|
|
Gli islamici in Italia approvano
un documento contro il fondamentalismo; ma l'UCOII...
Ieri è accaduto che il 70% dei membri della «Consulta
per l'islam italiano» ha sottoscritto un documento con il quale condanna il terrorismo,
chiede ai Paesi musulmani
di rispettare la libertà religiosa, denuncia ogni predicazione contro
cristiani, ebrei e occidentali, sostiene il diritto di Israele a convivere al
fianco di uno Stato palestinese, si dichiara contrario a una «identità
islamica» separata e conflittuale con la «comune identità nazionale italiana»,
si pronuncia contro ogni discriminazione nei confronti della donna.
È un dato positivo, ma non possiamo ignorare il
rovescio della medaglia costituito dal fatto che un membro della Consulta, Nour
Dachan presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni
islamiche in Italia), ha contestualmente presentato un documento contenente richieste che, se
accolte, provocherebbero l'affermazione di una entità islamica all’interno
dello Stato italiano. Esse riguardano: un censimento dei musulmani, la censura
dei testi scolastici, le scuole private islamiche, la celebrazione delle feste
islamiche nelle scuole, la pausa per la preghiera del venerdì nei luoghi di
lavoro, le banche e i mutui islamici, l’erogazione dell’8 per mille ai
musulmani e perfino un «bollino verde» per i cibi islamicamente
corretti. Con l'aggravante dichiarazione intimidatoria che in Italia non
potranno accadere episodi di violenza fondamentalista “fino a
quando saremo nel dialogo”.
Ed è accaduto un fatto a dir poco sconcertante:
non è tardata ad arrivare una dichiarazione del Vaticano, per bocca del
Cardinal Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, di
assenso per l'insegnamento del Corano nelle scuole. [Per
dovere di completezza dobbiamo ora registrare le dichiarazioni del card Martino
a Radio Vaticana - 10.03.2006]
Il fatto è tanto più grave se si pensa che l'UCOII, oltre a non
rappresentare la totalità degli islamici pur controllando un certo numero di
moschee, è l'emanazione dei Fratelli
musulmani, che si sono riproposti di invadere l'Europa grazie alle sue leggi
democratiche.
Ma come si fa a essere così ciechi quando in nessuno stato islamico si
rispetta il cristianesimo? E come la mettiamo con gli ebrei, i buddisti, ecc.? E oltretutto cosa rappresenta insegnare il Corano
nelle scuole italiane, quando in esse di Vangelo neppure si parla, soprattutto dopo le
annose polemiche tendenti ad abolire l'ora di religione e comunque
ad escludere che si impartisca un insegnamento confessionale? Del resto, se è
più che opportuno che la catechesi si faccia - per chi lo sceglie - nelle
Parrocchie, è altrettanto opportuno che gli insegnamenti islamici vengano
impartiti in contesti a ciò deputati. Ci si vuole forse preparare ad una
prossima dhimmitudine? (1)
Pensiamo tuttavia che il Papa, che recentemente parlando all'Ambasciatore del
Marocco ha richiesto il rispetto per le religioni nei paesi islamici, non può
essere in linea con un atteggiamento così lassista, che oltrettutto i musulmani
irridono anziché apprezzare.
Dobbiamo considerare che, al di là di tutte le diatribe
ideologiche, il cristianesimo - e specificamente il cattolicesimo - fa parte
della storia e tradizione viva del nostro popolo nonché della condivisione dei
valori costituzionali, anche se il dogmatismo laico oggi imperante purtroppo non
è d'accordo con questa affermazione. Invece l'islam si presenta come un corpo
estraneo, col quale bisognerà tuttavia imparare a convivere, anche facendo in
modo - e questo spetta con urgenza ai nostri politici - che ne venga garantita
l'adesione ai valori fondanti della nostra comunità civile.
Poiché il dialogo - auspicabile ma non facile né scontato a causa delle
divisioni politiche e dottrinali delle comunità islamiche - non manca di
difficoltà, si dovrebbe intanto intervenire con una legislazione chiara che
favorisca l'integrazione con il dovuto rispetto della cultura 'altra', ma senza
sbracamenti da parte nostra.
Anche perché sarebbe opportuno non perpetuare gli errori
fatti finora in Europa, per un senso di rispetto nei confronti delle altre
culture - giusto in sé, ma sbagliato nelle modalità di espressione - per
effetto del quale si è lasciato che le minoranze musulmane autodisciplinassero
i propri comportamenti, un atteggiamento che si coniugava con un approccio
corporativo tradizionalmente europeo nei confronti dell'organizzazione sociale.
[vedi la Gran Bretagna]. Anziché integrare individui si è cercato di integrare
comunità. Ed ora ci sono cittadini inglesi - ed anche abbiamo visto francesi -
che sono divenuti forze antagoniste.
Se facessimo la stessa cosa, Invece di assicurare l'esercizio
di libertà e diritti ai singoli, rischiamo di concedere all'interno del nostro
stato delle autonomie etnico-confessionali, veri e propri rapporti privilegiati
a etnie e gruppi religiosi in quanto comunità. Esse, e non il singolo
individuo, divengono così i naturali soggetti di diritto, portatrici di istanze
meritevoli di attenzione e destinatarie dei benefici statali.
Mentre questo è stato naturale nei confronti della Chiesa
Cattolica, dato che il cristianesimo è (corriamo il serio rischio di dover dire
era) innervato nella storia e nella tradizione, ora il concetto sembra tutto da
rivedere, anche a dire delle forze laiche che purtroppo stanno pervadendo la
nostra cultura e la nostra politica. Le consideriamo criticabili non in quanto
laiche, ma in quanto portatrici di quel dogmatismo anticlericale e di quel
relativismo tanto realisticamente stigmatizzati dal nostro Papa e dal Presidente
Pera.
