiché la sua stessa forma prevede, tra le condizioni,
l'accostarsi alla confessione e alla comunione sacramentale, la sua pratica
può sostenere efficacemente i fedeli nel cammino di conversione e nella
scoperta della centralità dell'Eucaristia nella vita cristiana.
III.
Eucaristia e Unzione degli infermi
22. Gesù
non ha soltanto inviato i suoi discepoli a curare gli infermi (cfr Mt
10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro uno specifico
sacramento: l'Unzione degli infermi.(66) La Lettera di Giacomo ci
attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità
cristiana (cfr 5,14-16). Se l'Eucaristia mostra come le sofferenze e la morte
di Cristo siano state trasformate in amore, l'Unzione degli infermi, da parte
sua, associa il sofferente all'offerta che Cristo ha fatto di sé per la
salvezza di tutti, così che anch'egli possa, nel mistero della comunione dei
santi, partecipare alla redenzione del mondo. La relazione tra questi
Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte all'aggravarsi della malattia: « A
coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all'Unzione
degli infermi, l'Eucaristia come viatico ».(67) Nel passaggio al Padre, la
comunione al Corpo e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di vita eterna
e potenza di risurrezione: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Gv 6,54).
Poiché il Santo Viatico schiude all'infermo la pienezza del mistero pasquale,
è necessario assicurarne la pratica.(68) L'attenzione e la cura pastorale
verso coloro che si trovano nella malattia ridonda sicuramente a vantaggio
spirituale di tutta la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al più
piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
IV.
Eucaristia e sacramento dell'Ordine
In
persona Christi capitis
23. Il
nesso intrinseco fra Eucaristia e sacramento dell'Ordine risulta dalle parole
stesse di Gesù nel Cenacolo: « Fate questo in memoria di me » (Lc
22,19). Gesù, infatti, alla vigilia della sua morte, ha istituito l'Eucaristia
e fondato allo stesso tempo il sacerdozio della Nuova Alleanza. Egli è
sacerdote, vittima ed altare: mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr Eb
5,5-10), vittima di espiazione (cfr 1 Gv 2,2; 4,10) che offre se stessa
sull'altare della croce. Nessuno può dire « questo è il mio corpo » e « questo
è il calice del mio sangue » se non nel nome e nella persona di Cristo, unico
sommo sacerdote della nuova ed eterna Alleanza (cfr Eb 8-9). Il Sinodo
dei Vescovi già in altre assemblee aveva messo a tema il Sacerdozio ordinato,
sia per quanto riguarda l'identità del ministero(69) sia per la formazione dei
candidati.(70) In questa circostanza, alla luce del dialogo avvenuto
all'interno dell'ultima Assemblea sinodale, mi preme richiamare alcuni valori
relativi al rapporto tra Sacramento eucaristico e Ordine. Innanzitutto è
necessario ribadire che il legame tra l'Ordine sacro e l'Eucaristia è
visibile proprio nella Messa presieduta dal Vescovo o dal presbitero in
persona di Cristo capo.
La
dottrina della Chiesa fa dell'ordinazione sacerdotale la condizione
imprescindibile per la celebrazione valida dell'Eucaristia.(71) Infatti, « nel
servizio ecclesiale del ministro ordinato è Cristo stesso che è presente alla
sua Chiesa, in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo
Sacerdote del sacrificio redentore ».(72) Certamente il ministro ordinato «
agisce anche a nome di tutta la Chiesa allorché presenta a Dio la preghiera
della Chiesa e soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico ».(73) È
necessario, pertanto, che i sacerdoti abbiano coscienza che tutto il loro
ministero non deve mai mettere in primo piano loro stessi o le loro opinioni,
ma Gesù Cristo. Contraddice l'identità sacerdotale ogni tentativo di porre se
stessi come protagonisti dell'azione liturgica. Il sacerdote è più che mai
servo e deve impegnarsi continuamente ad essere segno che, come strumento
docile nelle mani di Cristo, rimanda a Lui. Ciò si esprime particolarmente
nell'umiltà con la quale il sacerdote guida l'azione liturgica, in obbedienza
al rito, corrispondendovi con il cuore e la mente, evitando tutto ciò che
possa dare la sensazione di un proprio inopportuno protagonismo. Raccomando,
pertanto, al clero di approfondire sempre la coscienza del proprio ministero
eucaristico come umile servizio a Cristo e alla sua Chiesa. Il sacerdozio,
come diceva sant'Agostino, è amoris officium,(74) è l'ufficio del buon
pastore, che offre la vita per le pecore (cfr Gv 10,14-15).
Eucaristia e celibato sacerdotale
24. I
Padri sinodali hanno voluto sottolineare che il sacerdozio ministeriale
richiede, attraverso l'Ordinazione, la piena configurazione a Cristo. Pur nel
rispetto della differente prassi e tradizione orientale, è necessario ribadire
il senso profondo del celibato sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza
inestimabile, e confermato anche dalla prassi orientale di scegliere i Vescovi
solo tra coloro che vivono nel celibato e che tiene in grande onore la scelta
del celibato operata da numerosi presbiteri. In tale scelta del sacerdote,
infatti, trovano peculiare espressione la dedizione che lo conforma a Cristo e
l'offerta esclusiva di se stesso per il Regno di Dio.(75) Il fatto che Cristo
stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio
della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento
sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo
proposito. Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in
termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una speciale
conformazione allo stile di vita di Cristo stesso. Tale scelta è innanzitutto
sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la
sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il
Concilio Vaticano II (76) e con i
Sommi Pontefici miei predecessori (77), ribadisco la bellezza e
l'importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato come segno
espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al
Regno di Dio, e ne confermo quindi l'obbligatorietà per la tradizione latina.
Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e dedizione è una
grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società.
Scarsità di clero e pastorale vocazionale
25. A
proposito del legame tra sacramento dell'Ordine ed Eucaristia, il Sinodo si è
soffermato sulla situazione di disagio che si viene a creare in diverse
Diocesi quando ci si trova a dover fare i conti con la scarsità di sacerdoti.
Ciò accade non solo in alcune zone di prima evangelizzazione, ma anche in
molti Paesi di lunga tradizione cristiana. Certamente giova alla soluzione del
problema una più equa distribuzione del clero. Occorre dunque un lavoro di
sensibilizzazione capillare. I Vescovi coinvolgano nelle necessità pastorali
gli Istituti di Vita Consacrata e le nuove realtà ecclesiali, nel rispetto del
carisma loro proprio, e sollecitino tutti i membri del clero a una più grande
disponibilità per servire la Chiesa là dove ve ne sia bisogno, anche a costo
di sacrificio.(78) Inoltre, all'interno del Sinodo si è anche discusso sulle
attenzioni pastorali da mettere in atto per favorire, soprattutto nei giovani,
l'apertura interiore alla vocazione sacerdotale. Tale situazione non può
trovare soluzione in semplici accorgimenti pragmatici. Si deve evitare che i
Vescovi, spinti da pur comprensibili preoccupazioni funzionali per la mancanza
di clero, non svolgano un adeguato discernimento vocazionale e ammettano alla
formazione specifica e all'ordinazione candidati che non possiedono le
caratteristiche necessarie per il servizio sacerdotale.(79) Un clero non
sufficientemente formato, ammesso all'ordinazione senza il doveroso
discernimento, difficilmente potrà offrire una testimonianza atta a suscitare
in altri il desiderio di corrispondere con generosità alla chiamata di Cristo.
La pastorale vocazionale, in realtà, deve coinvolgere tutta la comunità
cristiana in ogni suo ambito.(80) Ovviamente, in questo capillare lavoro
pastorale è inclusa anche l'opera di sensibilizzazione delle famiglie, spesso
indifferenti se non addirittura contrarie all'ipotesi della vocazione
sacerdotale. Si aprano con generosità al dono della vita ed educhino i figli
ad essere disponibili alla volontà di Dio. In sintesi, occorre soprattutto
avere il coraggio di proporre ai giovani la radicalità della sequela di Cristo
mostrandone il fascino.
Gratitudine e speranza
26.
Infine, è necessario avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina.
Anche se in alcune regioni si registra scarsità di clero, non deve mai venire
meno la fiducia che Cristo continui a suscitare uomini, i quali, abbandonata
ogni altra occupazione, si dedichino totalmente alla celebrazione dei sacri
misteri, alla predicazione del Vangelo e al ministero pastorale. In questa
circostanza desidero dare voce alla gratitudine della Chiesa intera per tutti
i Vescovi e i presbiteri, che svolgono con fedele dedizione ed impegno la
propria missione. Naturalmente il ringraziamento della Chiesa va anche ai
diaconi, cui sono imposte le mani « non per il sacerdozio ma per il servizio
».(81) Come ha raccomandato l'Assemblea del Sinodo, uno speciale grazie
rivolgo ai presbiteri fidei donum, che con competenza e generosa
dedizione edificano la comunità annunciandole la Parola di Dio e spezzando il
Pane della vita, senza risparmiare energie nel servizio alla missione della
Chiesa.(82) Occorre ringraziare Dio per i tanti sacerdoti che hanno sofferto
fino al sacrificio della vita per servire Cristo. In essi si rivela con
l'eloquenza dei fatti che cosa significhi essere sacerdote sino in fondo. Si
tratta di testimonianze commoventi che possono ispirare tanti giovani a
seguire a loro volta Cristo ed a spendere la loro vita per gli altri, trovando
proprio così la vita vera.
V.
Eucaristia e Matrimonio
Eucaristia, sacramento sponsale
27.
L'Eucaristia, sacramento della carità, mostra un particolare rapporto con
l'amore tra l'uomo e la donna, uniti in matrimonio. Approfondire questo legame
è una necessità propria del nostro tempo.(83) Il Papa Giovanni Paolo II ha
avuto più volte l'occasione di affermare il carattere sponsale dell'Eucaristia
ed il suo rapporto peculiare con il sacramento del Matrimonio: « L'Eucaristia
è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello Sposo, della
Sposa ».(84) Del resto, « tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore
sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo, che introduce nel Popolo
di Dio, è un mistero nuziale: è per così dire il lavacro delle nozze che
precede il banchetto delle nozze, l'Eucaristia ».(85) L'Eucaristia corrobora
in modo inesauribile l'unità e l'amore indissolubili di ogni Matrimonio
cristiano. In esso, in forza del sacramento, il vincolo coniugale è
intrinsecamente connesso all'unità eucaristica tra Cristo sposo e la Chiesa
sposa (cfr Ef 5,31-32). Il reciproco consenso che marito e moglie si
scambiano in Cristo, e che li costituisce in comunità di vita e di amore, ha
anch'esso una dimensione eucaristica. Infatti, nella teologia paolina, l'amore
sponsale è segno sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, un amore
che ha il suo punto culminante nella Croce, espressione delle sue « nozze »
con l'umanità e, al contempo, origine e centro dell'Eucaristia. Per questo la
Chiesa manifesta una particolare vicinanza spirituale a tutti coloro che hanno
fondato la loro famiglia sul sacramento del Matrimonio.(86) La famiglia –
chiesa domestica(87) – è un ambito primario della vita della Chiesa,
specialmente per il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione cristiana dei
figli.(88) In questo contesto il Sinodo ha raccomandato anche di riconoscere
la singolare missione della donna nella famiglia e nella società, una missione
che va difesa, salvaguardata e promossa.(89) Il suo essere sposa e madre
costituisce una realtà imprescindibile che non deve mai essere svilita.
Eucaristia e unicità del matrimonio
28. È
propriamente alla luce di questa relazione intrinseca tra matrimonio, famiglia
ed Eucaristia che è possibile considerare alcuni problemi pastorali. Il legame
fedele, indissolubile ed esclusivo che unisce Cristo e la Chiesa, e che trova
espressione sacramentale nell'Eucaristia, si incontra con il dato
antropologico originario per cui l'uomo deve essere unito in modo definitivo
ad una sola donna e viceversa (cfr Gn 2,24; Mt 19,5). In questo
orizzonte di pensieri, il Sinodo dei Vescovi ha affrontato il tema della
prassi pastorale nei confronti di chi incontra l'annuncio del Vangelo
provenendo da culture in cui è praticata la poligamia. Coloro che si trovano
in una tale situazione e che si aprono alla fede cristiana devono essere
aiutati ad integrare il loro progetto umano nella novità radicale di Cristo.
Nel percorso di catecumenato, Cristo li raggiunge nella loro condizione
specifica e li chiama alla piena verità dell'amore passando attraverso le
rinunce necessarie, in vista della comunione ecclesiale perfetta. La Chiesa li
accompagna con una pastorale piena di dolcezza e insieme di fermezza,(90)
soprattutto mostrando loro la luce che dai misteri cristiani si riverbera
sulla natura e sugli affetti umani.
Eucaristia e indissolubilità del matrimonio
29. Se
l'Eucaristia esprime l'irreversibilità dell'amore di Dio in Cristo per la sua
Chiesa, si comprende perché essa implichi, in relazione al sacramento del
Matrimonio, quella indissolubilità alla quale ogni vero amore non può che
anelare.(91) Più che giustificata quindi l'attenzione pastorale che il Sinodo
ha riservato alle situazioni dolorose in cui si trovano non pochi fedeli che,
dopo aver celebrato il sacramento del Matrimonio, hanno divorziato e contratto
nuove nozze. Si tratta di un problema pastorale spinoso e complesso, una vera
piaga dell'odierno contesto sociale che intacca in misura crescente gli stessi
ambienti cattolici. I Pastori, per amore della verità, sono obbligati a
discernere bene le diverse situazioni, per aiutare spiritualmente nei modi
adeguati i fedeli coinvolti.(92) Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi
della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non
ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro
condizione di vita oggettivamente contraddicono quell'unione di amore tra
Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell'Eucaristia. I divorziati
risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere
alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che
coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la
partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto
della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione
alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di
vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza,
l'impegno educativo verso i figli.
Là dove
sorgono legittimamente dei dubbi sulla validità del Matrimonio sacramentale
contratto, si deve intraprendere quanto è necessario per verificarne la
fondatezza. Bisogna poi assicurare, nel pieno rispetto del diritto
canonico,(93) la presenza sul territorio dei tribunali ecclesiastici, il loro
carattere pastorale, la loro corretta e pronta attività.(94) Occorre che in
ogni Diocesi ci sia un numero sufficiente di persone preparate per il
sollecito funzionamento dei tribunali ecclesiastici. Ricordo che « è un
obbligo grave quello di rendere l'operato istituzionale della Chiesa nei
tribunali sempre più vicino ai fedeli ».(95) È necessario, tuttavia, evitare
di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in contrapposizione col
diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che fondamentale punto
d'incontro tra diritto e pastorale è l'amore per la verità: questa
infatti non è mai astratta, ma « si integra nell'itinerario umano e cristiano
di ogni fedele ».(96) Infine, là dove non viene riconosciuta la nullità del
vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di fatto rendono la
convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a
vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici,
come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica,
con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale. Tale cammino,
perché sia possibile e porti frutti, deve essere sostenuto dall'aiuto dei
pastori e da adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni caso, di
benedire queste relazioni, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il
valore del Matrimonio.(97)
Data la
complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il
Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella
formazione dei nubendi e nella previa verifica delle loro convinzioni circa
gli impegni irrinunciabili per la validità del sacramento del Matrimonio. Un
serio discernimento a questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o
ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non
sapranno poi onorare.(98) Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera
società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non
impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia
sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile
equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una
ferita che si arreca alla convivenza umana come tale.
Eucaristia ed Escatologia
Eucaristia: dono all'uomo in cammino
30. Se è
vero che i Sacramenti sono una realtà che appartiene alla Chiesa pellegrinante
nel tempo(99) verso la piena manifestazione della vittoria di Cristo risorto,
è tuttavia altrettanto vero che, specialmente nella liturgia eucaristica, ci è
dato di pregustare il compimento escatologico verso cui ogni uomo e tutta la
creazione sono in cammino (cfr Rm 8,19 ss.). L'uomo è creato per la
felicità vera ed eterna, che solo l'amore di Dio può dare. Ma la nostra
libertà ferita si smarrirebbe, se non fosse possibile già fin d'ora
sperimentare qualcosa del compimento futuro. Del resto, ogni uomo per poter
camminare nella direzione giusta ha bisogno di essere orientato verso il
traguardo finale. Questa meta ultima, in realtà, è lo stesso Cristo Signore
vincitore del peccato e della morte, che si rende presente a noi in modo
speciale nella Celebrazione eucaristica. Così, pur essendo noi ancora «
stranieri e pellegrini » (1 Pt 2,11) in questo mondo, nella fede già
partecipiamo alla pienezza della vita risorta. Il banchetto eucaristico,
rivelando la sua dimensione fortemente escatologica, viene in aiuto alla
nostra libertà in cammino.
Il
banchetto escatologico
31.
Riflettendo su questo mistero, possiamo dire che con la sua venuta Gesù si è
posto in rapporto con l'attesa presente nel popolo di Israele, nell'intera
umanità ed in fondo nella stessa creazione. Con il dono di se stesso, Egli ha
obiettivamente inaugurato il tempo escatologico. Cristo è venuto per chiamare
a raccolta il Popolo di Dio disperso (cfr Gv 11,52), manifestando
chiaramente l'intenzione di radunare la comunità dell'alleanza, per portare a
compimento le promesse di Dio fatte agli antichi padri (cfr Ger 23,3;
31,10; Lc 1,55.70). Nella chiamata dei Dodici, da porre in relazione
con le dodici tribù di Israele, e nel mandato loro affidato nell'Ultima Cena,
prima della sua Passione redentrice, di celebrare il suo memoriale, Gesù ha
mostrato di voler trasferire all'intera comunità da Lui fondata il compito di
essere, nella storia, segno e strumento del raduno escatologico, in Lui
iniziato. Pertanto, in ogni Celebrazione eucaristica si realizza
sacramentalmente il radunarsi escatologico del Popolo di Dio. Il banchetto
eucaristico è per noi reale anticipazione del banchetto finale, preannunziato
dai Profeti (cfr Is 25,6-9) e descritto nel Nuovo Testamento come « le
nozze dell'Agnello » (Ap19,7.9), da celebrarsi nella gioia della
comunione dei santi.(100)
Preghiera per i defunti
32. La
Celebrazione eucaristica, nella quale annunciamo la morte del Signore,
proclamiamo la sua risurrezione, nell'attesa della sua venuta, è pegno della
gloria futura in cui anche i nostri corpi saranno glorificati. Celebrando il
Memoriale della nostra salvezza si rafforza in noi la speranza della
risurrezione della carne e della possibilità di incontrare di nuovo, faccia a
faccia, coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede. In questo
orizzonte, insieme ai Padri sinodali, vorrei ricordare a tutti i fedeli
l'importanza della preghiera di suffragio per i defunti, in particolare della
celebrazione di sante Messe per loro,(101) affinché, purificati, possano
giungere alla visione beatifica di Dio. Riscoprendo la dimensione escatologica
insita nell'Eucaristia, celebrata ed adorata, siamo così sostenuti nel nostro
cammino e confortati nella speranza della gloria (cfr Rm 5,2; Tt
2,13).
