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La funzione
essenziale dell'icona, in continuità con il significato e il valore dei "segni"
del mistero cristiano, è quella di portare agli occhi quello che la parola porta
all'orecchio. L'icona nasce e si diffonde
a partire dal IV secolo, quando la Chiesa orientale era ancora unita alla Chiesa
occidentale: le icone sono dunque patrimonio di tutta la cristianità. La pittura delle icone
non rappresenta solo una stupenda forma d'arte, ma è anche un modo di vivere con
maggior intensità la propria fede e un aiuto per avvicinarsi alla Santità,
identificandosi col soggetto dipinto (Cristo, la Vergine, i Santi). Le figure sono ritratte secondo i canoni di un antinaturalismo che
nella teologia delle icone doveva servire a sottolineare la dimensione
spirituale dei misteri, degli eventi e dei personaggi sacri. L'arte nell'icona è secondaria,
marginale: ciò che è importante è Dio, il Mistero di Dio, che tramite quest'arte
viene espresso. La nascita delle icone si inserisce in un contesto più
vasto, che risale all'uomo preistorico e che fa dell'immagine un mezzo per
stabilire un contatto con la divinità e per rendere reale la presenza di ciò che
vi era raffigurato. Per la Chiesa, come viene espresso nei suoi
Concili, l'icona è un "Sacramentale partecipe della sostanza divina", il
che equivale a dire che è il luogo in cui Dio è presente e si può incontrare.
Nel Secondo Concilio di Nicea (787) viene definita la natura e il valore delle
icone con l'affermazione che il fondamento di quest'arte sta nell'Incarnazione
del Figlio di Dio, è quindi possibile rappresentare Dio, in quanto ha assunto la
natura umana, assimilandola in modo inscindibile a quella divina, come
sottolinea san Giovanni Damasceno. Nel Concilio di Efeso l'icona è definita
"tempio", cioè un luogo in cui chi è raffigurato è anche misteriosamente
presente. Nell'icona il Dio-uomo si avvicina a noi, ricordandoci che anche noi siamo icona di Dio, che quindi il nostro destino è diventare come Lui. L'icona è quindi un "segno sacramentale". Da principio, questa sacramentalità, molto accentuata in oriente, può essere derivata semplicemente dal contatto vivo con la liturgia celebrata, con la fede confessata e la preghiera ecclesiale e inoltre dalla sacralità del luogo in cui è celebrata l'Eucaristia. L'icona è perciò entrata a far parte dell'universo simbolico della liturgia, con il carattere evocativo di una presenza; anche se la tradizione ha sviluppato una collocazione delle icone nella casa, nell'angolo bello o angolo della preghiera, e per le strade, come ricordo e presenza del mistero celebrato che si estende alla vita e alla storia. Tant'è che nell'arte e nella cultura bizantina il vocabolo icona - che già in questa forma ha le sue prime attestazioni nel latino tardo e medievale, e poi in italiano a partire dal Quattrocento - designa un'immagine sacra portatile, a mosaico, dipinta su legno o su tela ed eseguita a tempera, a encausto o, in seguito, anche con smalto, argento e oro. Essa è un prezioso strumento della speciale arte sacra che aiuta l'approfondimento spirituale: i suoi colori simbolici ed i suoi canoni pittorici, le stesse sue modalità di composizione ad opera di un monaco, preceduta dalla contemplazione del mistero che si vuole raffigurare, dall'ascesi e dalla preghiera, la rendono "luogo" teologico, liturgico, sacramentale, che fa entrare misteriosamente in una Presenza di fede e di amore. Importanti centri di tradizione
iconografica furono la Palestina, la Siria, l'Egitto, Bisanzio e, naturalmente, la Russia,
dove la produzione delle icone divenne elemento caratteristico dell'arte e della fede fino
al XVIII secolo. Le icone furono in gran numero esportate in Occidente, specie a Roma, ove
divennero oggetto di culto e venerazione. L'idea
- forza che sottostà alla maggior parte delle raffigurazioni iconografiche - è il
mistero dell'Incarnazione, e su di esso si basa e si afferma la venerazione delle icone. Solo tramite questi mezzi: la preghiera, innanzitutto, poi la meditazione, l'ascesi, l'esercizio quotidiano di virtù quali l'obbedienza, il digiuno, l'umiltà ecc., è possibile entrare in sintonia col mondo dell'ultraterreno di cui l'icona è allo stesso tempo frutto e tramite. Infatti, se l'icona è frutto della preghiera, è innegabile che essa stessa dona frutti di preghiera a chi attraverso l'attenzione amorosa e l'apertura di cuore, si sintonizza con la Realtà di cui è veicolo. Ricordiamo che una delle funzioni dell'icona è stata, tra l'altro, quella di catechizzare il popolo sui misteri della vita di fede tramite le immagini. Un "medium", questo delle immagini, più efficace della parola scritta che nella società medioevale sarebbe stata fruibile da pochi. Allora le immagini, insieme alla musica sacra e alle liturgie (le azioni di popolo, celebrazioni, processioni, ecc.) divennero il modo più efficace per portare al popolo i complessi contenuti della teologia cristiana medioevale. Funzione peculiare dell'icona è quella di portare davanti agli occhi quel che la parola porta all'orecchio, perché si fissi nelle profondità del cuore. Il suo linguaggio simbolico è perfettamente accessibile a chiunque sia aperto e disponibile ad accoglierlo.
