Questo incontro fra
esperti musulmani e cattolici a novembre è un inizio ed è positivo
per il solo fatto che si tiene: il dialogo è meglio
dell’indifferenza e del silenzio reciproco. In questi anni vi è
stata pure un’importante evoluzione. All’inizio le lettere dei saggi
domandavano solo un dialogo diciamo così, teologico. Ma questo
rischiava di essere infruttuoso. È stato desiderio del santo Padre e
del card. Tauran l’aver sottolineato che il dialogo doveva avere
delle sottolineature legate ai problemi della vita quotidiana e ai
diritti della coscienza. Su questo è anche d’accordo Tariq Ramadan,
uno degli invitati di parte musulmana.
Cristiani e Islam bloccati dal
fondamentalismo
Il rapporto fra cristiani e musulmani
ha avuto una storia travagliata. Negli anni ’60, dopo il Concilio
Vaticano II, vi è stato un forte slancio da parte cattolica. Anche
da parte musulmano vi è stata un’apertura sincera e numerosa. Poi
sono successe due cose:
a) col tempo il dialogo si consuma se
non è sostenuto da una struttura permanente. Il dialogo con gli
ortodossi e altre confessioni cristiane è regolare: ci si ritrova
ogni anno, vi sono commissioni miste… Con l’islam invece è dipeso
dalle circostanze: talvolta vi sono stati capi che lo desideravano,
altre volte responsabili che non lo sostenevano…
b) Il secondo motivo è che negli anni
’70 è cominciata l’ondata del movimento fondamentalista, del quale
il mondo islamico soffre per primo. Questa avanzata ha frenato tutto
perché la sua linea è quella del rifiuto dell’altro[1].
La posizione dei salafiti è in opposizione in molti punti con la
modernità e l’occidente che ne è la fonte; questo ha portato a un
rallentamento del dialogo.
Vale la pena sottolineare che questa
ripresa è partita proprio dal
discorso di Regensburg. E questo è
riconosciuto anche da alcuni esperti islamici[2].
Il discorso del papa è stato l’inizio di un nuovo movimento di
ripensamento. Se esso ha provocato una risposta positiva è perché
egli ha parlato con verità e senza odio. Questo conferma che se nel
dialogo non c’è verità, non vi è frutto.
Le piste per il futuro
Una cinquantina di membri
parteciperanno al Forum, a parità, anche se i nomi non sono stati
pubblicati. Ma fin da ora si può tracciare alcune prospettive per
aprire a una collaborazione. Io penso che possiamo fare tanti passi
avanti. Si deve però affrontare con pacatezza e con sincerità le
decine di punti di incomprensione e di frizione.
Se si parla dei dogmi, dobbiamo
arrivare a chiarire la posizione cristiana di fronte all’Islam, al
Corano e alla persona di Maometto, cercando di capire la loro
posizione e dicendo loro che cosa noi crediamo e perché. Da parte
musulmana è importante che si chiariscano cosa significa la nostra
fede nella Trinità, nell’incarnazione del Verbo, l’unicità di Dio,
ecc.. per non lanciarci accuse false. Se invece vi sono accuse vere,
dobbiamo cambiare.
In occidente vi sono polemiche
sull’apertura di scuole islamiche o di moschee. Ma questo non è un
problema che riguarda il dialogo islamo-cristiano. Le proibizioni o
i divieti vengono dallo Stato laico e non hanno motivazioni di
difesa del mondo cattolico. Il problema qui è mettersi d’accordo
davvero su cosa sia un luogo di culto, da non confondersi con un
luogo di guerriglia e di lotta. Lo Stato deve precisare quali devono
essere le caratteristiche di tali luoghi e se qualcuno deroga da
queste regole, deve avere l’autorità di togliergli tale diritto.
Lo stesso vale per le scuole. In
Francia, ad esempio, vi sono delle regole che lo Stato chiede per
riconoscere qualunque scuola, anche quella islamica. Occorre ormai
giungere a precisare delle norme. Finora non se n’è sentito il
bisogno perché vi era un sottofondo comune ovvio. Ma ora, con la
nostra società pluralista e globalizzata, queste norme occorre
farle. Ad esempio lo Stato deve precisare se nel proprio territorio
è il governo che regala il terreno per costruire il luogo di culto o
no; se è lecito o no pregare per strada…
Non so quanto questo dialogo potrà
essere fruttuoso: il numero considerevole di partecipanti (in tutto
più di 50) rischia di non far procedere le discussioni in modo
profondo e fruttuoso.
