Multiculturalismo e Islam: coppie di
fatto e omosessualità
Samir Khalil Samir, sj su AsiaNews 23 marzo
2007
L’Islam è stato sempre spietato sui rapporti omosessuali. Eppure in Italia
c’è silenzio del mondo musulmano su coppie di fatto e omosessualità. C’è una
manipolazione dell’islam da parte del progressismo liberal. Se Europa e
America vogliono cambiare il concetto di “famiglia”, devono fare i conti anche
con le tradizioni religiose universali. Secondo articolo di una serie sul
multiculturalismo.
[Precedenti:
Multiculturalismo-donna;
multiculturalismo-sharia contro
costituzioni UE]
Il multiculturalismo non aiuta l’occidente ad essere se
stesso, né i musulmani d’Europa ad integrarsi meglio nei loro nuovi Paesi.
Vorrei mostrare quanto dico esaminando la questione dell’omosessualità e della
famiglia nella tradizione islamica e nel mondo islamico odierno.
I musulmani d’Italia e il dibattito sulle coppie di fatto
In Italia, proprio i fautori della tolleranza culturale ad oltranza stanno
proponendo una legge sulle coppie di fatto, che prevede diritti anche per le
coppie omosessuali. Sono stati preceduti da altri Paesi europei dove si può
fare la stessa osservazione.
Curiosamente, su questo problema, le comunità musulmane – tanto difese dai
progressisti liberal – non si sono pronunciate. L’Ucoii, ad esempio, –
un’associazione di musulmani italiani che pretende di rappresentare la
maggioranza dei musulmani perché controlla (spesso per motivi finanziari) gran
parte delle moschee – parla solo quando gli conviene politicamente, quando si
intravede la possibilità di ottenere un diritto, un privilegio, di avere una
sala di preghiera, una moschea, una riduzione del tempo di lavoro durante il
Ramadan, una vacanza per il pellegrinaggio alla Mecca, ecc.
Ma i membri dell’Ucoii non si impegnano nelle cause che si dibattono in
Italia. Il problema del valore della famiglia o delle coppie omosessuali
sembra non interessarli. Ciò è segno che essi non portano avanti un progetto
di integrazione, ma di rivendicazione.
Diciamo subito che la questione delle coppie di fatti non è mai stata
prospettata, né nel passato (come è ovvio), né oggigiorno. Più ancora che nel
cristianesimo, l’islam mette l’accento nel matrimonio sulla procreazione, e in
secondo luogo sul piacere sessuale, compreso esclusivamente nel quadro del
legalità, sia quella del matrimonio, sia quella del concubinato. Fuori del
matrimonio legale e del concubinato riconosciuto, qualunque atto sessuale è un
peccato grave, e ciò in tutte le scuole giuridiche dell’islam, sunnita e
sciita.
Vediamo dunque qual’è la posizione ufficiale dell’islam (nelle sue più
importante scuole giuridiche) riguardo all’omosessualità, poi qual è la realtà
del mondo musulmano (ieri e oggi) sulla questione dell’omosessualità, e infine
qual è la legislazione odierna dei vari Paesi musulmani.
Il Corano e le Hadith sull’omosessualità
Nel Corano, il rapporto anale è considerato un peccato molto grave. La
storia biblica di Lot (Genesi 19) è raccontata 6 volte nel Corano, caso
eccezionale che ne mostra l’importanza, e sempre con una condanna assoluta:
Corano 7, 80-84 ; 11, 77-82 ; 15, 58-79 ; 26, 160-174 ; 27, 54-58 ; e 29,
28-35. Secondo la tradizione musulmana, questi sei testi risalgono al periodo
della Mecca (610-622), anzi a ciò che gli orientalisti chiamano “il terzo
periodo meccano” che copre gli anni 619-622. Secondo le edizioni dell’Arabia
Saudita, questi capitoli corrispondono, nell’ordine, ai capitoli 39, 52, 54,
47, 48 e 85.
La condanna dell’azione della gente di Sodoma è senza remissione. Per
esempio Corano 29 (Il Ragno), 28-29: “E quando Lot disse al suo popolo:
‘Davvero commettete una turpitudine che mai nessuno al mondo ha commesso prima
di voi. Concupite i maschi’”.