L'Eucaristia e la Vergine Maria
33. Dalla
relazione tra l'Eucaristia e i singoli Sacramenti, e dal significato
escatologico dei santi Misteri emerge nel suo insieme il profilo
dell'esistenza cristiana, chiamata ad essere in ogni istante culto spirituale,
offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che noi tutti siamo ancora in
cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo non toglie che
si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha donato trova
perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la
sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi segno di sicura speranza,
in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che il
sacramento dell'Eucaristia ci fa fin d'ora pregustare.
In Maria
Santissima vediamo perfettamente attuata anche la modalità sacramentale con
cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua iniziativa salvifica la creatura
umana. Dall'Annunciazione alla Pentecoste, Maria di Nazareth appare come la
persona la cui libertà è totalmente disponibile alla volontà di Dio. La sua
Immacolata Concezione si rivela propriamente nella docilità incondizionata
alla Parola divina. La fede obbediente è la forma che la sua vita assume in
ogni istante di fronte all'azione di Dio. Vergine in ascolto, ella vive in
piena sintonia con la volontà divina; serba nel suo cuore le parole che le
vengono da Dio e, componendole come in un mosaico, impara a comprenderle più a
fondo (cfr Lc 2,19.51); Maria è la grande Credente che, piena di
fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua volontà.(102)
Tale mistero si intensifica fino ad arrivare al pieno coinvolgimento nella
missione redentrice di Gesù. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, « la
beata Vergine avanzò nella pellegrinazione della fede e serbò fedelmente la
sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se
ne stette (cfrGv 19,25) soffrendo profondamente col suo Unigenito e
associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente
all'immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù
morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna,
ecco tuo figlio ».(103) Dall'Annunciazione fino alla Croce, Maria è colei che
accoglie la Parola fattasi carne in lei e giunta fino ad ammutolire nel
silenzio della morte. È lei, infine, che riceve nelle sue braccia il corpo
donato, ormai esanime, di Colui che davvero ha amato i suoi « sino alla fine »
(Gv 13,1).
Per
questo, ogni volta che nella Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e al
Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovi pienamente, ha
accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo. Giustamente i Padri
sinodali hanno affermato che « Maria inaugura la partecipazione della Chiesa
al sacrificio del Redentore ».(104) Ella è l'Immacolata che accoglie
incondizionatamente il dono di Dio e, in tal modo, viene associata all'opera
della salvezza. Maria di Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello
di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di se
stesso nell'Eucaristia.
SECONDA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CELEBRARE
« In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo,
ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero » (Gv 6,32)
Lex
orandi e lex credendi
34. Il
Sinodo dei Vescovi ha riflettuto molto sulla relazione intrinseca tra fede
eucaristica e celebrazione, mettendo in evidenza il nesso tra lex orandi
e lex credendi e sottolineando il primato dell'azione liturgica.
È necessario vivere l'Eucaristia come mistero della fede autenticamente
celebrato, nella chiara consapevolezza che « l'intellectus fidei è
sempre originariamente in rapporto con l'azione liturgica della Chiesa ».(105)
In questo ambito, la riflessione teologica non può mai prescindere dall'ordine
sacramentale istituito da Cristo stesso. Dall'altra parte, l'azione liturgica
non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della
fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è
il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero
pasquale.
Bellezza e liturgia
35. Il
rapporto tra mistero creduto e celebrato si manifesta in modo peculiare nel
valore teologico e liturgico della bellezza. La liturgia, infatti, come del
resto la Rivelazione cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza: è
veritatis splendor. Nella liturgia rifulge il Mistero pasquale mediante il
quale Cristo stesso ci attrae a sé e ci chiama alla comunione. In Gesù, come
soleva dire san Bonaventura, contempliamo la bellezza e il fulgore delle
origini.(106) Tale attributo cui facciamo riferimento non è mero estetismo, ma
modalità con cui la verità dell'amore di Dio in Cristo ci raggiunge, ci
affascina e ci rapisce, facendoci uscire da noi stessi e attraendoci così
verso la nostra vera vocazione: l'amore.(107) Già nella creazione Dio si
lascia intravedere nella bellezza e nell'armonia del cosmo (cfr Sap
13,5; Rm 1,19-20). Nell'Antico Testamento poi troviamo ampi segni del
fulgore della potenza di Dio, che si manifesta con la sua gloria attraverso i
prodigi operati in mezzo al popolo eletto (cfr Es 14; 16,10; 24,12-18;
Nm 14,20-23). Nel Nuovo Testamento si compie definitivamente questa
epifania di bellezza nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo: (108) Egli è la
piena manifestazione della gloria divina. Nella glorificazione del Figlio
risplende e si comunica la gloria del Padre (cfr Gv 1,14; 8,54; 12,28;
17,1). Tuttavia, questa bellezza non è una semplice armonia di forme; « il più
bello tra i figli dell'uomo » (Sal 45 [44],3) è anche misteriosamente
colui che « non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi » (Is
53,2). Gesù Cristo ci mostra come la verità dell'amore sa trasfigurare anche
l'oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione. Qui il
fulgore della gloria di Dio supera ogni bellezza intramondana. La vera
bellezza è l'amore di Dio che si è definitivamente a noi rivelato nel Mistero
pasquale.
La
bellezza della liturgia è parte di questo mistero; essa è espressione
altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi
del Cielo sulla terra. Il memoriale del sacrificio redentore porta in se
stesso i tratti di quella bellezza di Gesù di cui Pietro, Giacomo e Giovanni
ci hanno dato testimonianza, quando il Maestro, in cammino verso Gerusalemme,
volle trasfigurarsi davanti a loro (cfr Mc 9,2). La bellezza, pertanto,
non è un fattore decorativo dell'azione liturgica; ne è piuttosto elemento
costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione.
Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba avere perché
l'azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria.
La Celebrazione eucaristica opera del « Christus totus »
Christus totus in capite et in corpore
36. La
bellezza intrinseca della liturgia ha come soggetto proprio il Cristo risorto
e glorificato nello Spirito Santo, che include la Chiesa nel suo agire.(109)
In questa prospettiva è assai suggestivo richiamare alla mente le parole di
sant'Agostino che in modo efficace descrivono questa dinamica di fede propria
dell'Eucaristia. Il grande Santo di Ippona, proprio in riferimento al Mistero
eucaristico, mette in rilievo come Cristo stesso ci assimili a sé: « Quel pane
che voi vedete sull'altare, santificato con la parola di Dio, è il corpo di
Cristo. Il calice, o meglio quel che il calice contiene, santificato con le
parole di Dio, è sangue di Cristo. Con questi [segni] Cristo Signore ha voluto
affidarci il suo corpo e il suo sangue, che ha sparso per noi per la
remissione dei peccati. Se voi li avete ricevuti bene, voi stessi siete quel
che avete ricevuto ».(110) Pertanto « non soltanto siamo diventati cristiani,
ma siamo diventati Cristo stesso ».(111) Da qui possiamo contemplare la
misteriosa azione di Dio che comporta l'unità profonda tra noi e il Signore
Gesù: « Non bisogna credere infatti che il Cristo sia nel capo senza essere
anche nel corpo, ma egli è tutto intero nel capo e nel corpo ».(112)
Eucaristia e Cristo risorto
37.
Poiché la liturgia eucaristica è essenzialmente actio Dei che ci
coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito, il suo fondamento non è a
disposizione del nostro arbitrio e non può subire il ricatto delle mode del
momento. Anche qui vale l'irrefragabile affermazione di san Paolo: « Nessuno
può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù
Cristo » (1 Cor 3,11). È ancora l'Apostolo delle genti ad assicurarci
che, in riferimento all'Eucaristia, egli non ci comunica una sua personale
dottrina, ma quello che a sua volta ha ricevuto (cfr 1 Cor 11,23). La
celebrazione dell'Eucaristia implica, infatti, la Tradizione viva. La Chiesa
celebra il Sacrificio eucaristico in obbedienza al comando di Cristo, a
partire dall'esperienza del Risorto e dall'effusione dello Spirito Santo. Per
questo motivo, la comunità cristiana, fin dagli inizi, si riunisce per la
fractio panis nel Giorno del Signore. Il giorno in cui Cristo è risorto
dai morti, la Domenica, è anche il primo giorno della settimana, quello in cui
la tradizione veterotestamentaria vedeva l'inizio della creazione. Il giorno
della creazione è ora diventato il giorno della « creazione nuova », il giorno
della nostra liberazione nel quale facciamo memoria di Cristo morto e
risorto.(113)
Ars celebrandi
38. Nei
lavori sinodali è stata più volte raccomandata la necessità di superare ogni
possibile separazione tra l'ars celebrandi, cioè l'arte di celebrare
rettamente, e la partecipazione piena, attiva e fruttuosa di tutti i fedeli.
In effetti, il primo modo con cui si favorisce la partecipazione del Popolo di
Dio al Rito sacro è la celebrazione adeguata del Rito stesso. L'ars
celebrandi è la migliore condizione per l'actuosa participatio.(114)
L'ars celebrandi scaturisce dall'obbedienza fedele alle norme
liturgiche nella loro completezza, poiché è proprio questo modo di celebrare
ad assicurare da duemila anni la vita di fede di tutti i credenti, i quali
sono chiamati a vivere la celebrazione in quanto Popolo di Dio, sacerdozio
regale, nazione santa (cfr 1 Pt 2,4-5.9).(115)
Il
Vescovo, liturgo per eccellenza
39. Se è
vero che tutto il Popolo di Dio partecipa alla Liturgia eucaristica, tuttavia
in relazione alla corretta ars celebrandi un compito imprescindibile
spetta a coloro che hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine. Vescovi,
sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il proprio grado, devono considerare la
celebrazione come loro principale dovere.(116) Innanzitutto il Vescovo
diocesano: egli infatti, quale « primo dispensatore dei misteri di Dio nella
Chiesa particolare a lui affidata, è la guida, il promotore e il custode di
tutta la vita liturgica ».(117) Tutto ciò è decisivo per la vita della Chiesa
particolare non solo in quanto la comunione con il Vescovo è la condizione
perché ogni celebrazione sul territorio sia legittima, ma anche perché egli
stesso è il liturgo per eccellenza della propria Chiesa.(118) A lui spetta
salvaguardare la concorde unità delle celebrazioni nella sua Diocesi. Pertanto
deve essere « impegno del Vescovo fare in modo che i presbiteri, i diaconi e i
fedeli comprendano sempre più il senso autentico dei riti e dei testi
liturgici e così siano condotti ad un'attiva e fruttuosa celebrazione
dell'Eucaristia ».(119) In particolare, esorto a fare quanto è necessario
perché le celebrazioni liturgiche svolte dal Vescovo nella Chiesa cattedrale
avvengano nel pieno rispetto dell'ars celebrandi, in modo che possano
essere considerate come modello da tutte le chiese sparse sul territorio.(120)
Il
rispetto dei libri liturgici e della ricchezza dei segni
40.
Sottolineando l'importanza dell'ars celebrandi, si pone in luce di
conseguenza il valore delle norme liturgiche.(121) L'ars celebrandi
deve favorire il senso del sacro e l'utilizzo di quelle forme esteriori che
educano a tale senso, come, ad esempio, l'armonia del rito, delle vesti
liturgiche, dell'arredo e del luogo sacro. La celebrazione eucaristica trova
giovamento là dove i sacerdoti e i responsabili della pastorale liturgica si
impegnano a fare conoscere i vigenti libri liturgici e le relative norme,
mettendo in evidenza le grandi ricchezze dell'Ordinamento Generale del
Messale Romano e dell'Ordinamento delle Letture della Messa. Nelle
comunità ecclesiali si dà forse per scontata la loro conoscenza ed il loro
giusto apprezzamento, ma spesso così non è. In realtà, sono testi in cui sono
contenute ricchezze che custodiscono ed esprimono la fede e il cammino del
Popolo di Dio lungo i due millenni della sua storia. Altrettanto importante
per una giusta ars celebrandi è l'attenzione verso tutte le forme di
linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento
del corpo, colori liturgici dei paramenti. La liturgia, in effetti, possiede
per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di
mirare al coinvolgimento di tutto l'essere umano. La semplicità dei gesti e la
sobrietà dei segni posti nell'ordine e nei tempi previsti comunicano e
coinvolgono di più che l'artificiosità di aggiunte inopportune. L'attenzione e
l'obbedienza alla struttura propria del rito, mentre esprimono il
riconoscimento del carattere di dono dell'Eucaristia, manifestano la volontà
del ministro di accogliere con docile gratitudine tale ineffabile dono.
Arte al servizio della celebrazione
41. Il
legame profondo tra la bellezza e la liturgia deve farci considerare con
attenzione tutte le espressioni artistiche poste al servizio della
celebrazione.(122) Una componente importante dell'arte sacra è certamente
l'architettura delle chiese,(123) nelle quali deve risaltare l'unità tra
gli elementi propri del presbiterio: altare, crocifisso, tabernacolo, ambone,
sede. A tale proposito si deve tenere presente che lo scopo dell'architettura
sacra è di offrire alla Chiesa che celebra i misteri della fede, in
particolare l'Eucaristia, lo spazio più adatto all'adeguato svolgimento della
sua azione liturgica.(124) Infatti, la natura del tempio cristiano è definita
dall'azione liturgica stessa, che implica il radunarsi dei fedeli (ecclesia),
i quali sono le pietre vive del tempio (cfr 1 Pt 2,5).
Lo stesso
principio vale per tutta l'arte sacra in genere, specialmente la pittura e la
scultura, nelle quali l'iconografia religiosa deve essere orientata alla
mistagogia sacramentale. Un'approfondita conoscenza delle forme che l'arte
sacra ha saputo produrre lungo i secoli può essere di grande aiuto per coloro
che, di fronte a architetti e artisti, hanno la responsabilità della
committenza di opere artistiche legate all'azione liturgica. Perciò è
indispensabile che nella formazione dei seminaristi e dei sacerdoti sia
inclusa, come disciplina importante, la storia dell'arte con speciale
riferimento agli edifici di culto alla luce delle norme liturgiche. In
definitiva, è necessario che in tutto quello che riguarda l'Eucaristia vi sia
gusto per la bellezza. Rispetto e cura dovranno aversi anche per i paramenti,
gli arredi, i vasi sacri, affinché, collegati in modo organico e ordinato tra
loro, alimentino lo stupore per il mistero di Dio, manifestino l'unità della
fede e rafforzino la devozione.(125)
Il
canto liturgico
42. Nell'ars
celebrandi un posto di rilievo viene occupato dal canto liturgico.(126) A
ragione sant'Agostino in un suo famoso sermone afferma: « L'uomo nuovo sa qual
è il cantico nuovo. Il cantare è espressione di gioia e, se pensiamo a ciò con
un po' più di attenzione, è espressione di amore ».(127) Il Popolo di Dio
radunato per la celebrazione canta le lodi di Dio. La Chiesa, nella sua
bimillenaria storia, ha creato, e continua a creare, musica e canti che
costituiscono un patrimonio di fede e di amore che non deve andare perduto.
Davvero, in liturgia non possiamo dire che un canto vale l'altro. A tale
proposito, occorre evitare la generica improvvisazione o l'introduzione di
generi musicali non rispettosi del senso della liturgia. In quanto elemento
liturgico, il canto deve integrarsi nella forma propria della
celebrazione.(128) Di conseguenza tutto – nel testo, nella melodia,
nell'esecuzione – deve corrispondere al senso del mistero celebrato, alle
parti del rito e ai tempi liturgici.(129) Infine, pur tenendo conto dei
diversi orientamenti e delle differenti tradizioni assai lodevoli, desidero,
come è stato chiesto dai Padri sinodali, che venga adeguatamente valorizzato
il canto gregoriano,(130) in quanto canto proprio della liturgia romana.(131)
La struttura della celebrazione eucaristica
43. Dopo
aver ricordato gli elementi portanti dell'ars celebrandi emersi nei
lavori sinodali, vorrei richiamare l'attenzione più specificamente su alcune
parti della struttura della Celebrazione eucaristica, che nel nostro tempo
necessitano di una particolare cura, al fine di restare fedeli all'intenzione
profonda del rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II, in
continuità con tutta la grande tradizione ecclesiale.
Unità intrinseca dell'azione liturgica
44. Prima
di tutto è necessario riflettere sull'unità intrinseca del rito della santa
Messa. Bisogna evitare che, sia nelle catechesi che nella modalità di
celebrazione, si dia adito ad una visione giustapposta delle due parti del
rito. Liturgia della Parola e liturgia eucaristica - oltre ai riti di
introduzione e di conclusione - « sono così strettamente congiunte tra loro da
formare un unico atto di culto ».(132) Infatti, esiste un legame intrinseco
tra la Parola di Dio e l'Eucaristia. Ascoltando la Parola di Dio nasce o si
rafforza la fede (cfr Rm 10,17); nell'Eucaristia il Verbo fatto carne
si dà a noi come cibo spirituale.(133) Così « dalle due mense della Parola di
Dio e del Corpo di Cristo la Chiesa riceve ed offre ai fedeli il Pane di vita
».(134) Pertanto, si deve costantemente tener presente che la Parola di Dio,
dalla Chiesa letta e annunziata nella liturgia, conduce all'Eucaristia come al
suo fine connaturale.
La
liturgia della Parola
45.
