PONTIFICIO
CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Istruzione
Pastorale
« AETATIS NOVAE»
sulle Comunicazioni Sociali nel 20° Anniversario
della Communio et Progressio
Introduzione
UNA RIVOLUZIONE
NELLA COMUNICAZIONE
1. All'approssimarsi
di una nuova era, la comunicazione conosce una considerevole
espansione che influenza profondamente le culture del mondo nel suo
insieme. Le rivoluzioni tecnologiche rappresentano solo un aspetto
di questo fenomeno. Non c'è luogo in cui l'impatto dei media non si
faccia sentire sugli atteggiamenti religiosi e morali, sui sistemi
politici e sociali, sull'educazione.
Nessuno ignora, per
esempio, il ruolo della comunicazione, che le frontiere geografiche
e politiche non hanno potuto arrestare, nei capovolgimenti che si
sono verificati nel corso degli anni 1989 e 1990, e di cui il Papa
ha sottolineato la portata storica. (1)
"Il primo
areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta
unificando l'umanità, rendendola - come si suol dire - " un
villaggio globale ". I mezzi di comunicazione sociale hanno
raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale
strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i
comportamenti individuali, familiari, sociali. (2)
Più di un quarto di
secolo dopo la promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II
sulle comunicazioni sociali, Inter mirifica, e due decenni
dopo l'Istruzione pastorale Communio
et progressio, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
Sociali desidera riflettere sulle conseguenze pastorali di questa
nuova situazione. Lo fa nello spirito della conclusione di Communio
et progressio: "Il Popolo di Dio, avanzando nei tempi in
cui si svolge la storia umana, ... già scorge con immensa fiducia e
caldo amore le meraviglie che a piene mani gli promette la già
iniziata epoca spaziale della comunicazione sociale ". (3)
Ritenendo che i
principi e le idee di questi documenti conciliari e postconciliari
abbiano valore durevole, desideriamo applicarli al contesto attuale.
Non pretendiamo di pronunciare parole definitive su una situazione
complessa, in movimento e in continua evoluzione ma soltanto offrire
uno strumento di lavoro e degli incoraggiamenti a coloro, uomini e
donne, che si trovano di fronte alle conseguenze pastorali di queste
nuove realtà.
2. Durante gli anni
successivi alla pubblicazione di Inter mirifica e di Communio
et progressio, ci si è abituati ad espressioni come
"società di informazione", "cultura dei media"
e "generazione dei media". Questo tipo di espressione è
da mettere in evidenza: essa sottolinea che ciò che gli uomini e le
donne dei nostri tempi sanno e pensano della vita è in parte
condizionato dai media; l'esperienza umana in quanto tale è
diventata una esperienza mediatica.
Gli ultimi decenni
sono stati anche teatro di spettacolari novità nel campo delle
tecnologie della comunicazione. Ciò ha comportato sia una rapida
evoluzione delle vecchie tecnologie, sia la comparsa di nuove
tecnologie della comunicazione tra le quali figurano i satelliti, la
televisione via cavo, le fibre ottiche, le videocassette, i compact
disc, la creazione di immagini con il calcolatore ed altre
tecnologie digitali ed informatiche. L'utilizzazione di nuovi media
ha dato origine a ciò che si è potuto chiamare "nuovi
linguaggi", ed ha suscitato, da un lato, ulteriori possibilità
per la missione della Chiesa, e dall'altro, nuovi problemi
pastorali.
3. In questo
contesto, incoraggiamo i Pastori e il Popolo di Dio ad approfondire
il senso di tutto ciò che attiene alla comunicazione ed ai media,
ed a tradurlo in progetti concreti e realizzabili.
"I Padri del
Concilio, nel guardare al futuro e nel cercare di discernere il
contesto nel quale la Chiesa sarebbe stata chiamata a compiere la
sua missione, poterono chiaramente vedere che il progresso della
tecnologia stava già "trasformando la faccia della terra"
arrivando perfino a conquistare lo spazio (cf Gaudium et spes,
n. 5). Essi riconobbero che gli sviluppi nella tecnologia delle
comunicazioni, in particolare, erano di proporzioni tali da
provocare reazioni a catena con conseguenze inattese". (4)
"Lungi dal
suggerire che la Chiesa debba mantenersi a distanza o cercare di
isolarsi dal flusso di questi eventi, i Padri conciliari videro la
Chiesa essere nel cuore del progresso umano, partecipe delle
esperienze del resto dell'umanità, per cercare di capirle ed
interpretarle alla luce della fede. E proprio dei fedeli del Popolo
di Dio il compito di fare uso creativo delle nuove scoperte e
tecnologie per il bene dell'umanità e la realizzazione del disegno
di Dio per il mondo ... perché le potenzialità "dell'era del
computer" siano utilizzate al servizio della vocazione umana e
trascendente dell'uomo, così da glorificare il Padre dal quale
hanno origine tutte le cose buone". (5)
Teniamo ad esprimere
la nostra riconoscenza nei confronti di tutti coloro che hanno
permesso la costituzione nella Chiesa di una rete creativa di
comunicazione. A dispetto delle difficoltà - dovute alle risorse
limitate, agli ostacoli posti talvolta alla Chiesa nel suo accesso
ai media, al rimodellamento costante della cultura, dei valori e
degli atteggiamenti provocato dalla onnipresenza dei media - molto
è già stato fatto e continua ad esserlo. I vescovi, il clero, i
religiosi e i laici che si consacrano a questo apostolato
fondamentale meritano la gratitudine di tutti.
Occorre anche che
esprimiamo la nostra soddisfazione sia per tutti quegli sforzi
positivi di collaborazione ecumenica nel campo dei media in cui sono
implicati dei cattolici e i loro fratelli e sorelle di altre Chiese
e Comunità ecclesiali, sia per la collaborazione inter-religiosa
con i membri delle altre religioni dell'umanità. E non solo
auspicabile ma necessario "impegnare i cristiani ad unirsi
ancor più strettamente nella loro azione di comunicazione e ad
accordarsi più direttamente con le altre religioni dell'umanità in
vista di una comune presenza nelle comunicazioni" (6)
I
CONTESTO DELLE
COMUNICAZIONI SOCIALI
A. Contesto
culturale e sociale
4. Lo sconvolgimento
che si verifica oggi nella comunicazione presuppone, più che una
semplice rivoluzione tecnologica, il rimaneggiamento completo di ciò
attraverso cui l'umanità apprende il mondo che la circonda, e ne
verifica ed esprime la percezione. La disponibilità costante di
immagini e di idee, così come la loro rapida trasmissione, anche da
un continente all'altro, hanno delle conseguenze, positive e
negative insieme, sullo sviluppo psicologico, morale e sociale delle
persone, sulla struttura e sul funzionamento delle società, sugli
scambi fra una cultura e l'altra, sulla percezione e la trasmissione
dei valori, sulle idee del mondo, sulle ideologie e le convinzioni
religiose. La rivoluzione della comunicazione influisce anche sulla
percezione che si può avere della Chiesa e contribuisce a
modellarne le strutture e il loro funzionamento.