Secondo la Tradizione di Muhammad (Sunnah), l’omosessualità, sia
maschile che femminile, sia attiva che passiva, è equiparata all’adulterio, ed
è dunque passibile di morte.
I dotti (‘ulama’) si riferiscono di solito a 3 hadith, che parlano
del liwât (parola derivata da Loth) cioè del rapporto tra due maschi
(ma significa anche l’omosessualità in modo generico), o del sihâq cioè
del rapporto tra due femmine. Il primo hadith dice: “Quando un maschio
monta un altro maschio, il trono di Dio trema”. Il secondo dice: “Uccidi la
persona che lo sta facendo [cioè il partner attivo] e la persona che lo sta
subendo [cioè il partner passivo]”. Il terzo tratta delle lesbiche: “Il
sihâq delle donne è una fornicazione (zinâ)”.
Inoltre, anche il rapporto anale con la propria moglie è condannato da un
hadith: “Maledetto chi avvicina sua moglie dal di dietro” (Collezione
dell’imam Ahmad 2/479).
L’omosessualità è spesso praticata, in tutta la storia araba e islamica,
tra un adulto e un giovane ragazzo. Un hadith dice di "diffidare dei
giovani imberbi, perché sono una fonte di danno più grande delle giovani
vergini." Si dice dell’imam Sufyān
al-Thawrī (morto nel 783) che sia scappato
dalle terme un giorno, asserendo a proposito della tentazione sessuale che "se
ogni donna ha un demone che l'accompagna, allora un bel giovane ne ha
diciassette". Il famoso giurista hanbalita Ibn al-Jawzī
(morto nel 1200) avrebbe detto: “Colui che afferma di non provare alcun
desiderio quando guarda a bei ragazzi o bei giovani è un bugiardo, e se gli
credessimo lo vedremmo come un animale, non un essere umano”. Nella poesia
araba classica i poemi sull’amore dei giovani abbondano, e addirittura molti
andavano nei monasteri per contemplare i giovani novizi!
Un riflesso di quest’amore per i giovani fanciulli si trova pure nel
Corano. Nella descrizione del Paradiso della sura 56, 12-19 si legge: “Nei
Giardini delle Delizie, molti tra gli antichi, pochi tra i recenti, su divani
rivestiti d'oro, sdraiati gli uni di fronte agli altri. Vagheranno tra loro
fanciulli di eterna giovinezza, [recanti] coppe, brocche e calici di bevanda
sorgiva, che non darà mal di testa né ebbrezza”. E ancora nella sura 52,
21-24: “Coloro che avranno creduto e che saranno stati seguiti nella fede
dalla loro progenie, Noi li riuniremo ai loro figli. Non diminuiremo in nulla
il merito delle loro azioni, poiché ognuno è pegno di quello che si sarà
guadagnato. Provvederemo loro i frutti e le carni che desidereranno. Si
scambieranno un calice immune da vanità o peccato. E per servirli circoleranno
tra loro giovanetti simili a perle nascoste”.
Il Corano condanna dunque in modo assoluto l’omosessualità e la pareggia
con l’adulterio. La tradizione del Profeta dell’islam accettata dai dotti dice
esplicitamente che merita la morte. La pratica dell’omosessualità era però
frequente. L’islam ha autorizzato l’amore casto con i giovanotti, purché non
ci sia rapporto fisico. E un detto (hadith) dice: “Colui che ama e rimane
casto e nasconde il suo segreto e muore, muore da martire”, cioè per aver
resistito alla più forte delle tentazione.
Posizione ufficiale dell’islam sull’omosessualità, ieri e oggi
Oggi, nel mondo musulmano, ci sono cinque scuole giuridiche: 4 sunnite (hanafita,
malikita, sciafeita e hanbalita) e la quinta sciita, chiamata gia‘farita. La
hanafita non considera adulterio i rapporti omosessuali, ma lascia la pena a
discrezione del giudice. Le quattro altre scuole le considerano adulterio e
condannano a morte i due partner. Come per l’adulterio, c’è la necessità dei
quattro testimoni maschi (o 8 testimoni femmine).
