Cristiani e Musulmani. Riprende il dialogo in Vaticano
Samir Khalil Samir Sj, su AsiaNews  3 novembre 2008

[v. anticipazioni:
. Tariq Ramadam su "Il Riformista" e
. Intervista di risposta di p. Samir K. Samir
. Attenti all'Islam modello Ramadan di Olivier Clément
. Appello dei musulmani convertiti al cristianesimo per la libertà religiosa]
[Discorso di Benedetto XVI]

Per due giorni, dal 4 al 6 novembre esperti islamici e cattolici si incontrano in Vaticano, dopo anni di rapporti freddi, dovuti alla crescita del fondamentalismo. Tutto è ripreso grazie al discorso di Benedetto XVI a Regensburg, dove si affermava che la religione abbraccia la ragione ed esclude la violenza. Il tema più urgente: la libertà religiosa, perché ad ogni comunità possa essere garantito il diritto a proclamare e diffondere la sua fede.


Questo incontro fra esperti musulmani e cattolici a novembre è un inizio ed è positivo per il solo fatto che si tiene: il dialogo è meglio dell’indifferenza e del silenzio reciproco. In questi anni vi è stata pure un’importante evoluzione. All’inizio le lettere dei saggi domandavano solo un dialogo diciamo così, teologico. Ma questo rischiava di essere infruttuoso. È stato desiderio del santo Padre e del card. Tauran l’aver sottolineato che il dialogo doveva avere delle sottolineature legate ai problemi della vita quotidiana e ai diritti della coscienza. Su questo è anche d’accordo Tariq Ramadan, uno degli invitati di parte musulmana.

Cristiani e Islam bloccati dal fondamentalismo

Il rapporto fra cristiani e musulmani ha avuto una storia travagliata. Negli anni ’60, dopo il Concilio Vaticano II, vi è stato un forte slancio da parte cattolica. Anche da parte musulmano vi è stata un’apertura sincera e numerosa. Poi sono successe due cose:

a) col tempo il dialogo si consuma se non è sostenuto da una struttura permanente. Il dialogo con gli ortodossi e altre confessioni cristiane è regolare: ci si ritrova ogni anno, vi sono commissioni miste… Con l’islam invece è dipeso dalle circostanze: talvolta vi sono stati capi che lo desideravano, altre volte responsabili che non lo sostenevano…

b) Il secondo motivo è che negli anni ’70 è cominciata l’ondata del movimento fondamentalista, del quale il mondo islamico soffre per primo. Questa avanzata ha frenato tutto perché la sua linea è quella del rifiuto dell’altro[1]. La posizione dei salafiti è in opposizione in molti punti con la modernità e l’occidente che ne è la fonte; questo ha portato a un rallentamento del dialogo.

Vale la pena sottolineare che questa ripresa è partita proprio dal discorso di Regensburg. E questo è riconosciuto anche da alcuni esperti islamici[2]. Il discorso del papa è stato l’inizio di un nuovo movimento di ripensamento. Se esso ha provocato una risposta positiva è perché egli ha parlato con verità e senza odio. Questo conferma che se nel dialogo non c’è verità, non vi è frutto.

Le piste per il futuro

Una cinquantina di membri parteciperanno al Forum, a parità, anche se i nomi non sono stati pubblicati. Ma fin da ora si può tracciare alcune prospettive per aprire a una collaborazione. Io penso che possiamo fare tanti passi avanti. Si deve però affrontare con pacatezza e con sincerità le decine di punti di incomprensione e di frizione.

Se si parla dei dogmi, dobbiamo arrivare a chiarire la posizione cristiana di fronte all’Islam, al Corano e alla persona di Maometto, cercando di capire la loro posizione e dicendo loro che cosa noi crediamo e perché. Da parte musulmana è importante che si chiariscano cosa significa la nostra fede nella Trinità, nell’incarnazione del Verbo, l’unicità di Dio, ecc.. per non lanciarci accuse false. Se invece vi sono accuse vere, dobbiamo cambiare.