Tutto ciò ha
importanti conseguenze pastorali. Si può, infatti, ricorrere ai
media, tanto per proclamare il Vangelo, quanto per allontanarlo dal
cuore dell'uomo. L'intrecciarsi sempre più serrato dei media nella
vita quotidiana influenza la comprensione che si può avere del
senso della vita.
I media hanno la
capacità di pesare non solo sulle modalità, ma anche sui contenuti
del pensiero. Per molte persone, la realtà corrisponde a ciò che i
media definiscono come tale; ciò che i media non riconoscono
esplicitamente appare insignificante. Il silenzio può anche essere
imposto de facto a individui o a gruppi che i media ignorano;
la voce del Vangelo può, così anch'essa, ritrovarsi ridotta al
silenzio, senza essere tuttavia interamente soffocata.
È dunque importante
che i cristiani siano capaci di fornire un'informazione che
"crea le notizie", dando la parola a coloro che non hanno
voce.
Il potere che hanno i
media di rafforzare o di distruggere i punti di riferimento
tradizionali in materia di religione, di cultura e di famiglia
sottolinea bene la pertinente attualità delle parole del Concilio:
"Per usare rettamente questi strumenti è assolutamente
necessario che coloro i quali se ne servono conoscano le norme della
legge morale e le osservino fedelmente in questo settore". (7)
B. Contesto
politico ed economico
5. Le
strutture economiche delle nazioni sono fortemente dipendenti dai
sistemi di comunicazione contemporanei. Si ritiene generalmente
necessario allo sviluppo economico e politico che lo Stato investa
in una efficace infrastruttura di comunicazioni. Il rialzo del costo
di questo investimento ha d'altronde costituito un fattore di
primaria importanza che ha indotto i governi di numerosi Paesi ad
adottare politiche tendenti ad aumentare la concorrenza.
E' in
particolare per questa ragione che, in molti casi, i sistemi
pubblici di telecomunicazioni e di diffusione sono stati sottoposti
a delle politiche di deregolamentazione e di privatizzazione.
Così
come il cattivo uso del servizio pubblico può portare alla
manipolazione ideologica e politica, ugualmente la
commercializzazione non regolamentata e la privatizzazione della
diffusione hanno profonde conseguenze. In pratica, e spesso in modo
ufficiale, la responsabilità pubblica dell'emittenza si trova
svalutata. E' in funzione del profitto, e non del servizio, che si
tende a valutare il suo successo. I motivi di profitto e gli
interessi dei pubblicitari esercitano una influenza anormale sul
contenuto dei media: si preferisce la popolarità alla qualità e ci
si allinea sul denominatore comune più piccolo. I pubblicitari
oltrepassano il loro ruolo legittimo, consistente nell'identificare
i bisogni reali e nel rispondervi, e, spinti da motivi di mercato,
si sforzano di creare bisogni e modelli artificiali di consumo.
Le
pressioni commerciali si esercitano anche al di là delle frontiere
nazionali, a spese di alcuni popoli e della loro cultura. Di fronte
all'aumento della concorrenza ed alla necessità di trovare nuovi
mercati, le imprese di comunicazioni rivestono un carattere sempre
più "multinazionale"; nello stesso tempo la mancanza di
possibilità locali di produzione rende alcuni Paesi più dipendenti
dalle nazioni straniere. E' così che le realizzazioni di certi
media popolari, caratteristici di una cultura, si diffondono in
un'altra cultura, spesso a detrimento delle forme artistiche e
mediatiche che vi si trovano e dei valori che esse contengono.
La
soluzione dei problemi nati da questa commercializzazione e da
questa privatizzazione non regolamentate non consiste tuttavia in un
controllo dello Stato sui media, ma in una regolamentazione più
importante, conforme alle norme del servizio pubblico, così come in
una maggiore responsabilità pubblica. Bisogna sottolineare a questo
proposito che, se i quadri di riferimento giuridico e politico
all'interno dei quali funzionano i media di alcuni Paesi sono
attualmente in netto miglioramento, vi sono altri luoghi in cui
l'intervento governativo rimane uno strumento d'oppressione e di
esclusione.
II
COMPITO DEI MEZZI
DI COMUNICAZIONE
6. Communio
et progressio si fonda sulla descrizione della comunicazione
come via verso la comunione. Il testo dice che "comunicare
comporta qualcosa di più della semplice espressione e
manifestazione di idee e di sentimenti. Infatti, la comunicazione è
piena quando realizza la donazione di sé stessi nell'amore"
(8) La comunicazione è, in questo senso, il riflesso della
comunione ecclesiale e può contribuirvi.
La
comunicazione della verità può avere veramente una potenza
redentrice che emana dalla persona del Cristo. Egli è il Verbo di
Dio fatto carne e l'immagine del Dio invisibile. In lui e per lui,
la vita di Dio si comunica all'umanità per l'azione dello Spirito.
"Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni
invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere
da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità". (9)
Ed ora, "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a
noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal
Padre, pieno di grazia e di verità". (10)
Nel
Verbo fatto carne, Dio si comunica definitivamente. Nella
predicazione e nell'azione di Gesù, la Parola si fa liberatrice e
redentrice per tutta l'umanità. Questo atto d'amore attraverso il
quale Dio si rivela, unito alla risposta di fede dell'umanità,
genera un dialogo profondo.
La
storia umana e l'insieme delle relazioni tra gli uomini si
sviluppano nel quadro di questa comunicazione di Dio nel Cristo. La
storia stessa è destinata a divenire una sorta di parola e di
immagine di Dio, e la vocazione dell'uomo è di contribuirvi
vivendo, in modo creativo, questa comunicazione costante ed
illimitata dell'amore riconciliatore di Dio. Noi siamo chiamati a
tradurre ciò in parole di speranza ed in atti d'amore, cioè
attraverso il nostro modo di vita. La comunicazione deve, di
conseguenza, collocarsi nel cuore della comunità ecclesiale.