La libertà religiosa
Entrambe le religioni poi pretendono
di portare un messaggio di verità e sono chiamate a proclamarlo e
diffonderlo nella missione. Ma per fare questo occorre puntualizzare
le modalità. Utilizzare mezzi indegni della religione o illeciti va
escluso. I musulmani, ad esempio, accusano i cristiani di fare
proselitismo facendo “favori” ai poveri e chiedendo in cambio la
conversione. Ma anche permettere ad una religione di diffondersi,
frenando lo sviluppo dell’altra è ingiusto. Tutto questo è da
condannare. Anche l’idea che si promuove nel mondo musulmano, “la
verità ha tutti i diritti, la menzogna non ha nessuno diritto”, è
ingiusta In base a questo si esclude di fatto la possibilità per le
religioni non islamiche di potersi diffondere[3].
A questo è legato il disprezzo verso gli apostati – come quando è
avvenuto il battesimo di Magdi Cristiano Allam [vedi
sua Lettera Aperta al Papa] – che vengono visti
come dei traditori, invece che cercatori della verità. Anche avere
delle scuole è importante per entrambe le religioni e quindi questo
diritto va difeso e non va denigrato come proselitismo.
Conclusione
La mia impressione è comunque che
questo dialogo può essere fruttuoso se rispetta 3 dimensioni:
1) occorre che esso inizi e continui
anche per anni.
2) Che alla fine siano stilati
documenti comuni concreti, che siano poi diffusi il più possibile;
3) Che si dia la massima autorità a
tali documenti. Da parte cattolica è facile: basta che il cardinale
o un’alta autorità li firmi. Da parte musulmana deve esserci un
accordo fra le personalità religiose e i politici islamici. Le leggi
che limitano la libertà religiosa sono fatti dai governi islamici,
non dai saggi musulmani. Ognuno che partecipa a questi dialoghi,
tornando al suo Paese, deve interessare il suo governo e altre
associazioni musulmane. Più ancora le decisioni che dipendono dagli
Stati dovrebbero essere votati dall’ “Organizzazione della
Conferenza Islamica” (OCI). Se non succede questo, diviene
scoraggiante. L’autorità del documento è un fatto importante.
Ma la prima e più urgente necessità è
quella della libertà religiosa: il diritto di ogni religione a
proclamare e diffonderla con mezzi legittimi e leciti e non con
quelli illeciti, che devono essere elencati. Questo è un principio
spirituale – perché tocca la dignità dell’uomo – e anche un
principio teologico, perché tocca il principio dell’uomo creato a
immagine di Dio, libero e perciò libero anche di fare degli errori.
Mi auguro che da questo incontro venga prestissimo un documento
comune sulla libertà religiosa.
-------------------------------------
[1]
Da questo punto di vista vale la pena precisare che mettersi in
dialogo non significa “mettere da parte le proprie credenze”. Noi
cattolici, anche se crediamo che la Chiesa cattolica porta la
verità, crediamo pure che vi sono semi del Verbo, della verità anche
in altre posizioni.
[2]
Vedi Tarik Ramadan: “Dopo aver provocato un’ondata di shock, le
parole di Papa Benedetto XVI pronunciate a Ratisbona due anni fa
avranno avuto senza dubbio conseguenze più positive che negative nel
lungo termine. Aldilà della polemica, questa conferenza ha provocato
una presa di coscienza generale sulla natura delle rispettive
responsabilità sia dei cristiani che dei musulmani in occidente”.
Cfr Il Riformista, 31 ottobre 2008).
[3]
Tutti i giorni nel mondo musulmano vediamo proclamata la fede
musulmana (per radio, televisione, sui giornali, con i megafoni
della moschea), mentre un cristiano non può nemmeno portare una
croce visibile perché è vietata “la diffusione della menzogna”.
