Unità per il popolo cristiano. L'impegno instancabile 
di Giovanni Paolo II per l'ecumenismo

Alessandro Gisotti, su Radio Vaticana 14 aprile 2005

“Il Vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le Chiese. A questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell'unità dei cristiani”. È uno dei passaggi fondamentali dell’enciclica di Giovanni Paolo II Ut Unum Sint. Un impegno, quello ecumenico, che il Santo Padre ha perseguito instancabilmente lungo tutto il suo Pontificato.


Unità, unità per il popolo cristiano. Fin dai primi passi del suo Pontificato, Giovanni Paolo II sente il bisogno di spendere ogni energia per la piena comunione delle chiese cristiane. Ad un solo un anno dall’elezione alla Cattedra di Pietro, il Papa vola ad Instanbul per incontrare il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Dimitrios I. Un viaggio apostolico - spiegherà Papa Wojtyla - volto a “testimoniare” la “ferma volontà di andare avanti sulla strada che conduce alla piena unità di tutti i cristiani”. Tre anni dopo, evento senza precedenti, è in Gran Bretagna per incontrare il primate anglicano Robert Runcie. È il 29 maggio del 1982 quando Giovanni Paolo II e l’arcivescovo di Canterbury firmano una dichiarazione comune.

Il Pontefice guarda con viva speranza alle Chiese ortodosse orientali, “Chiese sorelle” nel cuore del Papa polacco. Nel 1985, dedica ai Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi, l’enciclica Slavorum Apostoli. L’oriente e l’occidente dell’Europa, avverte profeticamente, sono i “due polmoni” con i quali la Chiesa e il Vecchio Continente devono riprendere a respirare. Caduto il Muro di Berlino, il Papa convoca un sinodo speciale per l’Europa ed invita delegati fraterni delle altre Chiese a parteciparvi. Solo il Patriarcato di Costantinopoli risponde all’appello.

Il Santo Padre, tuttavia, non si scoraggia. Nel 1995 ad Olomuc, nella Repubblica Ceca, chiede perdono, a nome di tutti i cattolici, per i torti inflitti ai fratelli cristiani. In quell’anno firma anche la lettera apostolica Orientale Lumen, quasi un atto d’amore del Papa slavo per l’eredità culturale e liturgica della cristianità orientale. Ma il 1995 è soprattutto l’anno dell’enciclica Ut Unum Sint. In questo documento, Giovanni Paolo II arriva a chiedere ai cristiani ortodossi e riformati un aiuto nella riflessione su una nuova modalità di esercizio del primato petrino. E nel dicembre dell’anno seguente accoglie come un fratello il Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin I:

“Oggi, pertanto, io accolgo un fratello che ritrovo nella carità e nella gioia. Guidati dalla profonda comunione che già ci unisce, il Catholicos Karekin ed io nutriamo la speranza che gli incontri e gli scambi di questi giorni favoriranno ulteriori passi verso la piena unità”.

Solo una settimana prima, il Papa aveva ricevuto in Vaticano l’arcivescovo di Canterbury, George Carey. Quello di Giovanni Paolo II è uno sforzo contrassegnato da gesti e parole coraggiose, nella convinzione che il cammino ecumenico debba basarsi innanzitutto sulla “conversione del cuore” e la “purificazione della memoria”. Una strada - ricorda il Pontefice - tracciata dal Concilio Vaticano II su cui la Chiesa deve camminare sicura:

“Per grazia dello Spirito Santo, con il Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica”.

Anche con i luterani, nel Pontificato di Papa Wojtyla, vengono compiuti passi importanti verso l’unità. E’ il 31 ottobre del 1999: ad Augsburg viene firmata la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della giustificazione della fede. Questo documento - spiega il Papa - è un “contributo prezioso alla purificazione della memoria storica ed alla testimonianza comune”. Nell’ultimo secolo - evidenzia il Papa in un altro frangente - si sono compiuti passi incoraggianti sulla via dell’ecumenismo:

“Il nostro secolo ha visto poi germogliare e crescere il seme del movimento ecumenico nel quale lo Spirito Santo ha convogliato i membri delle diverse chiese e comunità ecclesiali a ricercare le vie del dialogo per il ristabilimento della piena unità”.

Nel maggio 1999 è in Romania per lo storico abbraccio con il Patriarca Teoctist. Pochi mesi dopo, nell’Anno del Grande Giubileo, Giovanni Paolo II scrive una delle pagine più luminose del suo Pontificato. È il 18 gennaio, il Papa stanco e indebolito apre la Porta Santa della Basilica di San Paolo Fuori le Mura. Con lui, il metropolita Athanasios e l’arcivescovo di Canterbury, Carey. Nell’omelia, Papa Wojtyla invoca, dal profondo dell’animo, l’unità dei cristiani:

“Unitate, unitate”: questo grido che ho sentito in Bucarest durante la mia visita mi ritorna con forte eco. “Unitate, unitate”, chiama il popolo raccolto durante la celebrazione eucaristica. Tutti i cristiani, cattolici, ortodossi, protestanti, evangelici, tutti chiamano insieme: “Unitate, unitate”! Grazie per questa voce consolante dei nostri fratelli e sorelle”.

Tra i rimpianti di Giovanni Paolo II, instancabile promotore dell’unità dei cristiani, c’è la mancata visita in Russia. Caduto il veto dell’Unione Sovietica, il Papa troverà l’opposizione del Patriarcato ortodosso di Mosca. Ma anche in questo contesto, il Santo Padre non mancherà di compiere gesti di riconciliazione: il 28 agosto del 2004 viene consegnata ad Alessio II l’icona della Madre di Dio di Kazan, venerata con particolare devozione dagli ortodossi. Fino agli ultimi momenti del suo Pontificato, Giovanni Paolo II si impegna e chiede impegno per la comunione dei fedeli in Cristo:

“Invito le comunità cristiane a vivere intensamente questo annuale appuntamento spirituale, che ci fa pregustare, in un certo modo, la gioia della piena comunione”.

Quando il Pontefice pronuncia queste parole è il 23 gennaio del 2005, inizio della Settimana per l’Unità dei cristiani. “Si fa sempre più chiara – afferma in quell’occasione Giovanni Paolo II – la consapevolezza che l’unità è in primo luogo un dono di Dio da implorare senza stancarsi nell’umiltà e nella verità”. E ancora una volta, il Papa del Totus Tuus invoca Maria, Madre della Chiesa, per superare ogni ostacolo ed ottenere quanto prima il dono dell’unità dei cristiani.

 

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