Insieme al Sinodo, chiedo che la liturgia della Parola sia sempre debitamente
preparata e vissuta. Pertanto, raccomando vivamente che nelle liturgie si
ponga grande attenzione alla proclamazione della Parola di Dio da parte di
lettori ben preparati. Non dimentichiamo mai che « quando nella Chiesa si
legge la Sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente
nella sua Parola, annunzia il Vangelo ».(135) Se le circostanze lo rendono
opportuno, si può pensare a poche parole di introduzione che aiutino i fedeli
a prenderne rinnovata coscienza. La Parola di Dio per essere ben compresa deve
essere ascoltata ed accolta con spirito ecclesiale e nella consapevolezza
della sua unità con il Sacramento eucaristico. Infatti, la Parola che
annunciamo ed ascoltiamo è il Verbo fatto carne (cfr Gv 1,14) ed ha un
intrinseco riferimento alla persona di Cristo e alla modalità sacramentale
della sua permanenza. Cristo non parla nel passato ma nel nostro presente,
come Egli è presente nell'azione liturgica. In questo orizzonte sacramentale
della rivelazione cristiana,(136) la conoscenza e lo studio della Parola di
Dio ci permettono di apprezzare, celebrare e vivere meglio l'Eucaristia. Anche
qui si rivela in tutta la sua verità l'affermazione secondo cui « l'ignoranza
della Scrittura è ignoranza di Cristo ».(137)
A questo
scopo è necessario che i fedeli siano aiutati ad apprezzare i tesori della
Sacra Scrittura presenti nel lezionario attraverso iniziative pastorali,
celebrazioni della Parola e la lettura orante (lectio divina). Inoltre,
non si dimentichi di promuovere le forme di preghiera confermate dalla
tradizione: la Liturgia delle Ore, soprattutto le Lodi, i Vespri, la Compieta
e anche le celebrazioni vigiliari. La preghiera dei Salmi, le letture bibliche
e quelle della grande tradizione presentate nell'Ufficio divino possono
condurre ad un'approfondita esperienza dell'avvenimento di Cristo e
dell'economia della salvezza, che a sua volta può arricchire la comprensione e
la partecipazione alla Celebrazione eucaristica.(138)
L'omelia
46. In
relazione all'importanza della Parola di Dio si pone la necessità di
migliorare la qualità dell'omelia. Essa infatti « è parte dell'azione
liturgica »; (139) ha il compito di favorire una più piena comprensione ed
efficacia della Parola di Dio nella vita dei fedeli. Per questo i ministri
ordinati devono « preparare accuratamente l'omelia, basandosi su una
conoscenza adeguata della Sacra Scrittura ».(140) Si evitino omelie generiche
o astratte. In particolare, chiedo ai ministri di fare in modo che l'omelia
ponga la Parola di Dio proclamata in stretta relazione con la celebrazione
sacramentale(141) e con la vita della comunità, in modo tale che la Parola di
Dio sia realmente sostegno e vita della Chiesa.(142) Si tenga presente,
pertanto, lo scopo catechetico ed esortativo dell'omelia. Si ritiene opportuno
che, partendo dal lezionario triennale, siano sapientemente proposte ai fedeli
omelie tematiche che, lungo l'anno liturgico, trattino i grandi temi della
fede cristiana, attingendo a quanto proposto autorevolmente dal Magistero nei
quattro ‘pilastri' del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel recente
Compendio: la professione della fede, la celebrazione del mistero
cristiano, la vita in Cristo, la preghiera cristiana.(143)
Presentazione dei doni
47. I
Padri sinodali hanno richiamato l'attenzione anche sulla presentazione dei
doni. Non si tratta semplicemente di un sorta di « intervallo » tra la
liturgia della Parola e quella eucaristica. Ciò farebbe venir meno, tra
l'altro, il senso dell'unico rito composto di due parti connesse. In questo
gesto umile e semplice si manifesta, in realtà, un significato molto grande:
nel pane e nel vino che portiamo all'altare tutta la creazione è assunta da
Cristo Redentore per essere trasformata e presentata al Padre.(144) In questa
prospettiva portiamo all'altare anche tutta la sofferenza e il dolore del
mondo, nella certezza che tutto è prezioso agli occhi di Dio. Questo gesto,
per essere vissuto nel suo autentico significato, non ha bisogno di essere
enfatizzato con complicazioni inopportune. Esso permette di valorizzare
l'originaria partecipazione che Dio chiede all'uomo per portare a compimento
l'opera divina in lui e dare in tal modo senso pieno al lavoro umano, che
attraverso la Celebrazione eucaristica viene unito al sacrificio redentore di
Cristo.
La
preghiera eucaristica
48. La
preghiera eucaristica è « momento centrale e culminante dell'intera
celebrazione ».(145) La sua importanza merita di essere adeguatamente
sottolineata. Le differenti preghiere eucaristiche contenute nel Messale ci
sono tramandate dalla Tradizione viva della Chiesa e si distinguono per una
ricchezza teologica e spirituale inesauribile. I fedeli devono essere messi in
grado di apprezzarla. L'Ordinamento Generale del Messale Romano ci
aiuta in questo ricordandoci gli elementi fondamentali di ogni preghiera
eucaristica: azione di grazie, acclamazione, epiclesi, racconto
dell'istituzione, consacrazione, anamnesi, offerta, intercessione e dossologia
conclusiva.(146) In particolare, la spiritualità eucaristica e la riflessione
teologica vengono illuminate se si contempla la profonda unità nell'anafora
tra l'invocazione dello Spirito Santo e il racconto dell'istituzione,(147) in
cui « si compie il sacrificio che Cristo stesso istituì nell'Ultima Cena
».(148) Infatti, « la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza dello
Spirito Santo, perché i doni offerti dagli uomini siano consacrati, cioè
diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che
si riceve nella Comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi
parteciperanno ».(149)
Scambio della pace
49.
L'Eucaristia è per sua natura Sacramento della pace. Questa dimensione del
Mistero eucaristico trova nella Celebrazione liturgica specifica espressione
nel rito dello scambio della pace. Si tratta indubbiamente di un segno di
grande valore (cfr Gv 14,27). Nel nostro tempo, così spaventosamente
carico di conflitti, questo gesto acquista, anche dal punto di vista della
sensibilità comune, un particolare rilievo in quanto la Chiesa avverte sempre
più come compito proprio quello di implorare dal Signore il dono della pace e
dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana. La pace è certamente
un anelito insopprimibile, presente nel cuore di ciascuno. La Chiesa si fa
voce della domanda di pace e di riconciliazione che sale dall'animo di ogni
persona di buona volontà, rivolgendola a Colui che « è la nostra pace » (Ef
2,14) e che può rappacificare popoli e persone, anche dove falliscono i
tentativi umani. Da tutto ciò si comprende l'intensità con cui spesso il rito
della pace è sentito nella Celebrazione liturgica. A questo proposito,
tuttavia, durante il Sinodo dei Vescovi è stata rilevata l'opportunità di
moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando
qualche confusione nell'assemblea proprio prima della Comunione. È bene
ricordare come non tolga nulla all'alto valore del gesto la sobrietà
necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo
in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino.(150)
Distribuzione e ricezione dell'Eucaristia
50. Un
altro momento della celebrazione a cui è necessario accennare è la
distribuzione e la ricezione della santa Comunione. Chiedo a tutti, in
particolare ai ministri ordinati e a coloro che, adeguatamente preparati, in
caso di reale necessità, vengono autorizzati al ministero della distribuzione
dell'Eucaristia, di fare il possibile perché il gesto nella sua semplicità
corrisponda al suo valore di incontro personale con il Signore Gesù nel
Sacramento. Per quanto riguarda le prescrizioni per la corretta prassi rimando
ai documenti recentemente emanati.(151) Tutte le comunità cristiane si
attengano fedelmente alle norme vigenti, vedendo in esse l'espressione della
fede e dell'amore che tutti dobbiamo avere nei confronti di questo sublime
Sacramento. Inoltre, non venga trascurato il tempo prezioso del ringraziamento
dopo la Comunione: oltre all'esecuzione di un canto opportuno, assai utile può
essere anche il rimanere raccolti in silenzio.(152)
A questo
proposito, vorrei richiamare l'attenzione ad un problema pastorale in cui
frequentemente accade di imbattersi nel nostro tempo. Mi riferisco al fatto
che in alcune circostanze, come ad esempio nelle sante Messe celebrate in
occasione di matrimoni, funerali o eventi analoghi, sono presenti alla
celebrazione, oltre ai fedeli praticanti, anche altri che magari da anni non
si accostano all'altare, o forse si trovano in una situazione di vita che non
permette l'accesso ai Sacramenti. Altre volte capita che siano presenti
persone di altre confessioni cristiane o addirittura di altre religioni.
Circostanze simili si verificano anche in chiese che sono meta di visitatori,
soprattutto nelle grandi città d'arte. Si comprende la necessità che si
trovino allora modi brevi ed incisivi per richiamare tutti al senso della
comunione sacramentale e alle condizioni per la sua ricezione. Laddove vi
siano situazioni in cui non sia possibile garantire la doverosa chiarezza sul
significato dell'Eucaristia, si deve valutare l'opportunità di sostituire la
Celebrazione eucaristica con una celebrazione della Parola di Dio.(153)
Il
congedo: « Ite, missa est »
51.
Infine, vorrei soffermarmi su quanto i Padri sinodali hanno detto circa il
saluto di congedo al termine della Celebrazione eucaristica. Dopo la
benedizione, il diacono o il sacerdote congeda il popolo con le parole: Ite,
missa est. In questo saluto ci è dato di cogliere il rapporto tra la Messa
celebrata e la missione cristiana nel mondo. Nell'antichità « missa »
significava semplicemente « dimissione ». Tuttavia essa ha trovato nell'uso
cristiano un significato sempre più profondo. L'espressione « dimissione », in
realtà, si trasforma in « missione ». Questo saluto esprime sinteticamente la
natura missionaria della Chiesa. Pertanto, è bene aiutare il Popolo di Dio ad
approfondire questa dimensione costitutiva della vita ecclesiale, traendone
spunto dalla liturgia. In questa prospettiva può essere utile disporre di
testi, opportunamente approvati, per l'orazione sul popolo e la benedizione
finale che esplicitino tale legame.(154)
Actuosa participatio
Autentica partecipazione
52. Il
Concilio Vaticano II aveva posto giustamente una particolare enfasi sulla
partecipazione attiva, piena e fruttuosa dell'intero Popolo di Dio alla
Celebrazione eucaristica.(155) Certamente, il rinnovamento attuato in questi
anni ha favorito notevoli progressi nella direzione auspicata dai Padri
conciliari. Tuttavia, non dobbiamo nasconderci il fatto che a volte si è
manifestata qualche incomprensione precisamente circa il senso di questa
partecipazione. Conviene pertanto mettere in chiaro che con tale parola non si
intende fare riferimento ad una semplice attività esterna durante la
celebrazione. In realtà, l'attiva partecipazione auspicata dal Concilio deve
essere compresa in termini più sostanziali, a partire da una più grande
consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con
l'esistenza quotidiana. Ancora pienamente valida è la raccomandazione della
Costituzione conciliare
Sacrosanctum Concilium, che esortava i fedeli a non assistere alla
liturgia eucaristica « come estranei o muti spettatori », ma a partecipare «
all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente ».(156) Il Concilio
proseguiva sviluppando la riflessione: i fedeli « formati dalla Parola di Dio,
si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la
vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con
lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo
Mediatore siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro ».(157)
Partecipazione e ministero sacerdotale
53. La
bellezza e l'armonia dell'azione liturgica trovano una significativa
espressione nell'ordine con cui ciascuno è chiamato a partecipare attivamente.
Ciò comporta il riconoscimento dei diversi ruoli gerarchici implicati nella
celebrazione stessa. È utile ricordare che la partecipazione attiva ad essa
non coincide di per sé con lo svolgimento di un ministero particolare.
Soprattutto non giova alla causa della partecipazione attiva dei fedeli una
confusione che venisse ingenerata dalla incapacità di distinguere, nella
comunione ecclesiale, i diversi compiti spettanti a ciascuno.(158) In
particolare, è necessario che vi sia chiarezza riguardo ai compiti specifici
del sacerdote. Egli è in modo insostituibile, come attesta la tradizione della
Chiesa, colui che presiede l'intera Celebrazione eucaristica, dal saluto
iniziale alla benedizione finale. In forza dell'Ordine sacro ricevuto, egli
rappresenta Gesù Cristo, capo della Chiesa e, nel modo suo proprio, anche la
Chiesa stessa.(159) Ogni celebrazione dell'Eucaristia, infatti, è guidata dal
Vescovo, « o personalmente, o per mezzo dei presbiteri suoi collaboratori
».(160) Egli è coadiuvato dal diacono, il quale ha nella celebrazione alcuni
compiti specifici: preparare l'altare e prestare servizio al sacerdote,
annunciare il Vangelo, eventualmente tenere l'omelia, proporre ai fedeli le
intenzioni della preghiera universale, distribuire ai fedeli
l'Eucaristia.(161) In relazione a questi ministeri, legati al sacramento
dell'Ordine, si pongono anche altri ministeri per il servizio liturgico,
lodevolmente svolti da religiosi e laici preparati.(162)
Celebrazione eucaristica e inculturazione
54. A
partire dalle affermazioni fondamentali del Concilio Vaticano II, è stata
sottolineata più volte l'importanza della partecipazione attiva dei fedeli al
Sacrificio eucaristico. Per favorire questo coinvolgimento si può fare spazio
ad alcuni adattamenti appropriati ai diversi contesti e alle differenti
culture.(163) Il fatto che vi siano stati alcuni abusi non oscura la chiarezza
di questo principio, che deve essere mantenuto secondo le reali necessità
della Chiesa, la quale vive e celebra il medesimo mistero di Cristo in
situazioni culturali differenti. Il Signore Gesù, infatti, proprio nel mistero
dell'Incarnazione, nascendo da donna come perfetto uomo (cfr Gal 4,4),
si è posto in diretto rapporto non soltanto con le attese presenti all'interno
dell'Antico Testamento, ma anche con quelle coltivate da tutti i popoli. Con
ciò Egli ha mostrato che Dio intende raggiungerci nel nostro contesto vitale.
Pertanto, per una più efficace partecipazione dei fedeli ai santi Misteri è
utile la prosecuzione del processo di inculturazione nell'ambito della
Celebrazione eucaristica, tenendo conto delle possibilità di adattamento
offerte dall'Ordinamento Generale del Messale Romano,(164) interpretate
alla luce dei criteri fissati dalla IV Istruzione della Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Varietates legitimae del 25
gennaio 1994 (165), e dalle direttive espresse dal Papa Giovanni Paolo II
nelle Esortazioni postsinodali
Ecclesia in Africa,
Ecclesia in America,
Ecclesia in Asia,
Ecclesia in Oceania,
Ecclesia in Europa.(166) A questo scopo raccomando alle Conferenze
episcopali di agire favorendo il giusto equilibrio tra criteri e direttive già
emanate e nuovi adattamenti,(167) sempre in accordo con la Sede Apostolica.
Condizioni personali per una « actuosa participatio »
55.
Considerando il tema dell'actuosa participatio dei fedeli al sacro
rito, i Padri sinodali hanno dato rilievo anche alle condizioni personali in
cui ciascuno deve trovarsi per una fruttuosa partecipazione.(168) Una di
queste è certamente lo spirito di costante conversione che deve caratterizzare
la vita di tutti i fedeli. Non ci si può aspettare una partecipazione attiva
alla liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza
prima interrogarsi sulla propria vita. Favoriscono tale disposizione
interiore, ad esempio, il raccoglimento ed il silenzio, almeno qualche istante
prima dell'inizio della liturgia, il digiuno e, quando necessario, la
Confessione sacramentale. Un cuore riconciliato con Dio abilita alla vera
partecipazione. In particolare, occorre richiamare i fedeli al fatto che un'actuosa
participatio ai santi Misteri non può aversi se non si cerca al tempo
stesso di prendere parte attivamente alla vita ecclesiale nella sua
integralità, che comprende pure l'impegno missionario di portare l'amore di
Cristo dentro la società.
Senza
dubbio, la piena partecipazione all'Eucaristia si ha quando ci si accosta
anche personalmente all'altare per ricevere la Comunione.(169) Tuttavia, si
deve fare attenzione a che questa giusta affermazione non introduca un certo
automatismo tra i fedeli, quasi che per il solo fatto di trovarsi in chiesa
durante la liturgia si abbia il diritto o forse anche il dovere di accostarsi
alla Mensa eucaristica. Anche quando non è possibile accostarsi alla comunione
sacramentale, la partecipazione alla santa Messa rimane necessaria, valida,
significativa e fruttuosa. È bene in queste circostanze coltivare il desiderio
della piena unione con Cristo con la pratica, ad esempio, della comunione
spirituale, ricordata da Giovanni Paolo II (170) e raccomandata da Santi
maestri di vita spirituale.(171)
Partecipazione dei cristiani non cattolici
56. Con
il tema della partecipazione ci troviamo inevitabilmente a trattare dei
cristiani appartenenti a Chiese o a Comunità ecclesiali che non sono in piena
comunione con la Chiesa Cattolica. A questo proposito, si deve dire che
l'intrinseco legame esistente tra Eucaristia e unità della Chiesa, da una
parte, ci fa desiderare ardentemente il giorno in cui potremo celebrare
insieme con tutti i credenti in Cristo la divina Eucaristia ed esprimere così
visibilmente la pienezza dell'unità che Cristo ha voluto per i suoi discepoli
(cfr Gv 17,21). Dall'altra parte, il rispetto che dobbiamo al
sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo ci impedisce di farne un semplice
« mezzo » da usarsi indiscriminatamente per raggiungere questa stessa
unità.(172) L'Eucaristia, infatti, non manifesta solo la nostra personale
comunione con Gesù Cristo, ma implica anche la piena communio con la
Chiesa. Questo è, pertanto, il motivo per cui con dolore, ma non senza
speranza, chiediamo ai cristiani non cattolici di comprendere e rispettare la
nostra convinzione che si rifà alla Bibbia e alla Tradizione. Noi riteniamo
che la Comunione eucaristica e la comunione ecclesiale si appartengano così
intimamente da rendere generalmente impossibile accedere all'una senza godere
dell'altra, da parte di cristiani non cattolici. Ancora più priva di senso
sarebbe una vera e propria concelebrazione con ministri di Chiese o Comunità
ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Resta tuttavia vero
che, in vista dell'eterna salvezza, vi è la possibilità dell'ammissione di
singoli cristiani non cattolici all'Eucaristia, al sacramento della Penitenza
e all'Unzione degli infermi. Ciò suppone però il verificarsi di determinate ed
eccezionali situazioni connotate da precise condizioni.(173) Esse sono
indicate con chiarezza nel
Catechismo della Chiesa Cattolica (174) e nel suo
Compendio.(175) È dovere di ciascuno attenervisi fedelmente.