Articolo di Tariq Ramadan su "Il
Riformista"
torna
su
Dopo aver provocato un’ondata di shock, le parole di Papa
Benedetto XVI pronunciate a Ratisbona due anni fa avranno avuto
senza dubbio conseguenze più positive che negative nel lungo
termine. Aldilà della polemica, questa conferenza ha provocato una
presa di coscienza generale sulla natura delle rispettive
responsabilità sia dei cristiani che dei musulmani in occidente.
Poco importa se si tratta di un gesto maldestro o di una presa di
posizione di principio da parte del più alto rappresentante della
Chiesa cattolica; ciò che conta ormai è determinare i settori nei
quali è necessario un dibattito di fondo tra cattolicesimo e islam.
I riferimenti alla jihad e alla violenza dell’islam nel discorso del
Papa hanno scioccato i musulmani, sebbene si trattasse di una
citazione dell’imperatore bizantino Manuele II il Paleologo.
Riteniamo dunque sia necessario aprire un dibattito sui fondamenti
teologici rispettivi e il substrato comune delle due religioni.
L’appello degli eruditi musulmani attraverso il mondo intorno alla
“Parola comune” andava esattamente in questa direzione: le nostre
tradizioni hanno la stessa origine, uno stesso unico Dio, che ci
chiama a rispettare la dignità e le libertà umane.
Rimettono in questione allo stesso modo le finalità dell’agire umano
ed esigono che noi rispettiamo un’etica. In un mondo che sta
attraversando una crisi economica mondiale senza precedenti, in cui
la politica, la finanza, il rapporto verso l’uomo e l’ambiente
mancano in maniera crudele di coscienza e di etica, è impellente che
il dialogo cristiano-musulmano si interessi ai fondamenti teologici
ed alle questioni dei valori e dei fini.
Non si tratta di creare una nuova alleanza tra religioni contro
l’ordine “secolarizzato” o “immorale”, ma piuttosto di contribuire
in maniera costruttiva ai dibattiti in modo che le logiche
economiche o di guerra non distruggano ciò che resta di umanità
negli esseri umani. Il nostro dialogo costruttivo riguardo ai valori
e le finalità comuni è molto più importante e imperativo delle
nostre rivalità sul numero di fedeli, il proselitismo e la
competizione sterile sul possesso esclusivo della Verità.
Gli spiriti dogmatici che in entrambe le religioni, si accaparrano
la verità lavorano a conti fatti contro gli interessi delle loro
rispettive religioni. Chiunque affermi di essere l’unico depositario
della verità e che «la menzogna sono gli altri»… sta già errando. Il
nostro dialogo deve lottare contro le tentazioni dogmatiche
avvalendosi di un dialogo profondo, critico e sempre rispettoso. Un
dialogo la cui serietà ci impone umiltà.
Bisogna altresì tuffarsi nella Storia e iniziare un dialogo sulle
civiltà. La paura del presente a volte ci fa interpretare il passato
con una prospettiva falsato: il Papa aveva sorprendentemente
affermato che le radici dell’Europa erano greche e cristiane quasi a
voler scongiurare la minaccia attuale della presenza musulmana in
Europa. Come ho detto dopo la sua conferenza a Ratisbona, le sue
parole sono riduttive e bisogna ritornare ai fatti del passato così
come alla storia delle idee.
Ci si rende conto allora che questa contrapposizione tra islam e
occidente è una pura proiezione, quasi uno strumento ideologico,
destinato a creare delle entità che mettiamo in opposizione o che
invitiamo a dialogare. Eppure vi è molto islam in occidente e molto
occidente nell’Islam ed è importante che si apra una riflessione
interna e critica: occidente ed Europa devono aprire un dibattito
dall’interno come devono farlo l’islam e i musulmani in modo da
riconciliarsi con la diversità e la pluralità del loro rispettivo
passato.
Questo dovere di memoria è imperativo per la coscienza collettiva
che vuole evitare le polarizzazioni emotive e vuole considerare come
si deve la pluralità intellettuale e filosofica che la costituisce.
Ci si rende conto allora che il dibattito sulla ragione e la fede e
la verità della razionalità, ha attraversato le civiltà e non è una
specificità greca o cristiana o ancora una prerogativa dei Lumière.
I propositi del Papa a Ratisbona hanno quindi aperto dei cantieri
che bisogna esplorare e sfruttare positivamente in modo da costruire
dei ponti e impegnarci tutti insieme nel contributo comune alle
questioni sociali, culturali ed economiche dei nostri tempi.