Il
Cristo è nello stesso tempo il contenuto e la fonte di ciò che
comunica la Chiesa quando proclama il Vangelo. La Chiesa non è
altro che il "Corpo mistico di Cristo, la pienezza... del
Cristo glorificato che riempie tutta la creazione" (11) Di
conseguenza noi siamo in cammino, nella Chiesa, attraverso la Parola
ed i sacramenti, verso la speranza dell'unità definitiva in cui
"Dio sarà tutto in tutti". (12)
A. I media al
servizio delle persone e delle culture
7.
Parallelamente a tutto il bene che fanno e sono capaci di fare, i
mezzi di comunicazione che "possono essere effettivi strumenti
di unità e di mutua comprensione, d'altro canto, possono farsi
veicoli di una visione deformata dell'esistenza, della famiglia, dei
valori religiosi ed etici; di una visione non rispettosa
dell'autentica dignità e del destino della persona umana".
(13) E' imperativo che i media rispettino e partecipino allo
sviluppo integrale della persona, che comporta "le dimensioni
culturali, trascendenti e religiose dell'uomo e della società".
(14)
La
fonte di alcuni problemi individuali e sociali risiede anche nel
fatto che alle relazioni interpersonali si è sostituito l'uso
sempre più importante dei media e nel notevole attaccamento
affettivo che viene accordato ai personaggi mediatici di finzione. I
media non possono sostituire né il contatto personale immediato né
i rapporti tra membri di una famiglia o tra amici. Ma possono dare
il loro contributo alla soluzione di questa difficoltà: attraverso
gruppi di discussione, dibattiti su films o trasmissioni, stimolando
la comunicazione interpersonale, piuttosto che sostituendosi ad
essa.
B. I media al
servizio del dialogo con il mondo attuale
8. Il
Concilio Vaticano II ha sottolineato che "il popolo di Dio e
l'umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco
servizio, così che la missione della Chiesa si mostra di natura
religiosa e per ciò stesso profondamente umana" (15) Coloro
che proclamano la Parola di Dio hanno il dovere di prendere in
considerazione e di cercare di comprendere le "parole" dei
popoli e delle culture diverse non solo allo scopo di informarsi su
di essi, ma anche di aiutarli a riconoscere e ad accettare la Parola
di Dio. (16) La Chiesa deve dunque conservare una presenza attiva ed
attenta nel mondo, in modo da alimentare la comunità e da sostenere
coloro, uomini e donne, che cercano delle soluzioni accettabili ai
problemi personali e sociali.
Inoltre,
se la Chiesa deve sempre comunicare il suo messaggio in modo
adeguato a ciascuna epoca ed alle culture delle nazioni e dei popoli
specifici, deve farlo soprattutto oggi nella cultura e per la
cultura dei nuovi media. (17) Si tratta di una condizione
fondamentale se si vuol dare risposta ad una delle preoccupazioni
essenziali del Concilio Vaticano II: la comparsa di "vincoli
sociali, tecnici, culturali" che uniscono gli uomini sempre più
strettamente costituisce per la Chiesa "una nuova
urgenza": raccoglierli tutti nella "piena unità in
Cristo" (18) Considerando il ruolo importante che i mezzi di
comunicazione possono giocare nei suoi sforzi per favorire questa
unità, la Chiesa li considera strumenti "concepiti dalla
Divina Provvidenza" per lo sviluppo della comunicazione e della
comunione tra gli uomini durante il loro pellegrinaggio sulla terra.
(19)
La
Chiesa, che cerca di dialogare con il mondo moderno, desidera poter
condurre un dialogo onesto e rispettoso con i responsabili dei
media. Questo dialogo implica che la Chiesa faccia uno sforzo per
comprendere i media - i loro obiettivi, i loro metodi, le loro
regole di lavoro, le loro strutture interne e le loro modalità - e
che sostenga ed incoraggi coloro che vi lavorano. Basandosi su
questa comprensione e su questo sostegno diventa possibile fare
delle proposte significative per poter allontanare gli ostacoli che
si oppongono al progresso umano ed alla proclamazione del Vangelo.
Per
un tale dialogo è necessario che la Chiesa si preoccupi attivamente
dei media profani, e in particolare dell'elaborazione della politica
che li riguarda. I cristiani infatti hanno il dovere di far sentire
la loro voce in seno a tutti i media. Il loro compito non si limita
alla trasmissione di notizie ecclesiastiche. Questo dialogo richiede
inoltre che essa sostenga i professionisti dei media, che elabori
un'antropologia ed una vera teologia della comunicazione affinché
la teologia stessa si faccia più comunicativa, più efficace nel
rivelare i valori evangelici e nell'applicarli alle realtà
contemporanee della condizione umana; è necessario inoltre che i
responsabili della Chiesa e gli agenti pastorali rispondano con
buona volontà e prudenza alle domande dei media, cercando di
stabilire, anche con quelli che non condividono la nostra fede, dei
rapporti di fiducia e di reciproco rispetto, fondati su valori
comuni.
C. I media al
servizio della comunità umana e del progresso sociale
9. La
comunicazione che avviene nella Chiesa e attraverso la Chiesa
consiste essenzialmente nell'annuncio della Buona Novella di Gesù
Cristo. E la proclamazione del Vangelo come parola profetica e
liberatrice rivolta agli uomini ed alle donne del nostro tempo; è
la testimonianza resa, di fronte ad una secolarizzazione radicale,
alla verità divina ed al destino trascendente della persona umana;
è, di fronte ai conflitti ed alle divisioni, la scelta della
giustizia, in solidarietà con tutti i credenti, al servizio della
comunione tra i popoli, le nazioni e le culture.
Il
senso dato così dalla Chiesa alla comunicazione illumina in maniera
eccezionale i mezzi di comunicazione ed il ruolo che essi debbono
giocare, secondo il piano provvidenziale di Dio, nella promozione
dello sviluppo integrale delle persone e delle società umane.
