INTERVENTI DELLA SANTA SEDE ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE
PROMOSSA DALL’OSCE SU
"ANTISEMITISMO ED ALTRE FORME DI INTOLLERANZA"
Nei giorni 8 e 9 giugno 2005 si è svolta a
Córdoba, in Spagna, una
Conferenza Internazionale promossa dall’Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa, su "Antisemitismo ed altre forme di
intolleranza". (1) Pubblichiamo gli
interventi pronunciati dal Capo della Delegazione
S.E. Mons. Antonio Cañizares, rispettivamente nella sessione di apertura e
nella quinta sessione della Conferenza, dedicata al tema specifico della
"lotta contro la discriminazione e l’intolleranza contro i cristiani ed i
membri delle altre religioni.
INTERVENTI DI S.E. MONS. ANTONIO CAÑIZARES
Sessione di apertura
Sessione 5
Sessione
di
apertura
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Signor Presidente:
La delegazione della
Santa Sede si congratula col Governo spagnolo per il grande interesse
con cui ha organizzato questa Conferenza, insieme con la Presidenza
slovena.
1. Nella emblematica
città di Cordova, l'OSCE vive una nuova importante tappa del suo
impegno contro l'antisemitismo e altre forme di intolleranza, che lo
scorso anno ha avuto momenti distinti come le Conferenze di Berlino,
Bruxelles e Parigi e, successivamente, la istituzione di 3
rappresentanti del presidente in carica.
La Santa Sede appoggia
questo cammino, apprezzando il desiderio di porre concretamente in
essere le attività finora intraprese e le decisioni adottate per
promuovere la dignità della persona umana.
2. La storia ha
mostrato, anche recentemente, le tragiche conseguenze che si
determinano quando si nega questa dignità o la si riduce ad una
proclamazione meramente formale, mentre si praticano comportamenti
completamente contrari ai diritti umani, che trovano in essa
fondamento e finalità.
Come ha ricordato il Papa
Giovanni Paolo II in occasione del sessantesimo anniversario dalla
liberazione dei prigionieri del campo di sterminio di
Auschwitz-Birkenau, quel tentativo di distruggere in modo
programmato tutto un popolo si stende come un’ombra sull’Europa e
sul mondo intero; è un crimine che macchia per sempre la storia
dell’umanità.
L’enorme tragedia
dell’olocausto è un drammatico richiamo per educare, soprattutto le giovani
generazioni, a non cedere davanti alle ideologie che giustificano la possibilità
di ‘calpestare’ la dignità umana basandosi sulla diversità etnica,
linguistica, nazionale o religiosa.
La Chiesa cattolica – ha
dichiarato solennemente il
Concilio Vaticano II – deplora tutte le manifestazioni di
antisemitismo di cui sono stati vittime gli ebrei di qualsiasi epoca e
da parte di qualsiasi persona (Nostra Aetate, n. 4),
condanna la discriminazione e avverte che occorre sfuggire
l'intolleranza, che quasi sempre si trasforma in limitazione dei
diritti e delle libertà, e che può portare con sé l'emarginazione e
la oppressione della persona umana e delle comunità alle quali essa
appartiene.
La Santa Sede si
compiace che il dialogo interreligioso favorisca e promuova la
tolleranza, il reciproco riconoscimento e, quindi, una coesistenza tra
i popoli che sia fattore di pace. Proprio perché si vuole questo non
si deve subordinare il dialogo ad un fine puramente pragmatico e
politico. In effetti, questo svilisce tanto Dio quanto lo stesso uomo,
"mortifica" la tolleranza invece di promuoverla, perché la
valuta con i criteri precari e mutevoli degli equilibri politici,
invece di confrontarla con il metro sicuro della verità e della
dignità umana.
Sig. Presidente:
3. L'efficacia dell'azione dell'OSCE
contro la discriminazione e l'intolleranza dipende in buona misura dalla
credibilità di questo impegno e, quindi, anche dal suo carattere
"inclusivo" e coerente con la riflessione ed il cammino realizzati
fino ad oggi.
La delegazione della Santa Sede
desidera pertanto ulteriormente sottolineare che, nei Paesi raggiunti da questa
Organizzazione, l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani e i
membri delle altre religioni sono fenomeni preoccupanti, ai quali è necessario
porre fine con la stessa determinazione con cui si combattono l’antisemitismo
e la discriminazione dei musulmani. Sarebbe paradossale, infatti, omettere
misure concrete per garantire ai cristiani e ai membri delle altre religioni la
libertà religiosa senza alcuna forma di discriminazione ed intolleranza,
proprio quando su un piano generale si tratta di eliminare la discriminazione e
l’intolleranza.
