Ancora attacchi alle Chiese in Iraq


Colpite sette chiese a Baghdad. Quattro morti. I morti e la maggior parte dei feriti sono nella chiesa di santa Maria, dove officia mons. Sleimon Wardouni, vicario patriarcale caldeo. Le altre chiese hanno riportato pochi danni. La mano di Al Qaeda per vendicare “la martire del velo”.


“Vogliono far sparire i cristiani dall'Iraq”. Così mons. Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, commenta al sito Baghdadhope la serie di attacchi che ieri hanno colpito 6 chiese a Baghdad causando due morti e decine di feriti secondo le prime stime non ufficiali. Per mons. Najim, infatti, “il colpire i luoghi di culto dopo le celebrazioni della domenica pomeriggio è prova del fatto che chiunque sia stato è un senza Dio, qualcuno che non rispetta l'essere umano in quanto creatura di Dio, il Dio di tutte le religioni”. Lo schema degli attentati, in effetti, è identico a quello usato già altre volte,per esempio negli attacchi del 1 agosto 2004, anche all’epoca, combinati, di domenica e dopo le funzioni: “è chiaro – spiega - che non si tratta di episodi legati alla resistenza contro un invasore ma di un processo violento che mira a rallentare lo sviluppo del Paese, la sua pacificazione. Si vuole un Iraq debole, sottosviluppato, che con la scomparsa della sua componente cristiana perderebbe una parte importante della società cui sempre i cristiani hanno contribuito con il loro sapere e la loro funzione stabilizzatrice”.

Il procuratore caldeo si dice, comunque, convinto che gli autori del gesto “non sono iracheni ma forze oscure esterne al paese, queste, colpendo i luoghi di culto, hanno per prima cosa attaccato la religione in sè, e non solo quella cristiana. Hanno mirato a distruggere la tolleranza riportando nel Paese un clima di reciproco sospetto ed hanno anche mirato a distruggere l'immagine dell'Iraq presso l'opinione pubblica internazionale”. Dopo gli attacchi di ieri è lecito, per mons. Najim, attendersi una nuova fuga dei cristiani, “forse già da oggi” laddove “in una democrazia i cittadini devono essere protetti dallo Stato”. “L'iracheno cristiano, invece, – conclude - è vulnerabile perché non è protetto. Non ci bastano più le promesse del governo che è incapace di garantire la sicurezza senza la quale la democrazia è solo una bella parola. E questo vale anche per tutte le componenti del Paese, etniche e religiose”.



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 13 luglio 2009 (ZENIT.org). - Benedetto XVI è tornato a pregare per l'Iraq flagellato dagli attentati contro i cristiani e i loro luoghi di culto, chiedendo la conversione del cuore di chi li mette in atto.

In un messaggio firmato dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, inviato al Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, il Papa assicura la sua preghiera e la sua vicinanza spirituale alle comunità cattolica e ortodossa di Baghdad dopo gli attentati che hanno sconvolto il Paese negli ultimi giorni.
Il Pontefice, si legge nel testo, “prega per una conversione del cuore degli autori della violenza e incoraggia le autorità a fare tutto il possibile per promuovere una coesistenza giusta e pacifica di tutti i settori della popolazione irachena”.

Poco dopo le 19.00 di questa domenica, rivela un comunicato dell'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre inviato a ZENIT, un'autobomba è esplosa di fronte ai cancelli della chiesa caldea di St Mary a Palestine Street, a Baghdad. L'esplosione è avvenuta mentre i fedeli uscivano dalla Messa e secondo i primi resoconti ha provocato vari morti e circa 30 feriti. Alle 16.30 erano già esplose altre bombe, provocando otto feriti, accanto a tre chiese della capitale irachena, due intitolate a San Giorgio e una a San Giuseppe.

Negli ultimi sei anni, persecuzioni e violenze hanno costretto 200.000 cristiani a lasciare l'Iraq rifugiandosi nei Paesi vicini, come Siria, Giordania e Turchia, mentre circa 50.000 fedeli hanno trovato rifugio nel nord del Paese. Per la continua emigrazione, la comunità cristiana, che nel 2003 era composta da circa un milione di fedeli, ne conta oggi meno di 400.000.