D. I media al
servizio della comunione ecclesiale
10. A
tutto ciò che è stato appena detto, non può non aggiungersi il
richiamo importante del diritto fondamentale al dialogo ed
all'informazione in seno alla Chiesa, così come è affermato da Communio
et progressio, (20) e la necessità di continuare a ricercare
quali siano i modi efficaci per favorire e proteggere questo
diritto, in particolare con un'utilizzazione responsabile dei mezzi
di comunicazione. Pensiamo, tra le altre, alle affermazioni del Codice
di Diritto Canonico secondo cui, pur manifestando la loro
obbedienza verso i pastori della Chiesa, i fedeli "hanno il
diritto di manifestare ... le proprie necessità, soprattutto
spirituali, ed i propri desideri", (21) e in funzione della
loro scienza, competenza e prestigio, hanno "il diritto, e anzi
talvolta anche il dovere , di esprimere ai loro pastori la propria
opinione sulle questioni riguardanti il bene della Chiesa. (22)
Vi è
qui un mezzo per mantenere e rafforzare la credibilità e
l'efficacia della Chiesa. In modo ancor più fondamentale, questo può
essere il mezzo per realizzare concretamente il carattere di
"comunione" della Chiesa, che trova il suo fondamento
nella comunione intima della Trinità di cui è un riflesso. Tra i
membri di questa comunità che costituisce la Chiesa, esiste una
innata uguaglianza di dignità e di missione che proviene dal
battesimo e che è alla base della struttura gerarchica e della
diversità delle mansioni. Questa uguaglianza si esprimerà in uno
scambio onesto e rispettoso dell'informazione e delle opinioni.
In
caso di disaccordo, però, è importante sapere che "non è
esercitando ... una pressione sull'opinione pubblica che si può
contribuire alla chiarificazione dei problemi dottrinali e servire
la verità" (23) Infatti, "le idee dei fedeli non possono
essere puramente e semplicemente identificate con il sensus fidei".
(24)
Perché
la Chiesa insiste tanto sul diritto che ha la gente di avere una
informazione corretta? Perché sottolinea il proprio diritto ad
annunciare l'autentica verità evangelica? Perché insiste sulla
responsabilità che hanno i suoi pastori di comunicare la verità e
di educare i fedeli a fare altrettanto? E per motivo che, nella
Chiesa, una completa comprensione della comunicazione si basa sul
fatto che il Verbo di Dio comunica se stesso.
E. I media al
servizio di una nuova evangelizzazione
11.
Oltre i numerosi mezzi tradizionali in vigore, come la testimonianza
di vita, l'insegnamento del catechismo, il contatto personale, la
pietà popolare, la liturgia ed altre celebrazioni simili,
l'utilizzazione dei media è diventata essenziale
all'evangelizzazione ed alla catechesi. Infatti "la Chiesa si
sentirebbe colpevole davanti al suo Signore se non adoperasse questi
potenti mezzi, che l'intelligenza umana rende ogni giorno più
perfezionati". (25) I mezzi di comunicazione sociale possono e
devono essere strumenti al servizio del programma di
ri-evangelizzazione e di nuova evangelizzazione della Chiesa nel
mondo contemporaneo. In vista della nuova evangelizzazione,
un'attenzione particolare dovrà essere data all'impatto audiovisivo
dei mezzi di comunicazione, secondo l'aforisma "vedere,
valutare, agire".
Così,
per l'atteggiamento che la Chiesa deve adottare verso i media e la
cultura che essi contribuiscono ad elaborare, è molto importante
avere sempre presente che "non basta usarli (i media) per
diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma
occorre integrare il messaggio stesso nella "nuova
cultura" creata dalla comunicazione moderna ... con nuovi
linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici".
(26) L'evangelizzazione attuale dovrebbe trovare delle risorse nella
presenza attiva ed aperta della Chiesa in seno al mondo delle
comunicazioni.
III
SFIDE ATTUALI
A. Necessità
di una valutazione critica
12.
Se la Chiesa adotta un atteggiamento positivo ed aperto verso i
media, cercando di penetrare la nuova cultura creata dalla
comunicazione allo scopo di evangelizzarla, è necessario che essa
proponga anche una valutazione critica dei media e del loro impatto
sulla cultura.
Come
è già stato detto altre volte, la tecnologia della comunicazione
costituisce una meravigliosa espressione del genio umano ed i media
giovano considerevolmente alla società. Ma, come è stato
ugualmente sottolineato, l'applicazione della tecnologia della
comunicazione è stata solo in parte un beneficio, e la sua
utilizzazione consapevole necessita di valori sani e di scelte
avvedute da parte degli individui, del settore privato, dei governi
e dell'insieme della società. La Chiesa non pretende di imporre
queste decisioni e queste scelte, ma cerca di dare un aiuto reale
indicando i criteri etici e morali applicabili in questo campo,
criteri che si troveranno sia nei valori umani che nei valori
cristiani.
B. Solidarietà
e sviluppo integrale
13.
Nella situazione attuale, accade che i media aggravino gli ostacoli
individuali e sociali che impediscono la solidarietà e lo sviluppo
integrale della persona umana. Tali ostacoli sono, in particolare,
il secolarismo, il consumismo, il materialismo, la disumanizzazione
e l'assenza di interesse per la condizione dei poveri e degli
svantaggiati. (27)
In
questa situazione, la Chiesa, che riconosce negli strumenti della
comunicazione "la via attualmente privilegiata per la creazione
e la trasmissione della cultura", (28) si fa un dovere di
proporre ai professionisti delle comunicazioni ed al pubblico una
formazione che li conduca a considerare i media con "senso
critico, animato dalla passione per la verità"; essa ritiene
anche suo dovere intraprendere "un'opera di difesa della libertà,
del rispetto alla dignità personale, dell'elevazione dell'autentica
cultura dei popoli, mediante il rifiuto fermo e coraggioso di ogni
forma di monopolizzazione e di manipolazione". (29)
C. Politiche e
strutture
14. E
chiaro che alcuni problemi a questo riguardo sono frutto di
determinate politiche e strutture dei media: citiamo a titolo di
esempio il fatto che taluni gruppi o classi si vedano rifiutare
l'accesso ai mezzi di comunicazione, la riduzione sistematica in
certi luoghi del diritto fondamentale all'informazione,
l'accrescimento del controllo che alcuni gruppi economici, sociali e
politici esercitano sui media.
Tutto
ciò è contrario agli obiettivi fondamentali ed alla natura stessa
dei media il cui ruolo sociale specifico e necessario è di
contribuire a garantire il diritto dell'uomo all'informazione, a
promuovere la giustizia nella ricerca del bene comune, ad assistere
gli individui, i gruppi ed i popoli nella loro ricerca della verità.
I media esercitano queste funzioni fondamentali quando favoriscono
lo scambio di idee e di informazioni tra tutte le classi ed i
settori della società ed offrono a tutte le opinioni responsabili
l'occasione di farsi ascoltare.
D. Difesa del
diritto all'informazione ed alla comunicazione
15.
Non si può accettare che l'esercizio della libertà di
comunicazione dipenda dalla fortuna, dall'educazione o dal potere
politico. Il diritto di comunicare è il diritto di tutti.
