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Nella «Charta» la mappa per Sibiu

7giugno 2006, si chiude a Terni l'incontro di preparazione alla III Assemblea ecumenica continentale

È la «Carta ecumenica», il documento programmatico per il cammino delle Chiese in Europa elaborato nel 2001 secondo le indicazioni dell'Assemblea di Graz, a scandire le tappe verso l'appuntamento di Sibiu del prossimo anno. Un percorso accompagnato da documenti di lavoro che approfondiscono tematiche specifiche della «Carta» che vanno dall'integrazione europea al rinnovamento e l'unità in Europa, dalle religioni e migrazioni alla creazione, giustizia e pace. Ad illustrarlo, nel corso del convegno a Terni, sono stati monsignor Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), e il pastore Luca Negro, segretario per la comunicazione del Consiglio delle Chiese europee (Kek). Lo spirito comune che ha portato alla stipula della «Carta» è quello di una collaborazione per il comune impegno di fronte al processo di integrazione europea.
Il testo richiama la comunione tra le Chiese cristiane affermando che «il compito più importante è quello di annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l'azione». E questo impegno si è fatto urgente a motivo della «multiforme mancanza di riferimenti, dell'allontanamento dai valori cristiani, ma anche della variegata ricerca di senso». La «Carta» sottolinea la necessità di una maggiore visibilità dell'unità tra le Chiese e comunque un accresciuto impegno ed uno scambio di esperienze sul piano catechetico e pastorale in ordine alla comunicazione del Vangelo. Si accenna alla crescita della conoscenza e della stima reciproca, a impegni comuni nella preghiera e nel dialogo teologico, alla responsabilità di contribuire a plasmare l'Europa cristiana, all'evangelizzazione che deve tornare ad essere il primo compito di ogni Chiesa cristiana in Europa, perché la comunicazione del Vangelo è la missione che dovrebbe vedere unite tutte le Chiese.
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[Fonte: Avvenire 7 giugno 2006]



Interessanti notazioni a margine (ndR)

Giovanni Paolo II era tornato insistentemente e con forza sull’argomento “Se qualcuno intendesse marginalizzare le religioni cha hanno contribuito e ancora contribuiscono alla cultura e all’umanesimo dei quali l’Europa è legittimamente fiera” ciò “sarebbe al tempo stesso un’ingiustizia e un errore di prospettiva” (Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10.1.2002).

In questo ambito è stato importante e fruttuoso il lavoro ecumenico: gli organismi delle Chiese europee (COMECE, KEK) si sono occupati intensamente di questo tema.

Si può dire che le attese espresse dalle Chiese sono state fondamentalmente recepite nell’attuale articolo 52 deI trattato, dedicato allo Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali:

Trattato Costituzionale dell'Unione Europea (Roma, ottobre 2004) - Articolo 52: Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali
  1. L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale, le chiese e le associazioni o comunità religiose.
  2. L'Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali.
  3. Riconoscendone l'identità e il contributo specifico, l'Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni.

Particolarmente interessante il terzo paragrafo che parla di un dialogo regolare (le Chiese avevano chiesto in realtà un dialogo “strutturato”) e soprattutto riconosce l’identità e il contributo specifico delle Chiese. Questo paragrafo rischiava di essere integrato nell’articolo dove si parla dei rapporti dell’Unione con la società civile. L’opzione di scrivere un articolo a parte è un importante riconoscimento della peculiarità delle Chiese rispetto agli altri organismi della società civile. Ora si tratta di concretizzare ciò che è scritto.

   
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