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Vicario dell’Anatolia: Le
parole del Papa strumentalizzate dai nazionalisti islamici
Le frasi del pontefice, staccate dal
contesto, hanno rinfocolato un fuoco di
critiche contro la visita di Benedetto XVI in Turchia. Per mons. Padovese non vi
sono problemi di sicurezza: dal giorno dell’uccisione di don Andrea Santoro,
tutti i sacerdoti hanno un poliziotto come guardia del corpo.
Mons Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, si aspettava tutta
la serie di critiche e anatemi da parte islamica in Turchia: “Dopo aver
sentito le parole del papa alla televisione italiana, tenendo presente il clima
creato da alcuni giornali nazionalisti islamici, ero certo che sarebbe scoppiata
questa bomba mediatica”. Già stasera, dopo le dichiarazioni di Ali Bardakoglu,
presidente degli Affari religiosi della Turchia, che ha definito “odiose” le
parole del papa a proposito del jihad e della violenza islamica a Regensburg, vi
sono trasmissioni televisive tutte focalizzate a criticare papa, Vaticano,
cristiani.
AsiaNews ha raggiunto mons. Padovese nella chiesa di Santa Maria a
Trabzon, nel luogo preciso dove è stato ucciso don Andrea Santoro lo scorso
febbraio. “Le parole del papa - dice - vengono estrapolate; slegate dal
contesto in cui egli le ha dette, vengono poi strumentalizzate. Già il fatto
che nel suo discorso, il papa abbia usato la parola ‘Costantinopoli’ e non
‘Istanbul’, è l’occasione per alcuni media di dire che fra i cristiani c’è
la voglia di ritornare al passato, all’impero bizantino!”.
Benedetto XVI si dovrebbe recare in Turchia a fine novembre. “Anche se vi
sono pressioni perché il papa chieda scusa, o addirittura si cancella la sua
visita, penso che il Santo padre seguirà il programma come è già preparato”,
ha affermato mons. Padovese. “I media nazionalisti islamici aspettavano solo l’occasione
per fare un polverone e far crescere le critiche a questo viaggio.
Il clima era già caldo e ostile. Le frasi del papa, staccate dal contesto,
rinfocolano un incendio che già esiste. È stato solo un motivo in più per
dare un giudizio negativo alla presenza del papa in Turchia. Peccato che qui,
pur essendoci tanta gente equilibrata, non ha voce e tace per paura e
intimidazione”. Secondo il vicario dell’Anatolia, è probabile che “ tutto
questo can can mediatico durerà ancora per qualche giorno”. Alla domanda se
teme delle reazioni violente contro i cristiani, mons. Padovese ha risposto: “Dal giorno in cui è stato ucciso don Andrea
Santoro, noi sacerdoti abbiamo ancora la scorta di polizia; non penso perciò
che vi saranno dei problema. Certo, dobbiamo usare un po’ di prudenza”.
Vaticano: “Papa preoccupato
solo dalla motivazione religiosa della violenza”
Ciò che preoccupa realmente Benedetto XVI “è
un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza” e nel
discorso pronunciato all’università di Regensburg non vi era “nessuna
offesa alla sensibilità dei credenti nell'Islam né la volontà da parte del
Papa di svolgere uno studio approfondito sul jihad e sul pensiero musulmano”.
Risponde così la Santa Sede alle critiche
furiose di alcuni esponenti musulmani di Turchia, Kuwait e Germania, che nel
pomeriggio di oggi hanno attaccato Benedetto XVI per alcuni brani –
estrapolati dal testo e rilanciati dalla stampa turca – contenuti nel discorso
pronunciato il 12 settembre scorso agli universitari tedeschi.
Il presidente degli Affari religiosi della
Turchia Ali Bardakoglu, massima autorità islamica di Stato definibile come “Gran
Muftì” dei turchi, ha detto oggi alla stampa nazionale: “Ho letto le
notizie sul discorso del Papa con meraviglia e orrore. È un discorso molto
provocatorio, ostile e pregiudiziale che rivela un atteggiamento presuntuoso,
viziato e arrogante di una persona che sa di avere dietro di sé il potere
economico dell'Occidente. Se un uomo di religione o uno scienziato critica la
storia di una religione o i membri di quella religione, possiamo discuterne. Ma
quando si mette lingua sulle cose sacre, sul Libro sacro e sul suo Profeta,
questo è segno di arroganza, di ostilità e dà luogo a una maldicenza che
attizza la lotta di religione”.
