Il governo di Ankara rende problematico
il viaggio del Papa in Turchia

Saltano i progetti di Benedetto XVI che avrebbe voluto accettare l’invito di Bartolomeo I per la solennità di Sant’Andrea del 30 novembre. Dietro il rinvio, l’intreccio di questioni politiche e tatticismi.


La diplomazia a volte insegue delle logiche strane. Non si potrebbe dire altrimenti di fronte all’iter che ha caratterizzato l’invito del governo turco a Benedetto XVI per una visita nel paese.

La foto: Benedetto XVI e Bartolomeo I, incontro rinviato al 2006

Il papa era stato invitato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, in occasione della festa di Sant’Andrea del 30 novembre: una proposta accolta con piacere dal pontefice, che tuttavia poteva realizzarsi soltanto con un passo ufficiale delle autorità civili. Ieri, l’annuncio da parte del presidente della Repubblica, Ahmet Necdet, che tuttavia ha completamente ignorato i programmi dei due leader religiosi, spostando la visita ufficiale di Benedetto XVI nel 2006. La dimensione ecumenica che avrebbe dovuto caratterizzare l’incontro con Bartolomeo e la data significativa scelta per l’occasione (il 20 novembre cadrà anche il 26mo anniversario del viaggio di Giovanni Paolo II in Turchia) passano così in secondo piano e si sacrificano alla ragione di stato.

I motivi del rinvio, infatti, non vanno cercati nell’ambito dell’organizzazione, anche perché in Vaticano, come al patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il viaggio era dato ormai per certo; piuttosto, nella politica e nel confronto serrato con il potere religioso. In primo luogo, rimane il nodo della presunta avversione dell'attuale papa alla piena integrazione della Turchia nell'Unione europea; una posizione che fu esplicitamente espressa dal cardinale Josef Ratzinger, nella sua veste di prefetto per la dottrina della fede.(1) A riguardo, una preparazione più lunga del viaggio del papa, potrebbe servire per ottenere dal Vaticano una garanzia che Benedetto XVI nel corso della sua visita rilasci una dichiarazione che suoni chiaramente come un cambiamento di linea.

La scelta di Ankara rappresenta poi un chiaro segnale al patriarcato ortodosso che aveva lanciato per primo la proposta di una visita del pontefice. Da parte sua, il governo ha nicchiato per mesi sul progetto e questo per varie ragioni: la prima è che c’era il timore che Benedetto XVI potesse riferirsi pubblicamente a Bartolomeo I come al ''Patriarca ecumenico di Costantinopoli'', mentre la Turchia gli riconosce il titolo diminutivo di ''patriarca di Fanar'' (Fanar essendo un quartiere di Istanbul); in secondo luogo, il governo di Ankara temeva che il papa cattolico potesse sostenere apertamente in Turchia l'annosa causa ortodossa della riapertura del seminario di Belediye, chiuso da tempo, nonostante le reiterate promesse turche; in terzo luogo, Ankara temeva che da un incontro tra i due massimi esponenti della cristianità, occidentale ed orientale, nel corso della fase iniziale del negoziato Turchia-Ue (che comincerà il 3 ottobre) potessero uscire prese di posizione comuni sulle limitazioni pratiche alla libertà di religione in Turchia, per le religioni diverse da quella musulmana ed, in particolare per i cristiani (compresi i protestanti). Una situazione grave, in cui lo Stato nega alla Chiesa cattolica (e ad altre minoranze religiose) uno status giuridico, l’apertura di seminari e in molti casi la concessione di visti ai sacerdoti. Chi è cristiano non può fare carriera nell'amministrazione dello Stato, ai preti ortodossi è vietato andare in giro con la tonaca (pena l'arresto), i bambini cristiani a scuola possono non frequentare l'ora di religione musulmana ma se non la frequentano finisce per fare media e abbassare il giudizio finale.

Ultima ragione del rinvio, la riaffermazione da parte del governo del principio secondo cui le date delle visite dei capi di stato, come è il papa di Roma, vengono stabilite dallo stato turco e non dalle autorità religiose. Un principio secolare condiviso in occidente (dove però gli stati finiscono per rispettare le opzioni dei capi religiosi); un principio che rischia, tuttavia - a giudizio di vari osservatori - di apparire un paravento dietro cui si possono intravedere motivazioni meno laiche, specie se poi si motiva il rinvio dell'invito al papa al 2006 con l'intenzione di promuovere ''il dialogo tra le religioni e le civiltà''.

______________________

(1) Ratzinger: la cultura turca non è europea
Il cardinale Joseph Ratzinger si è detto contrario all'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. «Nella storia, la Turchia ha sempre rappresentato un continente diverso, in permanente contrasto con l'Europa», ha dichiarato il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede in un'intervista al settimanale allegato a "Le Figaro". «Sarebbe un errore rendere uguali i due continenti, significherebbe una perdita di ricchezza, la scomparsa della cultura in favore dei benefici in campo economico». Il cardinale è tornato poi a stigmatizzare il fatto che nella Costituzione europea non si accenni alle radici cristiane del Vecchio Continente. «Dovremmo continuare a discuterne», ha detto, «perché credo che dietro all'opposizione» di alcuni paesi a inserire un riferimento «si nasconda un odio che l'Europa ha verso se stessa e la sua grande storia». [Tratto da "Avvenire" del 12 agosto 2004]

| home | | inizio pagina |