È con questo spirito che parteciperò a tali dibattiti i prossimi 4,
5 e 6 novembre a Roma e all’incontro con il Papa previsto per il 6.
Si tratta di affrontare le nostre rispettive e condivise
responsabilità e di impegnarci insieme per rendere il nostro
universo più giusto nel rispetto delle credenze e delle libertà.
Bisognerà dunque anche parlare della libertà di coscienza, dei
luoghi di preghiera e dell’“argomento della reciprocità”: tutte le
questioni devono essere abbordate in un’atmosfera di fiducia e
rispetto.
Tuttavia è importante che ognuno si sieda attorno al tavolo con
umiltà, che consiste nel non pensare che soltanto egli sia il
depositario della verità: il rispetto che impone l’ascolto
dell’altro e di riconoscere la propria differenza e infine la
coerenza che richiama ognuno di noi ad avere spirito critico
riconoscendo le contraddizioni che possono esistere tra gli ideali
dei messaggi e la messa in pratica dei fedeli.
Umiltà, rispetto e preoccuparsi della coerenza sono le condizioni
per il successo.
Ed ecco l’intervista a padre Samir.
torna su
«Non sono d’accordo con Tariq Ramadan quando dice che l’affermazione
del Papa secondo la quale le radici dell’Europa sono greche e
cristiane viaggia su una prospettiva falsata. Secondo Ramadan sono
parole riduttive. Io credo che abbia ragione il Papa. Se si parla di
radici, per l’Europa sono cristiane e greche. Non islamiche. Greche
nel senso di pre-cristiane (Platone e Aristotele), di un sapere
razionale. Anche nel mondo arabo il nostro Rinascimento (IX e X
secolo), si verificò soltanto quando iniziò un movimento
intellettuale tra musulmani e cristiani basato sulla ragione.
Comunque, secondo me, le radici europee sono cristiane e
pre-cristiane, e in questo senso greche; il che non significa che
non ci sono stati “influssi” musulmani sull’occidente a partire dal
XII secolo, ma non sono “radici”».
Così il gesuita Samir Khalil Samir, egiziano di origine, nato al
Cairo nel 1938, tra i massimi esperti di islam e di mondo arabo.
Oggi insegna all’Université Saint Joseph di Beirut e al pontificio
Istituto Orientale. Dal Libano offre il proprio punto di vista
intorno all’articolo di Tariq Ramadan uscito ieri sul Riformista e
nel quale l’intellettuale musulmano, spiegando cosa andrà a dire al
Papa il 6 novembre al termine del primo incontro del Forum
islamo-cristiano, mette i propri paletti sul dialogo tra islam e
occidente.
È sempre intorno all’Europa e all’occidente che Samir non condivide
Ramadan: «Ramadan dice che “vi è molto islam in occidente e molto
occidente nell’islam”. E che è importante “si apra una riflessione
interna e critica: occidente ed Europa devono aprire un dibattito
dall’interno come devono farlo l’islam e i musulmani”. Dicendo così
Ramadan identifica L’Europa e l’occidente con il cristianesimo,
riconoscendone implicitamente le radici cristiane. Ma, secondo me, è
anche riduttivo identificare oggi l’Europa con il cristianesimo.
Perché l’Europa non è necessariamente cristiana: lo sono le sue
radici».
Infine la questione della verità. «Per Ramadan si deve avere
l’umiltà di non pensare di essere i soli depositari della verità e
che gli altri siano menzogneri. Vorrei ricordare che la Chiesa
cattolica ritiene di essere depositaria della verità, ma non
riconosce gli altri come menzogneri. Anzi, sostiene che ovunque vi
siano dei semi di verità. Ritenere gli altri menzogneri è un
atteggiamento fondamentalista».
Attenti all´islam modello Ramadan
(1)
torna su
di Olivier Clément
La questione delle liceali velate in Francia e la polemica del
crocifisso in un'aula scolastica italiana sono, malgrado le
apparenze, strettamente collegate e pongono il problema del
comportamento dei musulmani in questi due paesi. [...]
Occorre sottolineare subito che i due casi, il francese e
l´italiano, sono provocazioni lanciate da intellettuali o
pseudo-intellettuali convertitisi di recente all'islam. [...] Sono
dunque delle eccezioni, ma provocate appositamente e senza dubbio
rivelatrici.