L’imam Yûsuf al Qaradâwi, lo studioso più ascoltato dell'Islam sunnita
moderno, scrive: “I giuristi dell'Islam hanno avuto opinioni divergenti
riguardo la pena per questa pratica abominevole. Dovrebbe essere la stessa
pena prevista per lo zina (fornicazione), o andrebbero uccisi sia il
partecipante attivo che quello passivo? Anche se questa pena può sembrare
crudele, è stato consigliato di mantenere la purezza della società islamica, e
di mondarla dagli elementi pervertiti”. (Al-halâl w-al-harâm fî l-Islâm
- Il lecito e l’illecito nell’islam).
Come viene applicata oggi la shari’ah, la legge islamica, nel mondo
islamico? In sette nazioni, i rapporti omosessuali portano ufficialmente alla
pena di morte, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia, Somaliland,
Yemen e l’Afghanistan all’epoca dei Talibani. In molte nazioni l'omosessualità
è punita con il carcere, o pene corporali, per esempio in Bahrain, Qatar,
Algeria, Maldive, ecc. In alcuni nazioni (Turchia, Giordania, Egitto, Mali,
ecc.), l’omosessualità non è proibita come tale, ma i gay possono essere
condannati per offesa alla moralità pubblica; com’è successo al Cairo l’11
maggio 2001, quando 52 uomini sono stati arrestati a bordo del nightclub gay
galleggiante Queen Boat, ancorato sul Nilo. E’ in Iran che la situazione è la
più ingiusta: dalla rivoluzione islamica, il governo iraniano ha mandato a
morte più di 4000 persone accusate di rapporti omosessuali.
Su questo come in tanti altri punti l’Islam è in contraddizione con la
carta universale dei diritti umani. Il motivo è il confondere l’etica con il
diritto. Una religione può considerare un atto come un’offesa grave a Dio (un
peccato), e nessuno può impedire a qualcuno di affermarlo – come è successo in
modo vergognoso nel parlamento europeo con l’onorevole Buttiglione –. Ma la
legge non può corrispondere sempre con l’etica. L’etica mira alla perfezione
del comportamento, e deve proporre un ideale che sarà sempre difficile da
raggiungere, ma che serve da faro per guidare l’uomo. La legge indica qual è
il minimo al di sotto del quale c’è delitto. Inoltre, ed è un altro crimine, i
media esercitano una pressione inaccettabile e immorale sugli omosessuali: nel
caso dei 52 gay del Cairo, la stampa ha diffuso i loro nomi, indirizzi e
telefoni, e pubblicato le loro foto: questo, e non l’omosessualità, avrebbe
meritato il carcere.
Vi è poi un’incoerenza: la morale islamica reprime l’omosessualità, ma la
gente di solito la tollera. In Egitto, ad esempio, non è rara tra un adulto e
un giovane. È talmente diffusa che in arabo abbiamo addirittura due parole per
definire la parte attiva e passiva (‘ars e khawal) della coppia
omosessuale. L’unica differenza con l’Europa è che nel mondo arabo nessuno
vuole legalizzare questo tipo di unione. In molti paesi musulmani, finché è
una cosa privata, l’omosessualità è abbastanza tollerata, considerata
addirittura banale. In Libano ad esempio si sa tutto di tutti: chi va con chi,
purché essi non pretendano una legittimità.
Conclusione: difendere la famiglia per dialogare con l’Islam
Sul problema dell’omosessualità e sul valore della famiglia come unione di
maschio e femmina non trovo molto dibattito fra i musulmani in Europa. A
favore della famiglia ho trovato solo una dichiarazione interreligiosa diffusa
in Francia, a Lione. Partita dal vescovo cattolico di Lione, questa lettera
aperta è stata firmata da ebrei, cristiani (all’eccezione dei calvinisti) e
musulmani. Senza violenza o omofobia, essi mettono in dubbio che lo stato
possa autorizzare il matrimonio fra due persone dello stesso sesso.