Partecipazione attraverso i mezzi di comunicazione
57. A
causa dello sviluppo formidabile dei mezzi di comunicazione, negli ultimi
decenni la parola « partecipazione » ha acquistato un significato più ampio
che in passato. Tutti riconosciamo con soddisfazione che questi strumenti
offrono nuove possibilità anche in riferimento alla Celebrazione
eucaristica.(176) Ciò richiede dagli operatori pastorali del settore una
specifica preparazione ed un vivo senso di responsabilità. Infatti, la santa
Messa trasmessa alla televisione inevitabilmente acquista un certo carattere
di esemplarità. Si deve fare perciò particolare attenzione perché la
celebrazione, oltre a svolgersi in luoghi degni e ben preparati, rispetti le
norme liturgiche.
Infine,
quanto al valore della partecipazione alla santa Messa resa possibile dai
mezzi di comunicazione, chi assiste a tali trasmissioni deve sapere che, in
condizioni normali, non adempie al precetto festivo. Infatti, il linguaggio
dell'immagine rappresenta la realtà, ma non la riproduce in se stessa.(177) Se
è assai lodevole che anziani e malati partecipino alla santa Messa festiva
attraverso le trasmissioni radiotelevisive, non altrettanto potrebbe dirsi di
chi, mediante tali trasmissioni, volesse dispensarsi dall'andare in chiesa per
partecipare alla Celebrazione eucaristica nell'assemblea della Chiesa viva.
«
Actuosa participatio » degli infermi
58.
Considerando la condizione di coloro che per motivi di salute o di età non
possono recarsi nei luoghi di culto, vorrei richiamare l'attenzione di tutta
la comunità ecclesiale sulla necessità pastorale di assicurare l'assistenza
spirituale ai malati, a quelli che restano nelle proprie case o che si trovano
in ospedale. Più volte nel Sinodo dei Vescovi si è fatto cenno alla loro
condizione. Occorre fare in modo che questi nostri fratelli possano accostarsi
con frequenza alla Comunione sacramentale. Rinforzando in tal modo il rapporto
con Cristo crocifisso e risorto, potranno sentire la propria esistenza
pienamente inserita nella vita e nella missione della Chiesa mediante
l'offerta della propria sofferenza in unione col sacrificio di nostro Signore.
Un'attenzione particolare deve essere riservata ai disabili; là dove la loro
condizione lo permette, la comunità cristiana deve favorire la loro
partecipazione alla celebrazione nel luogo di culto. In proposito, si faccia
in modo che siano rimossi negli edifici sacri eventuali ostacoli
architettonici che impediscono ai disabili l'accesso. Infine, venga assicurata
anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali,
battezzati e cresimati: essi ricevono l'Eucaristia nella fede anche della
famiglia o della comunità che li accompagna.(178)
L'attenzione per i carcerati
59. La
tradizione spirituale della Chiesa, sulla scorta di una precisa parola di
Cristo (cfr Mt 25,36), ha individuato nella visita ai carcerati una
delle opere di misericordia corporale. Coloro che si trovano in questa
situazione hanno particolarmente bisogno di essere visitati dal Signore stesso
nel sacramento dell'Eucaristia. Sperimentare la vicinanza della comunità
ecclesiale, partecipare all'Eucaristia e ricevere la santa Comunione in un
periodo della vita così particolare e doloroso può sicuramente contribuire
alla qualità del proprio cammino di fede e favorire il pieno ricupero sociale
della persona. Interpretando i desideri espressi nell'Assemblea sinodale
chiedo alle Diocesi di fare in modo che, nei limiti del possibile, vi sia un
adeguato investimento di forze nell'attività pastorale rivolta alla cura
spirituale dei detenuti.(179)
I
migranti e la partecipazione all'Eucaristia
60.
Toccando il problema di coloro che per diversi motivi sono costretti a
lasciare la propria terra, il Sinodo ha espresso particolare gratitudine verso
quanti sono impegnati nella cura pastorale dei migranti. In questo contesto,
un'attenzione specifica deve essere data a quei migranti che appartengono alle
Chiese cattoliche orientali e per i quali, al distacco dalla propria casa, si
aggiunge la difficoltà di non poter partecipare alla liturgia eucaristica
secondo il proprio rito di appartenenza. Per questo, dove è possibile, venga
loro concesso di essere assistiti dai sacerdoti del loro rito. In ogni caso,
chiedo ai Vescovi di accogliere nella carità di Cristo questi fratelli.
L'incontro di fedeli di riti diversi può diventare anche occasione di
vicendevole arricchimento. In particolare, penso al giovamento che può
derivare, soprattutto per il clero, dalla conoscenza delle diverse
tradizioni.(180)
Le
grandi concelebrazioni
61.
L'Assemblea sinodale si è soffermata a considerare la qualità della
partecipazione nelle grandi celebrazioni che avvengono in circostanze
particolari, in cui vi sono, oltre ad un grande numero di fedeli, anche molti
sacerdoti concelebranti.(181) Da una parte, è facile riconoscere il valore di
questi momenti, specialmente quando presiede il Vescovo attorniato dal suo
presbiterio e dai diaconi. Dall'altra, in tali circostanze possono verificarsi
problemi quanto all'espressione sensibile dell'unità del presbiterio,
specialmente nella preghiera eucaristica, e quanto alla distribuzione della
santa Comunione. Si deve evitare che tali grandi concelebrazioni creino
dispersione. A ciò si provveda con strumenti adeguati di coordinamento e
sistemando il luogo di culto in modo da consentire ai presbiteri e ai fedeli
la piena e reale partecipazione. Comunque, occorre tener presente che si
tratta di concelebrazioni d'indole eccezionale e limitate a situazioni
straordinarie.
La
lingua latina
62.
Quanto affermato non deve, tuttavia, mettere in ombra il valore di queste
grandi liturgie. Penso in questo momento, in particolare, alle celebrazioni
che avvengono durante incontri internazionali, oggi sempre più frequenti. Esse
devono essere giustamente valorizzate. Per meglio esprimere l'unità e
l'universalità della Chiesa, vorrei raccomandare quanto suggerito dal Sinodo
dei Vescovi, in sintonia con le direttive del
Concilio Vaticano II: (182) eccettuate le letture, l'omelia e la preghiera
dei fedeli, è bene che tali celebrazioni siano in lingua latina; così pure
siano recitate in latino le preghiere più note(183) della tradizione della
Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano. Più in generale,
chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a
comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché a utilizzare testi
latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che
gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino,
come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia.(184)
Celebrazioni eucaristiche in piccoli gruppi
63. Una
situazione assai diversa è quella che si viene a creare in alcune circostanze
pastorali in cui, proprio per una partecipazione più consapevole, attiva e
fruttuosa, si favoriscono le celebrazioni in piccoli gruppi. Pur riconoscendo
la valenza formativa sottesa a queste scelte, è necessario precisare che esse
devono essere armonizzate con l'insieme della proposta pastorale della
Diocesi. Infatti, tali esperienze perderebbero il loro carattere pedagogico,
se fossero sentite in antagonismo o in parallelo rispetto alla vita della
Chiesa particolare. A tale proposito, il Sinodo ha evidenziato alcuni criteri
ai quali attenersi: i piccoli gruppi devono servire a unificare la comunità,
non a frammentarla; ciò deve trovare convalida nella prassi concreta; questi
gruppi devono favorire la partecipazione fruttuosa dell'intera assemblea e
preservare, per quanto possibile, l'unità della vita liturgica delle singole
famiglie.(185)
La celebrazione interiormente partecipata
Catechesi mistagogica
64. La
grande tradizione liturgica della Chiesa ci insegna che, per una fruttuosa
partecipazione, è necessario impegnarsi a corrispondere personalmente al
mistero che viene celebrato, mediante l'offerta a Dio della propria vita, in
unità con il sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo intero. Per questo
motivo, il Sinodo dei Vescovi ha raccomandato di curare nei fedeli l'intima
concordanza delle disposizioni interiori con i gesti e le parole. Se questa
mancasse, le nostre celebrazioni, per quanto animate, rischierebbero la deriva
del ritualismo. Pertanto occorre promuovere un'educazione alla fede
eucaristica che disponga i fedeli a vivere personalmente quanto viene
celebrato. Di fronte all'importanza essenziale di questa participatio
personale e consapevole, quali possono essere gli strumenti formativi
adeguati? I Padri sinodali all'unanimità hanno indicato, al riguardo, la
strada di una catechesi a carattere mistagogico, che porti i fedeli a
addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati.(186) In
particolare, per la relazione tra ars celebrandi e actuosa
participatio si deve innanzitutto affermare che « la migliore catechesi
sull'Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata ».(187) Per natura sua,
infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica nell'introdurre i fedeli
alla conoscenza del mistero celebrato. Proprio per questo, nella tradizione
più antica della Chiesa il cammino formativo del cristiano, pur senza
trascurare l'intelligenza sistematica dei contenuti della fede, assumeva
sempre un carattere esperienziale in cui determinante era l'incontro vivo e
persuasivo con Cristo annunciato da autentici testimoni. In questo senso,
colui che introduce ai misteri è innanzitutto il testimone. Tale incontro
certamente si approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo
culmine nella celebrazione dell'Eucaristia. Da questa struttura fondamentale
dell'esperienza cristiana prende le mosse l'esigenza di un itinerario
mistagogico, in cui devono sempre essere tenuti presenti tre elementi.
a)
Si tratta innanzitutto della interpretazione dei riti alla luce degli
eventi salvifici, in conformità con la tradizione viva della Chiesa. In
effetti, la celebrazione dell'Eucaristia, nella sua infinita ricchezza,
contiene continui riferimenti alla storia della salvezza. In Cristo crocifisso
e risorto ci è dato di celebrare davvero il centro ricapitolatore di tutta la
realtà (cfr Ef 1,10). Fin dall'inizio la comunità cristiana ha letto
gli avvenimenti della vita di Gesù, ed in particolare del mistero pasquale, in
relazione a tutto il percorso veterotestamentario.
b)
La catechesi mistagogica si dovrà preoccupare, inoltre, di introdurre al
senso dei segni contenuti nei riti. Questo compito è particolarmente
urgente in un'epoca fortemente tecnicizzata come l'attuale, in cui c'è il
rischio di perdere la capacità percettiva in relazione ai segni e ai simboli.
Più che informare, la catechesi mistagogica dovrà risvegliare ed educare la
sensibilità dei fedeli per il linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla
parola, costituiscono il rito.
c)
Infine, la catechesi mistagogica deve preoccuparsi di mostrare il
significato dei riti in relazione alla vita cristiana in tutte le sue
dimensioni, di lavoro e di impegno, di pensieri e di affetti, di attività e di
riposo. È parte dell'itinerario mistagogico porre in evidenza il nesso dei
misteri celebrati nel rito con la responsabilità missionaria dei fedeli. In
tal senso, l'esito maturo della mistagogia è la consapevolezza che la propria
esistenza viene progressivamente trasformata dai santi Misteri celebrati.
Scopo di tutta l'educazione cristiana, del resto, è di formare il fedele, come
« uomo nuovo », ad una fede adulta, che lo renda capace di testimoniare nel
proprio ambiente la speranza cristiana da cui è animato.
Per poter
svolgere all'interno delle nostre comunità ecclesiali un tale compito
educativo occorre avere formatori adeguatamente preparati. Certamente tutto il
Popolo di Dio deve sentirsi impegnato in questa formazione. Ogni comunità
cristiana è chiamata ad essere luogo di introduzione pedagogica ai misteri che
si celebrano nella fede. A questo riguardo, i Padri durante il Sinodo hanno
sottolineato l'opportunità di un maggior coinvolgimento delle Comunità di vita
consacrata, dei movimenti e delle aggregazioni che, in forza dei loro propri
carismi, possono arrecare nuovo slancio alla formazione cristiana.(188) Anche
nel nostro tempo lo Spirito Santo non lesina certo l'effusione dei suoi doni
per sostenere la missione apostolica della Chiesa, a cui spetta di diffondere
la fede e di educarla fino alla sua maturità.(189)
La
riverenza verso l'Eucaristia
65. Un
segnale convincente dell'efficacia che la catechesi eucaristica ha sui fedeli
è sicuramente la crescita in loro del senso del mistero di Dio presente tra
noi. Ciò può essere verificato attraverso specifiche manifestazioni di
riverenza verso l'Eucaristia, a cui il percorso mistagogico deve introdurre i
fedeli.(190) Penso, in senso generale, all'importanza dei gesti e della
postura, come l'inginocchiarsi durante i momenti salienti della preghiera
eucaristica. Nell'adeguarsi alla legittima diversità di segni che si compiono
nel contesto delle differenti culture, ciascuno viva ed esprima la
consapevolezza di trovarsi in ogni celebrazione davanti alla maestà infinita
di Dio, che ci raggiunge in modo umile nei segni sacramentali.
Adorazione e pietà eucaristica
Il
rapporto intrinseco tra celebrazione e adorazione
66. Uno
dei momenti più intensi del Sinodo è stato quando ci siamo recati nella
Basilica di San Pietro, insieme a tanti fedeli per l'adorazione eucaristica.
Con tale gesto di preghiera, l'Assemblea dei Vescovi ha inteso richiamare
l'attenzione, non solo con le parole, sull'importanza della relazione
intrinseca tra Celebrazione eucaristica e adorazione. In questo significativo
aspetto della fede della Chiesa si trova uno degli elementi decisivi del
cammino ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento liturgico voluto dal
Concilio Vaticano II. Mentre la riforma muoveva i primi passi, a volte
l'intrinseco rapporto tra la santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento
non fu abbastanza chiaramente percepito. Un'obiezione allora diffusa prendeva
spunto, ad esempio, dal rilievo secondo cui il Pane eucaristico non ci sarebbe
stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. In realtà, alla
luce dell'esperienza di preghiera della Chiesa, tale contrapposizione si
rivelava priva di ogni fondamento. Già Agostino aveva detto: « nemo autem
illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando –
Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la
adorassimo ».(191) Nell'Eucaristia, infatti, il Figlio di Dio ci viene
incontro e desidera unirsi a noi; l'adorazione eucaristica non è che l'ovvio
sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande
atto d'adorazione della Chiesa.(192) Ricevere l'Eucaristia significa porsi in
atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto
così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in qualche
modo, la bellezza della liturgia celeste. L'atto di adorazione al di fuori
della santa Messa prolunga ed intensifica quanto s'è fatto nella Celebrazione
liturgica stessa. Infatti, « soltanto nell'adorazione può maturare
un'accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro
col Signore matura poi anche la missione sociale che nell'Eucaristia è
racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma
anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri ».(193)
La
pratica dell'adorazione eucaristica
67.
Insieme all'Assemblea sinodale, pertanto, raccomando vivamente ai Pastori
della Chiesa e al Popolo di Dio la pratica dell'adorazione eucaristica, sia
personale che comunitaria.(194) A questo proposito, di grande giovamento sarà
un'adeguata catechesi in cui si spieghi ai fedeli l'importanza di questo atto
di culto che permette di vivere più profondamente e con maggiore frutto la
stessa Celebrazione liturgica. Nel limite del possibile, poi, soprattutto nei
centri più popolosi, converrà individuare chiese od oratori da riservare
appositamente all'adorazione perpetua. Inoltre, raccomando che nella
formazione catechistica, ed in particolare negli itinerari di preparazione
alla Prima Comunione, si introducano i fanciulli al senso e alla bellezza di
sostare in compagnia di Gesù, coltivando lo stupore per la sua presenza
nell'Eucaristia.
Vorrei
qui esprimere ammirazione e sostegno a tutti quegli Istituti di vita
consacrata i cui membri dedicano una parte significativa del loro tempo
all'adorazione eucaristica. In tal modo essi offrono a tutti l'esempio di
persone che si lasciano plasmare dalla presenza reale del Signore. Desidero
ugualmente incoraggiare quelle associazioni di fedeli, come anche le
Confraternite, che assumono questa pratica come loro speciale impegno,
diventando così fermento di contemplazione per tutta la Chiesa e richiamo alla
centralità di Cristo per la vita dei singoli e delle comunità.
Forme di devozione eucaristica
68. Il
rapporto personale che il singolo fedele instaura con Gesù, presente
nell'Eucaristia, lo rimanda sempre all'insieme della comunione ecclesiale,
alimentando in lui la consapevolezza della sua appartenenza al Corpo di
Cristo. Per questo, oltre ad invitare i singoli fedeli a trovare personalmente
del tempo da trascorrere in preghiera davanti al Sacramento dell'altare,
ritengo doveroso sollecitare le stesse parrocchie e gli altri gruppi
ecclesiali a promuovere momenti di adorazione comunitaria. Ovviamente,
conservano tutto il loro valore le già esistenti forme di devozione
eucaristica. Penso, ad esempio, alle processioni eucaristiche, soprattutto
alla tradizionale processione nella solennità del Corpus Domini, alla
pia pratica delle Quarant'ore, ai Congressi eucaristici locali, nazionali e
internazionali, e alle altre iniziative analoghe. Opportunamente aggiornate e
adattate alle circostanze diverse, tali forme di devozione meritano di essere
anche oggi coltivate.(195)
Il
luogo del tabernacolo nella chiesa
69. In
relazione all'importanza della custodia eucaristica e dell'adorazione e
riverenza nei confronti del sacramento del Sacrificio di Cristo, il Sinodo dei
Vescovi si è interrogato riguardo all'adeguata collocazione del tabernacolo
all'interno delle nostre chiese.(196) La sua corretta posizione, infatti,
aiuta a riconoscere la presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento. È
necessario pertanto che il luogo in cui vengono conservate le specie
eucaristiche sia facilmente individuabile, grazie anche alla lampada perenne,
da chiunque entri in chiesa. A tale fine, occorre tenere conto della
disposizione architettonica dell'edificio sacro: nelle chiese in cui non
esiste la cappella del Santissimo Sacramento e permane l'altare maggiore con
il tabernacolo, è opportuno continuare ad avvalersi di tale struttura per la
conservazione ed adorazione dell'Eucaristia, evitando di collocarvi innanzi la
sede del celebrante. Nelle nuove chiese è bene predisporre la cappella del
Santissimo in prossimità del presbiterio; ove ciò non sia possibile, è
preferibile situare il tabernacolo nel presbiterio, in luogo sufficientemente
elevato, al centro della zona absidale, oppure in altro punto ove sia
ugualmente ben visibile. Tali accorgimenti concorrono a conferire dignità al
tabernacolo, che deve sempre essere curato anche sotto il profilo artistico.