Bardakoglu ha aggiunto poi di “aspettarsi le
scuse di Benedetto XVI all’Islam intero”. La sua posizione è stata ripresa,
forse con ancora più rabbia, da Haken al-Mutairi e Sayed Baqer al-Mohri –
leader degli sciiti kuwaitiani – e da Aiman Mazyek, presidente del consiglio
centrale musulmano in Germania.
La Santa Sede - con un comunicato a firma del
direttore della Sala stampa, p. Federico Lombardi sj - sottolinea invece che non
vi era “nessuna offesa alla sensibilità dei credenti nell'Islam né la
volontà da parte del Papa di svolgere uno studio approfondito sul jihad e sul
pensiero musulmano”.
La dichiarazione, al contrario, riafferma “la
volontà del Santo Padre di coltivare un atteggiamento di rispetto e di dialogo
verso le altre religioni e culture, evidentemente anche verso l'Islam”. La
nota sottolinea che “a proposito delle reazioni di esponenti musulmani circa
alcuni passi del discorso del Santo Padre all’Università di Regensburg, è
opportuno rilevare che, come risulta da una attenta lettura del testo, ciò che
sta a cuore al Santo Padre e' un chiaro e radicale rifiuto della motivazione
religiosa della violenza”.
“Anzi – prosegue p. Lombardi - nei discorsi
di Benedetto XVI - appare chiaramente il monito, rivolto alla cultura
occidentale, perché si eviti il disprezzo di Dio e il cinismo che considera il
dileggio del sacro un diritto della libertà, la giusta considerazione della
dimensione religiosa è infatti premessa essenziale per un fruttuoso dialogo con
le grandi culture e religioni del mondo”.
“Ciò che sta a cuore al Papa
è un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza. Non
era certo sua intenzione offendere la sensibilità dei musulmani”, ha
osservato il portavoce vaticano.
Martedì, il Papa ha affrontato il tema della jihād (guerra santa)
nel richiamare un brano edito dal professore Theodore Khoury del dialogo che
l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri
d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e
islam e sulla verità di ambedue.
Analizzando quanto affermato dall’imperatore nel settimo colloquio, il Papa
ricorda che nella sura 2, 256 si legge: “Nessuna costrizione nelle cose
di fede”.
“È una delle sure del periodo iniziale, dicono gli esperti, in cui
Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato – ha commentato il
Pontefice –. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni,
sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa”.
Il Vescovo di Roma ha quindi citato quanto riferiva l’imperatore sul rapporto
tra religione e violenza, quando affermava: “Mostrami pure ciò che Maometto
ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come
la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli
predicava”.
“La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima”,
ha continuato nel suo commento Benedetto XVI.
“La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre
qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare
correttamente, non invece della violenza e della minaccia”, ha continuato
citando l’imperatore bizantino.
“L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione
mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di
Dio”, ha aggiunto il Santo Padre.
“Proprio nelle conclusioni del discorso
all'Università di Regensburg – continua - Benedetto XVI ha affermato che le
culture profondamente religiose del mondo vedono proprio nella esclusione del
divino dall'universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più
intime. Una ragione che di fronte al divino è sorda e respinge la religione
nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle
culture”.
“È chiara quindi - conclude padre Lombardi -
la volontà del Santo Padre di coltivare un atteggiamento di rispetto e di
dialogo verso le altre religioni e culture, evidentemente anche verso l'Islam''.
_______________
[Fonte: AsiaNews 14 settembre 2006]
Corriere della Sera 15 settembre 2006:
[...]
Ma intanto le polemiche sulle parole di Benedetto XVI non si fermano.