“Non si tratta – essi dicono – di un dibattito sulla società, ma di una
scelta superiore senza precedenti nella storia dell’umanità, dato che la
famiglia come unione dell’uomo e della donna è un dono che si deve fare alle
generazioni future”. La lettera continua dicendo che oggi la famiglia è molto
fragile, perché gli adulti non riescono ad aiutare i giovani a costruire la
loro vita. “Come potranno acquisire una formazione solida, affrontare il
futuro con fiducia, rispettare i doveri di una professione e costruire
nell’equilibrio la propria famiglia se si relativizza l’istituzione del
matrimonio?”.
In conclusione:
1. Le religioni e le filosofie hanno il diritto di avere una loro scala di
valori, di considerare che tale atto è morale o immorale, virtuoso o
peccaminoso. Ogni uomo ha questo diritto. A condizione però che questo
giudizio morale non influisca sul giudizio portato sulle persone e sul
comportamento a loro riguardo. Un conto è l’atto, un conto la persona.
2. Le religioni hanno il dovere, se vogliono essere di aiuto alla società
umana, di riesaminare periodicamente, costantemente, le loro posizioni, alla
luce sia dei testi fondatori che della riflessione contemporanea. Per dirlo
con il papa Benedetto: fede e ragione devono essere armonizzate e sono
indissociabile l’una dall’altra.
3. L’islam in particolare passa attraverso una fase di ritorno alle
origini, per proteggersi contro l’occidente da esso giudicato irreligioso e
ateo. Facilmente rischia di cadere nella regressione. Per poter realizzare
l’armonia tra fede e ragione, è indispensabile che la fede non sia spiegata
solo dagli “uomini di religione” come si dice nel nostro gergo (rigiâl
al-dîn), ma anche da studiosi delle discipline scientifiche e umane. Il
dramma dell’islam contemporaneo è la dicotomia dentro la comunità, la umma:
chi guida (o dovrebbe guidare) la comunità studia solo le scienze religiose e
ciò che le spiega; chi fa altri studi non interferisce sull’intelligenza della
fede.
4. Il concetto di famiglia ha un significato quasi unanime riconosciuto
dacché esiste l’uomo, e cioè come nucleo composto da un uomo e da una donna
con i loro figli. Il concetto può allargarsi ai parenti di vari gradi, ma il
nucleo è quello. Il fatto dell’omosessualità è sempre esistito nella storia
dell’umanità, la quale l’ha tollerato senza mai legittimarlo. L’occidente
propone un nuovo approccio del concetto della famiglia, presentandolo come un
“progresso”. Trattandosi di un punto così fondamentale, sarebbe necessario
tener conto non solo dell’opinione nazionale, ma dell’approccio che ne ha
tutta l’umanità. L’Europa o l’America (o parti di esse) non possono
considerarsi come il motore dell’umanità e del suo progresso: questo può
essere vero al livello tecnologico e scientifico, non al livello etico e
filosofico.
5. L’atteggiamento occidentale sui punti che riguardano la famiglia e il
sesso confermano i musulmani nell’idea che la civiltà occidentale è decadente,
e attribuiscono questa decadenza alla perdita della fede e della pratica
religiosa. I più decisi reagiscono anche con violenza contro questo male. Come
spiegare ai musulmani tradizionali (la maggioranza di loro) che la modernità è
carica di valori (anche se ci sono delle deficienze come in ogni realtà
umana), se ciò che appare di questa civiltà è contrario a certi valori
riconosciuti? La lotta dell’islam contro l’Occidente, visto come depravato,
continuerà, prendendo anche forme violente, perché l’atteggiamento occidentale
violenta in punti importanti la coscienza del mondo musulmano.
6. Aggiungerei infine una domanda. Come mai, quando si è trattato di
togliere alcuni segni visibili della tradizione cristiana (il crocifisso, il
presepio, ecc…) parecchie voci hanno utilizzato l’argomento dei musulmani da
non offendere (come se il presepio fosse un offesa per loro!), e quando si
tratta di questioni così fondamentali per loro non se ne parla? Non sarà che
il mondo liberal li sta strumentalizzando, utilizzandoli per confortare una
sua opinione solo quando fa comodo? Questo non è rispetto, ma manipolazione …
e i musulmani (o anche gli Arabi) non sono così stupidi per crederci!
Vedi anche:
Multiculturalismo e Islam:
suicidio dell'Occidente e diritti delle donne
Multiculturalismo e
Islam; la sharia contro le costituzioni europee