Può essere illuminante conoscere come si esprimeva Don
Andrea Santoro, scrivendo ai suoi amici romani pochi giorni prima della sua
uccisione, avvenuta in Turchia il 5 febbraio scorso mentre pregava inginocchiato
nella sua chiesa:
[...] Si dice e si scrive spesso che nel Corano i cristiani sono ritenuti i
migliori amici dei musulmani, di essi si elogia la mitezza, la misericordia,
l’umiltà, anche per essi è possibile il paradiso. È vero. Ma è altrettanto
vero il contrario: si invita a non prenderli assolutamente per amici, si dice
che la loro fede è piena di ignoranza e di falsità, che occorre combatterli e
imporre loro un tributo… Cristiani ed ebrei sono ritenuti credenti e cittadini
di seconda categoria. Perché dico questo? Perché credo che mentre sia giusto e
doveroso che ci si rallegri dei buoni pensieri, delle buone intenzioni, dei
buoni comportamenti e dei passi in avanti, ci si deve altrettanto convincere che
nel cuore dell’Islam e nel cuore degli stati e delle nazioni dove abitano
prevalentemente musulmani debba essere realizzato un pieno rispetto, una piena
stima, una piena parità di cittadinanza e di coscienza. Dialogo e convivenza
non è quando si è d’accordo con le idee e le scelte altrui (questo non è
chiesto a nessun musulmano, a nessun cristiano, a nessun uomo) ma quando gli si
lascia posto accanto alle proprie e quando ci si scambia come dono il proprio
patrimonio spirituale, quando a ognuno è dato di poterlo esprimere,
testimoniare e immettere nella vita pubblica oltre che privata. Il cammino da
fare è lungo e non facile. Due errori credo siano da evitare: pensare che non
sia possibile la convivenza tra uomini di religione diversa oppure credere che
sia possibile solo sottovalutando o accantonando i reali problemi, lasciando da
parte i punti su cui lo stridore è maggiore, riguardino essi la vita pubblica o
privata, le libertà individuali o quelle comunitarie, la coscienza singola o
l’assetto giuridico degli stati. [...] Testo
integrale della lettera
9 marzo 2006
__________________
(1) La dimmitudine è la
condizione in cui sono i cristiani e gli ebrei, secondo il Corano, nelle terre
d'Islam. Non possono fare atti contro l'Islam, come diffondere la loro fede, e
devono riconoscere in molti modi la superiorità islamica. Infatti, mentre la
"umma" è la comunità dei credenti (che naturalmente sono solo loro)
i "dhimmi" sono gli infedeli sottomessi, che per avere protezione un
tempo - e forse ancora oggi - devono pagare una tassa.
Precisazione di non secondaria rilevanza: l'Islam non ha una connotazione
geografica o di nazionalità: è Islam qualunque 'luogo' dove c'è una comunità.
Cosa ne pensa Magdi Allam (Corriere
della Sera 10 marzo 2006)
torna su
Dichiarazioni rese dal Cardinal
Martino a Radio Vaticana 10 marzo 2006
“La Libertà religiosa è un diritto umano fondamentale
inerente ad ogni essere umano che va difeso e promosso”, un diritto di
reciprocità “che comporta un dovere che deve valere per tutti, in ogni luogo”.
E’ quanto sottolinea il cardinale Renato Raffaele Martino che oggi torna sulle
sue dichiarazioni di ieri relative all’insegnamento del Corano nelle scuole
italiane. Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace lo fa
innanzitutto “per una serena valutazione” delle dichiarazioni apparse sulla
stampa “e per una corretta comprensione delle stesse al fine di fugare
interpretazioni di parte e talvolta fuorvianti”. Ecco dunque, la riflessione
del cardinale Martino, raccolta da Luca Collodi:
R. - Sono convinto che l’applicazione di un principio è
cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge considerazioni. A
questo riguardo sarebbe bene che si legga quanto afferma il Compendio della
dottrina sociale della Chiesa ai nn. 421 e 422. La disponibilità da me
dimostrata all'inserimento dell'insegnamento della religione islamica
nell'ordinamento scolastico italiano va fatta con quella prudente valutazione
che comporta da parte della comunità islamica il rispetto e la valorizzazione
del Cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno dato forma alla
cultura e alla identità del mondo occidentale.
D. – Non viene, dunque, meno il ruolo della reciprocità
anche nel rapporto con l’islam…
R. - Non ho inteso minimizzare il dovere della reciprocità:
se la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale - espressione forte
della verità e della dottrina cristiana - deve valere anche in quei Paesi dove
di fatto i cristiani, quando non sono perseguitati, vengono emarginati. Basta
leggere a questo riguardo un qualsiasi Rapporto sulla libertà religiosa per
rendersi conto di quanto delicate siano le situazioni che vivono i cristiani in
contesti caratterizzati da altre maggioranze religiose. Ritengo anzi che si
debba iniziare a reclamare con maggior vigore la reciprocità.
D. – Una reciprocità che trova nel fondamentalismo l’ostacolo
principale…
R. – Quando ho parlato di fondamentalismo laicista e di
fondamentalismo religioso intendevo riferirmi a due posizioni che negano una
corretta presenza della religione nello spazio pubblico, perché il primo la
nega e il secondo questo spazio lo occupa
|
|
|