Anche in Australia i neocatecumenali
annunciano le catechesi senza dire chi sono.
Paese che vai, usanze che trovi? Macché! Le ambigue tattiche del Cammino
Neocatecumenale sono uguali in tutto il mondo. In tutto il mondo
annunciano
le loro "catechesi" (cioè fanno "reclutamento")
senza dire chi sono!
Solo chi conosce quell'orrenda icona kikiana (e la dizione ambigua
"catechesi per adulti") li può riconoscere.
Ecco la traduzione:
Pare che i neocat di Redfern (presso
Sidney,
in Australia) abbiano cominciato il reclutamento in grande stile. Resta solo
da capire quanto ciò sia compatibile col fatto che la parrocchia di San
Vincenzo non è una parrocchia neocatecumenale.
Circa due settimane fa sono stati distribuiti a Redfern poster e volantini.
Una piccola banda di menestrelli fai-da-te, neocatecumenali, guidata da un
parroco strimpellante una chitarra, ha fatto una processione lungo le
strade, invitando gli abitanti - che non sospettavano niente di strano - ad
un barbecue nel parco di Redfern, per lanciare una "Catechesi per adulti"
(barbecue a cui hanno partecipato alcuni curiosi, interessati però solo al
mangiar gratis).
Testo sui volantini:
Oggi il Signore ti invita ad ascoltare
l'annuncio dell'amore che Dio ha per te... a scoprire Cristo vivo e
presente nella tua vita... a fare esperienza della Chiesa Cattolica che
può dare profondo significato alla tua vita...
Vieni ad ascoltare la serie di catechesi, lunedì e giovedì sera dalle
19:30 alle 20:30, a partire dal 13 agosto 2007... trasporto e babysitter
garantiti dal parroco
La notizia è stata pubblicata su The Church
Mouse, sito dei parrocchiani. Scrive un parrocchiano che si firma the Church
Mouse, letteralmente, "topo di chiesa", o più esattamente "topo di
sacrestia".
Appartiene alla parrocchia di san Vincenzo a Redfern, presso Sidney in
Australia. L'aver avuto una pessima esperienza con i neocatecumenali non ha
tolto ai parrocchiani il buonumore e la graffiante ironia - il loro sito
infatti è alquanto sui generis, riportando lettere di neocatecumenali
infuriati, e risposte altrettanto corrosive.
Il caso australiano descritto qui sotto è
purtroppo abbastanza esemplare di come vanno le cose quando arrivano i
neocatecumenali, in una qualsiasi parte del mondo.
Nella parrocchia di san Vincenzo de' Paoli a Redfern (sobborgo di Sidney, in
Australia, parrocchia popolata per lo più da aborigeni australiani, di
colore) hanno avuto per oltre trent'anni (dal 1971 al 2003) un buon parroco.
Quando questi ha raggiunto i limiti di età, l'ordinario del luogo (il
cardinale George Pell) ha inviato due preti neocatecumenali a sostituirlo; i
due, in momenti diversi, sono stati poi sostituiti con altri due preti
neocatecumenali.
Tutti i preti neocatecumenali in questione hanno portato un modo di fare
«incompatibile, alieno, autocratico, giansenistico» e «pratiche abusive» che
«portano divisione». Nessuno di loro ha mai mostrato «sensibilità e
rispetto» per i parrocchiani e la loro spiritualità: i preti neocatecumenali
«ci trattano come lebbrosi».
Le liturgie e pratiche di pietà degli aborigeni sono state «ignorate con
silenziosa ostilità o accolte con manifestazioni di violenza, rabbia e
ignoranza»: i preti neocatecumenali chiamano «pagani» gli aborigeni.
I preti e laici missionari del Cammino Neocatecumenale (una «setta»
«invadente» e «segreta») hanno imposto una forma religiosa «aliena e
ostile», così come una liturgia «estranea». Vengono letteralmente «urlate»
ai parrocchiani «istruzioni e regole»; la «violenza verbale» e le
espressioni «razziste» su di loro sono ormai «un fatto comune», e si è
arrivati perfino all'«aggressione fisica» dei parrocchiani, «soprattutto le
donne, incluse le molte suore anziane» che hanno vissuto e lavorato in
parrocchia per tanti anni. I preti neocatecumenali hanno rifiutato ogni
occasione di dialogo (uno di loro, per esempio, affermava: «sono io il
parroco, e pertanto vi devo solo dire cosa dovete fare»).
