Evangelici e Strasburgo
CHARTA OECUMENICA:
UNA GRANDE SFIDA PER IL FUTURO
DELL'ECUMENISMO
INTERVISTA a Gianni Long, Presidente delle Chiese evangeliche in Italia FCEI
[*]
Prof. Long, come valuta nel complesso la Charta
Oecumenica, firmata a
conclusione dell'Incontro ecumenico di Strasburgo?
Si tratta di un documento certamente positivo. Si tratta
del frutto di compromessi tra posizioni diverse; ma credo che rinviarlo
ancora - in attesa del meglio - avrebbe significato confessare che le
tre grandi "famiglie" cristiane europee non hanno nulla da
dire insieme. Invece, hanno detto con la Charta Oecumenica una serie di cose
importantissime: hanno riconosciuto insieme il diritto di libertà
religiosa dei singoli e delle
altre confessioni, anche delle cosiddette
"sette"; hanno insieme ripudiato
il nazionalismo e il razzismo; hanno insieme riconosciuto
che uno speciale
rapporto comunitario li lega agli ebrei e
contemporaneamente aperto
all'Islam. Si tratta di affermazioni fondamentali; e a
Strasburgo ho potuto
verificare che talune di queste affermazioni sono
tutt'altro che pacifiche
all'interno di molte chiese. Per cui la Charta è
una grande sfida
per il
futuro e non solo la registrazione di cose su cui
l'accordo c'è da tempo.
Quale "clima" si respirava a Strasburgo durante
questo importante incontro
ecumenico?
Ho avuto occasione di dire di recente che a Strasburgo ho
respirato una
boccata d'aria di ecumenismo europeo: in effetti il clima
ecumenico di
molti paesi europei è
più avanzato di quello italiano.
Non è
un caso che
il testo base della Charta Oecumenica sia stato redatto
in tedesco. La
Germania - e la Svizzera dove hanno sede sia la KEK sia
il Consiglio delle
conferenze episcopali cattoliche - sono il centro
dell'ecumenismo europeo,
paesi in cui non esistono maggioranze religiose, ma dove
tutte le chiese
sono minoranze, più o meno
consistenti. Ciò spinge a confrontarsi
continuamente con l'altro a tutti i livelli. I paesi dove
esiste una
confessione dominante (cattolica al sud, protestante al
nord, ortodossa
all'est) sono molto meno interessati all'incontro di
persone, ma semmai ad
una "diplomazia" di alti vertici delle chiese.
Strasburgo non è stato un
incontro di massa, come Basilea o Graz. è
stata una
occasione per
incontrare molte figure autorevoli del cristianesimo
europeo (in
particolare dell'episcopato cattolico, data la
coincidenza con la riunione
plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali). Ma
la presenza di un
buon numero di giovani ha un po' sconvolto lo schema
"verticistico". Anche
i giovani erano espressione di organizzazioni
ecclesiastiche; ma la loro
presenza a tutti i tavoli di discussione non ha permesso
un sistema di
bilanciamenti che talora congela gli incontri ecumenici.
E in Italia? Quali sono le prospettive del dialogo
ecumenico?
L'Italia è
certo uno di quei
paesi in cui l'ecumenismo non è
l'interesse
fondamentale delle chiese. La chiesa cattolica - ce lo
siamo sentiti
ribadire anche in coincidenza con l'incontro di
Strasburgo - continua a
ritenere di rappresentare più del
99 per cento dei cittadini italiani e
che quindi il dialogo con le altre chiese cristiane conti
poco. E le altre
chiese cristiane italiane hanno un naturale atteggiamento
difensivo: è
importante non "appiattirsi" sulla chiesa
maggioritaria. Io spero che la
Carta ecumenica possa importare in Italia un clima più
europeo. L'Europa
unita non ha una religione dominante: è
in questo senso come la Svizzera o
la Germania. Credo che parlare in tutte le sedi della
Carta Ecumenica possa
essere un buon contributo al dialogo tra le chiese
italiane, ma anche a
rendere più
europei tutti i nostri concittadini, anche
quelli che non si
riconoscono in nessuna chiesa cristiana.
[*]
Fonte: we-are-church