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Ecco i cattolici di Turchia che attendono
la visita del Papa
Su invito del patriarca ecumenico Bartolomeo I e del governo di Ankara, il
prossimo novembre Benedetto XVI sarà in Turchia: un viaggio delicato in un
Paese dove i cristiani sono esigua minoranza.
A colloquio con il vicario apostolico monsignor Luigi Padovese.
La «Meryem Ana Evi».
La «casa di Madre Maria», a Efeso
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Una visita delicata, un evento atteso con grande trepidazione dalla Chiesa
cattolica locale e dai cristiani di tutto il Paese, anche per i risvolti che
il viaggio potrebbe avere.
Alla fine del novembre prossimo, dal 28 al 30, su invito del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e
del governo di Ankara, Benedetto XVI si recherà in
Turchia.
Un viaggio annunciato pochi giorni dopo l’assassinio
di don Andrea Santoro a Trebisonda, avvenuto il 5 febbraio scorso, in un clima
di grande preoccupazione e tensione (poche settimane dopo, il Venerdì Santo,
un frate veniva aggredito da un giovane armato di coltello nella parrocchia di
Mersin).
Faranno certamente da sfondo alla visita del Santo Padre i temi della
discriminazione in atto verso la Chiesa cattolica, della libertà religiosa,
della tutela delle minoranze presenti nel Paese, del riconoscimento del
massacro dei cristiani armeni (il genocidio perpetrato nel 1915 in Armenia è
ancora oggi uno dei tabù della società turca), nonché dei rischi
dell’avanzata dell’islam militante e fondamentalista. Sono capitoli
estremamente delicati ma ineludibili, sui quali Benedetto XVI troverà
certamente modo di far sentire la propria voce.
La Turchia di oggi è un Paese a due facce. Da una parte, guarda con sempre
maggiore attenzione all’Occidente e all’Europa (dal 2005 il Paese è
ufficialmente candidato a diventare membro dell’Ue, anche grazie
all’appoggio dell’Italia); dall’altra, vede rafforzarsi al suo interno
una forte componente anti-cristiana e anti-occidentale, che si nutre della
retorica e delle tendenze xenofobe portate avanti, tra gli altri, dal Partito
di azione nazionale (i «Lupi grigi»), che sventola lo spauracchio della
perdita delle radici religiose e che propugna la necessità di interrompere
l’evoluzione democratica in atto per recuperare la «vera anima» della
Turchia. Che, ovviamente, è quella musulmana.
La visita del Papa e la morte di don Santoro
In tale contesto, che cosa si aspetta la Chiesa di Turchia dalla visita del
Santo Padre?
Abbiamo chiesto a monsignor Luigi Padovese,
vicario apostolico dell’Anatolia, di spiegarci le attese e le speranze
legate a questo viaggio e di tracciare un quadro della presenza cristiana in
un Paese che vanta antichissime tradizioni di fede (l’Efeso paolina e
Antiochia sull’Oronte, per esempio, legata alla memoria di san Pietro).
«Fin dal suo discorso d’insediamento – spiega monsignor Padovese,
milanese, religioso cappuccino, da diversi anni in Turchia – Benedetto XVI
ha messo in evidenza il suo interesse per la causa ecumenica, indicata come
una delle priorità del proprio pontificato. La visita di novembre si iscrive
all’interno di questo interesse specifico che il Santo Padre ha per
l’unione delle Chiese. La visita avrebbe già dovuto compiersi lo scorso
anno nello stesso periodo. Ma per difficoltà particolari da parte della
Turchia è stata rinviata al 2006. Bisogna tenere presente che il viaggio del
Papa, nella data stabilita, è stato annunciato un paio di giorni dopo la
morte di don Andrea Santoro. Questo lascia intendere che la visita acquista un
valore aggiunto rispetto al carattere originario: come occasione per
rafforzare i cristiani di Turchia nella loro identità; come opportunità per
esprimere la vicinanza del Papa alla Chiesa di Turchia e alle Chiese cristiane
che là si trovano».
La piccola comunità cattolica e l’intera famiglia cristiana, vivono ancora
oggi il trauma dell’assassinio di don Santoro, e il timore per una escalation
d’intolleranza nei confronti della minoranza cristiana.
«In Turchia i pareri sulla morte di don Andrea – dice ancora monsignor
Padovese – sono alquanto diversificati, anche oggi. Chi crea opinione e fa
tendenza sono i giornali. Tra questi, c’è chi ha avvalorato e sostiene
ancora, senza alcun fondamento, l’idea che don Andrea desse soldi per
convertire al cristianesimo. Sappiamo nel modo più assoluto che questo non è
vero, perché don Andrea non voleva affatto rendere un cattivo cristiano chi
non era un buon musulmano. Qualcuno, poi, vuol fare apparire l’assassinio
come il gesto isolato di un giovane fanatico. Personalmente, sia da parte
delle autorità turche sia da parte della gente semplice, ho avuto
manifestazioni di grande solidarietà e partecipazione al nostro dolore per un
atto che non trova giustificazioni. Certa stampa, comunque, fomenta ulteriori
divisioni, continuando a presentare don Andrea e l’opera dei sacerdoti
cattolici come volta a “comprare conversioni e a fare proselitismo”».
Un tema scottante: la libertà religiosa
Il tema della libertà religiosa è oggi centrale nel dibattito tra Europa e
Turchia. Lo stesso monsignor Padovese, in un’intervista di qualche tempo fa,
aveva auspicato l’ingresso di Ankara nell’Unione europea come fattore
capace di far evolvere la situazione verso una maggiore apertura. La tutela
delle libertà individuali e la possibilità di convivenza pacifica tra islam
e componenti non musulmane, sono aspetti di fondamentale importanza, che
possono avere ripercussioni positive (per il peso e il prestigio della
Turchia) sul cammino democratico in tutto il Medio e Vicino Oriente.
«La Turchia – spiega ancora il vicario dell’Anatolia, monsignor Luigi
Padovese – è uno Stato che si professa laico, ma che negli scorsi decenni
ha visto crescere sempre più, per necessità di carattere politico, un fronte
islamico vivace. Questo ha determinato la realtà di uno Stato laico e, nel
contempo, confessionale. Non sulla carta, ma nei fatti. Uno Stato
confessionale di colorazione sunnita, come la maggior parte della popolazione
musulmana turca. Evidentemente a discapito delle minoranze non solo cristiane,
ma anche musulmane: penso agli aleviti (un ramo degli alatiti sciiti, che
costituiscono il 20 per cento della popolazione, considerati dalla maggioranza
sunnita una forma eretica di islam - ndr) che patiscono questa
situazione di discriminazione.
«Credo che per quanto riguarda le libertà religiose in Turchia ci sia ancora
molto cammino da percorrere. Uno dei primi passi da compiere è il
riconoscimento dello status giuridico delle varie confessioni
religiose.
«Noi, ad esempio, come Chiesa cattolica, in Turchia non esistiamo. Le autorità
sanno che il mio ruolo è quello di capo della comunità cattolica, ma, di
fatto, vengo considerato un privato cittadino. Sono fortemente convinto che il
riconoscimento della libertà religiosa e dello status giuridico
delle varie confessioni non interferisca con il principio della laicità dello
Stato».
Si può guardare avanti con fiducia
Una fotografia della situazione delle Chiese cristiane oggi non è facile. E
le sfide pastorali che si prospettano non sono affatto leggere. Tuttavia,
monsignor Padovese guarda al domani con fiducia. «Come cattolici siamo un
piccolo gregge, ma con un ruolo particolare e significativo. Nel vicariato
dell’Anatolia (180 mila chilometri quadrati) i cattolici sono circa 3 mila.
Piccole comunità, a volte anche disperse e lontane. Tra le priorità che oggi
abbiamo a cuore come Chiesa, vedo la dimensione ecumenica. Tutti siamo
discepoli dell’unico Maestro e dobbiamo dare comune testimonianza di questo
fatto nella nostra vita. Un altro elemento prioritario è il dialogo con gli
intellettuali.
Tutto sommato, le persone più aperte e disponibili sono quelle
che appartengono al mondo della cultura. Le occasioni d’incontro favoriscono
una migliore conoscenza reciproca, l’apertura di strade di dialogo. Da
alcuni anni organizziamo un simposio in collaborazione con l’Università
dell’Antonianum di Roma e l’Università Mustapha Kemal di Antiochia. Il
terzo aspetto che giudico importante è la ricerca dei tanti cristiani
sommersi, che per non patire discriminazioni hanno rinunciato alla loro fede.
Riportarli alla luce, farli emergere da questo sottosuolo è uno dei compiti
che sento più urgenti.
«Di recente ho avuto la soddisfazione di accompagnare al battesimo due
persone, che con immensa gioia hanno riabbracciato le loro radici cristiane.
Anche loro aspettano con ansia il Papa, come un Padre capace di confermarli
nella fede».
Giuseppe Caffulli
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[Fonte: Messaggero di S. Antonio]
v. anche:
Il Papa si prepara d andare in
Turchia a fine novembre
Ortodossia e Islam, il Papa
prepara il suo viaggio in Turchia
Benedetto XVI visiterà
la Turchia dal 28 al 30 novembre
Il governo di Ankara rende
problematico il viaggio del Papa in Turchia
Il Papa in Turchia: si aspetta l'invito del governo
Messaggio del Papa al "Primo incontro di civiltà", Antiochia 27
settembre 2005
Turchia quel rinvio solo miope
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