In occidente vi sono polemiche sull’apertura di scuole islamiche o di moschee. Ma questo non è un problema che riguarda il dialogo islamo-cristiano. Le proibizioni o i divieti vengono dallo Stato laico e non hanno motivazioni di difesa del mondo cattolico. Il problema qui è mettersi d’accordo davvero su cosa sia un luogo di culto, da non confondersi con un luogo di guerriglia e di lotta. Lo Stato deve precisare quali devono essere le caratteristiche di tali luoghi e se qualcuno deroga da queste regole, deve avere l’autorità di togliergli tale diritto.

Lo stesso vale per le scuole. In Francia, ad esempio, vi sono delle regole che lo Stato chiede per riconoscere qualunque scuola, anche quella islamica. Occorre ormai giungere a precisare delle norme. Finora non se n’è sentito il bisogno perché vi era un sottofondo comune ovvio. Ma ora, con la nostra società pluralista e globalizzata, queste norme occorre farle. Ad esempio lo Stato deve precisare se nel proprio territorio è il governo che regala il terreno per costruire il luogo di culto o no; se è lecito o no pregare per strada…

Non so quanto questo dialogo potrà essere fruttuoso: il numero considerevole di partecipanti (in tutto più di 50) rischia di non far procedere le discussioni in modo profondo e fruttuoso.

La libertà religiosa

Entrambe le religioni poi pretendono di portare un messaggio di verità e sono chiamate a proclamarlo e diffonderlo nella missione. Ma per fare questo occorre puntualizzare le modalità. Utilizzare mezzi indegni della religione o illeciti va escluso. I musulmani, ad esempio, accusano i cristiani di fare proselitismo facendo “favori” ai poveri e chiedendo in cambio la conversione. Ma anche permettere ad una religione di diffondersi, frenando lo sviluppo dell’altra è ingiusto. Tutto questo è da condannare. Anche l’idea che si promuove nel mondo musulmano, “la verità ha tutti i diritti, la menzogna non ha nessuno diritto”, è ingiusta In base a questo si esclude di fatto la possibilità per le religioni non islamiche di potersi diffondere[3]. A questo è legato il disprezzo verso gli apostati – come quando è avvenuto il battesimo di Magdi Cristiano Allam [vedi sua Lettera Aperta al Papa] – che vengono visti come dei traditori, invece che cercatori della verità. Anche avere delle scuole è importante per entrambe le religioni e quindi questo diritto va difeso e non va denigrato come proselitismo.

Conclusione

La mia impressione è comunque che questo dialogo può essere fruttuoso se rispetta 3 dimensioni:

1) occorre che esso inizi e continui anche per anni.

2) Che alla fine siano stilati documenti comuni concreti, che siano poi diffusi il più possibile;

3) Che si dia la massima autorità a tali documenti. Da parte cattolica è facile: basta che il cardinale o un’alta autorità li firmi. Da parte musulmana deve esserci un accordo fra le personalità religiose e i politici islamici. Le leggi che limitano la libertà religiosa sono fatti dai governi islamici, non dai saggi musulmani. Ognuno che partecipa a questi dialoghi, tornando al suo Paese, deve interessare il suo governo e altre associazioni musulmane. Più ancora le decisioni che dipendono dagli Stati dovrebbero essere votati dall’ “Organizzazione della Conferenza Islamica” (OCI). Se non succede questo, diviene scoraggiante. L’autorità del documento è un fatto importante.

Ma la prima e più urgente necessità è quella della libertà religiosa: il diritto di ogni religione a proclamare e diffonderla con mezzi legittimi e leciti e non con quelli illeciti, che devono essere elencati. Questo è un principio spirituale – perché tocca la dignità dell’uomo – e anche un principio teologico, perché tocca il principio dell’uomo creato a immagine di Dio, libero e perciò libero anche di fare degli errori. Mi auguro che da questo incontro venga prestissimo un documento comune sulla libertà religiosa.

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[1] Da questo punto di vista vale la pena precisare che mettersi in dialogo non significa “mettere da parte le proprie credenze”. Noi cattolici, anche se crediamo che la Chiesa cattolica porta la verità, crediamo pure che vi sono semi del Verbo, della verità anche in altre posizioni.