Questo
richiede degli specifici sforzi a livelli nazionale ed
internazionale, non solo per dare ai meno abbienti ed ai meno
potenti accesso all'informazione di cui hanno bisogno per il loro
sviluppo individuale e sociale, ma anche per fare in modo che essi
giochino un ruolo effettivo e responsabile nelle decisioni circa il
contenuto dei media e nella definizione delle strutture e delle
politiche in seno alle istituzioni di comunicazione dei loro Paesi.
Là
dove le strutture giuridiche e politiche favoriscono il dominio dei
media da parte di gruppi di pressione, la Chiesa deve insistere sul
rispetto del diritto a comunicare, e in particolare sul rispetto del
proprio diritto di accesso ai media, cercando nello stesso tempo
altri modelli di comunicazioni per i suoi membri e per l'insieme
della popolazione. Il diritto alla comunicazione fa parte d'altronde
del diritto alla libertà religiosa, il quale non dovrebbe essere
limitato alla libertà di culto.
IV
PRIORITA'
PASTORALI E MEZZI PER RISPONDERVI
A. Difesa delle
culture umane
16.
Data la situazione che esiste in numerosi luoghi, la sensibilità
per i diritti e per gli interessi degli individui può spesso
indurre la Chiesa a favorire altri mezzi di comunicazione. Nel campo
dell'evangelizzazione e della catechesi, la Chiesa dovrà spesso
prendere delle misure miranti a preservare ed a favorire i
"media popolari" ed altre forme tradizionali di
espressione, riconoscendo che, in certe società, possono essere più
efficaci per la diffusione del Vangelo che non i media più recenti,
perché rendono possibile una maggiore partecipazione personale e
possono toccare livelli più profondi di sensibilità umana e di
motivazione.
L'onnipresenza
dei mass-media nel mondo contemporaneo non diminuisce in nulla
l'importanza di altri media che permettono alle persone di
impegnarsi e di avere una parte attiva nella produzione ed anche
nella concezione della comunicazione. I media popolari e
tradizionali, infatti, non rappresentano soltanto un importante
crocevia d'espressione della cultura locale, ma permettono anche di
sviluppare competenza nella creazione e nella utilizzazione attiva
dei media.
Allo
stesso modo consideriamo positivamente il desiderio di numerosi
popoli e gruppi umani di disporre di sistemi di comunicazione e di
informazione più giusti e più equi, per garantirsi dalla
dominazione, o dalla manipolazione, sia da parte dello straniero che
dai propri compatrioti. I Paesi in via di sviluppo hanno questo
timore di fronte ai Paesi sviluppati; così come vivono la stessa
preoccupazione le minoranze di certe nazioni sviluppate o in via di
sviluppo. Qualunque sia la situazione, i cittadini debbono poter
avere una parte attiva, autonoma e responsabile nei processi di
comunicazione, poiché essi influenzano in molti modi le loro
condizioni di vita.
B. Sviluppo e
promozione dei mezzi di comunicazione della Chiesa
17.
Pur continuando ad impegnarsi in diversi modi nel campo della
comunicazione e dei media, malgrado le numerose difficoltà che
incontra, la Chiesa deve continuare a sviluppare, conservare e
favorire i propri strumenti e programmi cattolici di comunicazione.
Questi comprendono la stampa e le pubblicazioni cattoliche, la radio
e la televisione cattoliche, gli uffici di informazione e di
relazioni pubbliche, gli istituti ed i programmi di formazione alla
pratica e alle problematiche dei media, la ricerca mediatica, gli
organismi di professionisti della comunicazione legati alla Chiesa -
in particolare le organizzazioni cattoliche internazionali di
comunicazioni -, i cui membri sono collaboratori qualificati e
competenti delle conferenze episcopali e anche dei singoli vescovi.
Il
lavoro dei media cattolici non è soltanto un'attività
supplementare che si aggiunge a tutte quelle della Chiesa: le
comunicazioni sociali hanno infatti un ruolo da giocare in tutti gli
aspetti della missione della Chiesa. Così non ci si deve
accontentare di avere un piano pastorale per la comunicazione, ma è
necessario che la comunicazione sia parte integrante di ogni piano
pastorale perché esse di fatto ha un contributo da dare ad ogni
altro apostolato, ministero o programma.
C. Formazione
dei cristiani incaricati delle comunicazioni sociali
18.
L'educazione e la formazione alla comunicazione devono far parte
integrante della formazione degli operatori pastorali e dei
sacerdoti. (30) Numerosi elementi ed aspetti specifici sono da tener
presenti per questa educazione e per questa formazione.
Nel
mondo di oggi, così fortemente influenzato dai media, è
necessario, per esempio, che gli operatori pastorali abbiano almeno
una buona visione di insieme dell'impatto che le nuove tecnologie
dell'informazione e dei media esercitano sugli individui e sulle
società. Devono inoltre essere pronti a dispensare il loro
ministero sia a coloro che sono "ricchi di informazione"
sia a coloro che sono "poveri di informazione". E
necessario che sappiano come invitare al dialogo, evitando uno stile
di comunicazione che faccia pensare al dominio, alla manipolazione o
al profitto personale. Coloro che saranno impegnati attivamente nel
lavoro dei media per la Chiesa debbono acquisire sia competenza
professionale in materia sia una formazione dottrinale e spirituale.
D. Pastorale
degli operatori delle comunicazioni sociali
19.
Il lavoro nei mezzi di comunicazione implica pressioni psicologiche
e dilemmi etici particolari. Se si considera l'importanza del ruolo
giocato dai media nella formazione della cultura contemporanea e
nell'organizzazione della vita di innumerevoli individui e società,
appare essenziale che coloro che sono impegnati professionalmente
nei media profani e nelle industrie della comunicazione considerino
le loro responsabilità con una forte carica ideale e il proposito
di servire l'umanità.
Ciò
comporta per la Chiesa una responsabilità corrispondente che la
impegna ad elaborare e a proporre programmi pastorali che rispondano
con precisione alle condizioni particolari di lavoro e alle sfide
etiche di fronte alle quali sono messi i professionisti della
comunicazione; programmi pastorali in grado di garantire una
formazione permanente capace di aiutare questi uomini e donne -
molti dei quali sono sinceramente desiderosi di sapere e di
praticare ciò che è giusto in campo etico e morale - ad essere
sempre più compenetrati da criteri morali tanto nella loro vita
professionale che in quella privata.
V
NECESSITA DI UNA
PROGRAMMAZIONE PASTORALE
A.
Responsabilità dei Vescovi
20.