Ovviamente è necessario tener conto di quanto afferma in proposito l'Ordinamento
Generale del Messale Romano.(197) Il giudizio ultimo su questa materia
spetta comunque al Vescovo diocesano.
TERZA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE
« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato mee io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv6,57)
Forma eucaristica della vita cristiana
Il
culto spirituale – logiké latreía (Rm 12,1)
70. Il
Signore Gesù, fattosi per noi cibo di verità e di amore, parlando del dono
della sua vita ci assicura che « chi mangia di questo pane vivrà in eterno » (Gv
6,51). Ma questa « vita eterna » inizia in noi già in questo tempo attraverso
il cambiamento che il dono eucaristico genera in noi: « Colui che mangia di me
vivrà per me » (Gv 6,57). Queste parole di Gesù ci fanno capire come il
mistero « creduto » e « celebrato » possegga in sé un dinamismo che ne fa
principio di vita nuova in noi e forma dell'esistenza cristiana. Comunicando
al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, infatti, veniamo resi partecipi della
vita divina in modo sempre più adulto e consapevole. Vale anche qui quanto
sant'Agostino, nelle sue Confessioni, dice del Logos eterno,
cibo dell'anima: mettendo in rilievo il carattere paradossale di questo cibo,
il santo Dottore immagina di sentirsi dire: « Sono il cibo dei grandi: cresci
e mi mangerai. E non io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu
sarai assimilato a me ».(198) Infatti non è l'alimento eucaristico che si
trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati.
Cristo ci nutre unendoci a sé; « ci attira dentro di sé ».(199)
La
Celebrazione eucaristica appare qui in tutta la sua forza quale fonte e
culmine dell'esistenza ecclesiale, in quanto esprime, nello stesso tempo, sia
la genesi che il compimento del nuovo e definitivo culto, la logiké latreía.(200)
Le parole di san Paolo ai Romani a questo proposito sono la formulazione più
sintetica di come l'Eucaristia trasformi tutta la nostra vita in culto
spirituale gradito a Dio: « Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di
Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio;
è questo il vostro culto spirituale » (Rm 12,1). In questa esortazione
emerge l'immagine del nuovo culto come offerta totale della propria persona in
comunione con tutta la Chiesa. L'insistenza dell'Apostolo sull'offerta dei
nostri corpi sottolinea l'umana concretezza di un culto tutt'altro che
disincarnato. Ancora il Santo di Ippona a questo proposito ci ricorda che «
questo è il sacrificio dei cristiani, l'essere cioè molti e un solo corpo in
Cristo. La Chiesa celebra questo mistero col Sacramento dell'altare, che i
fedeli ben conoscono, e nel quale le si mostra chiaramente che nella cosa che
si offre essa stessa è offerta ».(201) La dottrina cattolica, infatti, afferma
che l'Eucaristia, in quanto sacrificio di Cristo, è anche sacrificio della
Chiesa, e quindi dei fedeli.(202) L'insistenza sul sacrificio – « fare sacro »
– dice qui tutta la densità esistenziale implicata nella trasformazione della
nostra realtà umana afferrata da Cristo (cfr Fil 3,12).
Efficacia onnicomprensiva del culto eucaristico
71. Il
nuovo culto cristiano abbraccia ogni aspetto dell'esistenza, trasfigurandola:
« Sia dunque che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra
cosa, fate tutto per la gloria di Dio » (1 Cor 10,31). In ogni atto
della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio. Da qui
prende forma la natura intrinsecamente eucaristica della vita cristiana. In
quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza
quotidiana, l'Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva
trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio
di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c'è nulla di autenticamente umano – pensieri
ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell'Eucaristia la
forma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge tutto il valore
antropologico della novità radicale portata da Cristo con l'Eucaristia: il
culto a Dio nell'esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e
privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà
dell'individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere
tutte le circostanze dell'esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in
quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio. La gloria
di Dio è l'uomo vivente (cfr 1 Cor 10,31). E la vita dell'uomo è la
visione di Dio.(203)
«
Iuxta dominicam viventes » – Vivere secondo la domenica
72.
Questa radicale novità che l'Eucaristia introduce nella vita dell'uomo si è
rivelata alla coscienza cristiana fin dall'inizio. I fedeli hanno subito
percepito il profondo influsso che la Celebrazione eucaristica esercitava
sullo stile della loro vita. Sant'Ignazio di Antiochia esprimeva questa verità
qualificando i cristiani come « coloro che sono giunti alla nuova speranza »,
e li presentava come coloro che vivono « secondo la domenica » (iuxta
dominicam viventes).(204) Questa formula del grande martire antiocheno
mette chiaramente in luce il nesso tra la realtà eucaristica e l'esistenza
cristiana nella sua quotidianità. La consuetudine caratteristica dei cristiani
di riunirsi nel primo giorno dopo il sabato per celebrare la risurrezione di
Cristo – secondo il racconto di san Giustino martire(205) – è anche il dato
che definisce la forma dell'esistenza rinnovata dall'incontro con Cristo. La
formula di sant'Ignazio – « Vivere secondo la domenica » – sottolinea pure il
valore paradigmatico che questo giorno santo possiede per ogni altro giorno
della settimana. Esso, infatti, non si distingue in base alla semplice
sospensione delle attività solite, come una sorta di parentesi all'interno del
ritmo usuale dei giorni. I cristiani hanno sempre sentito questo giorno come
il primo della settimana, perché in esso si fa memoria della radicale novità
portata da Cristo. Pertanto, la domenica è il giorno in cui il cristiano
ritrova quella forma eucaristica della sua esistenza secondo la quale è
chiamato a vivere costantemente. « Vivere secondo la domenica » vuol dire
vivere nella consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la
propria esistenza come offerta di se stessi a Dio, perché la sua vittoria si
manifesti pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente
rinnovata.
Vivere il precetto festivo
73. I
Padri sinodali, consapevoli di questo principio nuovo di vita che l'Eucaristia
pone nel cristiano, hanno ribadito l'importanza per tutti i fedeli del
precetto domenicale come fonte di libertà autentica, per poter vivere ogni
altro giorno secondo quanto hanno celebrato nel « giorno del Signore ». La
vita di fede, infatti, è in pericolo quando non si avverte più il desiderio di
partecipare alla Celebrazione eucaristica in cui si fa memoria della vittoria
pasquale. Partecipare all'assemblea liturgica domenicale, insieme a tutti i
fratelli e le sorelle con i quali si forma un solo corpo in Cristo Gesù, è
richiesto dalla coscienza cristiana e al tempo stesso forma la coscienza
cristiana. Smarrire il senso della domenica come giorno del Signore da
santificare è sintomo di una perdita del senso autentico della libertà
cristiana, la libertà dei figli di Dio (206). Rimangono preziose, a questo
riguardo, le osservazioni fatte dal mio venerato predecessore, Giovanni Paolo
II, nella Lettera apostolica
Dies Domini (207), a proposito delle diverse dimensioni della domenica
per i cristiani: essa è Dies Domini, in riferimento all'opera della
creazione; Dies Christi in quanto giorno della nuova creazione e del
dono che il Signore Risorto fa dello Spirito Santo;Dies Ecclesiae come
giorno in cui la comunità cristiana si ritrova per la celebrazione; Dies
hominis come giorno di gioia, riposo e carità fraterna.
Un tale
giorno, pertanto, si manifesta come festa primordiale, nella quale ogni
fedele, nell'ambiente in cui vive, può farsi annunziatore e custode del senso
del tempo. Da questo giorno, in effetti, scaturisce il senso cristiano
dell'esistenza ed un nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro,
la vita e la morte. È bene, dunque, che nel giorno del Signore le realtà
ecclesiali organizzino, intorno alla Celebrazione eucaristica domenicale,
manifestazioni proprie della comunità cristiana: incontri amichevoli,
iniziative per la formazione nella fede di bambini, giovani e adulti,
pellegrinaggi, opere di carità e momenti diversi di preghiera. A motivo di
questi valori così importanti – per quanto giustamente il sabato sera sin dai
Primi Vespri appartenga già alla Domenica e sia permesso adempiere in esso al
precetto domenicale – è necessario rammentare che è la domenica in se stessa
che merita di essere santificata, perché non finisca per risultare un giorno «
vuoto di Dio ».(208)
Il
senso del riposo e del lavoro
74.
Infine, è particolarmente urgente in questo nostro tempo ricordare che il
giorno del Signore è anche il giorno del riposo dal lavoro. Ci auguriamo
vivamente che esso sia riconosciuto come tale anche dalla società civile, così
che sia possibile essere liberi dalle attività lavorative, senza venire per
questo penalizzati. I cristiani, infatti, non senza rapporto con il
significato del sabato nella tradizione ebraica, hanno visto nel giorno del
Signore anche il giorno del riposo dalla fatica quotidiana. Ciò ha un suo
preciso senso, perché costituisce una relativizzazione del lavoro, che
viene finalizzato all'uomo: il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro.
È facile intuire la tutela che da ciò viene offerta all'uomo stesso, che
risulta così emancipato da una possibile forma di schiavitù. Come ho avuto
modo di affermare, « il lavoro riveste primaria importanza per la
realizzazione dell'uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre
che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell'umana dignità
e al servizio del bene comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo
non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare
in esso il senso ultimo e definitivo della vita » (209). È nel giorno
consacrato a Dio che l'uomo comprende il senso della sua esistenza ed anche
dell'attività lavorativa.(210)
Assemblee domenicali in assenza di sacerdote
75.
Riscoprendo il significato della Celebrazione domenicale per la vita del
cristiano, è spontaneo porsi il problema di quelle comunità cristiane in cui
manca il sacerdote e dove, di conseguenza, non è possibile celebrare la santa
Messa nel Giorno del Signore. Occorre dire, a questo proposito, che ci
troviamo di fronte a situazioni assai diversificate tra loro. Il Sinodo ha
raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in una delle chiese della
Diocesi in cui è garantita la presenza del sacerdote, anche quando ciò
richiede un certo sacrificio (211). Là dove, invece, le grandi distanze
rendono praticamente impossibile la partecipazione all'Eucaristia domenicale,
è importante che le comunità cristiane si radunino ugualmente per lodare il
Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato. Ciò dovrà tuttavia avvenire
nel contesto di un'adeguata istruzione circa la differenza tra la santa Messa
e le assemblee domenicali in attesa di sacerdote. La cura pastorale della
Chiesa si deve esprimere in questo caso nel vigilare perché la liturgia della
Parola, organizzata sotto la guida di un diacono o di una persona incaricata
dall'autorità competente, si compia secondo un rituale specifico elaborato
dalle Conferenze episcopali e a tale scopo da esse approvato (212). Ricordo
che spetta agli Ordinari concedere la facoltà di distribuire la comunione in
tali liturgie, valutando attentamente la convenienza di una certa scelta.
Inoltre, si deve fare in modo che tali assemblee non ingenerino confusione sul
ruolo centrale del sacerdote e sulla componente sacramentale nella vita della
Chiesa. L'importanza del ruolo dei laici, che vanno giustamente ringraziati
per la loro generosità al servizio delle comunità cristiane, non deve mai
occultare il ministero insostituibile dei sacerdoti per la vita della
Chiesa.(213) Pertanto, si vigili attentamente a che le assemblee in attesa di
sacerdote non diano adito a visioni ecclesiologiche non aderenti alla verità
del Vangelo e alla tradizione della Chiesa. Piuttosto dovrebbero essere
occasioni privilegiate di preghiera a Dio perché mandi santi sacerdoti secondo
il suo cuore. Toccante, a questo proposito, quanto scriveva il Papa Giovanni
Paolo II nella
Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, ricordando quei luoghi
dove la gente, privata del sacerdote da parte del regime dittatoriale, si
riuniva in una chiesa o in un santuario, metteva sull'altare la stola ancora
conservata e recitava le preghiera della liturgia eucaristica fermandosi in
silenzio « al momento che corrisponde alla transustanziazione », a
testimonianza di quanto « ardentemente essi desiderano di udire le parole che
solo le labbra di un sacerdote possono efficacemente pronunciare ».(214)
Proprio in questa prospettiva, considerato il bene incomparabile derivante
dalla celebrazione del Sacrificio eucaristico, chiedo a tutti i sacerdoti una
fattiva e concreta disponibilità a visitare il più spesso possibile le
comunità affidate alla loro cura pastorale, perché non rimangano troppo tempo
senza il Sacramento della carità.
Una
forma eucaristica dell'esistenza cristiana, l'appartenenza ecclesiale
76.
L'importanza della domenica come Dies Ecclesiae ci richiama alla
relazione intrinseca tra la vittoria di Gesù sul male e sulla morte e la
nostra appartenenza al suo Corpo ecclesiale. Ogni cristiano, infatti, nel
Giorno del Signore ritrova anche la dimensione comunitaria della propria
esistenza redenta. Partecipare all'azione liturgica, comunicare al Corpo e al
Sangue di Cristo vuol dire nello stesso tempo rendere sempre più intima e
profonda la propria appartenenza a Colui che è morto per noi (cfr 1 Cor
6,19s; 7,23). Veramente chi mangia di Cristo vive per Lui. In relazione al
Mistero eucaristico si comprende il senso profondo della communio sanctorum.
La comunione ha sempre ed inseparabilmente una connotazione verticale ed una
orizzontale: comunione con Dio e comunione con i fratelli e le sorelle. Le due
dimensioni si incontrano misteriosamente nel dono eucaristico. « Dove si
distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo
Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra
di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione
col Dio Trinitario non è viva e vera ».(215) Chiamati, pertanto, ad essere
membra di Cristo e dunque membra gli uni degli altri (cfr 1 Cor 12,27),
noi costituiamo una realtà ontologicamente fondata nel Battesimo e alimentata
dall'Eucaristia, una realtà che chiede di trovare riscontro sensibile nella
vita delle nostre comunità.
La forma
eucaristica dell'esistenza cristiana è indubbiamente una forma ecclesiale e
comunitaria. Attraverso la Diocesi e le parrocchie, quali strutture portanti
della Chiesa in un particolare territorio, ogni fedele può fare esperienza
concreta della sua appartenenza al Corpo di Cristo. Associazioni, movimenti
ecclesiali e nuove comunità – con la vivacità dei loro carismi donati dallo
Spirito Santo per il nostro tempo – come pure gli Istituti di vita consacrata,
hanno il compito di offrire un loro specifico contributo per favorire nei
fedeli la percezione di questo loro essere del Signore (cfrRm
14,8). Il fenomeno della secolarizzazione, che contiene non a caso caratteri
fortemente individualistici, ottiene i suoi effetti deleteri soprattutto nelle
persone che si isolano e per scarso senso di appartenenza. Il cristianesimo,
fin dal suo inizio, implica sempre una compagnia, una trama di rapporti
vivificati continuamente dall'ascolto della Parola, dalla Celebrazione
eucaristica e animati dallo Spirito Santo.
Spiritualità e cultura eucaristica
77. I
Padri sinodali hanno significativamente affermato che « i fedeli cristiani
hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra
l'Eucaristia e la vita quotidiana. La spiritualità eucaristica non è soltanto
partecipazione alla Messa e devozione al Santissimo Sacramento. Essa abbraccia
la vita intera » (216). Questo rilievo riveste per tutti noi oggi particolare
significato. Occorre riconoscere che uno degli effetti più gravi della
secolarizzazione poc'anzi menzionata sta nell'aver relegato la fede cristiana
ai margini dell'esistenza, come se essa fosse inutile per quanto riguarda lo
svolgimento concreto della vita degli uomini. Il fallimento di questo modo di
vivere « come se Dio non ci fosse » è ora davanti a tutti. Oggi c'è bisogno di
riscoprire che Gesù Cristo non è una semplice convinzione privata o una
dottrina astratta, ma una persona reale il cui inserimento nella storia è
capace di rinnovare la vita di tutti. Per questo l'Eucaristia come fonte e
culmine della vita e missione della Chiesa si deve tradurre in spiritualità,
in vita « secondo lo Spirito » (Rm 8,4s; cfr Gal 5,16.25). È
significativo che san Paolo, nel passo della Lettera ai Romani in cui
invita a vivere il nuovo culto spirituale, richiami contemporaneamente alla
necessità del cambiamento del proprio modo di vivere e di pensare: « Non
conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la
vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui
gradito e perfetto » (12,2). In tal modo, l'Apostolo delle genti sottolinea il
legame tra il vero culto spirituale e la necessità di un nuovo modo di
percepire l'esistenza e di condurre la vita. È parte integrante della forma
eucaristica della vita cristiana il rinnovamento di mentalità, « affinché non
siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da
qualsiasi vento di dottrina » (Ef 4,14).
Eucaristia ed evangelizzazione delle culture
78. Da
quanto affermato consegue che il Mistero eucaristico ci mette in dialogo
con le differenti culture, ma anche in un certo senso le sfida (217).
Occorre riconoscere il carattere interculturale di questo nuovo culto, di
questalogiké latreía. La presenza di Gesù Cristo e l'effusione dello
Spirito Santo sono eventi che possono stabilmente confrontarsi con ogni realtà
culturale, per fermentarla evangelicamente. Ciò comporta conseguentemente
l'impegno di promuovere con convinzione l'evangelizzazione delle culture,
nella consapevolezza che Cristo stesso è la verità di ogni uomo e di tutta la
storia umana. L'Eucaristia diviene criterio di valorizzazione di tutto ciò che
il cristiano incontra nelle varie espressioni culturali. In questo importante
processo possiamo sentire quanto mai significative le parole di san Paolo che
invita nella sua Prima Lettera ai Tessalonicesi a « esaminare ogni cosa
e a tenere ciò che è buono » (cfr 5,21).