[2] Vedi Tarik Ramadan: “Dopo aver provocato un’ondata di shock, le parole di Papa Benedetto XVI pronunciate a Ratisbona due anni fa avranno avuto senza dubbio conseguenze più positive che negative nel lungo termine. Aldilà della polemica, questa conferenza ha provocato una presa di coscienza generale sulla natura delle rispettive responsabilità sia dei cristiani che dei musulmani in occidente”. Cfr Il Riformista, 31 ottobre 2008).

[3] Tutti i giorni nel mondo musulmano vediamo proclamata la fede musulmana (per radio, televisione, sui giornali, con i megafoni della moschea), mentre un cristiano non può nemmeno portare una croce visibile perché è vietata “la diffusione della menzogna”.


Articolo di Tariq Ramadan su "Il Riformista"                         torna su

Dopo aver provocato un’ondata di shock, le parole di Papa Benedetto XVI pronunciate a Ratisbona due anni fa avranno avuto senza dubbio conseguenze più positive che negative nel lungo termine. Aldilà della polemica, questa conferenza ha provocato una presa di coscienza generale sulla natura delle rispettive responsabilità sia dei cristiani che dei musulmani in occidente. Poco importa se si tratta di un gesto maldestro o di una presa di posizione di principio da parte del più alto rappresentante della Chiesa cattolica; ciò che conta ormai è determinare i settori nei quali è necessario un dibattito di fondo tra cattolicesimo e islam. I riferimenti alla jihad e alla violenza dell’islam nel discorso del Papa hanno scioccato i musulmani, sebbene si trattasse di una citazione dell’imperatore bizantino Manuele II il Paleologo.

Riteniamo dunque sia necessario aprire un dibattito sui fondamenti teologici rispettivi e il substrato comune delle due religioni. L’appello degli eruditi musulmani attraverso il mondo intorno alla “Parola comune” andava esattamente in questa direzione: le nostre tradizioni hanno la stessa origine, uno stesso unico Dio, che ci chiama a rispettare la dignità e le libertà umane.

Rimettono in questione allo stesso modo le finalità dell’agire umano ed esigono che noi rispettiamo un’etica. In un mondo che sta attraversando una crisi economica mondiale senza precedenti, in cui la politica, la finanza, il rapporto verso l’uomo e l’ambiente mancano in maniera crudele di coscienza e di etica, è impellente che il dialogo cristiano-musulmano si interessi ai fondamenti teologici ed alle questioni dei valori e dei fini.

Non si tratta di creare una nuova alleanza tra religioni contro l’ordine “secolarizzato” o “immorale”, ma piuttosto di contribuire in maniera costruttiva ai dibattiti in modo che le logiche economiche o di guerra non distruggano ciò che resta di umanità negli esseri umani. Il nostro dialogo costruttivo riguardo ai valori e le finalità comuni è molto più importante e imperativo delle nostre rivalità sul numero di fedeli, il proselitismo e la competizione sterile sul possesso esclusivo della Verità.

Gli spiriti dogmatici che in entrambe le religioni, si accaparrano la verità lavorano a conti fatti contro gli interessi delle loro rispettive religioni. Chiunque affermi di essere l’unico depositario della verità e che «la menzogna sono gli altri»… sta già errando. Il nostro dialogo deve lottare contro le tentazioni dogmatiche avvalendosi di un dialogo profondo, critico e sempre rispettoso. Un dialogo la cui serietà ci impone umiltà.

Bisogna altresì tuffarsi nella Storia e iniziare un dialogo sulle civiltà. La paura del presente a volte ci fa interpretare il passato con una prospettiva falsato: il Papa aveva sorprendentemente affermato che le radici dell’Europa erano greche e cristiane quasi a voler scongiurare la minaccia attuale della presenza musulmana in Europa. Come ho detto dopo la sua conferenza a Ratisbona, le sue parole sono riduttive e bisogna ritornare ai fatti del passato così come alla storia delle idee.

Ci si rende conto allora che questa contrapposizione tra islam e occidente è una pura proiezione, quasi uno strumento ideologico, destinato a creare delle entità che mettiamo in opposizione o che invitiamo a dialogare. Eppure vi è molto islam in occidente e molto occidente nell’Islam ed è importante che si apra una riflessione interna e critica: occidente ed Europa devono aprire un dibattito dall’interno come devono farlo l’islam e i musulmani in modo da riconciliarsi con la diversità e la pluralità del loro rispettivo passato.