In Francia, le due sorelle rifiutate dal loro liceo non solo a causa
del velo ma più in generale per lo stile dei loro vestiti e per il
loro comportamento sono figlie di un avvocato agnostico di origine
ebraica, di nome Lévy. È stato lui ad incoraggiarle, per dimostrare
l'intolleranza della nostra società.
In Italia, il padre dei due bambini che si è dichiarato
scandalizzato dal crocifisso appeso sui muri della loro scuola si
chiama Adel Smith e si è convertito all'islam nel 1982. [...]
Mi sembra che queste provocazioni isolate siano chiare testimonianze
di un nuovo corso all'interno delle motivazioni ideologiche delle
comunità musulmane. Certo, sono sempre esistite e resistono tuttora,
in Francia, correnti fondamentaliste di odio e rifiuto totale della
cultura occidentale. Ma queste istanze d'altri tempi non sono mai
state capaci di annientare e nemmeno di utilizzare le strutture
giuridiche e mentali della nostra società.
La nuova ideologia è ora ben definita. Il suo portavoce, perlomeno
in Francia e in tutta l'Europa occidentale, si chiama Tariq Ramadan.
Ramadan non si nasconde né tesse complotti. Pur affermando la sua
fede musulmana, si presenta come un grande intellettuale
occidentale. Giovane, bello, parla con maestria e chiarezza la
lingua dell'intellighenzia dell'Europa occidentale, è docente di
filosofia, di letteratura francese e d´islamologia presso
l´università di Ginevra. Allo stesso tempo impegnato in contesti
associativi musulmani, come quello dei "Giovani musulmani di
Francia", si è assicurato un ruolo di esperto nell´ambito delle
commissioni che ruotano attorno al parlamento europeo. La sua
presenza mediatica non cessa di crescere. È autore di una quindicina
di opere tra cui "Les musulmans dans la laïcité", "Aux sources du
renouveau musulman", "Les musulmans d´occident et l´avenir de
l´islam". È regolarmente invitato a partecipare a trasmissioni
televisive o radiofoniche. Fa circolare tra i giovani musulmani
brevi testi redatti in francese o in arabo.
Propone un islam "riformista" e "totalizzante". Il suo scopo sembra
essere quello di far emergere un corpo di valori a partire dalla
sorgente islamica, un corpus dalla vocazione universale che prenderà
il posto dei valori della civiltà occidentale. Ciò che conta per lui
è arrivare ad affermare l'identità musulmana e a presentarla come la
fonte della vera universalità.
Partendo dalla constatazione che il fulcro dei movimenti storici è
costituito ai giorni nostri dall'insieme Europa-America del Nord,
con i paesi musulmani relegati alla periferia, Ramadan nota come
oggi però siano numerosi i musulmani, soprattutto gli intellettuali,
che sono entrati a far parte di questo centro. Li invita dunque a
rimodellarlo e, a poco a poco, a islamizzarlo: "Il riferimento
all'ebraismo e al cristianesimo si sta diluendo, se non sta
addirittura del tutto scomparendo" ("Les musulmans d´occident e l´avenir
de l´islam", Actes Sud-Sinbad, 2003). "Solo l'islam può compiere la
sintesi tra cristianesimo e umanesimo, e colmare il vuoto spirituale
che colpirà l'occidente" ("Islam, le face à face des civilisations",
Tawhid, 2001).
Ancora: "Il Corano conferma, completa e rettifica i messaggi che
l´hanno preceduto" ("Les messages musulmans d´occident"). Alcune
personalità cristiane la cui opera benefica non può essere
misconosciuta - Madre Teresa, suor Emanuelle, l'Abbé Pierre, dom
Helder Camara - sono eccezioni che mostrano solamente che tutti gli
uomini perbene sono implicitamente musulmani, poiché il vero
umanesimo ha fondamento nella rivelazione coranica. Così, sia
direttamente sia attraverso la mediazione di questo umanesimo, la
"Città musulmana" potrà instaurarsi sulla terra. "Oggi i musulmani
che vivono in occidente devono unirsi alla rivolta degli ´altromondisti´
dal momento in cui, per l´islam, il sistema capitalista neoliberale
è un universo di guerra [...]. La rivelazione coranica è esplicita:
chi si occupa di speculazione o cura gli interessi finanziari entra
in guerra contro il trascendente" ("Pouvoirs", 2003, n. 164).