I preti neocatecumenali hanno eliminato la messa prefestiva del sabato per
oltre due anni (c'è ora una messa del sabato sera, alla quale però pare che
«i parrocchiani non siano benvenuti»). In almeno tre occasioni un prete
neocatecumenale si è rifiutato di proseguire la celebrazione della Messa,
piantando a metà la celebrazione. I preti neocatecumenali rifiutano
regolarmente la Comunione ad alcuni fedeli aborigeni, umiliandoli
pubblicamente, facendo basse insinuazioni sulla loro preparazione ai
sacramenti.
Hanno «spostato il tabernacolo» in una minuscola stanza attigua alla
sacrestia (e «chiusa a chiave»), «negando di fatto l'accesso ai fedeli». Già
al loro arrivo, cambiarono tutte le serrature dei locali parrocchiali, per
impedirne l'accesso ai fedeli, ostacolando così il servizio della mensa dei
poveri, e addirittura ridicolizzandolo col dire che quel servizio «lo può
fare anche un ateo». Hanno «punito» (loro testuale parola) alcuni fedeli,
rei di riunirsi in un gruppo di spiritualità benedettina di meditazione del
Vangelo, impedendolo per anni.
«I preti neocatecumenali hanno smantellato una per una tutte le nostre
tradizioni e pratiche di pietà». Per quattro anni si sono rifiutati di
celebrare battesimi, prime comunioni, matrimoni e funerali per gli aborigeni
(ma hanno regolarmente celebrato un battesimo per una famiglia
neocatecumenale).
Hanno sfasciato una croce e un tavolo che erano stati creati dagli aborigeni
ed utilizzati nelle loro liturgie, addirittura denunciando alla polizia (con
una falsa versione dei fatti) un aborigeno che aveva osato lamentarsi
dell'accaduto. Una parrocchiana, stufa dei maltrattamenti, ha querelato uno
dei preti, che prontamente ha ottenuto il trasferimento nientemeno che
alle... comunità neocatecumenali del Nepal (cfr. sezione "Ticket to heaven"
qui), mentre nel frattempo arrivava dal tribunale il giudizio favorevole per
la parrocchiana.
I pochi laici neocatecumenali si limitano alla celebrazione della Messa ed
evitano accuratamente ogni altra attività parrocchiale.
Testuali parole: «Abbiamo fatto esperienza di quanto sia dannoso e fonte di
divisione il Cammino Neocatecumenale. La Chiesa non può crescere con le loro
pratiche da setta fondamentalista. La qualità (tanti preti e tanti
seminaristi) non può mai supplire alla qualità. La loro formazione e la loro
attitudine quanto ad interessi pastorali, teologia, missione, appare
terribilmente inadeguata, e chi come loro non è stato scelto sulla capacità
di guidare una comunità, può solo procurarci dolori e difficoltà. Una
formazione così povera non può che danneggiare tutti i cattolici».
Tutte le lettere al cardinale Pell per metterlo al corrente dei fatti sono
state ignorate, o hanno visto una risposta evasiva, o hanno visto promesse
di cambiamenti mai mantenute. In un caso il cardinale Pell ha ammesso
l'esistenza di un "piccolo gruppetto" (sic) ostile ai preti neocatecumenali,
mentre secondo lui il resto della parrocchia avrebbe "ottime relazioni" con
i neocatecumenali.
Pertanto, a maggio 2007, i parrocchiani hanno esposto per lettera la loro
situazione al cardinal Levada (Congregazione per la dottrina della fede), al
cardinal Re (Congregazione per i vescovi) e al cardinal Rode (Congregazione
per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica) e, in
copia, anche al cardinal Pell. Il tutto condito con centosessanta firme del
cosiddetto "piccolo gruppetto".
Il testo delle loro lettere (da cui le citazioni sopra riportate) sono sul
sito internet della parrocchia "The Church Mouse".
Dopo sette mesi giunge da Roma una sola risposta, molto fredda, da parte di
mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero (il cui
testo è riportato sul The Church Mouse; da notare che si tratta di un'altra
congregazione, non una delle tre a cui avevano scritto i parrocchiani).
Mons. Piacenza dice di aver esaminato il caso e concluso che:
1) è al cardinal Pell che è stata affidata la diocesi, ed è lui che decide
come assegnare i ministeri e organizzare i carismi
2) chi vive fuori dai confini di una parrocchia, non ha titolo per parlare
della parrocchia
3) è una difficile situazione pastorale, ed il dicastero non ha motivo di
obiettare alle decisioni di Pell
4) la congregazione pertanto considera chiuso il caso.