È necessario inoltre evitare che si faccia sull’antisemitismo e sulle
discriminazioni dei musulmani o dei cristiani una specie di gerarchia. Ognuna di
queste ‘piaghe’ fa sì che l’uomo ‘si ammali’, lo degrada e, quindi,
deve essere ‘curata’ rapidamente. Per evitare eventuali reticenze o una
ingiustificata discriminazione nei provvedimenti degli Stati membri, è
necessario far sì che venga assicurato un corretto equilibrio tra gli impegni
dagli stessi adottati, nella prospettiva dei tre orientamenti prima ricordati.
La Sante Sede auspica pertanto
che la Conferenza sia un'occasione propizia perché l'OSCE si impegni a mettere
in campo strumenti e meccanismi efficaci per combattere e contrastare pregiudizi
e false rappresentazioni dei cristiani e dei membri delle altre religioni sui
mass-media e nell'ambito dei processi educativi, e animi il contributo concreto
delle Chiese e comunità religiose alla vita pubblica dei Paesi.
La Santa Sede continuerà a
collaborare con l'OSCE perché il suo impegno contro l'antisemitismo e altre
forme di intolleranza, soprattutto in materia religiosa, salvaguardi e promuova
la dignità umana che è tra gli obiettivi centrali di questa Organizzazione.
Grazie, Sig. Presidente
Sessione
5
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Sig.ra Moderatrice,
1. In seguito
al Consiglio ministeriale di Sofia, la Santa Sede ha sentito ancor più
pressante l'esigenza di esaminare con attenzione e serena
obiettività la natura e la tipologia delle discriminazioni e
dell'intolleranza contro i cristiani e contro i membri delle altre
religioni. Del resto, ciò concorda con la linea tradizionale e il
riconosciuto impegno della OSCE di dar voce anche ai fedeli delle altre
confessioni religiose.
È stato notato che le
problematiche dibattute nella presente sessione non riguardano solo i
singoli cristiani, ma anche le confessioni religiose in quanto tali; non
pregiudicano solo i gruppi religiosi minoritari, ma anche quelli che
sono una maggioranza. Risulta semplicistico imputare sistematicamente
alle religioni di maggioranza la mancanza o la scarsa tutela delle altre
comunità religiose da parte della autorità statali.
È
stato anche sottolineato che quanto minaccia le identità religiose
esiste tanto a est quanto a ovest di Vienna, seppure con modalità
differenti e tonalità più o meno intense, a seconda dei luoghi dei
tempi e delle circostanze.
2. Nonostante gli
impegni adottati dagli Stati membri dell'OSCE nel campo della libertà
religiosa, in alcuni paesi sussistono normative, decisioni o
comportamenti - di azione od omissione - che negano tale libertà e sono
di carattere intollerante e persino discriminatorio, nei confronti delle
Chiese e delle comunità cristiane, delle altre comunità religiose e
dei loro fedeli. Rimangono restrizioni indebite al riconoscimento legale
di tali Chiese e comunità e all'importazione e alla diffusione del loro
materiale religioso. Si consentono dilazioni ingiustificate, e si
rifiuta persino apertamente la restituzione di proprietà che erano
state loro confiscate o destinate a soggetti diversi dai loro legittimi
proprietari. Si producono ingerenze nella loro autonomia organizzativa,
creando così ostacoli alla loro coerenza con le proprie convinzioni
morali. Vengono alla luce pressioni che contrastano con la libertà dei
funzionari dell'Amministrazione pubblica di agire d'accordo con i
dettami della propria coscienza.
Accade a volte che,
in presenza di una religione maggioritaria, le autorità civili non
riconoscano la personalità giuridica delle chiese o comunità
minoritarie, la cui vita interna diviene oggetto di limitazioni: nella
formazione del clero, nell'acquisto di proprietà, ecc.
A
volte vi sono carenze nella educazione civica al rispetto dell'identità
e dei principi cristiani e delle altre religioni, ed emergono resistenze
a riconoscere il ruolo pubblico della religione. E tuttavia, l'impegno
tradizionale dell'OSCE in favore della libertà religiosa nasce proprio
da una chiara presa di coscienza del fatto che tale libertà
caratterizza una dimensione fondamentale dell'uomo e non riguarda solo
la sua vita privata. Lo ha ricordato anche Papa Giovanni Paolo II
all'inizio del 2004, rivolgendosi al corpo diplomatico accreditato
presso la Santa Sede. Infatti, in quell'occasione, il Pontefice faceva
notare che nonostante tutti siano d'accordo sul fatto che bisogna
rispettare il sentimento religioso delle persone, non si può dire
altrettanto [...] della dimensione sociale delle religioni, dimenticando
con questo gli impegni assunti nel contesto di quella che allora si
chiamava la "Conferenza sulla cooperazione e la sicurezza in
Europa".