Riconoscendo il valore ed anche l'urgenza delle esigenze suscitate
dall'attività mediatica, i vescovi e le persone cui spetta di
decidere circa la distribuzione delle risorse della Chiesa, che sono
limitate sul piano umano come su quello materiale, dovrebbero
adoperarsi per accordare una giusta priorità a questo settore,
tenendo conto delle situazioni particolari della loro nazione, della
loro regione e della loro diocesi.
E'
possibile che questa esigenza si faccia sentire in modo più acuto
adesso più che in passato proprio perché, almeno in parte, il
grande "Areopago" contemporaneo dei media è stato finora
più o meno trascurato dalla Chiesa. (31) Come fa notare il Santo
Padre: "Si privilegiano generalmente altri strumenti per
l'annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass-media sono
lasciati all'iniziativa dei singoli o di piccoli gruppi che entrano
nella programmazione pastorale in linea secondaria" (32) Questa
situazione richiede delle correzioni.
B. Urgenza di
un piano pastorale per le comunicazioni sociali
21.
Raccomandiamo dunque particolarmente che le diocesi e le Conferenze
o le Assemblee episcopali veglino affinché il problema dei media
sia affrontato in ogni piano pastorale. Spetta a loro, inoltre,
redigere piani pastorali particolari riguardanti le comunicazioni
sociali, oppure rivedere e aggiornare i piani già esistenti in modo
da garantire un processo di riesame e di aggiornamento periodici.
Per far questo i vescovi ricerchino la collaborazione di
professionisti che lavorano nei media secolari o negli organismi
della Chiesa legati al campo della comunicazione, e specialmente
delle organizzazioni nazionali e internazionali del cinema, della
radio, della televisione e della stampa.
Ci
sono Conferenze episcopali che hanno già ricevuto profitto da piani
pastorali adeguati nel delineare concretamente i bisogni esistenti e
gli obiettivi da raggiungere, e nell'incoraggiare il coordinamento
degli sforzi. I risultati dello studio, così come le valutazioni e
le consultazioni che hanno permesso la redazione di questi
documenti, potrebbero e dovrebbero circolare a tutti i livelli della
Chiesa, perché in grado di fornire dati utili per la pastorale. E
possibile anche adattare piani realistici e pratici ai bisogni delle
Chiese locali. Dovrebbero essere fatti permanentemente oggetto di
revisione e adeguamenti in rapporto all'evoluzione delle esigenze.
In
appendice a questo documento suggeriamo elementi per un piano
pastorale e argomenti che potrebbero essere oggetto di lettere
pastorali o dichiarazioni episcopali, sia a livello nazionale che
diocesano. Sono elementi tratti da proposte di Conferenze episcopali
e di professionisti dei media.
CONCLUSIONI
22.
Concludiamo riaffermando che la Chiesa "considera questi
strumenti (della Comunicazione Sociale) "doni di Dio", in
quanto essi, nel disegno della Provvidenza, sono ordinati ad unire
gli uomini in vincoli fraterni, cosicché collaborino nel suo piano
di salvezza". (33) Lo Spirito, così come ha aiutato gli
antichi profeti a comprendere il piano di Dio attraverso i segni del
loro tempo, aiuta oggi la Chiesa a interpretare i segni del nostro
tempo e a realizzare il proprio compito profetico con lo studio, la
valutazione e il buon uso, diventati ormai fondamentali, delle
tecnologie e dei mezzi di comunicazione.
APPENDICE
ELEMENTI DI UN PIANO
PASTORALE
PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
23.
Le condizioni dei media e le opportunità che si offrono alla Chiesa
nel campo delle comunicazioni sociali sono differenti da nazione a
nazione e anche da diocesi a diocesi di uno stesso Paese. Ne
consegue naturalmente che l'approccio della Chiesa ai media e
all'ambiente culturale che essi contribuiscono a formare saranno
differenti da luogo a luogo, e che i progetti e la partecipazione
della Chiesa dovranno essere adattati alle situazioni locali.
Ogni
Conferenza episcopale e ogni diocesi dovrebbe perciò sviluppare un
piano pastorale integrato per la comunicazione, preferibilmente con
la consulenza sia dei rappresentanti delle organizzazioni
cattoliche, internazionali e nazionali, che si occupano di
comunicazione, sia dei professionisti dei media locali. Il tema
della comunicazione dovrebbe inoltre essere tenuto presente nella
formulazione e nella realizzazione di tutti gli altri piani
pastorali, compresi quelli relativi al servizio sociale, alla
didattica, e alla evangelizzazione. Un certo numero di Conferenze
episcopali e di diocesi hanno già piani di questo tipo che
identificano le esigenze della comunicazione, definiscono gli
obiettivi, fanno previsioni realistiche di finanziamento e
coordinano i diversi impegni del settore.
Proponiamo
le seguenti linee per aiutare coloro che elaborano nuovi piani
pastorali o sono incaricati di aggiornare i piani già esistenti.
Direttive per
l'elaborazione di piani pastorali per le comunicazioni sociali in
una diocesi, Conferenza episcopale o Sinodo patriarcale
24. Un piano
pastorale per le comunicazioni sociali dovrebbe comprendere i
seguenti elementi:
a)
una presentazione d'insieme a partire da una consultazione ampia che
descriva, per tutti i ministeri della Chiesa, una strategia della
comunicazione rispondente ai problemi ed alle esigenze del nostro
tempo;
b)
un inventario o un accertamento che descriva il mondo dei media nel
territorio preso in considerazione, comprendente il pubblico, i
produttori e i direttori dei media pubblici e privati, le risorse
finanziarie e tecniche, i sistemi di distribuzione, le risorse
ecumeniche e didattiche, il personale delle organizzazioni
cattoliche di comunicazione, compreso quello delle comunità
religiose;
c)
una proposta di strutturazione dei mezzi di comunicazione
sociale della Chiesa destinati ad appoggiare l'evangelizzazione, la
catechesi e l'educazione, il servizio sociale e la collaborazione
ecumenica, e comprendente se possibile le relazioni pubbliche, la
stampa, la radio, la televisione, il cinema, le videocassette, le
reti informatiche, i servizi in facsimile ed analoghe forme di
telecomunicazione;
d) una
educazione ai media con speciale sottolineatura al rapporto fra i
media e i valori;
e)
un'apertura pastorale di dialogo con i professionisti dei media, con
attenzione particolare allo sviluppo della loro fede e della loro
crescita spirituale;
f)
indicazioni circa le possibilità di ottenere risorse finanziarie e
di assicurare le modalità di finanziamento di questa pastorale.
Processo per
l'elaborazione di un piano pastorale per le comunicazioni sociali
25.