Questi i fatti.
Aggiunguamo qualche breve commento.
In casi delicati come questi, la forma è essenziale quanto il metodo
(raramente basta la gravità dei fatti). Le congregazioni vaticane traboccano
di lettere di protesta di parrocchiani dalla penna facile infuriati per i
motivi più insulsi (e questo è anche un motivo del ritardo nelle risposte),
e pertanto non possono non guardare con fastidio l'ennesimo caso di
lamentele su parrocchie, preti e vescovi. Pertanto, al primo appiglio (per
esempio l'aver "scavalcato" i gradini della gerarchia, o il non aver tentato
fino all'impossibile la conciliazione e l'obbedienza all'ordinario del
luogo, oppure l'aver utilizzato un linguaggio che l'accusato potrebbe
giudicare offensivo), chiudono la questione con un "arrangiatevi,
obbeditegli, pazientate".
Nel caso sopra citato, i parrocchiani si sono rivolti a tre congregazioni:
quella per i vescovi (con l'evidente intento di chiedere che venga
"svegliato" Pell sul caso), quella per la dottrina della fede (senza
purtroppo circostanziare gli errori dottrinali dei neocatecumenali, e senza
avvisare quella per il Culto Divino sulle storture liturgiche), e quella per
gli istituti di vita consacrata (che non c'entra niente col Cammino).
Siccome l'accusa è ai quattro preti (Pell semplicemente non ha soddisfatto
le richieste dei parrocchiani, per motivi che non è neppure tenuto a
pubblicare), la lettera è stata giustamente passata alla Congregazione per
il Clero, la quale avrà immediatamente chiamato il cardinal Pell per
chiedergli cosa ne pensa del caso.
Per qualche motivo a noi ignoto, Pell ha creduto opportuno rispondere che la
mittente della lettera (e prima firmataria dei centosessanta) "vive fuori
dai confini della parrocchia", provocando esattamente quella risposta di
mons. Piacenza.
Certamente Pell è a conoscenza sia del malumore dei parrocchiani, sia dei
motivi di quel malumore (le denunce, il trasloco in Nepal, la polizia in
parrocchia). Ciononostante, preferisce lasciare in quella parrocchia in
balia dei preti neocatecumenali, considerandolo il male minore (se non
addirittura un bene).
Possono esserci tanti motivi per rendere comprensibile un comportamento del
genere, e non tutti presuppongono la "cattiveria" del vescovo: per esempio
la terribile scarsità di preti, le "pressioni" del Cammino (o le sue
lusinghe pecuniarie), altri problemi col clero (nessun prete forse vuole
andare lì)...
Qui, come lì agli antipodi, i preti neocatecumenali maltrattano i "cristiani
della domenica" (una razza inferiore, secondo la visione kikiana); qui, come
lì, i preti neocatecumenali disprezzano la devozione dei semplici, e
spazzano via tutte le pie pratiche non "neocatecumenalizzabili"; anziché
curare il gregge loro affidato, lo dividono (tra neocatecumenali e "gente da
neocatecumenalizzare" a forza). Qui, come lì agli antipodi, i preti
neocatecumenali accettano l'incarico di parroco solo per curare i
neocatecumenali della parrocchia, infischiandosene degli altri. Considerano
con fastidio perfino la celebrazione di sacramenti per i non-neocatecumenali.
E infine, quando anche la parrocchia intera fosse contro di loro, vanno in
giro dicendo falsamente che sono osteggiati solo da un piccolo gruppetto di
scalmanati, e che tutti gli altri sarebbero sommamente d'accordo col
Cammino. Infine, se un prete neocatecumenale fa pasticci nella "missione
neocatecumenale" qui, viene comodamente spedito in "missione neocatecumenale"
altrove, a far danni da qualche altra parte nel mondo.
Tutto questo non fa che confermare la mancanza di formazione ecclesiale nei preti provenienti dai
seminari neocatecumenali Redemptoris Mater.
Quello che ci interessa, nel caso sopra
esposto, è il paragone con situazioni simili in Italia nel mondo. Situazioni
che continueranno a persistere e ad aggravarsi se la Chiesa continuerà a
rimanere in un silenzio che si va facendo sempre più pesante...