Mavi Zambak, su AsiaNews 3 febbraio 2007
Piccoli segni di volontà di uscire dalla cecità
nazionalista, ambiente che ha generato l'assassinio del sacerdote e del
giornalista Dink. Alla cerimonia saranno presenti i familiari del sacerdote e
il cardinale vicario Camillo Ruini.
Era il 5 febbraio 2006 quando don Andrea Santoro,
sacerdote fidei donum romano è stato ucciso con due colpi di pistola
mentre pregava nella chiesa di Santa Maria a Trabzon, di cui era parroco da
tre anni. Una morte assurda che ha scioccato tutti, un gesto compiuto “in nome
di Allah”, da un ragazzo sedicenne condannato a diciotto anni di carcere.
È passato
un anno. Un anno intenso, ricco di altri avvenimenti drammatici, ma anche di
piccoli segni di cambiamento e di speranza nella città portuale sul mar Nero,
triste teatro dell’omicidio.
Trabzon, la storica e rinomata Trebisonda, da
tempo è alla ribalta della cronaca nera-politica.
Nel parco centrale della città, per ben due
volte in questo ultimo anno centinaia di persone hanno cercato di linciare
alcuni membri della associazione TAYAD (associazione dei familiari dei
carcerati), perché cercavano di distribuire volantini che richiamavano
l’attenzione sulle drammatiche condizioni delle carceri speciali turche.
Di Trabzon è l’oscuro personaggio Yasin Hayal
che ha scontato solo 11 mesi di carcere per aver lanciato nell’ottobre 2004
una bomba in un Mc Donald della città - perché ha osato permettere una festa
di compleanno durante il mese di Ramadan - ferendo gravemente 11 persone, tra
le quali cinque bambini.
Da Trabzon è uscita la mano omicida che ha
colpito il giornalista turco armeno Hrant Dink davanti alla sede del suo
settimanale Agos. Questa la città dove don Andrea aveva accettato quattro anni
fa di prestare il suo servizio pastorale ad una manciata di cristiani.
Giornali nazionali ed esteri hanno cercato di
capire questo fenomeno sociale, riempiendo le loro pagine con una verbosa
retorica che ha bollato la cittadina turca come un ricettacolo del Male, dove
la crisi economica, la cultura locale che esalta l’uso delle armi, il
nazionalismo politico paranoico, la struttura sociale dovuta alla particolare
storia della città e alla vicinanza con i Paesi caucasici sono diventati un
cocktail esplosivo di odio e violenza. Ma la città comincia ad essere stanca
di questa immagine che si è creata intorno ai suoi abitanti e vuole mostrare
il suo volto sano.
Il ministro degli interni turco, su pressione
di proteste generali, si è deciso a destituire il prefetto e il capo della
polizia di Trabzon che avevano minimizzato la portata della morte di don
Andrea e del giornalista Dink e i collegamenti tra questi due omicidi con i
medesimi ambienti del nazionalismo radicale.
Il direttore del teatro comunale di Trabzon,
Necati Zengin, ha proclamato la sua stima per gli armeni e i cristiani, tanto
che dal 24 dicembre nel teatro della città va in scena un’opera armena (“Il
fratello Baldassar”) tradotta in turco e, già replicata 15 volte. Ha riscosso
un grande successo con la platea sempre piena e applausi a non finire
Anche il muftì, sollecitato dall’accusa di
trascurare l’educazione religiosa dei giovani e di non aver pronunciato
esplicite parole di condanna contro il fanatismo e contro coloro che usano la
violenza nel nome di Dio, ha dichiarato che dal 2 febbraio, tutti i venerdì
nella grande moschea della città, si terrà un’ “omelia” sulla giustizia e
sulla morale islamica, in cui verranno ricordati i precetti per un buon
musulmano e sarà sottolineato in vari modi che nel Corano c’è esplicitamente
scritto che togliere la vita ad un essere umano è peccato.
Alcuni giovani della città in questi giorni
hanno allestito un banchetto nella piazza centrale, distribuendo una lettera
da diffondere in tutta la Turchia, con lo slogan “Fraternità o violenza?”, per
manifestare la loro intenzione a trasformare la città da luogo di sparatorie e
omicidi a città della pace e della fratellanza.
Certo forse sono piccoli gesti, ma sono quei
“fili d’erba in mezzo alla steppa” che don Andrea sapeva guardare ed
apprezzare. Nella sua prima lettera da Trabzon, il sacerdote romano nel
gennaio del 2003 scriveva: “C’è bisogno di miracoli in Turchia, in Medio
Oriente, in Europa. Debbo lasciare più spazio di manovra a Dio, alla sua
Parola a alla sua grazia perché Lui possa compierli”. Ora don Andrea non c’è
più, ma qualcosa si sta movendo nella società civile e nella sensibilità della
gente locale.
E dopo i sassi arrivano i fiori. Anche contro
quel portone della chiesa di Trabzon che per anni, simbolo di una presenza
scomoda, ingombrante, pericolosa, è stato bersaglio da lanciatori di pietre,
disturbatori, piccoli provocatori di ogni genere.
Mentre a Istanbul il 23 gennaio scorso si
svolgeva il funerale del giornalista assassinato, a Trabzon si sono radunate
decine di persone e, marciando silenziose, hanno avuto il coraggio di porgere
dei garofani rossi anche su quella porta, in segno di cordoglio e di
solidarietà.