Questo dovere di memoria è imperativo per la coscienza collettiva che vuole evitare le polarizzazioni emotive e vuole considerare come si deve la pluralità intellettuale e filosofica che la costituisce. Ci si rende conto allora che il dibattito sulla ragione e la fede e la verità della razionalità, ha attraversato le civiltà e non è una specificità greca o cristiana o ancora una prerogativa dei Lumière. I propositi del Papa a Ratisbona hanno quindi aperto dei cantieri che bisogna esplorare e sfruttare positivamente in modo da costruire dei ponti e impegnarci tutti insieme nel contributo comune alle questioni sociali, culturali ed economiche dei nostri tempi.

È con questo spirito che parteciperò a tali dibattiti i prossimi 4, 5 e 6 novembre a Roma e all’incontro con il Papa previsto per il 6. Si tratta di affrontare le nostre rispettive e condivise responsabilità e di impegnarci insieme per rendere il nostro universo più giusto nel rispetto delle credenze e delle libertà. Bisognerà dunque anche parlare della libertà di coscienza, dei luoghi di preghiera e dell’“argomento della reciprocità”: tutte le questioni devono essere abbordate in un’atmosfera di fiducia e rispetto.

Tuttavia è importante che ognuno si sieda attorno al tavolo con umiltà, che consiste nel non pensare che soltanto egli sia il depositario della verità: il rispetto che impone l’ascolto dell’altro e di riconoscere la propria differenza e infine la coerenza che richiama ognuno di noi ad avere spirito critico riconoscendo le contraddizioni che possono esistere tra gli ideali dei messaggi e la messa in pratica dei fedeli.
Umiltà, rispetto e preoccuparsi della coerenza sono le condizioni per il successo.


Ed ecco l’intervista a padre Samir.                       torna su

«Non sono d’accordo con Tariq Ramadan quando dice che l’affermazione del Papa secondo la quale le radici dell’Europa sono greche e cristiane viaggia su una prospettiva falsata. Secondo Ramadan sono parole riduttive. Io credo che abbia ragione il Papa. Se si parla di radici, per l’Europa sono cristiane e greche. Non islamiche. Greche nel senso di pre-cristiane (Platone e Aristotele), di un sapere razionale. Anche nel mondo arabo il nostro Rinascimento (IX e X secolo), si verificò soltanto quando iniziò un movimento intellettuale tra musulmani e cristiani basato sulla ragione. Comunque, secondo me, le radici europee sono cristiane e pre-cristiane, e in questo senso greche; il che non significa che non ci sono stati “influssi” musulmani sull’occidente a partire dal XII secolo, ma non sono “radici”».

Così il gesuita Samir Khalil Samir, egiziano di origine, nato al Cairo nel 1938, tra i massimi esperti di islam e di mondo arabo. Oggi insegna all’Université Saint Joseph di Beirut e al pontificio Istituto Orientale. Dal Libano offre il proprio punto di vista intorno all’articolo di Tariq Ramadan uscito ieri sul Riformista e nel quale l’intellettuale musulmano, spiegando cosa andrà a dire al Papa il 6 novembre al termine del primo incontro del Forum islamo-cristiano, mette i propri paletti sul dialogo tra islam e occidente.

È sempre intorno all’Europa e all’occidente che Samir non condivide Ramadan: «Ramadan dice che “vi è molto islam in occidente e molto occidente nell’islam”. E che è importante “si apra una riflessione interna e critica: occidente ed Europa devono aprire un dibattito dall’interno come devono farlo l’islam e i musulmani”. Dicendo così Ramadan identifica L’Europa e l’occidente con il cristianesimo, riconoscendone implicitamente le radici cristiane. Ma, secondo me, è anche riduttivo identificare oggi l’Europa con il cristianesimo. Perché l’Europa non è necessariamente cristiana: lo sono le sue radici».

Infine la questione della verità. «Per Ramadan si deve avere l’umiltà di non pensare di essere i soli depositari della verità e che gli altri siano menzogneri. Vorrei ricordare che la Chiesa cattolica ritiene di essere depositaria della verità, ma non riconosce gli altri come menzogneri. Anzi, sostiene che ovunque vi siano dei semi di verità. Ritenere gli altri menzogneri è un atteggiamento fondamentalista».