Il piano dovrebbe offrire direttive e suggerimenti utili ai
comunicatori della Chiesa per stabilire finalità e priorità
realistiche al loro lavoro. Si raccomanda che un gruppo di lavoro
comprendente rappresentanti del mondo ecclesiale e professionisti
dei media sia associato a questo processo, le cui due fasi
dovrebbero essere: 1. ricerca, e 2. progettazione.
Fase di ricerca
26.
Elementi propri di questa fase sono: una valutazione delle esigenze,
la raccolta di informazioni, e la ricerca di possibili modelli di
piani pastorali. Tutto ciò comporta una analisi del contesto in cui
si situa la comunicazione, in particolare gli elementi di forza e di
debolezza delle strutture e dei programmi ecclesiali di
comunicazione esistenti come pure delle possibilità che si offrono
e delle difficoltà che si possono incontrare.
Tre
tipi di esame possono essere di aiuto nella raccolta delle
informazioni necessarie: un accertamento delle esigenze, un'indagine
sui mezzi di comunicazione e un inventario delle risorse. Il primo
esame consisterà nel catalogare i settori pastorali che necessitano
di una particolare attenzione da parte della Conferenza episcopale o
da parte della diocesi. Il secondo riguarderà i metodi in vigore
con una valutazione della loro efficacia per identificare le forze e
le debolezze delle strutture e delle procedure già esistenti. Il
terzo dovrà individuare le risorse, le tecnologie e il personale di
cui la Chiesa può disporre nel settore della comunicazione, senza
limitarsi alle risorse proprie della Chiesa, cioè tenendo conto
anche di quelle eventualmente disponibili nel mondo degli affari,
nelle industrie dei media e nelle organizzazioni ecumeniche.
Fase di
progettazione
27.
Dopo questa raccolta e analisi di dati, l'équipe che elaborerà il
piano dovrà interessarsi agli obiettivi ed alle priorità della
Conferenza episcopale o della diocesi nell'ambito della
comunicazione. Si entrerà allora nella fase di progettazione.
Tenendo conto delle circostanze locali l'équipe dovrà poi trattare
dei problemi seguenti.
28. L'educazione:
le questioni della comunicazione e della comunicazione di massa
interessano tutti i livelli del ministero pastorale, compreso quello
dell'educazione. Un piano pastorale di comunicazione dovrà
sforzarsi:
a)
di proporre alcune possibilità di educazione in materia di
comunicazione, presentandole come componenti essenziali della
formazione di tutti coloro che sono impegnati nell'azione della
Chiesa, sia che si tratti di seminaristi, sacerdoti, religiosi e
religiose oppure di animatori laici;
b)
di incoraggiare le scuole e le università cattoliche a proporre
programmi e corsi in vista delle necessità della Chiesa e della
società in materia di comunicazione;
c)
di proporre dei corsi, laboratori e seminari di tecnologia, di
gestione, d'etica e di politica della comunicazione, destinati ai
responsabili della Chiesa in questa materia, ai seminaristi, ai
religiosi ed al clero;
d)
di prevedere e di mettere in opera dei programmi di educazione e
d'intelligenza dei media da proporre all'attenzione degli
insegnanti, dei genitori e degli studenti;
e)
di incoraggiare gli artisti e gli scrittori a preoccuparsi di
trasmettere i valori evangelici nella utilizzazione che essi fanno
dei loro talenti per la stampa, il teatro, la radio, le trasmissioni
televisive e i film ricreativi ed educativi;
f)
di trovare nuove strategie di evangelizzazione e di catechesi rese
possibili dall'applicazione delle tecnologie della comunicazione e
dei mezzi di comunicazione.
29. Formazione
spirituale e assistenza pastorale. I professionisti cattolici
laici e le altre persone che lavorano nell'apostolato ecclesiale
delle comunicazioni sociali, o nei media profani, attendono spesso
dalla Chiesa un orientamento spirituale ed un sostegno pastorale. Un
piano pastorale di comunicazione dovrebbe dunque cercare:
a)
di proporre ai laici cattolici ed agli altri professionisti delle
comunicazioni qualche occasione di arricchire la loro esperienza
professionale attraverso giornate di meditazione, ritiri, seminari e
gruppi di sostegno professionale;
b)
di proporre un'assistenza pastorale che procuri il sostegno
necessario per nutrire la fede dei responsabili della comunicazione
e appoggiare il loro impegno in questo difficile compito che
consiste nel comunicare al mondo i valori del Vangelo e gli
autentici valori umani.
30. Collaborazione.
La collaborazione comprende la divisione delle risorse tra le
conferenze e le diocesi, come anche tra le diocesi e le altre
istituzioni, come le comunità religiose, le università e gli
organismi della sanità. Un piano pastorale dovrebbe mirare:
a)
a rafforzare le relazioni e incoraggiare la consultazione reciproca
tra i rappresentanti della Chiesa e i professionisti dei media che
possono offrire molto alla Chiesa in materia di utilizzazione dei
media;
b)
a cercare mezzi di produzione in collaborazione con i centri
regionali e centri nazionali, e a favorire lo sviluppo delle reti
comuni di promozione, di commercializzazione e di distribuzione;
c)
a favorire la collaborazione con le congregazioni religiose che
lavorano nel settore delle comunicazioni sociali;
d)
a collaborare con gli organismi ecumenici e con le altre Chiese
e gruppi religiosi per tutto quanto concerne la sicurezza e la
garanzia di accesso della religione ai media, come anche "nel
campo dei nuovi media: soprattutto per ciò che concerne l'uso
comune dei satelliti, delle banche dati, delle reti cablo e,
generalmente, dell'informatica, a cominciare dalla compatibilità
dei sistemi. (nota 34)
e)
a collaborare con i media profani, in particolare per quanto
riguarda le preoccupazioni comuni sulle questioni religiose, morali,
etiche, culturali, educative e sociali;
31. Relazioni
pubbliche. Le relazioni pubbliche necessitano da parte della
Chiesa, di una comunicazione attiva con la comunità per il tramite
dei media, sia profani che religiosi. Queste relazioni, che
implicano la disponibilità della Chiesa a comunicare i valori
evangelici e a fare conoscere i suoi ministeri ed i suoi programmi,
richiedono da parte sua che essa faccia tutto il possibile per
verificare che è veramente ad immagine di Cristo. Un piano
pastorale di comunicazione dovrebbe tendere:
a)
a organizzare degli uffici di relazioni pubbliche dotati di risorse
umane e materiali sufficienti a rendere possibile una vera
comunicazione tra la Chiesa e l'insieme della comunità;
b)
alla produzione di pubblicazioni e programmi radio, di
televisione e video di qualità eccellente, tali da rendere visibili
il messaggio del Vangelo e la missione della Chiesa;
c)
a promuovere dei premi ed altri modi di riconoscenza destinati a
incoraggiare e sostenere i professionisti dei media;
d)
a celebrare la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali come un
mezzo per promuovere la presa di coscienza dell'importanza della
comunicazione e per appoggiare le iniziative prese della Chiesa in
materia di comunicazione.