Tariq Ramadan poi insiste - giustamente - sulla ricchezza
intellettuale forse troppo a lungo ignorata dei grandi pensatori
musulmani come Al-Kindi, Al-Farabi, Avicenna, Averroè, ma si
dimentica di situarli in rapporto al pensiero greco, ebraico e
cristiano, e ce li presenta come la vera origine dell´umanesimo.
Jacques Jomier ha riassunto in modo efficace lo scopo che anima
Tariq Ramadan: "Il suo problema non è modernizzare l'islam, ma
islamizzare la modernità" ("Esprit et Vie", 17 febbraio 2000). Non
ci si deve dimenticare che Ramadan è nipote di Hassan Al-Banna, il
fondatore in Egitto del movimento islamista dei Fratelli Musulmani,
un uomo che egli considera un eminente rappresentante dell´islam
"riformista", capace di suscitare all´interno della modernità una
cultura alternativa endogena" ("Peut-on vivre avec l´islam?", Favre,
1990).
A suo avviso occorre evitare ogni forma di contrasto: intorno al
1995 Ramadan esaltava l'esperienza del Sudan di Hassan Al-Turabi.
Oggi non è più così, (ma suo fratello Hani, che finanzia la casa
editrice Tawhid, non ha queste riserve, che riguardano in
particolare i processi e le sentenze contro le donne adultere in
Nigeria). Tariq Ramadan preferisce appellarsi alla libertà di
coscienza guidata dal giudizio che dona la rivelazione coranica.
"Alcuni studiosi musulmani, con argomentazioni prese dal Corano e
dalla Sunna, hanno proibito la musica e perfino il disegno e la
fotografia (e dunque la televisione e il cinema). È un´opinione tra
le tante, e come tale deve essere rispettata [...]. Ma altri, tra
cui noi, dovrebbero determinare un approccio selettivo in questo
campo, così come in altri" ("Les musulmans d´occident e l´avenir de
l´islam"). Lo stesso si può dire riguardo alla questione del velo:
bisogna lasciare alla donna la libera scelta, ma mostrandole il vero
significato di essa.
Che fare di fronte a questa nuova situazione? [...] In Francia, dove
la comunità musulmana è molto numerosa e dove le polemiche
imperversano a destra come a sinistra, il parlamento è vicino a
votare una legge che impedirà l'affissione di segni religiosi nelle
aule scolastiche. Questa prospettiva inquieta i cattolici, secondo i
quali una legge di questo tipo apparirebbe ai musulmani come una
forma di stigmatizzazione e rifiuto da parte della comunità
nazionale. [...] Ma pare che gli islamici più intelligenti stiano
segretamente aspettando proprio una legge che favorisca questa
esclusione, che sarebbe la prova palese dell'innata islamofobia
della società francese. [...] Il pensiero di Tariq Ramadan regala
alle provocazioni attuali una portata inattesa. Da parte nostra,
siamo chiamati a un cristianesimo più profondo e più lucido, capace
al tempo stesso di accogliere e di illuminare ogni cosa.
Nota 1. Su Hassan Al-Turabi
Olivier Clément cita, tra i pensatori musulmani apprezzati negli
anni Novanta da Tariq Ramadan, il sudanese Hassan Al-Turabi.
Anche Al-Turabi è stato in gioventù vicino ai Fratelli Musulmani. Ha
studiato filosofia in Europa, alla Sorbona di Parigi. Sa parlare un
linguaggio molto famigliare alla cultura europea. Vede
nell´occidente una società post-cristiana, e nell´islam un
inveramento del cristianesimo. Si dice fautore del dialogo tra le
religioni.
Ma Al-Turabi per tutti gli anni Novanta è stato molto più che un
intellettuale. In Sudan è stato l´eminenza grigia dei militari al
potere. Ha tentato di creare un nuovo stato islamico che fosse
modello per l´intero mondo musulmano. Ha ospitato Osama Bin Laden ed
è stato mentore dello stratega di Al-Qaeda, l´egiziano Ayman
Al-Zawahiri. Fino al 2000 e alla sua caduta in disgrazia presso il
regime militare è stato l´ideologo islamista più presente sulla tv
Al-Jazeera.
