"Voi mi chiamate Signore e Maestro; e dite bene, perché lo sono" Gv 13,13

Premessa storica 

La prima icona (prendendo la parola nel suo senso più largo di immagine) sarebbe stata il volto umano del Figlio di Dio. 

Secondo una antichissima tradizione, Gesù vivente avrebbe inviato un suo ritratto ad un re di Odessa, di nome Abgar.

Questa tradizione racconta che il re era lebbroso e, desiderando guarire, inviò una delegazione a Gesù chiedendogli un intervento miracoloso. Gesù non si recò dal re ma, per esaudire il suo desiderio, si sarebbe asciugato, si dice, il volto in un telo, lasciandovi impressi i suoi tratti; inviò quindi la sua immagine ad Abgar per mezzo uno dei suoi discepoli, probabilmente l’apostolo Taddeo, dopo la sua elevazione in gloria.

 Questa storia è ripresa anche dal monaco inglese Oderico Vitalis (1140) nella sua Historia ecclesiastica e da Gervasio di Tilbury negli Otia Imperialia (1212).

 Sarebbe questa l'origine del Mandylion, immagine acheropita 
(non fatta da mano d'uomo), che da molti viene considerata 
la prima icona. 

 Un'altra tradizione racconta invece che le prime icone sarebbero state quelle dipinte dall'evangelista Luca e avrebbero raffigurato Maria insieme con Gesù, ancora bambino. Nelle icone, il Cristo può essere raffigurato come l'Emmanuele: bambino in braccio alla madre, oppure fanciullo, a metà busto o a figura intera; in genere con la mano destra regge il rotolo delle Scritture. 

L' espressione del suo volto è di persona matura, come conviene a chi è Dio da sempre. 

Descrizione dell'icona 

Una rappresentazione bizantina frequente è quella del Cristo "Pantokrator", (cioè colui che tutto contiene, sovente tradotto anche con "Onnipotente") spesso a figura intera, seduto in trono, talvolta circondato da serafini o da fiamme e luci, che ricordano le visioni date da S. Giovanni, nell'Apocalisse. 

Più spesso Cristo viene raffigurato a mezzo busto benedicente. 

Il volto talvolta sembra severo, ma ha sempre un'espressione di profonda bontà, specialmente nelle icone slave, dove i tratti ieratici dei "Pantokrator" costantinopolitani e greci divengono più umani. 

Con la mano sinistra, Gesù regge un Vangelo, talvolta chiuso, ma più spesso aperto e recante in evidenza un breve passo evangelico, come ad esempio: 

"Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi. Prendete su di voi il mio giogo leggero"; 

oppure: 
"Non giudicate dalle apparenze, ma con giustizia; la stessa misura con cui misurerete, sarà applicata a voi"; 

o ancora: 
"Il mio regno non è di questo mondo, se fosse di questo mondo ... "; 

o: 
"Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che per voi è spezzato in remissione dei peccati"; 

ed altre frasi ancora [1].

 Il nimbo che circonda il capo del Salvatore ha sempre inscritta una croce e nei tre bracci superiori c'è la definizione scritturale "Colui che è" espressa con tre lettere greche: q, in alto, v a sinistra (di chi osserva) e N a destra. 

 

La mano destra accenna quasi sempre a un gesto di benedizione, disponendo le dita come usano i sacerdoti bizantini: la punta del pollice tocca quella dell'anulare. Talvolta le dita di Cristo raffigurano il suo monogramma: il mignolo per la I, l'anulare per la C, il medio e il pollice incrociati per la X, infine l'indice per la seconda C (IC XC = Gesù Cristo). 

 Sull'icona deve infatti essere scritto il nome della figura rappresentata. Per Gesù Cristo, si usa mettere in alto l'abbreviazione greca IC XC, e questo anche nelle scritte in Russia. Il colore rosso della veste di Cristo è tradizionale in tutte le icone e indica la sua divinità, mentre il manto blu è segno della sua vera umanità. 

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 Talvolta la disposizione delle dita della mano destra benedicente è a gruppi di tre e due dita, che richiamano rispettivamente le tre Persone della Santissima Trinità e le due nature di Gesù Cristo: è da Dio trino che viene ogni benedizione attraverso il Cristo fatto uomo. 

 Il colorito del volto, del collo e delle mani non è certo quello di una carnagione naturale, ma un uso radicato dai toni scuri. Alcuni pensano che questa abitudine possa derivare anche dalla copiatura di modelli, dove la vernice di copertura era diventata nerastra. 

PRATICA MEDITATIVA 

  1. Contemplando l'Icona di Gesù Maestro, chiedo la grazia di conoscerlo per amarlo di più e servirlo meglio. Fisso con gli occhi del cuore Gesù in alcuni aspetti della sua identità e da questi aspetti mi lascio vitalizzare: Gesù fonte d'acqua viva (Gv 4,5-26 28-3039-42); Gesù pane di vita (Gv 6,22-70); Gesù luce del mondo (1Gv 5-102Gv 9); Gesù buon pastore (Gv 10,1-18); Gesù risurrezione e vita (Gv 11, 1-44); Gesù via verità vita (Gv 14, 1 -11); Gesù vera vite (Gv 15,1-17). 

  2. "Gesù Cristo, Figlio di Dio, Signore". Con la pratica della "preghiera del cuore" approfondisco la "Persona" di Gesù in tutta la sua ricchezza. Dimoro con amore in lui e ripeto: "Gesù Cristo, Figlio di Dio, Signore". 

  3. Evoco qualche insegnamento di Gesù che mi ha "segnato"; se non ne ho, faccio una meditazione su Mc 1, 14-45

  4. Mi espongo a lungo allo "sguardo" di Cristo: lascio che questo "sguardo" mi parli, mi illumini, mi vivifichi, mi trasmetta il Suo Amore che crea e risveglia in me cose sempre nuove, mi corregga, mi educhi. 

  5. Contemplo Gesù che ha viscere di misericordia verso: il lebbroso (Mc 1, 40-45); le folle come pecore senza pastore (Mc 6, 34); la moltitudine da sfamare (Mc 8, 2); il ragazzo di Nain (Lc 7, 11-17); i ciechi di Gerico (Mt 20,29-34); la peccatrice (Gv 8, 1 -11). Mi identifico nel testo sacro e lo lascio prendersi cura di me, istruirmi e guarirmi. 

  6. Faccio una lettura sapienziale del Catechismo della Chiesa Cattolica ai nn. 541-546

  7. Prego: 

    "O unigenito Figlio e Verbo di Dio, che, pur essendo immortale, hai voluto per la nostra salvezza incarnarti nel seno della santa Deipara e sempre Vergine Maria: tu che, senza mutamento, ti sei fatto uomo e fosti crocifisso, o Cristo Dio, con la tua morte calpestando la morte; tu che sei uno della Trinità santa, glorificato con il Padre e lo Spirito santo, salvaci". 


[1] C'è una fondamentale somiglianza tra le moltissime icone del "Pantokrator" dipinte lungo i secoli. i capelli a casco, divisi nel mezzo, ricadono sulla nuca; la fronte spaziosa ha gli archi sopraciliari ben inarcati, gli occhi grandi, profondi, pensosi, divisi dal setto nasale piuttosto allungato; le labbra rosse, strette in un saggio silenzio; le orecchie piccole, quasi un po' deformate, per sottolineare l'atteggiamento di ascolto.

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