32. Ricerca.
Le strategie della Chiesa nell'ambito della comunicazione sociale
dovrebbero fondarsi sui risultati di una ricerca seria in tale
materia, che implichi una analisi ed una valutazione fatte con
conoscenza di causa. Occorre che lo studio della comunicazione
faccia posto alle questioni ed ai problemi maggiori ai quali deve
far fronte la missione della Chiesa in seno alla nazione o alla
regione interessata. Un piano pastorale della comunicazione dovrebbe
mirare:
a)
a incoraggiare gli istituti di studi superiori, i centri di
ricerca e le università a intraprendere ricerche fondamentali
insieme ed applicate, sui bisogni e le preoccupazioni della Chiesa e
della società in materia di comunicazione;
b)
a determinare le modalità pratiche per l'interpretazione della
ricerca fatta sulle comunicazioni sociali e sulla sua applicazione
alla missione della Chiesa;
c)
a sostenere una riflessione teologica permanente sui processi e gli
strumenti della comunicazione sociale e sul loro ruolo nella Chiesa
e nella società.
33. Comunicazione
e sviluppo dei popoli. Comunicazioni e media realmente
accessibili possono permettere a molte persone di partecipare
all'economia del mondo moderno, di esperimentare una libertà di
espressione e di contribuire alla crescita della pace e della
giustizia nel mondo. Un piano pastorale delle comunicazioni sociali
dovrebbe mirare:
a)
che i valori evangelici esercitino una influenza sul largo ventaglio
delle attività dei media contemporanei - dall'edizione alle
comunicazioni via satellite - in modo che esse contribuiscano alla
crescita della solidarietà internazionale;
b)
a difendere l'interesse pubblico e salvaguardare l'accesso delle
religioni ai media prendendo una posizione documentata e
responsabile sulle questioni di legislazione e di politica della
comunicazione e sullo sviluppo dei sistemi di comunicazione;
c)
ad analizzare l'impatto sociale delle tecnologie avanzate di
comunicazione ed a contribuire ad evitare inutili rotture sociali e
destabilitazioni culturali;
d)
ad aiutare i professionisti della comunicazione a definire ed
osservare delle regole etiche, soprattutto nei riguardi dell'equità,
della verità, della giustizia, della decenza e del rispetto della
vita;
e)
a elaborare delle strategie che incoraggino un accesso più esteso,
più rappresentativo e responsabile ai media;
f)
a esercitare un ruolo profetico prendendo la parola al momento
giusto, allorché si tratta di sostenere il punto di vista del
Vangelo in rapporto alle dimensioni morali di importanti questioni
d'interesse pubblico.
Città del
Vaticano, 22 febbraio 1992, Festa della Cattedra di San Pietro
Apostolo.
+ JOHN P. FOLEY,
Presidente
Mons. PIERFRANCO
PASTORE,
Segretario
(1) Cf GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, nn. 12-23, in AAS, LXXXIII (1991), pp.
807-821.
(2) GIOVANNI PAOLO II,
Redemptoris missio, n. 37, in AAS, LXXXIII (1991), p. 285.
(3) Communio et
progressio, n. 187, in AAS, LXIII (1971), pp. 655-656.
(4) GIOVANNI PAOLO II,
Messaggio per la XXIV Giornata mondiale delle comunicazioni
sociali, in L'Osservatore Romano, 25-1-1990, p. 6.
(5) Ibid.
(6) Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Criteri di collaborazione
ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali,
n. 1, Città del Vaticano, 1989.
(7) Inter mirifica,
n. 4, in AAS, LVI (1964), p. 146.
(8) Communio et
progressio, n. 11, in AAS, LXIII (1971), p. 598.
(9) Rm 1, 20.
(10) Jn 1, 14.
(11) Ef 1, 23;
4, 10.
(12) 1 Cor 15,
28; Communio et progressio, n. 11, in AAS, LXIII (1971), p.
598.
(13) Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Pornografia e violenza nei
mezzi di comunicazione sociale: una risposta pastorale, n. 7,
Città del Vaticano, 1989.
(14) GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, n. 46, in AAS, LXXX (1988), p.
579.
(15) Gaudium et spes, n. 11, in AAS, LVIII (1966), p. 1034.
(16) Cf PAOLO VI, Evangelii
nuntiandi, n. 20, in AAS, LXVIII (1976), pp. 18-19.
(17) Cf Inter
mirifica, n. 3, in AAS, LVI (1964), p. 146.
(18) Lumen gentium,
n. 1, in AAS, LVII (1965), p. 5
(19) Cf Communio
et progressio, n. 12, in AAS, LXIII (1971), p. 598.
(20) Ibid, nn.
114-121, in AAS, LXIII (1971), pp. 634-636.
(21) Cf Can. 212.2,
in AAS, LXXV, 2 (1983), p. 34.
(22) Cf Can. 212.3,
in AAS, LXXV, 2 (1983), p. 34.
(23) Congregazione
per la Dottrina de]la Fede, Instruzione sulla vocazione
ecclesiale del teologo, n. 30, in AAS, LXXXII (1990), P. 1562.
(24) Cf ibid.,
n. 35, in AAS, LXXXII (1990), p. 1565.
(25) PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 45, in AAS, LXVIII (1976), p. 35.
(26) GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, n. 37, in AAS, LXXXIII (1991), p.
285.
(27) Cf GIOVANNI
PAOLO II, Centesimus annus, n. 41, in AAS, LXXXXII (1991), p.
841.
(28) GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici, n. 44, in AAS, LXXXI (1989), p.
480.
(29) Ibid. p.
481.
(30) Cf Congregazione
per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per la formazione dei
futuri sacerdoti circa gli strumenti delle comunicazioni sociali,
Città del Vaticano, 1986.
(31) Cf GIOVANNI
PAOLO II, Redemptoris missio, n. 37, c, in AAS, LXXXIII
(1991), p. 285.
(32) Ibid.
(33) Communio et progressio, n. 2, in AAS, LXIII (1971), pp. 593-594.
(34) Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Criteri di collaborazione
ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali,
n. 14, Città del Vaticano, 1989.
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