Eucaristia e fedeli laici
79. In
Cristo, Capo della Chiesa suo Corpo, tutti i cristiani formano « la stirpe
eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è
acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui » (1 Pt 2,9).
L'Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di noi nella
condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione
esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana. Se il
Sacrificio eucaristico alimenta ed accresce in noi quanto ci è già dato nel
Battesimo per il quale tutti siamo chiamati alla santità (218), allora questo
deve emergere e mostrarsi proprio nelle situazioni o stati di vita in cui ogni
cristiano si trova. Si diviene giorno per giorno culto gradito a Dio vivendo
la propria vita come vocazione. A partire dalla convocazione liturgica, è lo
stesso sacramento dell'Eucaristia ad impegnarci nella realtà quotidiana perché
tutto sia fatto a gloria di Dio.
E poiché
il mondo è « il campo » (Mt 13,38) in cui Dio pone i suoi figli come
buon seme, i cristiani laici, in forza del Battesimo e della Cresima, e
corroborati dall'Eucaristia, sono chiamati a vivere la novità radicale portata
da Cristo proprio all'interno delle comuni condizioni della vita.(219) Essi
devono coltivare il desiderio che l'Eucaristia incida sempre più profondamente
nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad essere testimoni riconoscibili
nel proprio ambiente di lavoro e nella società tutta.(220) Un particolare
incoraggiamento rivolgo alle famiglie, perché traggano ispirazione e forza da
questo Sacramento. L'amore tra l'uomo e la donna, l'accoglienza della vita, il
compito educativo si rivelano quali ambiti privilegiati in cui l'Eucaristia
può mostrare la sua capacità di trasformare e portare a pienezza di
significato l'esistenza.(221) I Pastori non manchino mai di sostenere, educare
ed incoraggiare i fedeli laici a vivere pienamente la propria vocazione alla
santità dentro quel mondo che Dio ha tanto amato da dare il suo Figlio perché
ne diventasse la salvezza (cfr Gv 3,16).
Eucaristia e spiritualità sacerdotale
80. La
forma eucaristica dell'esistenza cristiana si manifesta indubbiamente in modo
particolare nello stato di vita sacerdotale. La spiritualità sacerdotale è
intrinsecamente eucaristica. Il seme di una tale spiritualità si trova già
nelle parole che il Vescovo pronuncia nella liturgia dell'Ordinazione: «
Ricevi le offerte del popolo santo per il Sacrificio eucaristico. Renditi
conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al
mistero della croce di Cristo Signore ».(222) Per dare alla sua esistenza una
sempre più compiuta forma eucaristica, il sacerdote, già nel periodo di
formazione e poi negli anni successivi, deve fare ampio spazio alla vita
spirituale.(223) Egli è chiamato a essere continuamente un autentico
ricercatore di Dio, pur restando al contempo vicino alle preoccupazioni degli
uomini. Una vita spirituale intensa gli permetterà di entrare più
profondamente in comunione con il Signore e l'aiuterà a lasciarsi possedere
dall'amore di Dio, divenendone testimone in ogni circostanza anche difficile e
buia. A tale scopo, insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai sacerdoti «
la celebrazione quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse
partecipazione di fedeli ».(224) Tale raccomandazione si accorda innanzitutto
con il valore oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae
poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con
attenzione e fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo del
termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote
nella sua vocazione.
Eucaristia e vita consacrata
81. Nel
contesto della relazione tra l'Eucaristia e le diverse vocazioni ecclesiali
risplende in particolare « la testimonianza profetica delle consacrate e dei
consacrati, che trovano nella Celebrazione eucaristica e nell'adorazione la
forza per la sequela radicale di Cristo obbediente, povero e casto ».(225) I
consacrati e le consacrate, pur svolgendo molti servizi nel campo della
formazione umana e della cura dei poveri, nell'insegnamento o nell'assistenza
dei malati, sanno che lo scopo principale della loro vita è « la
contemplazione delle verità divine e la costante unione con Dio ».(226) Il
contributo essenziale che la Chiesa si aspetta dalla vita consacrata è molto
più in ordine all'essere che al fare. In questo contesto vorrei richiamare
l'importanza della testimonianza verginale proprio in relazione al mistero
dell'Eucaristia. Infatti, oltre al legame con il celibato sacerdotale, il
Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la verginità
consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva della
Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà radicale e
feconda.(227) Nell'Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed
alimento per la sua dedizione totale a Cristo. Dall'Eucaristia inoltre essa
trae conforto e spinta per essere, anche nel nostro tempo, segno dell'amore
gratuito e fecondo che Dio ha verso l'umanità. Infine, mediante la sua
specifica testimonianza, la vita consacrata diviene oggettivamente richiamo e
anticipazione di quelle « nozze dell'Agnello » (Ap 19,7.9), in cui è
posta la meta di tutta la storia della salvezza. In tal senso essa costituisce
un efficace rimando a quell'orizzonte escatologico di cui ogni uomo ha bisogno
per poter orientare le proprie scelte e decisioni di vita.
Eucaristia e trasformazione morale
82.
Scoprendo la bellezza della forma eucaristica dell'esistenza cristiana siamo
portati anche a riflettere sulle energie morali che da tale forma vengono
attivate a sostegno dell'autentica libertà propria dei figli di Dio. Intendo
con ciò riprendere una tematica emersa nel Sinodo riguardo al legame tra
forma eucaristica dell'esistenza e trasformazione morale. Il Papa
Giovanni Paolo II aveva affermato che la vita morale « possiede il valore di
un « culto spirituale » (Rm 12,1; cfr Fil 3,3), attinto e
alimentato da quella inesauribile sorgente di santità e di glorificazione di
Dio che sono i Sacramenti, in specie l'Eucaristia: infatti, partecipando al
Sacrificio della Croce, il cristiano comunica con l'amore di donazione di
Cristo ed è abilitato e impegnato a vivere questa stessa carità in tutti i
suoi atteggiamenti e comportamenti di vita ».(228) In definitiva, « nel «
culto » stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l'essere amati e
l'amare a propria volta gli altri. Un'Eucaristia che non si traduca in amore
concretamente praticato è in se stessa frammentata ».(229)
Questo
richiamo alla valenza morale del culto spirituale non va interpretato in
chiave moralistica. È innanzitutto la felice scoperta del dinamismo dell'amore
nel cuore di chi accoglie il dono del Signore, si abbandona a Lui e trova la
vera libertà. La trasformazione morale, implicata nel nuovo culto istituito da
Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di voler corrispondere
all'amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella consapevolezza
della propria fragilità. Ciò di cui parliamo ben si rispecchia nel racconto
evangelico relativo a Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Dopo aver ospitato Gesù
nella sua casa, il pubblicano si ritrova completamente trasformato: decide di
dare metà dei suoi averi ai poveri e di restituire quattro volte tanto a
coloro ai quali ha rubato. La tensione morale che nasce dall'ospitare Gesù
nella nostra vita scaturisce dalla gratitudine per aver sperimentato
l'immeritata vicinanza del Signore.
Coerenza eucaristica
83. È
importante rilevare ciò che i Padri sinodali hanno qualificato come
coerenza eucaristica, a cui la nostra esistenza è oggettivamente chiamata.
Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza
conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica
testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati,
ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la
posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a
proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita
umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul
matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la
promozione del bene comune in tutte le sue forme.(230) Tali valori non sono
negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della
loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente
interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e
sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana.(231) Ciò ha
peraltro un nesso obiettivo con l'Eucaristia (cfr 1 Cor 11,27-29). I
Vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della
loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato.(232)
Eucaristia, mistero da annunciare
Eucaristia e missione
84.
Nell'omelia durante la Celebrazione eucaristica con cui ho dato inizio solenne
al mio ministero sulla Cattedra di Pietro ho detto: « Non vi è niente di più
bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente
di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con Lui
».(233) Questa affermazione acquista una più forte intensità se pensiamo al
Mistero eucaristico. In effetti, non possiamo tenere per noi l'amore che
celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a
tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l'amore di Dio, è incontrare Cristo e
credere in Lui. Per questo l'Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita
della Chiesa; lo è anche della sua missione: « Una Chiesa autenticamente
eucaristica è una Chiesa missionaria ».(234) Anche noi dobbiamo poter dire ai
nostri fratelli con convinzione: « Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi! » (1
Gv 1,3). Veramente non c'è niente di più bello che incontrare e comunicare
Cristo a tutti. La stessa istituzione dell'Eucaristia, del resto, anticipa ciò
che costituisce il cuore della missione di Gesù: Egli è l'inviato del Padre
per la redenzione del mondo (cfr Gv 3,16- 17; Rm 8,32).
Nell'Ultima Cena Gesù affida ai suoi discepoli il Sacramento che attualizza il
sacrificio da Lui fatto di se stesso in obbedienza al Padre per la salvezza di
tutti noi. Non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci
trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso
di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini. Pertanto, è parte costitutiva
della forma eucaristica dell'esistenza cristiana la tensione missionaria.
Eucaristia e testimonianza
85. La
prima e fondamentale missione che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è
di rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci
ha fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo
impegnandoci ad essere testimoni del suo amore. Diveniamo testimoni quando,
attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si
comunica. Si può dire che la testimonianza è il mezzo con cui la verità
dell'amore di Dio raggiunge l'uomo nella storia, invitandolo ad accogliere
liberamente questa novità radicale. Nella testimonianza Dio si espone, per
così dire, al rischio della libertà dell'uomo. Gesù stesso è il testimone
fedele e verace (cfr Ap 1,5; 3,14); è venuto per rendere testimonianza
alla verità (cfr Gv 18,37). In quest'ordine di riflessioni mi preme
riprendere un concetto caro ai primi cristiani, ma che colpisce anche noi,
cristiani di oggi: la testimonianza fino al dono di se stessi, fino al
martirio, è sempre stata considerata nella storia della Chiesa il culmine del
nuovo culto spirituale: « Offrite i vostri corpi » (Rm 12,1). Si pensi,
ad esempio, al racconto del martirio di san Policarpo di Smirne, discepolo di
san Giovanni: tutta la drammatica vicenda è descritta come liturgia, anzi come
un divenire Eucaristia del martire stesso.(235) Pensiamo anche alla coscienza
eucaristica che Ignazio di Antiochia esprime in vista del suo martirio: egli
si considera « frumento di Dio » e desidera di diventare nel martirio « pane
puro di Cristo ».(236) Il cristiano che offre la sua vita nel martirio entra
nella piena comunione con la Pasqua di Gesù Cristo e così diviene egli stesso
con Lui Eucaristia. Ancora oggi non mancano alla Chiesa martiri in cui si
manifesta in modo supremo l'amore di Dio. Anche quando non ci viene chiesta la
prova del martirio, tuttavia, sappiamo che il culto gradito a Dio postula
intimamente questa disponibilità(237) e trova la sua realizzazione nella lieta
e convinta testimonianza, di fronte al mondo, di una vita cristiana coerente
negli ambiti dove il Signore ci chiama ad annunciarlo.
Cristo Gesù, unico Salvatore
86.
Sottolineare il rapporto intrinseco tra Eucaristia e missione ci fa riscoprire
anche il contenuto ultimo del nostro annuncio. Quanto più nel cuore del popolo
cristiano sarà vivo l'amore per l'Eucaristia, tanto più gli sarà chiaro il
compito della missione: portare Cristo. Non solo un'idea o un'etica a
Lui ispirata, ma il dono della sua stessa Persona. Chi non comunica la verità
dell'Amore al fratello non ha ancora dato abbastanza. L'Eucaristia come
sacramento della nostra salvezza ci richiama così inevitabilmente all'unicità
di Cristo e della salvezza da Lui compiuta a prezzo del suo sangue. Pertanto,
dal Mistero eucaristico, creduto e celebrato, sorge l'esigenza di educare
costantemente tutti al lavoro missionario il cui centro è l'annuncio di Gesù,
unico Salvatore.(238) Ciò impedirà di ridurre in chiave meramente sociologica
la decisiva opera di promozione umana sempre implicata in ogni autentico
processo di evangelizzazione.
Libertà di culto
87. In
questo contesto, desidero dare voce a quanto hanno affermato i Padri durante
l'Assemblea sinodale riguardo alle gravi difficoltà che investono la missione
di quelle comunità cristiane che vivono in condizioni di minoranza o
addirittura di privazione della libertà religiosa.(239) Dobbiamo rendere
veramente grazie al Signore per tutti i Vescovi, sacerdoti, persone consacrate
e laici, che si prodigano nell'annunciare il Vangelo e vivono la loro fede
mettendo a repentaglio la propria vita. Non sono poche le regioni del mondo
nelle quali il solo recarsi in Chiesa costituisce un'eroica testimonianza che
espone la vita del soggetto all'emarginazione e alla violenza. Anche in questa
circostanza voglio confermare la solidarietà di tutta la Chiesa con coloro che
soffrono per la mancanza di libertà di culto. Là dove manca la libertà
religiosa, lo sappiamo, manca in definitiva la libertà più significativa,
poiché nella fede l'uomo esprime l'intima decisione riguardo al senso ultimo
della propria esistenza. Preghiamo, pertanto, che si allarghino gli spazi
della libertà religiosa in tutti gli Stati, affinché i cristiani, come pure i
membri delle altre religioni, possano liberamente vivere le loro convinzioni,
personalmente e in comunità.
Eucaristia, mistero da offrire al mondo
Eucaristia, pane spezzato per la vita del mondo
88. « Il
pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Con
queste parole il Signore rivela il vero significato del dono della propria
vita per tutti gli uomini. Esse ci mostrano anche l'intima compassione che
Egli ha per ogni persona. In effetti, tante volte i Vangeli ci riportano i
sentimenti di Gesù nei confronti degli uomini, in special modo dei sofferenti
e dei peccatori (cfr Mt 20,34; Mc 6,34; Lc 19,41). Egli
esprime attraverso un sentimento profondamente umano l'intenzione salvifica di
Dio per ogni uomo, affinché raggiunga la vita vera. Ogni Celebrazione
eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che Gesù ha fatto della
propria vita sulla Croce per noi e per il mondo intero. Al tempo stesso,
nell'Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni
fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio
della carità nei confronti del prossimo, che « consiste appunto nel fatto che
io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco.
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un
incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il
sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con
i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo
».(240) In tal modo riconosco, nelle persone che avvicino, fratelli e sorelle
per i quali il Signore ha dato la sua vita amandoli « fino alla fine » (Gv
13,1). Di conseguenza, le nostre comunità, quando celebrano l'Eucaristia,
devono prendere sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e
pertanto l'Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi « pane spezzato »
per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno.
Pensando alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che
Cristo ancora oggi continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in
prima persona: « Date loro voi stessi da mangiare » (Mt14,16). Davvero
la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane
spezzato per la vita del mondo.
Le
implicazioni sociali del Mistero eucaristico
89.
L'unione con Cristo che si realizza nel Sacramento ci abilita anche ad una
novità di rapporti sociali: « la « mistica » del Sacramento ha un carattere
sociale ». Infatti, « l'unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti
gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo solo per me; posso
appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o
diventeranno suoi ».(241) A questo proposito è necessario esplicitare la
relazione tra Mistero eucaristico e impegno sociale. L'Eucaristia è sacramento
di comunione tra fratelli e sorelle che accettano di riconciliarsi in Cristo,
il quale ha fatto di ebrei e pagani un popolo solo, abbattendo il muro di
inimicizia che li separava (cfr Ef 2,14). Solo questa costante tensione
alla riconciliazione consente di comunicare degnamente al Corpo e al Sangue di
Cristo (cfr Mt 5,23-24).(242) Attraverso il memoriale del suo
sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i fratelli e, in particolare,
sollecita coloro che sono in conflitto ad affrettare la loro riconciliazione
aprendosi al dialogo e all'impegno per la giustizia. È fuori dubbio che
condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della giustizia,
la riconciliazione e il perdono.(243) Da questa consapevolezza nasce la
volontà di trasformare anche le strutture ingiuste per ristabilire il rispetto
della dignità dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. È attraverso
lo svolgimento concreto di questa responsabilità che l'Eucaristia diventa
nella vita ciò che essa significa nella celebrazione. Come ho avuto modo di
affermare, non è compito proprio della Chiesa quello di prendere nelle sue
mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile;
tuttavia, essa non può e non deve neanche restare ai margini della lotta per
la giustizia. La Chiesa « deve inserirsi in essa per via dell'argomentazione
razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia,
che sempre richiede anche rinunzie, non può affermarsi e prosperare ».(244)
Nella
prospettiva della responsabilità sociale di tutti i cristiani i Padri sinodali
hanno ricordato che il sacrificio di Cristo è mistero di liberazione che ci
interpella e provoca continuamente. Rivolgo pertanto un appello a tutti i
fedeli ad essere realmente operatori di pace e di giustizia: « Chi partecipa
all'Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a costruire la pace nel nostro mondo
segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo particolare, dal
terrorismo, dalla corruzione economica e dallo sfruttamento sessuale ».(245)
Tutti problemi, questi, che a loro volta generano altri fenomeni avvilenti che
destano viva preoccupazione. Noi sappiamo che queste situazioni non possono
essere affrontate in modo superficiale. Proprio in forza del Mistero che
celebriamo, occorre denunciare le circostanze che sono in contrasto con la
dignità dell'uomo, per il quale Cristo ha versato il suo sangue, affermando
così l'alto valore di ogni singola persona.