Sig.ra Moderatrice,
3.
È noto che il cristianesimo rappresenta la religione maggioritaria in
molti paesi membri della OSCE; inoltre è un elemento che caratterizza
la storia e marca l'identità, la cultura, la vita sociale e le
istituzioni dei suoi popoli. Il contributo specifico apportato dai
cristiani alla costruzione e al buon funzionamento dei nostri sistemi
democratici è dunque un valore aggiunto per la società, in modo tale
che valorizzarlo è garanzia ed espressione di un corretto pluralismo.
La distinzione tra potere spirituale e civile, infatti, non comporta
allontanamento, indifferenza o incomunicabilità, bensì dialogo e
confronto al servizio del vero bene della persona umana. Laicità non
è laicismo, ha sottolineato Papa Giovanni Paolo II nel discorso
summenzionato. Egli ha inoltre aggiunto che o Stato laico assicura il
libero esercizio delle attività di culto, spirituali, culturali e
caritative delle comunità di credenti. In una società pluralista,la
laicità è un luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni
spirituali e la nazione.
Per questo motivo, se le
comunità religiose manifestano riserve o propongono alternative alle
decisioni legislative o alle disposizioni amministrative, ciò non deve
essere considerato ipso facto come una forma di intolleranza, a
mano che tali comunità, invece di proporre, volessero imporre le
proprie convinzioni ed esercitare pressioni sulla coscienza altrui.
D'altro canto, sarebbe intollerante cercare di impedire che tali
comunità si esprimano nel modo indicato, o denigrarle per il semplice
fatto di non condividere le decisioni che sono contrarie alla dignità
umana.
Il relativismo etico - che non riconosce nulla
come definitivo - non può essere considerato come una condizione della
democrazia, come se fosse l'unica cosa che possa garantire la
tolleranza, il rispetto reciproco tra le persone e l'adesione alle
decisioni della maggioranza. Una sana democrazia promuove la dignità di
ogni persona umana e il rispetto dei suoi diritti intangibili e
inalienabili. Senza una base morale obiettiva, nemmeno la democrazia
può assicurare una pace stabile (cfr: Evangelium
vitae, n.70).
Non mancano nemmeno nei mezzi di
comunicazione atteggiamenti intolleranti e a volte addirittura
denigratori nei confronti dei cristiani e dei membri delle altre
religioni. Il pluralismo effettivo all'interno dei mezzi di
comunicazione richiede un'informazione corretta sui fatti religiosi, la
garanzia che anche le comunità religiose abbiano accesso ad essi e che
in tali mezzi si prescinda dai predicatori di odio contro i cristiani e
i membri delle altre religioni. Nel pieno rispetto della libertà
d'espressione, si devono disporre meccanismi o strumenti coerenti con
l'ordine giuridico di ogni Paese, che difendano i messaggi delle
comunità religiose dalla manipolazione ed evitino la presentazione
irrispettosa dei suoi membri.
La Santa Sede desidera
pertanto che la conferenza di Córdoba sia un'occasione propizia
affinché l'OSCE si impegni a stabilire strumenti e meccanismi efficaci
per combattere e contrastare pregiudizi e false rappresentazioni dei
cristiani e dei membri delle altre religioni nei mass-media e
nell'ambito dei processi educativi, e animi il contributo concreto delle
Chiese e delle comunità religiose alla vita pubblica dei Paesi,
garantendo loro la propria identità specifica e riconoscendo il loro
apporto fondamentale alla costruzione di una società al servizio della
persona umana.
Grazie, Sig.ra Moderatrice.
_____________________
(1) La Santa Sede ha partecipato con una Delegazione guidata da
S.E. Mons. Antonio Cañizares, Arcivescovo di Toledo, ed integrata da Mons.
Ettore Balestrero, Officiale della Segreteria di Stato, dal Prof. Vincenzo
Buonomo, Docente di Diritto Internazionale, e dalla Dott.ssa Adriana
Opromolla,
Consulente del Segretariato della COMECE.
[Traduzione
dall'originale spagnolo a cura di InternEtica]