Un nostro lettore ci scrive:
Bella, documentata ed inoppugnabile l'analisi di don Gino Conti
pubblicata sul sito come pure le numerose riflessioni lucide e interessanti che lo
costellano.
Ciò nonostante, è un dato di fatto che una
larga schiera di ministri della
Chiesa si è inchinata al capo del Cammino neocatecumenale nella sua
megadimora in Galilea e continuano a suscitare interrogativi e perplessità
gli altri comportamenti di alti prelati di Curia come i cardinali Rylko e
Bertone: il primo che "presenta" gli statuti del Cammino senza che le altre
Congregazioni ne abbiamo approvato i fondamenti,
il secondo che blocca il
giorno prima della sua operatività un provvedimento concordato dalla
Conferenza Episcopale del Giappone col Santo Padre e lo fa assolutamente al
di fuori della sua specifica competenza, mentre le Congregazioni competenti
anche in questo caso tacciono...
Perchè?
Io temo che non sia stato ben compreso da molti il male oscuro che si è
imposto nella società e nella stessa Chiesa negli anni dopo il Concilio e
che oggi domina: quel relativismo stigmatizzato anche da papa Benedetto di
recente.
I guai per la Chiesa sono cominciati precisamente quando si è fatto largo ed
affermato, sulla scorta di alcune determinazioni ecumeniche conciliari, il
concetto che il cristianesimo non era più l'unica Chiesa di Dio e che nel
mondo anche altre confessioni-idee-concezioni rispecchiavano l'amore
dell'Onnipotente per il mondo. Questo relativismo ha indebolito la fede di
molti religiosi cattolici, e unitamente al secolarismo, li ha resi succubi
di modi di pensare e di agire del tutto contraddittori con gli insegnamenti
ricevuti da Cristo.
Quei vescovi in Galilea sembrano smarriti e alla ricerca di risposte che non
trovano più in se stessi e nella Chiesa di Roma. E ciò è molto triste, prima
di essere nefasto ed eversivo.
Non a caso dopo alcuni decenni di ostracismo e censura, oggi è stata
riscoperta la figura di mons. Lefebvre, il quale fu punito per aver voluto
difendere l'unica Chiesa in cui si riconosceva, quella di sempre fino al
Concilio.
E la stessa azione di Benedetto XVI, che all'epoca della scomunica di
Lefebvre era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e
dunque protagonista nella vicenda al fianco di Giovanni Paolo II, può forse
essere interpretata da un lato come una riparazione, un riconoscimento del
valore della posizione lefebvriana, mantenuta fino alla ribellione dolorosa
alla Chiesa dell'epoca per difenderne l'integrità del depositum fidei;
dall'altro lato, come prudenziale tentativo di bilanciamento delle spinte
laiciste e delle derive moderniste che sembrano prevalere nella Chiesa
odierna, di cui il cammino neocatecumenale è espressione emblematica e
rappresentativa.
Per quanto i neocatecumeni che ci scrivono non comprendano le nostre denunce
e scambino le critiche per acrimonia verso il cammino da parte di altri
"fratelli" di fede, sembrano sfuggire loro i motivi incontrovertibili che
rendono il cammino del tutto diverso da tutti gli altri movimenti ed
associazioni ecclesiali, tale da richiedere una opposizione chiara e
determinata ad esso.
Finché non proveranno a prendere in considerazione le denunce, a
verificarle attraverso gli argomenti e documenti portati, possono continuare
in eterno a scriverci che creiamo divisione quando in realtà non facciamo
altro che constatare una divisione già consumata da un pezzo e ci portano il
solito logo comune di "guardare a quello che unisce" senza aver recepito che
non può esserci tra noi alcuna "communicatio in sacris", cioè
comunione nelle "cose sacre" perché quelle che sono sacre per loro, per noi
cattolici sono pagliacciate, surrogati, invenzioni e scimmiottature, e
invece quelle che sono sacre per noi o non le conoscono oppure dicono che
vanno CAMBIATE e non vogliono riconoscere che i cosiddetti cambiamenti non
sono RINNOVAMENTO, ma SOVVERTIMENTO.
Quei motivi sono stati ampiamente richiamati in molti interventi e
documenti. Uno per tutti: tutti gli altri movimenti ecclesiali operano nelle
chiese tradizionali e celebrano secondo le norme cattoliche. Il cammino è
l'unico ad aver costruito propri templi - oppure modificato a propria
immagine quelli esistenti - predicato una teologia diversa e celebrato con
riti difformi. Tralasciando qui di citare tutti gli altri aspetti
problematici, ampiamente documentati e testimoniati. Mi sembra una ragione
più che valida per tener d’occhio ad oltranza alla diffusione del cammino
neocatecumenale nella Chiesa.
Ora come ora, attendiamo la pubblicazione dei nuovi testi, fiduciosi che
non contengano gli errori dogmatici che fino a questo momento sono stati
oggetto della nostra opposizione e, in questo, il nostro obiettivo è da
considerarsi raggiunto, dal momento che se errori non c'erano, gli
Orientamenti, all'esame da molti anni, a quest'ora sarebbero stati
licenziati da un pezzo. Spetterà poi ai vescovi osservare se le norme
stabilite saranno rispettate e dare opportune direttive riguardo alla
pastorale.