Così l'uomo, creato a immagine (icona, appunto) e somiglianza di Dio (Gn 1, 26) aspira incessantemente a contemplare l'immagine divina che porta in sé; per questo l'icona fatta dalle sue mani, ma nata nel suo cuore e nel suo spirito, non è un'opera arbitraria, ma proviene dal più profondo della sua memoria: " L'amante che arde dal desiderio della bellezza, ricevendo continuamente ciò che gli appare come un'immagine di ciò che desidera, aspira a saziarsi della figura dello stesso archetipo " (San Gregorio di Nissa, De vita Moysis). Nella stessa opera San Gregorio di Nissa si domanda : " Come mai l'uomo, a cui tante teofanie hanno reso Dio chiaramente visibile, domanda a Dio di manifestarsi a lui, come se colui che gli si mostra continuamente non gli forse ancora apparso? ". Lo stesso Mosè, dopo aver parlato con il Signore "faccia a faccia" [Es 33,11] supplica incessantemente Dio dal profondo del suo essere: "Mostrami la tua gloria!" [Es 33, 18]. La risposta arriva ammirabile e sulla misura stessa del desiderio: " Mi sembra che sentire questo sia proprio di un'anima stimolata da una disposizione amorosa verso la bellezza essenziale, che la speranza trascina continuamente dalla bellezza che ha visto a quella che è al di là e che infiamma continuamente il suo desiderio verso quello che ancora resta nascosto per riscoprirlo incessantemente " Poiché noi crediamo che Dio stesso si è dato un volto in Gesù, possiamo comprendere che non è possibile dissociare il divieto di rappresentare immagini nell'Antico Testamento (1) e la rappresentazione iconica di Dio nel Nuovo Testamento. Il tema dell'immagine di Dio, del suo Volto, non trova la sua luce e la sua chiave che nella venuta del Cristo. Dio ha un Volto che può mostrare nella sua benevolenza "Fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi!" (Sl 79, 4). Questo avviene nello Spirito, che fa conoscere, riconoscere e vivere il Cristo, perché ogni essere delinea un abbozzo del volto di Cristo ed è in esso che trova la sua verità. La natura stessa della rivelazione in Gesù Cristo giustifica pienamente la nascita dell'icona, poiché la seconda persona della Trinità, incarnandosi, porta al mondo non solo la sua parola, ma anche la sua immagine. L'icona accomuna nel suo linguaggio e nei suoi canoni, dettati dalla Chiesa, tutta l'ecumene cristiana, pur raggiungendo espressioni profondamente originali in ogni area geografica e nazionale. Oggi riproporre l'icona significa tornare alle radici della profonda unità che riconosce in Cristo il Signore del cosmo e della storia, la «chiave di volta dell'universo» e riprendere a respirare con i due polmoni della Chiesa orientale e occidentale. (1) "Non avrai altri dei di fronte a me, non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra" (Es 20,5); "A chi mi paragonate e mi rassomigliate? A chi mi raffrontate quasi fossimo simili?" (Is, 46,5) Lettura meditativa di alcune Icone I testi presentano una essenziale descrizione e dei semplici flash, che vogliono dare soltanto delle indicazioni, alcune tracce; il resto è lasciato allo "sguardo" e all'ascolto personale di ognuno.
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