Attenti all´islam modello Ramadan (1)                   torna su
di Olivier Clément

La questione delle liceali velate in Francia e la polemica del crocifisso in un'aula scolastica italiana sono, malgrado le apparenze, strettamente collegate e pongono il problema del comportamento dei musulmani in questi due paesi. [...]

Occorre sottolineare subito che i due casi, il francese e l´italiano, sono provocazioni lanciate da intellettuali o pseudo-intellettuali convertitisi di recente all'islam. [...] Sono dunque delle eccezioni, ma provocate appositamente e senza dubbio rivelatrici.

In Francia, le due sorelle rifiutate dal loro liceo non solo a causa del velo ma più in generale per lo stile dei loro vestiti e per il loro comportamento sono figlie di un avvocato agnostico di origine ebraica, di nome Lévy. È stato lui ad incoraggiarle, per dimostrare l'intolleranza della nostra società.

In Italia, il padre dei due bambini che si è dichiarato scandalizzato dal crocifisso appeso sui muri della loro scuola si chiama Adel Smith e si è convertito all'islam nel 1982. [...]

Mi sembra che queste provocazioni isolate siano chiare testimonianze di un nuovo corso all'interno delle motivazioni ideologiche delle comunità musulmane. Certo, sono sempre esistite e resistono tuttora, in Francia, correnti fondamentaliste di odio e rifiuto totale della cultura occidentale. Ma queste istanze d'altri tempi non sono mai state capaci di annientare e nemmeno di utilizzare le strutture giuridiche e mentali della nostra società.

La nuova ideologia è ora ben definita. Il suo portavoce, perlomeno in Francia e in tutta l'Europa occidentale, si chiama Tariq Ramadan. Ramadan non si nasconde né tesse complotti. Pur affermando la sua fede musulmana, si presenta come un grande intellettuale occidentale. Giovane, bello, parla con maestria e chiarezza la lingua dell'intellighenzia dell'Europa occidentale, è docente di filosofia, di letteratura francese e d´islamologia presso l´università di Ginevra. Allo stesso tempo impegnato in contesti associativi musulmani, come quello dei "Giovani musulmani di Francia", si è assicurato un ruolo di esperto nell´ambito delle commissioni che ruotano attorno al parlamento europeo. La sua presenza mediatica non cessa di crescere. È autore di una quindicina di opere tra cui "Les musulmans dans la laïcité", "Aux sources du renouveau musulman", "Les musulmans d´occident et l´avenir de l´islam". È regolarmente invitato a partecipare a trasmissioni televisive o radiofoniche. Fa circolare tra i giovani musulmani brevi testi redatti in francese o in arabo.

Propone un islam "riformista" e "totalizzante". Il suo scopo sembra essere quello di far emergere un corpo di valori a partire dalla sorgente islamica, un corpus dalla vocazione universale che prenderà il posto dei valori della civiltà occidentale. Ciò che conta per lui è arrivare ad affermare l'identità musulmana e a presentarla come la fonte della vera universalità.

Partendo dalla constatazione che il fulcro dei movimenti storici è costituito ai giorni nostri dall'insieme Europa-America del Nord, con i paesi musulmani relegati alla periferia, Ramadan nota come oggi però siano numerosi i musulmani, soprattutto gli intellettuali, che sono entrati a far parte di questo centro. Li invita dunque a rimodellarlo e, a poco a poco, a islamizzarlo: "Il riferimento all'ebraismo e al cristianesimo si sta diluendo, se non sta addirittura del tutto scomparendo" ("Les musulmans d´occident e l´avenir de l´islam", Actes Sud-Sinbad, 2003). "Solo l'islam può compiere la sintesi tra cristianesimo e umanesimo, e colmare il vuoto spirituale che colpirà l'occidente" ("Islam, le face à face des civilisations", Tawhid, 2001).