Il
cibo della verità e l'indigenza dell'uomo
90. Non
possiamo rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione che
non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra ricchi e poveri a livello
mondiale. Dobbiamo denunciare chi dilapida le ricchezze della terra,
provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo (cfr Gc 5,4). Ad
esempio, è impossibile tacere di fronte alle « immagini sconvolgenti dei
grandi campi di profughi o di rifugiati – in diverse parti del mondo –
raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto
bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle? Non sono
i loro bambini venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità
degli altri? ».(246) Il Signore Gesù, Pane di vita eterna, ci sprona e ci
rende attenti alle situazioni di indigenza in cui versa ancora gran parte
dell'umanità: sono situazioni la cui causa implica spesso una chiara ed
inquietante responsabilità degli uomini. Infatti, « sulla base di dati
statistici disponibili si può affermare che meno della metà delle immense
somme globalmente destinate agli armamenti sarebbe più che sufficiente per
togliere stabilmente dall'indigenza lo sterminato esercito dei poveri. La
coscienza umana ne è interpellata. Alle popolazioni che vivono sotto la soglia
della povertà, più a causa di situazioni dipendenti dai rapporti
internazionali politici, commerciali e culturali, che non a motivo di
circostanze incontrollabili, il nostro comune impegno nella verità può e deve
dare nuova speranza ».(247)
Il cibo
della verità ci spinge a denunciare le situazioni indegne dell'uomo, in cui si
muore per mancanza di cibo a causa dell'ingiustizia e dello sfruttamento, e ci
dona nuova forza e coraggio per lavorare senza sosta all'edificazione della
civiltà dell'amore. Dall'inizio i cristiani si sono preoccupati di condividere
i loro beni (cfr At 4,32) e di aiutare i poveri (cfr Rm 15,26).
L'elemosina che si raccoglie nelle assemblee liturgiche ne è un vivo ricordo,
ma è anche una necessità assai attuale. Le istituzioni ecclesiali di
beneficenza, in particolare la Caritas a vari livelli, svolgono il
prezioso servizio di aiutare le persone in necessità, soprattutto i più
poveri. Traendo ispirazione dall'Eucaristia, che è il sacramento della carità,
esse ne divengono l'espressione concreta; meritano perciò ogni plauso ed
incoraggiamento per il loro impegno solidale nel mondo.
La
dottrina sociale della Chiesa
91. Il
mistero dell'Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso nelle
strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti che ha nel
dono di Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni
santa Messa: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano », ci obbliga a fare tutto
il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali,
private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo della fame
e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di persone,
soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il cristiano laico in particolare,
formato alla scuola dell'Eucaristia, è chiamato ad assumere direttamente la
propria responsabilità politica e sociale. Perché egli possa svolgere
adeguatamente i suoi compiti occorre prepararlo attraverso una concreta
educazione alla carità e alla giustizia. Per questo, come è stato richiesto
dal Sinodo, è necessario che nelle Diocesi e nelle comunità cristiane venga
fatta conoscere e promossa la dottrina sociale della Chiesa.(248) In questo
prezioso patrimonio, proveniente dalla più antica tradizione ecclesiale,
troviamo gli elementi che orientano con profonda sapienza il comportamento dei
cristiani di fronte alle questioni sociali scottanti. Questa dottrina,
maturata durante tutta la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo ed
equilibrio, aiutando così ad evitare fuorvianti compromessi o vacue utopie.
Santificazione del mondo e salvaguardia del creato
92.
Infine, per sviluppare una spiritualità eucaristica profonda, capace di
incidere significativamente anche nel tessuto sociale, è necessario che il
popolo cristiano, che rende grazie per mezzo dell'Eucaristia, abbia coscienza
di farlo in nome dell'intera creazione, aspirando così alla santificazione del
mondo e lavorando intensamente a tal fine.(249) L'Eucaristia stessa getta una
luce potente sulla storia umana e su tutto il cosmo. In questa prospettiva
sacramentale impariamo, giorno per giorno, che ogni evento ecclesiale possiede
il carattere di segno, attraverso il quale Dio comunica se stesso e ci
interpella. In tal maniera, la forma eucaristica dell'esistenza può davvero
favorire un autentico cambiamento di mentalità nel modo con cui leggiamo la
storia ed il mondo. La liturgia stessa ci educa a tutto questo, quando,
durante la presentazione dei doni, il sacerdote rivolge a Dio una preghiera di
benedizione e di richiesta in relazione al pane e al vino, « frutto della
terra », « della vite » e del « lavoro dell'uomo ». Con queste parole, oltre
che coinvolgere nell'offerta a Dio tutta l'attività e la fatica umana, il rito
ci spinge a considerare la terra come creazione di Dio, che produce per noi
ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro sostentamento. Essa non è una realtà
neutrale, mera materia da utilizzare indifferentemente secondo l'umano
istinto. Piuttosto si colloca all'interno del disegno buono di Dio, per il
quale tutti noi siamo chiamati ad essere figli e figlie nell'unico Figlio di
Dio, Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-12). Le giuste preoccupazioni per le
condizioni ecologiche in cui versa il creato in tante parti del mondo trovano
conforto nella prospettiva della speranza cristiana, che ci impegna ad operare
responsabilmente per la salvaguardia del creato.(250) Nel rapporto tra
l'Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l'unità del disegno di Dio e siamo
portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la « nuova
creazione », inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo. Ad essa noi
partecipiamo già ora in forza del Battesimo (cfr Col 2,12s) e così alla
nostra vita cristiana, nutrita dall'Eucaristia, si apre la prospettiva del
mondo nuovo, del nuovo cielo e della nuova terra, dove la nuova Gerusalemme
scende dal cielo, da Dio, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap
21,2).
Utilità di un Compendio eucaristico
93. Al
termine di queste riflessioni, in cui ho voluto soffermarmi sugli orientamenti
emersi nel Sinodo, desidero accogliere anche la richiesta che i Padri hanno
avanzato per aiutare il popolo cristiano a credere, celebrare e vivere sempre
meglio il Mistero eucaristico. A cura dei competenti Dicasteri sarà pubblicato
un Compendio, che raccoglierà testi del Catechismo della Chiesa
Cattolica, orazioni, spiegazioni delle Preghiere Eucaristiche del Messale e
quant'altro possa rivelarsi utile per la corretta comprensione, celebrazione e
adorazione del Sacramento dell'altare.(251) Mi auguro che questo strumento
possa contribuire a fare sì che il memoriale della Pasqua del Signore diventi
ogni giorno di più fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Ciò stimolerà ogni fedele a fare della propria vita un vero culto spirituale.
CONCLUSIONE
94. Cari
fratelli e sorelle, l'Eucaristia è all'origine di ogni forma di santità ed
ognuno di noi è chiamato a pienezza di vita nello Spirito Santo. Quanti santi
hanno reso autentica la propria vita grazie alla loro pietà eucaristica! Da
sant'Ignazio d'Antiochia a sant'Agostino, da sant'Antonio Abate a san
Benedetto, da san Francesco d'Assisi a san Tommaso d'Aquino, da santa Chiara
d'Assisi a santa Caterina da Siena, da san Pasquale Baylon a san Pier Giuliano
Eymard, da sant'Alfonso M. de' Liguori al beato Charles de Foucauld, da san
Giovanni Maria Vianney a santa Teresa di Lisieux, da san Pio da Pietrelcina
alla beata Teresa di Calcutta, dal beato Piergiorgio Frassati al beato Ivan
Mertz, per fare solo alcuni dei tantissimi nomi, la santità ha sempre trovato
il suo centro nel Sacramento dell'Eucaristia.
È perciò
necessario che nella Chiesa questo santissimo Mistero sia veramente creduto,
devotamente celebrato e intensamente vissuto. Il dono che Gesù fa di sé nel
Sacramento memoriale della sua passione ci attesta che la riuscita della
nostra vita sta nella partecipazione alla vita trinitaria, che in Lui ci è
offerta in modo definitivo ed efficace. La celebrazione e l'adorazione
dell'Eucaristia permettono di accostarci all'amore di Dio e di aderirvi
personalmente fino all'unione con l'amato Signore. L'offerta della nostra
vita, la comunione con tutta la comunità dei credenti e la solidarietà con
ogni uomo sono aspetti imprescindibili della « logiké latreía », del
culto spirituale, santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1), in cui tutta la
nostra concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio. Invito pertanto
tutti i pastori a porre la massima attenzione nella promozione di una
spiritualità cristiana autenticamente eucaristica. I presbiteri, i diaconi e
tutti coloro che svolgono un ministero eucaristico possano sempre trarre da
questi stessi servizi, adempiuti con cura e costante preparazione, forza e
stimolo per il proprio personale e comunitario cammino di santificazione.
Esorto tutti i laici, le famiglie in particolare, a trovare continuamente nel
Sacramento dell'amore di Cristo l'energia per trasformare la propria vita in
un segno autentico della presenza del Signore risorto. Chiedo a tutti i
consacrati e consacrate di mostrare con la propria esistenza eucaristica lo
splendore e la bellezza di appartenere totalmente al Signore.
95.
All'inizio del quarto secolo il culto cristiano era ancora proibito dalle
autorità imperiali. Alcuni cristiani del Nord Africa, che si sentivano
impegnati alla celebrazione del Giorno del Signore, sfidarono la proibizione.
Furono martirizzati mentre dichiaravano che non era loro possibile vivere
senza l'Eucaristia, cibo del Signore: sine dominico non possumus.(252)
Questi martiri di Abitine, uniti a tanti Santi e Beati che hanno fatto
dell'Eucaristia il centro della loro vita, intercedano per noi e ci insegnino
la fedeltà all'incontro con Cristo risorto. Anche noi non possiamo vivere
senza partecipare al Sacramento della nostra salvezza e desideriamo essere
iuxta dominicam viventes, tradurre cioè nella vita quello che celebriamo
nel Giorno del Signore. Questo giorno, in effetti, è il giorno della nostra
definitiva liberazione. C'è da meravigliarsi se desideriamo che ogni giorno
sia vissuto secondo la novità introdotta da Cristo con il mistero
dell'Eucaristia?
96. Maria
Santissima, Vergine immacolata, arca della nuova ed eterna alleanza, ci
accompagni in questo cammino incontro al Signore che viene. In Lei troviamo
realizzata l'essenza della Chiesa nel modo più perfetto. La Chiesa vede in
Maria, « Donna eucaristica » – come l'ha chiamata il Servo di Dio Giovanni
Paolo II (253) –, la propria icona meglio riuscita e la contempla come modello
insostituibile di vita eucaristica. Per questo, alla presenza del « verum
Corpus natum de Maria Virgine » sull'altare, il sacerdote, a nome
dell'assemblea liturgica, afferma con le parole del canone: « Ricordiamo e
veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e
Signore Gesù Cristo » (254). Il suo santo nome è invocato e venerato anche nei
canoni delle tradizioni orientali cristiane. I fedeli, per parte loro, «
raccomandano a Maria, Madre della Chiesa, la loro esistenza ed il loro lavoro.
Sforzandosi di avere gli stessi sentimenti di Maria, aiutano tutta la comunità
a vivere in offerta viva, gradita al Padre ».(255) Lei è la Tota pulchra,
la Tutta bella, poiché in Lei risplende il fulgore della gloria di Dio. La
bellezza della liturgia celeste, che deve riflettersi anche nelle nostre
assemblee, trova in Lei uno specchio fedele. Da Lei dobbiamo imparare a
diventare noi stessi persone eucaristiche ed ecclesiali per poter anche noi,
secondo la parola di san Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del
Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (cfr Col 1,21;
Ef 1,4).(256)
97. Per
intercessione della Beata Vergine Maria, lo Spirito Santo accenda in noi lo
stesso ardore che sperimentarono i discepoli di Emmaus (cfr Lc
24,13-35) e rinnovi nella nostra vita lo stupore eucaristico per lo splendore
e la bellezza che rifulgono nel rito liturgico, segno efficace della stessa
bellezza infinita del mistero santo di Dio. Quei discepoli si alzarono e
ritornarono in fretta a Gerusalemme per condividere la gioia con i fratelli e
le sorelle nella fede. La vera gioia infatti è riconoscere che il Signore
rimane tra noi, compagno fedele del nostro cammino. L'Eucaristia ci fa
scoprire che Cristo, morto e risorto, si mostra nostro contemporaneo nel
mistero della Chiesa, suo Corpo. Di questo mistero d'amore siamo resi
testimoni. Auguriamoci vicendevolmente di andare colmi di gioia e di
meraviglia all'incontro con la santa Eucaristia, per sperimentare e annunciare
agli altri la verità della parola con cui Gesù si è congedato dai suoi
discepoli: « Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo » (Mt
28,20).
Dato a
Roma, presso San Pietro, il 22 febbraio 2007, festa della Cattedra di San
Pietro Apostolo, secondo del mio Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
(1) Cfr
S. Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae III, q. 73, a. 3.
(2) S.
Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus, 26.5: PL 35, 1609.
(3)
Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la
Dottrina della fede (10 febbraio 2006) : AAS 98 (2006), 255.
(4) Cfr
Benedetto XVI,
Discorso ai Membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del
Sinodo dei Vescovi (1 giugno 2006): L'Osservatore Romano, 2 giugno
2006, p. 5.
(5) Cfr
Propositio 2.
(6) Mi
riferisco qui alla necessità di una ermeneutica della continuità anche in
riferimento ad una corretta lettura dello sviluppo liturgico dopo il Concilio
Vaticano II: cfr Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005): AAS 98 (2006),
44-45.
(7) Cfr
AAS 97 (2005), 337-352.
(8) Cfr
Anno dell'Eucaristia: suggerimenti e proposte (15 ottobre 2004):
L'Osservatore Romano, 15 ottobre 2004, Supplemento.
(9) Cfr
AAS 95 (2003), 433-475. Si ricordi anche l'Istr. della Congregazione per
il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004): AAS 96 (2004),
549-601, voluta espressamente da Giovanni Paolo II.
(10) Solo
per ricordare i principali: Conc. Ecum. di Trento, Doctrina et canones de
ss. Missae sacrificio, DS 1738-1759; Leone XIII, Lett. enc.
Mirae caritatis (28 maggio 1902): ASS (1903), 115-136; Pio XII,
Lett. enc.
Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 521-595; Paolo
VI, Lett. enc.
Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 753-774;
Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003): AAS 95 (2003),
433-475; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967): AAS 59 (1967),
539-573; Istr. Liturgiam authenticam(28 marzo 2001): AAS 93
(2001), 685-726.
(11) Cfr
Propositio 1.
(12) N.
14: AAS 98 (2006), 229.
(13)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1327.
(14)
Propositio 16.
(15)
Benedetto XVI,
Omelia in occasione dell'insediamento sulla Cattedra Romana (7 maggio
2005): AAS 97 (2005), 752.
(16) Cfr Propositio 4.
(17) De Trinitate, VIII, 8, 12: CCL 50, 287.
(18) Lett. enc.
Deus caritas est (25 dicembre 2005), 12: AAS 98 (2006), 228.
(19) Cfr
Propositio 3.
(20)
Breviario Romano, Inno all'Ufficio delle Letture della solennità del Corpus
Domini.
(21) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est, (25 dicembre 2005), 13: AAS 98 (2006), 228.
(22) Cfr
Benedetto XVI,
Omelia sulla Spianata di Marienfeld (21 Agosto 2005): AAS 97
(2005), 891-892.
(23) Cfr
Propositio 3.
(24) Cfr
Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV.
(25)
Catechesi XXIII, 7: PG 33, 1114 s.
(26) Cfr
Sul Sacerdozio, VI, 4: PG 48, 681.
(27)
Ibidem, III, 4: PG 48, 642.
(28)
Propositio 22.
(29) Cfr
Propositio 42: « Questo incontro eucaristico si realizza nello Spirito
Santo che ci trasforma e santifica. Egli risveglia nel discepolo la volontà
decisa di annunciare agli altri, con audacia, quanto si è ascoltato e vissuto,
per condurre anche loro allo stesso incontro con Cristo. In questo modo, il
discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una missione senza frontiere ».
(30) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 3; ad esempio, si veda S. Giovanni Crisostomo,
Catechesi 3,13-19: SC 50,174-177.
(31)
Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 1: AAS 95 (2003),
433.
(32)
Ibidem, 21: AAS 95 (2003), 447.
(33) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptor hominis (4
marzo 1979), 20: AAS 71 (1979), 309-316; Lett. ap.
Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 4: AAS 72 (1980), 119-121.
(34) Cfr
Propositio 5.
(35) S.
Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae, III, q. 80, a 4.
(36) N.
38: AAS 95 (2003), 458.
(37) Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 23.
(38)
Congregazione per la Dottrina della fede, Lettera su alcuni aspetti della
Chiesa intesa come comunione
Communionis Notio (28 maggio 1992), 11: AAS 85 (1993), 844-845.
(39)
Propositio 5: « Il termine “cattolico” esprime l'universalità proveniente
dall'unità che l'Eucaristia, celebrata in ogni Chiesa, favorisce ed edifica.
Le Chiese particolari nella Chiesa universale hanno così, nell'Eucaristia, il
compito di rendere visibile la loro propria unità e la loro diversità. Questo
legame di amore fraterno lascia trasparire la comunione trinitaria. I concili
e i sinodi esprimono nella storia quest'aspetto fraterno della Chiesa ».
(40) Cfr
ibidem.
(41)
Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 5.
(42) Cfr
Propositio 14.
(43)
Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 1.
(44) De Orat. Dom., 23: PL 4, 553.
(45) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48; cfr anche ibidem 9.
(46) Cfr
Propositio 13.
(47) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 7.
(48) Cfr
ibidem, 11; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa
Ad gentes, 9.13;
(49) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. ap.
Dominicae Cenae (24 febbraio 1980),7: AAS 72 (1980), 124-127;
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 5.
(50) Cfr
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 710.
(51) Cfr
Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, introd. gen. nn. 34-36.
(52) Cfr
Rito del Battesimo dei bambini, introd. nn. 18-19.
(53) Cfr
Propositio 15.
(54) Cfr
Propositio 7; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 36: AAS 95 (2003),
457-458.
(55) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), 18: AAS 77
(1985), 224-228.
(56) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1385.
(57) Si
pensi qui al Confiteor o alle parole del sacerdote e dell'assemblea
prima di accostarsi all'altare: « Signore, non sono degno di partecipare
alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato! ». Non è
senza significato che la liturgia preveda anche per il sacerdote alcune
preghiere molto belle, consegnateci dalla tradizione, che richiamano al
bisogno di essere perdonati, come ad esempio quella pronunciata sottovoce,
prima di invitare i fedeli alla comunione sacramentale: « per il santo
mistero del tuo corpo e del tuo sangue liberami da ogni colpa e da ogni male,
fa che sia sempre fedele alla tua legge e non sia mai separato da te ».
(58) Cfr
S. Giovanni Damasceno, Sulla retta fede, IV, 9: PG 94, 1124C; s.
Gregorio Nazianzeno, Discorso 39, 17: PG 36, 356A; Conc. Ecum.
di Trento, Doctrina de sacramento paenitentiae, cap. 2: DS 1672.
