«Ecumenismo: intorno al Maestro per andare avanti»
Mimmo Muolo, su Avvenire del 18 gennaio 2006

All’inizio degli otto giorni di preghiera per l’unità parla il vescovo Vincenzo Paglia: «Non è solo una questione intraecclesiale, ma un lievito di comunione in grado di fermentare la società»

Quarant'anni dalla fine del Concilio, quarant'anni di preghiere per l'unità dei cristiani. Con l'ormai tradizionale Settimana - che inizia oggi sul tema Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro - a fare da ideale pietra miliare di un cammino «ancora lungo», ma che «ha già fatto notevoli passi avanti». La pensa così anche monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale della Cei per l'ecumenismo e il dialogo, che afferma: «L'appuntamento di quest'anno, il primo del pontificato di Benedetto XVI, già ci proietta verso nuovi orizzonti. Perché l'ecumenismo non è solo un fatto religioso, ma un fermento di comunione per tutta la società».

Perché è stato scelto come tema il noto passo del Vangelo di Matteo?
«L'unità è un dono che viene dall'alto e va invocato con la preghiera. Ma il tema ci ricorda anche che l'unità non si fa attorno a se stessi, ma intorno al Signore. Per questo bisogna avanzare con sempre maggiore convinzione sulla strada dell'ecumenismo spirituale, che non è astrattezza, ma fiducia accogliente del dono di Dio. È ovvio che la preghiera presuppone nelle Chiese, nei credenti, negli uomini e nelle donne di buona volontà un impegno concreto. A tutti oggi è quindi richiesta una rinnovata responsabilità ecumenica. Non dobbiamo lasciare nulla di intentato per ricomporre le lacerazioni esistenti».

Quale contributo hanno dato, da questo punto di vista, le Settimane di preghiera?
«Un primo fondamentale contributo è stato quello di aver fatto capire a tutti che l'ecumenismo non è un'attitudine tattico-diplomatica dei vertici, ma un modo di vivere la fede intrinseco alla stessa fede cristiana. Oggi la Settimana è celebrata da un numero crescente di parrocchie e di comunità ed è diventata come una pietra miliare che ci spinge a continuare il cammino. Inoltre questo appuntamento annuale ha permesso una maggiore conoscenza a livello di vertice. È un' occasione per incontri anche tra i diversi responsabili delle Chiese, oltre che il momento di maggiore visibilità dell'unità dei cristiani».

Quella di quest'anno è anche la prima Settimana del pontificato di Benedetto XVI.
«Sì e il Papa, fin dal primo discorso fatto nella Cappella Sistina, il giorno dopo l'elezione, ha dimostrato la sua grande sensibilità ecumenica, confermandola poi in molte occasioni successive, come ad esempio il Congresso eucaristico di Bari e la Gmg di Colonia. Benedetto XVI ha dato priorità assoluta all'ecumenismo, sollecitando passi visibili verso l'unità. Prova ne sia il fatto che sarà proprio il Santo Padre a chiudere questa Settimana, il prossimo 25 gennaio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, con una particolare preghiera alla quale saranno presenti 150 rappresentanti di tutte le Chiese e confessioni cristiane d'Europa, che iniziano qui a Roma il cammino verso l'assemblea ecumenica europea in programma a Sibiu nel 2007».

Qual è il valore dell'appuntamento che si svolgerà in Romania?
«Dopo le tappe di Basilea e di Graz è la prima assemblea che si svolge in una nazione a maggioranza ortodossa. Perciò Sibiu 2007 mostra che il legame ecumenico tra le Chiese cristiane europee non solo non si interrompe, ma si irrobustisce. Un messaggio, questo, particolarmente importante in un tempo in cui il sogno europeo stenta a decollare. L'ecumenismo, infatti, non è solo una questione intraecclesiale, ma un lievito di unità, un fermento di comunione che i cristiani sono chiamati a immettere nel corpo del nostro continente. E qui il nome di Benedetto evoca una straordinaria vicenda spirituale, culturale e anche sociale che ha reso l'Europa una terra di accoglienza e di missione, di integrazione e di futuro, nonostante i momenti bui della storia».

Eppure nuovi ostacoli, ad esempio in campo etico, sembrano aggiungersi alle difficoltà del dialogo teologico.
«Non c'è dubbio che negli ultimi tempi sia emersa anche una frontiera etica sulla quale sarà necessario un supplemento di incontro. Non possiamo testimoniare una fede astratta o distante da temi come la bioetica, la questione ambientale e quella antropologica. Ma proprio in questo campo potrebbero essere compiuti alcuni dei passi concreti auspicati da Papa Ratzinger. Anzi, un punto significativo di accordo è stato trovato nell'ipotesi di una giornata comune di riflessione sulla salvaguardia del creato».

In Italia, in particolare, qual è la situazione ecumenica?
«Dal Concilio ad oggi sono stati fatti passi davvero decisivi, ma il lavoro che ci aspetta è particolarmente arduo. Si tratta di far crescere la coscienza dell'ecumenismo come dimensione ordinaria della fede. Inoltre le diocesi italiane debbono affrontare i nuovi orizzonti ecumenici rappresentati anche dalle ultime migrazioni (si pensi che oggi sono i fedeli ortodossi il gruppo religioso più grande nel nostro Paese). E questo, ovviamente, se finora ha interrogato soprattutto l'accoglienza caritativa, oggi chiama in causa anche l'accoglienza religiosa e pastorale».

Lei ha proposto di tenere a Terni un incontro ecumenico nazionale. Con quale finalità?
«L'incontro ecumenico che si terrà nel mese di maggio viene organizzato da cattolici, evangelici e ortodossi. Insieme rifletteremo sulla Carta ecumenica, per inserirci nel cammino che porta a Sibiu».

 

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