Ancora: "Il Corano conferma, completa e rettifica i messaggi che l´hanno preceduto" ("Les messages musulmans d´occident"). Alcune personalità cristiane la cui opera benefica non può essere misconosciuta - Madre Teresa, suor Emanuelle, l'Abbé Pierre, dom Helder Camara - sono eccezioni che mostrano solamente che tutti gli uomini perbene sono implicitamente musulmani, poiché il vero umanesimo ha fondamento nella rivelazione coranica. Così, sia direttamente sia attraverso la mediazione di questo umanesimo, la "Città musulmana" potrà instaurarsi sulla terra. "Oggi i musulmani che vivono in occidente devono unirsi alla rivolta degli ´altromondisti´ dal momento in cui, per l´islam, il sistema capitalista neoliberale è un universo di guerra [...]. La rivelazione coranica è esplicita: chi si occupa di speculazione o cura gli interessi finanziari entra in guerra contro il trascendente" ("Pouvoirs", 2003, n. 164).

Tariq Ramadan poi insiste - giustamente - sulla ricchezza intellettuale forse troppo a lungo ignorata dei grandi pensatori musulmani come Al-Kindi, Al-Farabi, Avicenna, Averroè, ma si dimentica di situarli in rapporto al pensiero greco, ebraico e cristiano, e ce li presenta come la vera origine dell´umanesimo.

Jacques Jomier ha riassunto in modo efficace lo scopo che anima Tariq Ramadan: "Il suo problema non è modernizzare l'islam, ma islamizzare la modernità" ("Esprit et Vie", 17 febbraio 2000). Non ci si deve dimenticare che Ramadan è nipote di Hassan Al-Banna, il fondatore in Egitto del movimento islamista dei Fratelli Musulmani, un uomo che egli considera un eminente rappresentante dell´islam "riformista", capace di suscitare all´interno della modernità una cultura alternativa endogena" ("Peut-on vivre avec l´islam?", Favre, 1990).

A suo avviso occorre evitare ogni forma di contrasto: intorno al 1995 Ramadan esaltava l'esperienza del Sudan di Hassan Al-Turabi. Oggi non è più così, (ma suo fratello Hani, che finanzia la casa editrice Tawhid, non ha queste riserve, che riguardano in particolare i processi e le sentenze contro le donne adultere in Nigeria). Tariq Ramadan preferisce appellarsi alla libertà di coscienza guidata dal giudizio che dona la rivelazione coranica. "Alcuni studiosi musulmani, con argomentazioni prese dal Corano e dalla Sunna, hanno proibito la musica e perfino il disegno e la fotografia (e dunque la televisione e il cinema). È un´opinione tra le tante, e come tale deve essere rispettata [...]. Ma altri, tra cui noi, dovrebbero determinare un approccio selettivo in questo campo, così come in altri" ("Les musulmans d´occident e l´avenir de l´islam"). Lo stesso si può dire riguardo alla questione del velo: bisogna lasciare alla donna la libera scelta, ma mostrandole il vero significato di essa.

Che fare di fronte a questa nuova situazione? [...] In Francia, dove la comunità musulmana è molto numerosa e dove le polemiche imperversano a destra come a sinistra, il parlamento è vicino a votare una legge che impedirà l'affissione di segni religiosi nelle aule scolastiche. Questa prospettiva inquieta i cattolici, secondo i quali una legge di questo tipo apparirebbe ai musulmani come una forma di stigmatizzazione e rifiuto da parte della comunità nazionale. [...] Ma pare che gli islamici più intelligenti stiano segretamente aspettando proprio una legge che favorisca questa esclusione, che sarebbe la prova palese dell'innata islamofobia della società francese. [...] Il pensiero di Tariq Ramadan regala alle provocazioni attuali una portata inattesa. Da parte nostra, siamo chiamati a un cristianesimo più profondo e più lucido, capace al tempo stesso di accogliere e di illuminare ogni cosa.

Nota 1. Su Hassan Al-Turabi

Olivier Clément cita, tra i pensatori musulmani apprezzati negli anni Novanta da Tariq Ramadan, il sudanese Hassan Al-Turabi.

Anche Al-Turabi è stato in gioventù vicino ai Fratelli Musulmani. Ha studiato filosofia in Europa, alla Sorbona di Parigi. Sa parlare un linguaggio molto famigliare alla cultura europea. Vede nell´occidente una società post-cristiana, e nell´islam un inveramento del cristianesimo. Si dice fautore del dialogo tra le religioni.