Nel 1994 ottenne d´essere ricevuto in udienza privata da un ignaro
Giovanni Paolo II, in Vaticano.
Nota 2. Su Giacomo Biffi
Il proposito di una islamizzazione dell´Europa attribuito da Olivier
Clément a Tariq Ramadan ha molto in comune con l´allarme lanciato
dal cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, in conclusione
di una sua celebre - e contestata - conferenza del 30 settembre
2000. Eccone i tre paragrafi finali:
"In un'intervista di una decina d'anni fa, mi è stato chiesto con
molto candore e con invidiabile ottimismo: ´Ritiene anche lei che
l'Europa o sarà cristiana o non sarà?´. Mi pare che la mia risposta
di allora possa ben servire alla conclusione del mio intervento di
oggi.
"Io penso - dicevo - che l'Europa o ridiventerà cristiana o
diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ´cultura
del niente´, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello
scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere
l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno
tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa ´cultura del
niente´ (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria)
non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'islam, che
non mancherà. Solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come
unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa risurrezione
dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso a
questo inevitabile confronto.
"Purtroppo né i laici né i cattolici pare si siano finora resi conto
del dramma che si sta profilando. I laici, osteggiando in tutti i
modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l'ispiratrice più
forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi
valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo
tardi. I cattolici, lasciando sbiadire in se stessi la
consapevolezza della verità posseduta e sostituendo all'ansia
apostolica il puro e semplice dialogo a ogni costo, inconsciamente
preparano (umanamente parlando) la propria estinzione. La speranza è
che la gravità della situazione possa a un certo momento portare a
un efficace risveglio sia della ragione sia dell'antica fede".
(1) Note di InternEtica.
- Per Grazia di Dio il Papa è uscito dall'ambiguità di passate
affermazioni ecclesiali sul mito dell’unico Dio dei tre Credo
monoteisti, cristiano/ebreo/mussulmano, che poi tanto unico non
è. Basta ricordare che l'ebraismo attuale è quello talmudico
nato dopo la distruzione di Gerusalemme che ha rifiutato Cristo,
mentre l'Islam nasce da correnti cristiano eretiche (nestoriani),
elementi ebraici,
conditi con vangeli gnostici e detti degli uomini del deserto e anch'esso rifiuta la Divinità di Cristo e il Mistero della SS
Trinità, che è Dio personale in relazione vitale con l'uomo.
Come ha ripetuto Benedetto XVI agli Ebrei la settimana scorsa,
il dialogo comincia con il riconoscimento delle diversità e il
rispetto reciproco, e non dai preconcetti e dalle voglie
ireniche di un sincretismo del tutto fa brodo (da Chiesa
universale di conio massonico, aggiungiamo noi)
- Tariq Ramadan è il nipote del fondatore dei Fratelli
musulmani ed è molto legato ad essi. Pensiamo sia inutile dire
chi sono i Fratelli musulmani. È uomo abilissimo ad adattare i
suoi discorsi al pubblico a cui si rivolge. È stato capace di
affermare con grande apparente sincerità una cosa e dire
esattamente il contrario, il giorno dopo, davanti ad un pubblico
differente. È stato per esempio impossibile al giornalista della
televisione svizzera strappare a Ramadan una condanna chiara
della lapidazione delle donne prevista dalla sharia. Escluso
dall`università di Ginevra e non accettato da altre in seguito,
riesce comunque ad avere un pubblico che lo ascolta e una certa
influenza, grazie al suo innegabile talento di comunicatore,
Ramadan è “un beau parleur”. Sì Tariq Ramadan è un abile
comunicatore, che non ispira alcuna fiducia.
v. anche:
Un
buon inizio in amicizia, Samir K. Samir, 7 novembre 2008
Il
Vaticano si prepara all'incontro, 12 febbraio 2008
138 Musulmani
scrivono al Papa
Testo integrale della
lettera in formato .pdf
La reazione della Chiesa
Commento Pontificio Istituto Studi Arabi
Cautela di Benedetto XVI
Commento di Samir K. Samir 9
gennaio 2008
Commento di Samir
K. Samir 12 ottobre 2007