L'emittente Al Jazira dedica l’apertura del suo tg alle critiche raccolte al
discorso di Regensburg: «Deve ritirare le sue dichiarazioni», «Parole
pericolose, non le pronuncerebbe neanche un bambino delle scuole elementari
perché sa che fomenterebbero il terrorismo», «Si sapeva che questo Papa è
schierato con il sionismo mondiale». Aiman Mazyek, presidente del consiglio
centrale musulmano in Germania, ha affermato: «Dopo le sanguinose conversioni
delle popolazioni latinoamericane, dopo le crociate, dopo le coercizioni imposte
da Hitler alla chiesa, e perfino dopo che Urbano II coniò per primo il termine
"guerra santa", non credo che la Chiesa Cattolica possa puntare il
dito contro gli estremismi di altre religioni». Il presidente del Consiglio
francese di culto musulmano, Dalil Boubakeur, da parte sua, ha chiesto al
Vaticano «una chiarificazione». Stessa richiesta arriva dall'Organizzazione
della Conferenza islamica (Oci). «L'Oci auspica che il Vaticano esprima la sua
vera posizione nei confronti dell'Islam e dei suoi precetti» afferma
l'organizzazione panislamica.
Commento:
Veramente incredibile! Parlano di cose accadute nel medioevo, mentre loro
sono ancora nel Medioevo e il nostro Papa parla di cose del terzo millennio con
duemila anni di storia e di evoluzione del cristianesimo alle spalle e va
avanti, pensa, propone, profondo e chiaro nella interpretazione dei tempi e
propositivo nelle urgenze per tutti. Dovrebbero tutti (noi compresi) allenarsi
ad ascoltare la sua fede semplice, ma non ingenua. Che nutre una intelligenza
ben più attiva e vivace di quanti invece spesso ne commentano gli interventi.(ndR)
Pubblichiamo i punti contestati della "lectio
Magistralis" del Papa, tenuta presso l'Università di Ratisbona, il 12 settembre:
[...] Tutto ciò mi tornò in
mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster)
del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse
durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto
su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Fu poi probabilmente
l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394
e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano
riportati in modo molto più dettagliato che non le risposte dell'erudito
persiano. Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede
contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di
Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le
"tre Leggi": Antico Testamento, Nuovo Testamento, Corano. Vorrei
toccare in questa lezione solo un argomento – piuttosto marginale nella
struttura del dialogo – che, nel contesto del tema "fede e ragione",
mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie
riflessioni su questo tema.
Nel settimo colloquio (διάλεξις –
controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il
tema della jihad (guerra santa). Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura
2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È una
delle sure del periodo iniziale in cui Maometto stesso era ancora senza potere e
minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni,
sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza
soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che
possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo
sorprendentemente brusco, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la
domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo:
"Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai
soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per
mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore spiega poi
minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza
è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la
natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue; non agire secondo
ragione (σὺν λόγω) è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del
corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità
di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della
minaccia... Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né
del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo
con cui si possa minacciare una persona di morte…".
L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante
la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio.
L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto
nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina
musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è
legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della
ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista
francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazn si spinge fino a dichiarare
che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo
obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo
dovrebbe praticare anche l'idolatria.
Qui si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta
della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La
convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di
Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che
in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel
senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia.
Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, Giovanni ha iniziato il
prologo del suo Vangelo con le parole: "In principio era il ‘logos’".
È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: Dio agisce con
“logos”. “Logos” significa insieme ragione e parola – una ragione che
è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione.[...] [Testo
integrale]
Vedi anche:
Dichiarazione Ufficiale del
Vaticano
Una mano tesa all'Islam,
Samir Khalil Samir
Dal mondo islamico
accuse al Papa. False
Incontri di civiltà: come
Benedetto XVI guarda l'Islam
Islam e democrazia in un incontro segreto a Castel Gandolfo Molte
e fondamentali le differenze tra cristianesimo e islamismo Islam
al bivio tra progetto "identitario" e integrazione Fondamentalismo:
diabolica unità tra religione e politica
Altri testi d'interesse sull'Islam, nella sezione Studi-riflessioni
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