Questo lunedì mattina, ricorda AsiaNews, un’altra autobomba è esplosa nei pressi della chiesa della Madonna di Fatima a Mosul, che è rimasta seriamente danneggiata.

Monsignor Sleimon Warduni, vicario patriarcale di Baghdad, ha affermato che “la situazione è seria” e che “l’attacco alle chiese è stato portato in contemporanea ed è un fatto premeditato, organizzato, non è frutto del caso”.

Il presule officia nella chiesa di St Mary, colpita questa domenica e danneggiata dall'attentato. “I danni passano, ma la vita di due giovani che erano appena usciti da Messa e avevano pregato per la pace… questo è ciò che mi rattrista maggiormente”.
“Fra i cristiani si respira un clima di sfiducia, negativo”, ha aggiunto, chiedendosi “quali siano i nostri mali, le nostre colpe per essere vittima degli attacchi. Forse la nostra colpa è volere la pace, amare tutti quanti”.

In questo contesto, lancia un appello “alla preghiera, perché il mondo si svegli dal suo torpore e chieda con forza la pace”.

Secondo fonti locali di AsiaNews, la nuova ondata di violenze potrebbe essere legata “alle prossime elezioni provinciali nel Kurdistan iracheno” ed è “un messaggio di avvertimento lanciato verso la comunità cristiana in vista del voto”. Allo stesso modo, non si esclude una connivenza della polizia, visto che gli edifici cristiani sono sotto stretta sorveglianza delle forze dell’ordine ed è assai difficile che qualcuno possa piazzarvi un ordigno senza essere visto.

Anche altri templi sono stati presi di mira dagli attentati, al punto che p. Douglas Al Bazi ha spiegato a Baghdadhope che si tratterebbe di ben nove chiese: sei caldee e tre siro-ortodosse tra Baghdad e Mosul.

Secondo monsignor Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, gli attacchi mirano a “far sparire i cristiani dall'Iraq”. “Colpire i luoghi di culto dopo le celebrazioni della domenica pomeriggio è prova del fatto che chiunque sia stato è un senza Dio, qualcuno che non rispetta l'essere umano in quanto creatura di Dio, il Dio di tutte le religioni”, ha dichiarato il presule a Baghdadhope.

A suo avviso, “è chiaro che non si tratta di episodi legati alla resistenza contro un invasore ma di un processo violento che mira a rallentare lo sviluppo del Paese, la sua pacificazione. Si vuole un Iraq debole, sottosviluppato, che con la scomparsa della sua componente cristiana perderebbe una parte importante della società cui sempre i cristiani hanno contribuito con il loro sapere e la loro funzione stabilizzatrice”.

Gli autori di questi atti, sostiene, sono “forze oscure esterne al Paese”, che “colpendo i luoghi di culto hanno per prima cosa attaccato la religione in sé, e non solo quella cristiana. Hanno mirato a distruggere la tolleranza riportando nel Paese un clima di reciproco sospetto ed hanno anche mirato a distruggere l'immagine dell'Iraq presso l'opinione pubblica internazionale”.

Ricordando che “per quanto minoranza gli iracheni cristiani sono a tutti gli effetti cittadini del Paese”, monsignor Najim ha affermato che “è necessario che il Governo crei e renda effettivamente operativo un sistema di intelligence in grado di scoprire i colpevoli di questi atti criminosi ed inumani ed assicurarli alla giustizia. Solo così la comunità cristiana, ma in realtà l'iracheno in genere, saprà che un Governo esiste e potrà acquistare fiducia in esso”. “Non c'è democrazia senza sicurezza”, ha concluso.


[Fonti: SIR; Zenit del 12 - 13 luglio 2009]

>Vedi precedenti nel sito
>Chiese in Iraq sotto tiro
>Dinamite contro le Chiese a Mosul
>Bagdad il ponte dei cristiani
>Gruppi islamici impongono una tassa sui sudditi cristiani
>Il Papa incontra il primo ministro iraqeno Allawi

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