Valorizzati
gli intrecci tra natura e cultura
Nei primi anni '60 la femminista di
matrice liberale Betty Friedan pubblicava negli Stati Uniti "La
mistica della femminilità", che ebbe un'enorme influenza
nell'elaborazione del pensiero femminile nei decenni successivi. In
questo studio venivano smascherati alcuni meccanismi compensativi
della cultura americana, non ancora disposta a garantire gli uguali
diritti di rappresentanza sociale e politica alle donne, preferendo
mitizzare il ruolo tradizionale di "madre-custode del focolare
domestico" con un linguaggio astratto, romantico e pseudomistico.
Due anni dopo, l'8 dicembre 1965, i
Padri conciliari alla chiusura del Concilio Vaticano II, nei «Messaggi
della Chiesa al mondo» si rivolgevano direttamente alle donne
richiamandole alla loro funzione di "prime educatrici del genere
umano nel segreto dei focolari", offrendo indirettamente - a
detta di molte femministe - la prova esplicita del valore delle tesi
della Friedan.
Ma il pensiero cattolico di quegli anni
- basti pensare a quell'intenso laboratorio teorico che fu
l'associazionismo cristiano, il CIF ad esempio - non si fermò alla
superficie e, scandagliando la ricchezza dei documenti conciliari
proprio in tema di valorizzazione del mondo femminile, pose le basi
per il successivo sviluppo di nuovi modelli culturali.
Fra tutti venne giustamente letta la Gaudium
et Spes, dove in modo esplicito si auspicava un diverso tipo
di legame paritario tra uomo e donna ( 8,c; 9,b), si incoraggiava il
loro pieno ingresso nel mondo del lavoro, con una partecipazione
sempre più consapevole alla vita culturale e sociale (60,c). Anche
nella Apostolicam
actuositatem, il documento di approfondimento conciliare
sull'apostolato dei laici, i Padri conciliari non mancarono di
precisare che «siccome ai nostri giorni le donne prendono parte
sempre più attiva in tutta la vita sociale, è di grande importanza
una loro più larga partecipazione anche nei vari campi
dell'apostolato della Chiesa» (9,b).
Sia che si guardasse ai problemi
antropologici e sociali, legati al pieno recupero della soggettività
femminile, sia che si intendesse questa parte di umanità come
un'indispensabile risorsa per la Chiesa, il Concilio Vaticano II
gettava i suoi fertili semi, destinati a fecondare nei decenni
successivi la coscienza critica delle donne credenti, grazie anche
all'opera culturale e teologica messa in atto da Giovanni Paolo II.
Ciò infatti che veniva rimesso in
movimento, durante la stagione conciliare, era il difficile rapporto,
irrigiditosi nel tempo, fra natura e cultura: la marcatura biologica
della donna, il suo "naturale" essere madre, aveva
determinato nei secoli la sua fisionomia culturale. È quanto
contestava anche tanta parte del femminismo radicale, convinto della
necessità di ribaltare questo rapporto: non più la natura che detta
legge alla cultura, ma - al contrario - la cultura che deve piegare la
natura al suo rivoluzionario progetto. La differenza biologica, cioè,
diventava una questione culturale che andava rimodulata, affinché
anche la propria natura sessuale, fonte di violenza e di
discriminazione, diventasse luogo di scelta autonoma. Codice femminile
e codice materno venivano in tal modo completamente scissi, in nome di
una identità sessuale singolarmente scelta, al di là dei ruoli
artificiali imposti dalla società maschilista.
Che cosa auspicava, al contrario, il
Concilio e la successiva riflessione del pensiero femminile cristiano?
Che se andava deprecato l'appiattimento della cultura sulla natura,
altrettanto nefasto era il tentativo del femminismo radicale di
appiattire la natura sulla cultura. Bisognava invece indicarne i
possibili intrecci, affinché la natura interagisse con la cultura o,
detto meglio, l'identità propria della donna facesse i conti con la
relazione all'altro da sé. Temi come quello della reciprocità,
dell'uguaglianza nella differenza, della solidarietà nelle relazioni
interpersonali entravano così a pieno diritto nel linguaggio e nella
pratica del pensiero femminile.
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Vedi anche
Il
«genius» della donna. Meno di un anno fa una voce autorevole
del mondo femminista definì «una novità dirompente» il
documento sulla collaborazione tra uomo e donna a firma di Joseph
Ratzinger.
Lettera di Giovanni Paolo II alle donne