E il giovane sacerdote polacco, che, in
collaborazione con una coppia di rumeni, tiene aperta la chiesa di Santa
Maria, e continua, sul solco tracciato da don Andrea, uno stile di presenza
fatto di condivisione della vita quotidiana in semplicità, preghiera,
testimonianza umile e accoglienza a chiunque bussa per vedere o conoscere la
fede cristiana, ammette che ci sono ancora difficoltà, ma segnala ora anche un
clima più disteso, meno ostile.
Gesti piccoli, silenziosi, ma densi di
significato, come vuole esserlo la celebrazione commemorativa che si svolgerà
lunedì prossimo, 5 febbraio, senza grandi proclami e manifestazioni, nella
chiesa di Santa Maria a Trabzon.
Niente sfarzi, niente celebrazioni eclatanti,
ma, come certo avrebbe voluto don Andrea, preghiere di intercessione, di
ringraziamento e di supplica in un’Eucarestia tra amici. Lo stesso cardinal
Camillo Ruini - che parteciperà in forma privata alla messa di suffragio del
suo amico, figlio e fratello nella fede, don Andrea, così come da tempo
desiderava fare proprio sul luogo del martirio - ha fatto sapere di non voler
indossare la mitria e i paramenti solenni, preferendo un clima più modesto e
raccolto, ma non per questo più sentito e profondo.
Anche la mamma ottantenne, Maria Santoro, e le
sorelle saranno presenti e hanno persino chiesto di poter incontrare il
Prefetto della città.
Si raduneranno intorno alla mensa eucaristica
in un clima di raccoglimento, di dolore e di speranza, a ricordo di una vita
che è stata sì spezzata, ma non annientata, di una voce che si è voluto
azzittire, ma che ha continuato a dare la sua testimonianza fors’anche più di
prima.
Dal sangue, dal silenzio, dal dolore, già
cominciano a sgorgare segni nuovi anche per la Chiesa in Turchia alla ricerca
del dialogo - così tanto voluto da don Andrea - con coraggio e apertura nuova,
sotto invito di Benedetto XVI, che proprio da questa terra ha voluto ricordare
la “bella testimonianza” di questo sacerdote donatosi totalmente a Dio, alla
chiesa, alla terra di Turchia.
Nel maggio prossimo verrà inaugurato nel sud
della Turchia, più precisamente ad Iskenderun, sede del vicariato apostolico
dell’Anatolia, un centro interculturale e interreligioso dedicato proprio a
lui, a don Andrea Santoro, che aveva chiesto la realizzazione di questo suo
sogno poco prima di essere assassinato. Lui, fidei donum in Turchia,
voleva essere una presenza credente e amica, per favorire uno scambio di doni,
anzitutto spirituali, tra l’Oriente e Roma, tra cristiani, ebrei e musulmani,
e riteneva che un centro di questo tipo potesse contribuire ad avvicinare
mondi distanti, a colmare vuoti culturali, a gettare ponti tra rive distanti e
ad aprire ‘finestre’ su muri apparentemente invalicabili. Un centro per
aiutare l’Islam ad entrare maggiormente in dialogo, accogliendo la diversità
ed evitando la palude del fondamentalismo e quella diffidenza che nasce dal
mancato contatto e dalla paura del diverso.
E così, grazie alla passione e
all’interessamento del vescovo dell’Anatolia, mons. Lugi Padovese, come lui
stesso conferma: “per tenere viva l’eredità del nostro sacerdote ucciso,
abbiamo organizzato per maggio, in piena sintonia con la diocesi di Roma, un
primo confronto tra teologi cristiani e musulmani sulla 'Parola Rivelata'
nelle due tradizioni religiose e un convegno a fine giugno sulla figura di san
Crisostomo, in occasione del 1600esimo anniversario della morte di questo
santo antiocheno”. Lo stesso vale per il nuovo sito che verrà inaugurato
proprio in occasione del primo anniversario della morte di don Andrea, in
stretta collaborazione con la nata Associazione Don Andrea Santoro Onlus. Nel
sito
http://www.andreasantoro.org si potranno trovare le lettere e
le meditazioni di don Andrea, una sua biografia, una bibliografia su di lui,
interventi su giornali e riviste sulla sua figura, sia in italiano che in
inglese e in turco. Quest’ultimo soprattutto studiato per far conoscere
direttamente al pubblico turco il messaggio e la testimonianza di Santoro,
correggendo l’immagine distorta che alcune testate nazionali ne avevano dato.
“Io credo – prosegue il prelato - che la strada d'una maggiore conoscenza
reciproca e dell'amicizia siano le uniche percorribili per un autentico
dialogo”.
Saranno gli esempi di amicizia, di affetto, di
solidarietà - forse piccoli, insignificanti, inutili agli occhi dei grandi
potenti della terra – a rendere feconda questa terra che ancor oggi
apparentemente sembra arida e infruttuosa. C’è chi semina, pur anche nella
fatica e nel dolore: non mancherà certamente chi mieterà. Sarà allora che il
chicco di grano morto nella terra porterà frutto in abbondanza.
v. anche, nel sito:
Non casuale" l'uccisione di Don Santoro mentre l'Islam è in rivolta, 6
febbraio 2006
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Omelia del Card. Ruini ai solenni funerali in S. Giovanni in Laterano, 10
febbraio 2006
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Vedete chi sono i cristiani? [dal sito promosso da Don Andrea Santoro]
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Impariamo a conoscerlo: un suo scritto da Finestra per il Medio Oriente
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Lettera del 18 gennaio 2004
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Comunicato del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace