Charta Oecumenica
Cosa è avvenuto a Strasburgo
5/4/01 - SPECIALE ecumenismo
Per uno scambio di doni [*]
Michele Zanzucchi
"Inter è un prefisso tipico del dialogo, a qualsiasi livello.
Nei Focolari ci siamo abituati ad usarlo, perché di
continuo organizziamo incontri inter-culturali,
inter-religiosi, inter-etnici, inter-nazionali... Così
le mille persone qui presenti partecipano a un convegno
inter-confessionale, certamente. Ma non solo. Un incontro
"inter" sembra infatti che voglia mantenere le
distanze tra i partner, mentre qui, oltre che conoscere
cristiani di diverse chiese e comunità ecclesiali,
abbiamo vissuto qualcosa di quel che io sogno potrebbe
essere la chiesa una volta unita".
La signora anglicana, schiva e inglesissima, che ha
lasciato queste parole sul taccuino del vostro cronista,
non immaginava certo che la sua bellissima affermazione
sarebbe stata proprio lo spunto iniziale dell'articolo
sul secondo incontro ecumenico internazionale di
Castelgandolfo, che ha riunito un migliaio di amici dei
Focolari che venivano da 54 nazioni, parlavano 22 lingue
e appartenevano a più di 70 chiese e comunità
ecclesiali. Titolo: "Crescere insieme. Dialogo della
vita". Già il fatto che nella sessione d'inizio le
presentazioni fossero fatte per provenienza geografica, e
non per appartenenza ecclesiale, dimostrava come quell'
"inter" fosse nei fatti superato. Nel gruppo
della Germania, ad esempio, c'erano cattolici e luterani
e riformati e ortodossi... Insieme, proprio insieme.
Esattamente quarant'anni fa nasceva l'espressione forse
più visibile dell'ecumenismo tipico dei Focolari, il
"Centro uno" (un nome un programma, verrebbe da
dire; ne riparleremo in uno dei prossimi numeri). E i
mille appassionati dell'ecumenismo sono intervenuti anche
per festeggiare questa ricorrenza. Lo hanno fatto
"stando insieme", perché sin dall'inizio
questa corrente ecumenica si è basata su una vita
evangelica comune, ancor prima di assumere connotati
teologici o liturgici che pur sono ormai presenti. È la
vita di una "porzione trasversale" del popolo
cristiano, che crede nell'unità e che vuole dimostrare
quanto la promessa di Gesù - "che tutti siano
uno" - non sia una chimera.
Chiara Lubich, naturale ispiratrice dell'ecumenismo dei
Focolari, nel suo intervento lo ha ripetuto a più
riprese: "Il dialogo di popolo esiste già: c'è,
non bisogna crearlo... siamo uno, se siamo uniti da
Cristo... se lo vogliamo, possiamo vivere tutto quello
che già ci unisce: chi ce lo proibisce?". Un
vibrante appello, quello di Chiara, volto a dare un nuovo
slancio a quell'ecumenismo della vita che trova nel
vangelo vissuto non solo la strada, ma anche - per così
dire - l'auto e il carburante.
Non a caso durante il gioioso incontro di Castelgandolfo
(quale altro aggettivo lo descriverebbe meglio?) si sono
visti e uditi progressi nel dialogo concreto tra
cristiani (la strada), originali modi di avvicinamento
(l'auto) e il continuo va e vieni con la Sacra Scrittura
vissuta (il carburante). "Mi ha toccato il fatto che
chi ha parlato dal palco non ci ha spiegato come deve
essere l'ecumenismo, ma ci ha raccontato come aveva fatto
ecumenismo", mi spiega un valdese romano.
Le risposte di Chiara Lubich - accolte come "una
lode, un programma, una sfida" (parole di un giovane
ortodosso libanese) -, hanno poi sottolineato diversi
aspetti dell'attualità dell'ecumenismo: come conservare
l'identità della propria chiesa; in che modo attuare nel
popolo quanto viene proposto dai pastori; la centralità
della Parola nella vita cristiana; il modello trinitario
necessario per pensare ad una chiesa unita; l'importanza
dell'unità tra cristiani per aprire un efficace dialogo
interreligioso; Maria, "rivestita della Parola e
Madre di Dio"; la santità per i cristiani...
Riprendendo un'affermazione di Giovanni Paolo II citata
dalla stessa Chiara, veniva da pensare che le separazioni
potrebbero in qualche modo permettere di evidenziare
diversi aspetti essenziali della nostra fede cristiana,
in modo diverso ma concorde.
I progressi nell'ecumenismo della vita - modesti quanto
si vuole, ma tuttavia reali - sono apparsi evidenti in
cinque sessioni, consacrate rispettivamente, insieme ai
cattolici, all'ortodossia, agli evangelici-luterani, ai
copti e siro-ortodossi, agli anglicani e, infine, ai
riformati ai presbiteriani e ai battisti. Un panorama a
suo modo impressionante, pur nella coscienza mai
dimenticata (direi sofferta, ma anche dinamica) delle
separazioni esistenti, delle difficoltà che debbono
ancora essere superate. Un susseguirsi di brevi
testimonianze del "qui e ora" dell'ecumenismo.
Oppure, se preferite un linguaggio teologico, del
"già e non ancora".
Per decisione maturata a priori, era stato deciso di dare
spazio nel convegno non tanto ai
"professionisti" dell'ecumenismo - vescovi,
pastori, teologi - quanto ai fedeli in dialogo. Verrebbe
quasi da dire ai "fedeli normali", io e te e il
vicino, i cristiani che operano dal basso per un
avvicinamento tra le chiese. "Si parla da qualche
tempo di ecumenismo di popolo - mi dice un pastore
luterano della Germania -, ma spesso questa del
"popolo" resta una categoria astratta. Qui
posso dire che invece l'ho visto, l'ho conosciuto, l'ho
apprezzato, ci ho parlato". D'altronde, va
sottolineato, gli stessi promotori dell'incontro di
Strasburgo per la firma della Charta Oecumenica avevano
invitato i cristiani europei ad animare, proprio in
coincidenza con l'appuntamento in Alsazia, dei momenti di
preghiera e di comunione "alla base".
Quest'ecumenismo della vita, di popolo, non ha le tinte
di un fumoso New Age nato in ambiente cristiano: non è
fatto di sentimenti e rimozioni. Ha un suo motore, un suo
segreto: Gesù crocifisso e abbandonato, uno dei cardini
della spiritualità dell'unità. Proprio di questo ha
parlato un terzetto di teologi, due cattolici (Joan Pavi
Back, inglese, e Hubertus Blaumeiser, tedesco) e uno
riformato (Stefan Tobler, svizzero), tutti e tre membri
del centro studi dei Focolari, la sempre più nota Scuola
Abbà.
Da diversi punti di vista, hanno evidenziato come nel
momento dell'abbandono, Gesù abbia preso su di sé ogni
divisione, quindi anche quelle che sarebbero sorte
all'interno del suo gregge, della sua stessa chiesa. Una
base teologica e scritturistica, quindi, ma ancor prima
vitale. "Ho trovato che l'intervento dei tre teologi
sia stato un esempio di come la teologia debba essere al
servizio della comunità", ha commentato un
cristiano siro-ortodosso.
E in che modo si esprime un ecumenismo basato su Gesù
abbandonato? Come egli ha assunto su di sé tutte le
divisioni per dare l'unità a noi, non può che essere -
come è emerso a più riprese durante il convegno, nelle
parole e nei fatti - uno "scambio di doni". Se
Chiara Lubich ha confessato di immaginare la chiesa
finalmente unita come "un'unica chiesa in cui
confluiscono tutte le diverse tradizioni, purificate,
rese essenziali, in comunione", la ricchezza di ogni
chiesa non può che essere messa in comune, non può che
diventare un dono per le altre tradizioni.
"Nel 1997, in occasione del primo convegno ecumenico
internazionale dei Focolari - hanno detto in conclusione
i responsabili del Centro Uno, Gabriella Fallacara e
Angelo Rodante -, ci si era lasciati con un triplice
invito: vivere vivere vivere. Ora questo ripetuto slogan
si è tramutato in: amare e realizzare. Per far cosa? Per
crescere insieme, per vivere l'ecumenismo di Gesù, per
crescere nel dialogo della vita in una spiritualità di
comunione". "Crescere insieme in una
spiritualità di comunione per l'ecumenismo del III
Millennio" era del resto il sottotitolo del
convegno.
"Difficile cammino, quello ecumenico, che può
avanzare solo col contributo dello Spirito Santo",
mi ha detto un ortodosso russo, al secolo musicista jazz.
"Ma sono ottimista", ha voluto concludere,
riprendendo la fiducia trasmessa della stessa Chiara
Lubich nel suo intervento. Un ottimismo che deriva anche
dall'esperienza quarantennale dei Focolari, spinta da un
carisma dello Spirito Santo in azione.
Quali ricchezze?
Nel corso del convegno di Castelgandolfo, dalle
testimonianze dei cristiani di diverse chiese e comunità
ecclesiali è emerso come il dialogo della vita, il
dialogo del popolo, non sia costituito semplicemente
dall'amore reciproco, senza conseguenze: già comincia lo
"scambio di doni". Ma quali?
Le Chiese ortodosse e le antiche Chiese orientali portano
l'amore come elemento centrale del cristianesimo, e la
vita da esso generata. Queste chiese hanno mantenuto un
forte attaccamento alla tradizione apostolica e ai Padri
della chiesa. Luterani ed evangelici da sempre danno
invece un primato indiscusso alla Parola di Dio, sia
nella vita quotidiana che nel culto. Gli anglicani - al
cui interno convivono 38 chiese e province - sono da
parte loro apparsi oltremodo attirati dal vivere in unità.
I battisti hanno evidenziato il vivere il battesimo che
lega tutti i cristiani, sacramento vincolo dell'unità. I
metodisti, invece, hanno sottolineato e donato il loro
"metodo" per santificare la vita cristiana e
vivere il Vangelo.
I seguaci delle Chiese riformate hanno messo in rilievo
la presenza di Gesù tra i suoi. I cattolici, infine,
hanno portato il loro impegno a cercare di vivere come
una chiesa-comunione, a tutti i livelli.
Germogli di nuova qualità
In risposta al messaggio del convegno di Castelgandolfo,
da Strasburgo è giunta una lettera firmata dal
metropolita Jérémie (Kek) e dal cardinale Vlk (Ccee).
"Sentiamo la forza della comunione e della preghiera
di tantissime persone e comunità. Questo ci dà
sicurezza che il nostro incontro e la firma della Charta
Oecumenica sono benedetti da Dio e porteranno i frutti
che lui pensa. Siamo grati per il fatto che ognuno di voi
presente a Castelgandolfo sarà sempre più un
protagonista della riconciliazione e contribuirà alla
messa in pratica della charta, per la crescita della
collaborazione fra le chiese. Siamo grati di essere
insieme a voi in questa straordinaria e divina avventura
dell'unità. Ci sembra stiano spuntando germogli di nuova
qualità nel giardino ecumenico".
[*]
Fonte: Città Nuova