(59) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), 30: AAS 77
(1985), 256-257.
(60) Cfr
Propositio 7.
(61) Cfr
Giovanni Paolo II, Motu proprio
Misericordia Dei (7 aprile 2002): AAS 94 (2002), 452-459.
(62)
Insieme ai Padri sinodali ricordo che le celebrazioni penitenziali non
sacramentali, menzionate nel rituale del sacramento della Riconciliazione,
possono essere utili per incrementare lo spirito di conversione e di comunione
nelle comunità cristiane, preparando così i cuori alla celebrazione del
sacramento: cfr Propositio 7.
(63) Cfr
Codice di Diritto Canonico, can. 508.
(64)
Paolo VI, Cost. ap.
Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967), Normae, n.1: AAS
59 (1967), 21.
(65)
Ibidem, 9: AAS 59 (1967), 18-19.
(66) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1499-1531.
(67)
Ibidem, 1524.
(68) Cfr
Propositio 44.
(69) Cfr
Sinodo dei Vescovi, II Assemblea Generale, Documento sul sacerdozio
ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre 1971): AAS 63
(1971), 898-942.
(70) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 42-69: AAS 84 (1992),
729-778.
(71) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 10; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera
circa alcune questioni riguardanti il ministro dell'Eucaristia
Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983): AAS 75 (1983), 1001-
1009.
(72)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1548.
(73)
Ibidem, 1552.
(74) Cfr
In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5: PL 35, 1967.
(75) Cfr
Propositio 11.
(76) Cfr
Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 16.
(77) Cfr
Giovanni XXIII, Lett. enc.
Sacerdotii nostri primordia(1 agosto 1959): AAS 51 (1959),
545-579; Paolo VI, Lett. enc.
Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967): AAS 59 (1967),
657-697; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 29: AAS 84 (1992),
703-705; Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006): L'Osservatore Romano,
23 dicembre 2006, p. 6.
(78) Cfr
Propositio 11.
(79) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius,
6; Codice di Diritto Canonico, can. 241, § 1 e can. 1029; Codice dei
Canoni delle Chiese Orientali, can. 342, § 1 e can. 758; Giovanni Paolo II,
Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) 11.34.50: AAS 84 (1992),
673-675; 712-714; 746-748; Congregazione per il Clero, Direttorio per il
ministero e la vita dei presbiteri Dives Ecclesiae (31 marzo 1994), 58:
LEV, 1994, pp. 56-58; Congregazione per l'educazione cattolica, Istruzione
circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con
tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini
sacri (4 novembre 2005): AAS 97 (2005), 1007-1013.
(80) Cfr
Propositio 12; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) 41: AAS 84 (1992), 726-729.
(81) Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 29.
(82) Cfr
Propositio 38.
(83) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22
novembre 1981), 57: AAS 74 (1982), 149-150.
(84) Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988),
26: AAS 80 (1988), 1715-1716.
(85)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1617.
(86) Cfr
Propositio 8.
(87) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11.
(88) Cfr
Propositio 8.
(89) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988):
AAS 80 (1988), 1653-1729; Congregazione per la dottrina della fede,
Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e
della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004): AAS 96 (2004),
671-687.
(90) Cfr
Propositio 9.
(91) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1640.
(92) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22
novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 184-186; Congregazione per la
Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la
recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati
Annus Internationalis Familiae (14 settembre 1994): AAS 86
(1994), 974-979.
(93) Cfr
Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, Istruzione sulle norme da
osservarsi nei tribunali ecclesiastici nelle cause matrimonialiDignitas
connubii (25 gennaio 2005), Città del Vaticano, 2005.
(94) Cfr
Propositio 40.
(95)
Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana in occasione
dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (28 gennaio 2006): AAS 98
(2006), 138.
(96) Cfr Propositio 40.
(97) Cfr ibidem.
(98) Cfr ibidem.
(99) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48.
(100) Cfr
Propositio 3.
(101)
Vorrei qui richiamare le parole piene di speranza e di conforto che troviamo
nella Preghiera eucaristica II: « ricordati dei nostri fratelli che si sono
addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si
affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto ».
(102) Cfr
Benedetto XVI, Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 15-16.
(103)
Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 58.
(104)
Propositio 4.
(105)
Relatio post disceptationem, 4: L'Osservatore Romano, 14 ottobre
2005, p. 5.
(106) Cfr
Sermo 1, 7; 11, 10; 22, 7; 29, 76: Sermones dominicales ad fidem
codicum nunc denuo editi, Grottaferrata 1977, pp.135, 209 s., 292 s., 337;
Benedetto XVI, Messaggio ai Movimenti Ecclesiali e alle Nuove Comunità (22
maggio 2006): AAS 98 (2006), 463.
(107) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
Gaudium et spes, 22.
(108) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina rivelazione Dei Verbum,
2.4.
(109) Propositio 33.
(110) Sermo 227, 1: PL 38, 1099.
(111) S. Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus
21, 8: PL 35, 1568.
(112) Ibidem, 28,1: PL 35, 1622.
(113) Cfr
Propositio 30. Anche la santa Messa che la Chiesa celebra durante la
settimana, ed a cui i fedeli sono invitati a partecipare, trova la sua forma
propria nel giorno del Signore, il giorno della risurrezione di Cristo;
Propositio 43.
(114) Cfr
Propositio 2.
(115) Cfr
Propositio 25
(116) Cfr
Propositio 19. La Propositio 25 specifica: « Un'autentica azione
liturgica esprime la sacralità del Mistero eucaristico. Questa dovrebbe
trasparire nelle parole e nelle azioni del sacerdote celebrante, mentre egli
intercede presso Dio Padre sia con i fedeli sia per loro ».
(117)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 22; Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 41; Congregazione
per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis
Sacramentum (25 marzo 2004),19-25: AAS 96 (2004), 555-557.
(118) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus, 14; Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
41.
(119)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 22.
(120) Cfr
ibidem.
(121) Cfr
Propositio 25.
(122) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
112-130.
(123) Cfr
Propositio 27.
(124) Cfr
ibidem.
(125) Per
tutto quanto riguarda questi aspetti occorre attenersi fedelmente a quanto
indicato nell'Ordinamento Generale del Messale Romano, 319-351.
(126) Cfr
Ordinamento Generale del Messale Romano, 39-41; Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum
Concilium, 112-118.
(127)
Sermo 34,1: PL 38, 210.
(128) Cfr
Propositio 25: « Come tutte le espressioni artistiche anche il canto
deve essere intimamente armonizzato con la liturgia, partecipare efficacemente
al suo fine, ossia deve esprimere la fede, la preghiera, lo stupore, l'amore
verso Gesù presente nell'Eucaristia ».
(129) Cfr
Propositio 29.
(130) Cfr
Propositio 36.
(131) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
116; Ordinamento Generale del Messale Romano, 41.
(132)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 28; cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 56; Sacra
Congregazione dei Riti, Istr. Eucharisticum Mysterium (25 maggio 1967),
3: AAS 57 (1967), 540-543.
(133) Cfr
Propositio 18.
(134)
Ibidem.
(135)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 29.
(136) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et Ratio
(14 settembre 1998), 13: AAS 91 (1999), 15-16.
(137) S.
Gerolamo, Comm. in Is., Prol.: PL 24, 17; cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25.
(138) Cfr
Propositio 31.
(139)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 29; cfr Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
7.33.52.
(140) Propositio 19.
(141) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 52.
(142) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina
Rivelazione Dei Verbum, 21.
(143) A
tale scopo il Sinodo ha esortato ad elaborare sussidi pastorali, basati sul
lezionario triennale, che aiutino a legare in modo intrinseco la proclamazione
delle letture previste con la dottrina della fede: cfr Propositio 19.
(144) Cfr
Propositio 20.
(145)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 78.
(146) Cfr
ibidem, 78-79.
(147) Cfr
Propositio 22.
(148)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 79d.
(149)
Ibidem, 79c.
(150)
Tenendo conto di consuetudini antiche e venerabili e dei desideri espressi dai
Padri sinodali, ho chiesto ai competenti Dicasteri di studiare la possibilità
di collocare lo scambio della pace in altro momento, ad esempio prima della
presentazione dei doni all'altare. Tale scelta, peraltro, non mancherebbe di
suscitare un significativo richiamo all'ammonimento del Signore sulla
necessaria riconciliazione previa ad ogni offerta a Dio (cfr Mt5,23s):
cfr Propositio 23.
(151) Cfr
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 80-96: AAS 96 (2004),
574-577.
(152) Cfr
Propositio 34.
(153) Cfr
Propositio 35.
(154) Cfr
Propositio 24.
(155) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
14-20; 30s; 48s; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 36-42:
AAS 96 (2004), 561-564.
(156) N.
48.
(157)
Ibidem.
(158) Cfr
Congregazione per il Clero e altri Dicasteri della Curia Romana, Istr. su
alcune questioni circa la collaborazione dei laici nel ministero dei sacerdoti
Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997): AAS89 (1997), 852-877.
(159) Cfr
Propositio 33.
(160)
Ordinamento Generale del Messale Romano, 92.
(161) Cfr
ibidem, 94.
(162) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam
actuositatem, 24; Ordinamento Generale del Messale Romano, nn.
95-111; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 43-47: AAS 96 (2004),
564-566; Propositio 33: « Questi ministeri devono essere introdotti
secondo uno specifico mandato e secondo le reali esigenze della comunità che
celebra. Le persone incaricate di questi servizi liturgici laicali devono
essere scelte accuratamente, ben preparate e accompagnate con una formazione
permanente. La loro nomina deve essere a tempo. Queste persone devono essere
conosciute dalla comunità e devono ricevere da essa anche un grato
riconoscimento ».
(163) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
37-42.
(164) Cfr
Ordinamento Generale del Messale Romano, 386-399.
(165)
AAS 87 (1995), 288-314.
(166)
Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 55-71:
AAS 88 (1996), 34-47; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in America
(22 gennaio 1999), 16.40.64.70-72: AAS 91 (1999), 752-753; 775-776;
799; 805-809; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Asia (6 novembre
1999), 21s.: AAS 92 (2000), 482-487; Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Oceania (22 novembre 2001), 16: AAS 94 (2002), 382-384;
Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Europa (28 giugno 2003), 58-60: AAS 95 (2003),
685-686.
(167) Cfr
Propositio 26.
(168) Cfr
Propositio 35; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 11.
(169) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1388; Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 55.
(170) Cfr
Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 34: AAS 95 (2003),
456.
(171)
Quali, ad esempio, S. Tommaso d'Aquino, Summa. Theologiae, III, q. 80,
a. 1,2; S. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione, cap. 35. La dottrina
è stata autorevolmente confermata dal Concilio di Trento, sess. XIII, c. VIII.
(172) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 8: AAS
87 (1995), 925-926.
(173) Cfr
Propositio 41; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis
redintegratio, 8, 15; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint
(25 maggio 1995), 46: AAS 87 (1995), 948; Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 45-46: AAS 95 (2003),
463-464; Codice di Diritto Canonico, can. 844 §§ 3-4; Codice dei
Canoni delle Chiese Orientali, can. 671 §§ 3-4; Pontificio Consiglio per
l'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des
normes sur l'œcuménisme (25 marzo 1993), 125, 129- 131: AAS 85
(1993), 1087, 1088-1089.
(174) Cfr
NN. 1398-1401.
(175) Cfr
N. 293.
(176) Cfr
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle
Comunicazioni Sociali nel 20(o) Anniversario della « Communio et Progressio »
Aetatis novae (22 febbraio
1992): AAS 84 (1992), 447-468.
(177) Cfr
Propositio 29.
(178) Cfr
Propositio 44.
(179) Cfr
Propositio 48.
(180)
Tale conoscenza può essere effettuata anche negli anni di formazione dei
candidati al sacerdozio in seminario attraverso opportune iniziative: cfr
Propositio 45.
(181) Cfr
Propositio 37.
(182) Cfr
Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 36 e 54.
(183)
Propositio 36.
(184) Cfr
ibidem.
(185) Cfr
Propositio 32.
(186) Cfr
Propositio 14.
(187)
Propositio 19.
(188) Cfr
Propositio 14.
(189) Cfr
Benedetto XVI, Omelia ai primi Vespri di Pentecoste (3 giugno 2006): AAS
98 (2006), 509.
(190) Cfr
Propositio 34.
(191)
Enarrationes in Psalmos 98,9: CCL XXXIX, 1385; cfr Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 Dicembre 2005): AAS 98 (2006), 44-45.
(192) Cfr
Propositio 6.
(193)
Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 Dicembre 2005):AAS 98
(2006), 45.
(194) Cfr
Propositio 6; Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei
Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia (17 dicembre 2001),
nn. 164-165, Città del Vaticano 2002, pp.137-139; Sacra Congregazione dei
Riti, Istr. Eucharisticum Mysterium (25 maggio 1967):AAS 57
(1967), 539-573.
(195) Cfr
Relatio post disceptationem, 11: L'Osservatore Romano, 14 ottobre
2005, p. 5.
(196) Cfr
Propositio 28.
(197) Cfr
n. 314.
(198) VII,
10, 16: PL 32, 742.
(199)
Benedetto XVI, Omelia sulla Spianata di Marienfeld, (21 agosto 2005): AAS
97 (2005), 892; cfr Omelia nella Veglia di Pentecoste (3 giugno 2006): AAS
98 (2006), 505.
(200) Cfr
Relatio post disceptationem, 6, 47: L'Osservatore Romano, 14
ottobre 2005, pp. 5-6; Propositio 43.
(201)
De civitate Dei, X, 6: PL 41, 284.
(202) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1368.
(203) Cfr
S. Ireneo, Contro le eresie IV, 20, 7: PG 7, 1037.
(204)
Epistola ai Magnesiani, 9,1: PG 5, 670.
(205) Cfr
I Apologia 67, 1-6; 66: PG 6, 430 s. 427. 430.
(206) Cfr
Propositio 30.
(207) Cfr
AAS 90 (1998), 713-766.
(208)
Propositio 30.
(209)
Omelia (19 marzo 2006): AAS 98 (2006), 324.
(210)
Opportunamente nota al riguardo il Compendio della dottrina sociale della
Chiesa, 258: « All'uomo, legato alla necessità del lavoro, il riposo apre
la prospettiva di una libertà più piena, quella del sabato eterno (cfr Eb
4,9-10). Il riposo consente agli uomini di ricordare e di rivivere le
opere di Dio, dalla Creazione alla Redenzione, di riconoscersi essi stessi
come opera sua (cfr Ef 2,10), di rendere grazie della propria vita e
della propria sussistenza a Lui, che ne è l'autore ».
(211) Cfr
Propositio 10.
(212) Cfr
ibidem.
(213) Cfr
Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale del Canada –
Quebec in visita ad limina Apostolorum (11 maggio 2006): L'Osservatore
Romano, 12 maggio 2006, p. 5.
(214) N.
10: AAS 71 (1979), 414-415.
(215)
Benedetto XVI, Udienza generale del 29 marzo 2006: L'Osservatore Romano,
30 marzo 2006, p. 4.
(216)
Propositio 39.
(217) Cfr
Relatio post disceptationem, 30: L'Osservatore Romano, 14 ottobre
2005, p. 6.
(218) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 39-42.
(219) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Christifideles laici (30
dicembre 1988), 14.16: AAS 81 (1989) , 409-413; 416-418.
(220)Cfr
Propositio 39.
(221) Cfr
ibidem.
(222)
Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei Diaconi,
Rito dell'ordinazione del presbitero, n. 150.
(223) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25
marzo 1992), 19-33; 70-81: AAS 84 (1992), 686-712; 778-800.
(224)
Propositio 38
(225)
Propositio 39. Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Vita
consecrata (25 marzo 1996), 95: AAS 88 (1996), 470-471.
(226)
Codice di Diritto Canonico, can. 663, § 1.
(227) Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Vita consecrata (25 marzo
1996), 34: AAS 88 (1996), 407-408.
(228) Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993),
107: AAS 85 (1993), 1216-1217.
(229) Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25
dicembre 2005), 14: AAS 98 (2006), 229.
(230) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995): AAS
87 (1995), 401-522; Benedetto XVI, Discorso alla Pontificia Accademia per la
vita (27 febbraio 2006): AAS 98 (2006), 264-265.
(231) Cfr
Congregazione per la dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune
questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita
politica (24 novembre 2002): AAS 96 (2004), 359-370.
(232) Cfr
Propositio 46.
(233)
AAS 97 (2005), 711.
(234)
Propositio 42.
(235) Cfr
Il martirio di Policarpo, XV,1: PG 5, 1039. 1042.
(236) S.
Ignazio di Antiochia, Ai Romani, IV,1: PG 5, 690.
(237) Cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 42.
(238) Cfr
Propositio 42; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa
Dominus Iesus (6 agosto 2000), 13-15: AAS 92 (2000), 754-755.
(239) Cfr
Propositio 42
(240)
Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 18:
AAS 98 (2006), 232.
(241)
Ibidem, n. 14.
(242) Non
senza commozione durante l'Assemblea sinodale abbiamo ascoltato testimonianze
assai significative sull'efficacia del sacramento nell'opera di pacificazione.
Al riguardo nella Propositio 49 si afferma: « Grazie alle Celebrazioni
eucaristiche, popoli in conflitto hanno potuto radunarsi attorno alla Parola
di Dio, ascoltare il suo annuncio profetico della riconciliazione tramite il
perdono gratuito, ricevere la grazia della conversione che permette la
comunione allo stesso pane ed allo stesso calice ».
(243) Cfr
Propositio 48.
(244)
Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 28:
AAS 98 (2006), 239.
(245)
Propositio 48.
(246)
Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede
(9 gennaio 2006): AAS 98 (2006), 127.
(247)
Ibidem.
(248) Cfr
Propositio 48. Utilissimo a questo proposito si rivela il Compendio
della dottrina sociale della Chiesa.
(249) Cfr
Propositio 43.
(250) Cfr
Propositio 47.
(251) Cfr
Propositio 17.
(252)
Martyrium Saturnini, Dativi et aliorum plurimorum, 7,9,10: PL 8,
707.709-710.
(253) Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 53: AAS 95 (2003),
469.
(254)
Preghiera Eucaristica I (Canone Romano).
(255)
Propositio 50.
(256) Cfr
Benedetto XVI, Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 15.