Ma Al-Turabi per tutti gli anni Novanta è stato molto più che un intellettuale. In Sudan è stato l´eminenza grigia dei militari al potere. Ha tentato di creare un nuovo stato islamico che fosse modello per l´intero mondo musulmano. Ha ospitato Osama Bin Laden ed è stato mentore dello stratega di Al-Qaeda, l´egiziano Ayman Al-Zawahiri. Fino al 2000 e alla sua caduta in disgrazia presso il regime militare è stato l´ideologo islamista più presente sulla tv Al-Jazeera.

Nel 1994 ottenne d´essere ricevuto in udienza privata da un ignaro Giovanni Paolo II, in Vaticano.

Nota 2. Su Giacomo Biffi

Il proposito di una islamizzazione dell´Europa attribuito da Olivier Clément a Tariq Ramadan ha molto in comune con l´allarme lanciato dal cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, in conclusione di una sua celebre - e contestata - conferenza del 30 settembre 2000. Eccone i tre paragrafi finali:

"In un'intervista di una decina d'anni fa, mi è stato chiesto con molto candore e con invidiabile ottimismo: ´Ritiene anche lei che l'Europa o sarà cristiana o non sarà?´. Mi pare che la mia risposta di allora possa ben servire alla conclusione del mio intervento di oggi.
"Io penso - dicevo - che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ´cultura del niente´, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa ´cultura del niente´ (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'islam, che non mancherà. Solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa risurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto.
"Purtroppo né i laici né i cattolici pare si siano finora resi conto del dramma che si sta profilando. I laici, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l'ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi. I cattolici, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta e sostituendo all'ansia apostolica il puro e semplice dialogo a ogni costo, inconsciamente preparano (umanamente parlando) la propria estinzione. La speranza è che la gravità della situazione possa a un certo momento portare a un efficace risveglio sia della ragione sia dell'antica fede".

(1) Note di InternEtica.

  1. Per Grazia di Dio il Papa è uscito dall'ambiguità di passate affermazioni ecclesiali sul mito dell’unico Dio dei tre Credo monoteisti, cristiano/ebreo/mussulmano, che poi tanto unico non è. Basta ricordare che l'ebraismo attuale è quello talmudico nato dopo la distruzione di Gerusalemme che ha rifiutato Cristo, mentre l'Islam nasce da correnti cristiano eretiche (nestoriani), elementi ebraici, conditi con vangeli gnostici e detti degli uomini del deserto e anch'esso rifiuta la Divinità di Cristo e il Mistero della SS Trinità, che è Dio personale in relazione vitale con l'uomo. Come ha ripetuto Benedetto XVI agli Ebrei la settimana scorsa, il dialogo comincia con il riconoscimento delle diversità e il rispetto reciproco, e non dai preconcetti e dalle voglie ireniche di un sincretismo del tutto fa brodo (da Chiesa universale di conio massonico, aggiungiamo noi)
  2. Tariq Ramadan è il nipote del fondatore dei Fratelli musulmani ed è molto legato ad essi. Pensiamo sia inutile dire chi sono i Fratelli musulmani. È uomo abilissimo ad adattare i suoi discorsi al pubblico a cui si rivolge. È stato capace di affermare con grande apparente sincerità una cosa e dire esattamente il contrario, il giorno dopo, davanti ad un pubblico differente. È stato per esempio impossibile al giornalista della televisione svizzera strappare a Ramadan una condanna chiara della lapidazione delle donne prevista dalla sharia. Escluso dall`università di Ginevra e non accettato da altre in seguito, riesce comunque ad avere un pubblico che lo ascolta e una certa influenza, grazie al suo innegabile talento di comunicatore, Ramadan è “un beau parleur”. Sì Tariq Ramadan è un abile comunicatore, che non ispira alcuna fiducia.


v. anche:
Un buon inizio in amicizia, Samir K. Samir, 7 novembre 2008

Il Vaticano si prepara all'incontro, 12 febbraio 2008
138 Musulmani scrivono al Papa
Testo integrale della lettera in formato .pdf
La reazione della Chiesa
Commento Pontificio Istituto Studi Arabi
Cautela di Benedetto XVI
Commento di Samir K. Samir 9 gennaio 2008
Commento di Samir K. Samir 12 ottobre 2007

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