Charta Oecumenica
Cosa è avvenuto a Strasburgo
5/4/01- SPECIALE ecumenismo
A Strasburgo una boccata di gioventù [*]
Peter Forst
La novità dello scenario che ci stava di fronte non si è
svelata subito. Nell'emiciclo ampio e luminoso dell'aula
universitaria di Strasburgo erano stati sistemati 25
tavoli, ad ognuno dei quali avevano trovato posto otto
persone. Solo ad un secondo sguardo ci si è cominciati a
meravigliare, quando si è riusciti ad individuare meglio
i protagonisti dei colloqui che si stavano svolgendo:
vescovi cattolici, tra cui qualche cardinale,
rappresentanti delle Chiese ortodosse e responsabili -
uomini e donne - delle Chiese evangeliche e anglicane. E
tra di loro, con grande naturalezza, diversi giovani. Un
cartello indicava la lingua parlata in ogni tavolo:
inglese, francese, tedesco o italiano.
Non era poco quel che le Chiese in Europa si erano
proposte per questa settimana di Pasqua. Non erano
infatti soltanto le diverse chiese e comunità ecclesiali
che volevano dialogare nel corso del settimo
"Incontro ecumenico europeo", ma anche le
generazioni.
Durante la grande Assemblea ecumenica di Graz, nel 1997,
i delegati al di sotto dei trent'anni non avevano
superato neanche il 5 per cento. Questa volta, qui a
Strasburgo, i partecipanti giovani erano esattamente la
metà: ai cento dirigenti delle Chiese in Europa, si
erano infatti aggiunti altrettanti giovani. Per tre
giorni hanno potuto conoscersi, scambiare le loro
esperienze di fede e discutere sull'ultimo documento
delle Chiese in Europa, la cosiddetta "Charta
Oecumenica"
Sin dall'inizio si è potuto assistere ad una buona
anticipazione di come si sarebbe svolto questo dialogo
tra generazioni diverse: "Saremo in grado di
incontrarci alla pari?". A parlare era la trentenne
pastora rumena Elfriede Dörr che, con simpatica
disinvoltura, si rivolgeva al cardinale Karl Lehmann,
presidente della Conferenza episcopale tedesca. E ha
continuato: "Eminenza, lei è veramente pronto ad
ascoltare i sogni e le speranze dei giovani?".
Lehmann a nome dei suoi "colleghi dirigenti" ha
promesso di cogliere quella occasione per imparare dai
giovani come trasmettere un nuovo coraggio al dialogo
ecumenico.
In effetti si è riscontrata una notevole differenza tra
i giovani e gli adulti nell'approccio all'ecumenismo. Lo
si è potuto notare in vari momenti, nel corso di questi
giorni. I giovani puntavano sull'incontro diretto ed
immediato, e richiedevano agli adulti una testimonianza
personale di fede. E lo hanno fatto alle volte - come ha
notato lo stesso cardinale Lehmann - in modo "quasi
spietato".
D'altra parte i giovani avevano anche il bisogno di
"rispecchiarsi" negli adulti, come commentava
la pastora Elfriede Dörr al termine dell'incontro. E si
è dimostrata d'accordo con il cardinale Lehmann quando
questi ha detto: "Ad un certo momento dobbiamo anche
superare il livello interpersonale ed entrare nella
comunità di fede, la chiesa, per confrontarci con la sua
storia e tradizione".
Il bilancio conclusivo di queste giornate intense lo
affidiamo a mons. Aldo Giordano, segretario generale del
Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee). È
positivo. "Sta crescendo una "generazione
ecumenica" - spiega - alla quale non importa più di
"rivendicare" per la propria tradizione il
"più possibile". Qui ho incontrato tanti, non
solo giovani, ai quali l'altro, le sue convinzioni e la
sua chiesa, importano almeno quanto sé stesso, le
proprie convinzioni e la propria chiesa. Su tale base
tutto è possibile". Questi giorni, sempre secondo
Giordano, hanno dimostrato quanto sia vera la promessa di
Gesù - che poi era anche il motto dell'incontro di
Strasburgo: "Io sono con voi tutti i giorni fino
alla fine del mondo". Conclude Giordano: "Senza
il suo intervento non si sarebbero potuti superare i
piccoli e grandi ostacoli prima e durante questo
convegno".
Che Strasburgo non fosse la fine ma l'inizio di un
processo, questa era la speranza di tutti i partecipanti,
e non solo. Tale speranza l'ha espressa con le sue parole
Maria, una giovane luterana slovacca, nel corso della
tavola rotonda finale, con un appello forte ai dirigenti
delle chiese: "Accompagnateci anche nel
futuro", ha esclamato. E, rivolgendosi ai suoi
coetanei: "Non molliamo le mani che ci sono state
tese. E quando - nonostante tutto - ciò accadrà,
corriamo allora dietro ai nostri vescovi, finché questi
si stancheranno".
Non una minaccia, ma una promessa: Perseveranti
Col microfono tra i giovani partecipanti all'assemblea di
Strasburgo.
Magdalena, ortodossa, Polonia: "Sono rimasta
sorpresa dall'apertura con la quale ci hanno trattato i
dirigenti delle diverse chiese. Ma anche la comunione tra
noi giovani è stata molto importante. Noi vogliamo
vivere per l'ecumenismo".
Marc, cattolico, Germania: "L'incontrarsi apre
grande possibilità. Lo vediamo dall'esempio del Ccee e
della Kek. I loro rappresentanti si conoscono anche da più
di trent'anni, e per questo hanno potuto smuovere tante
cose. Noi giovani abbiamo un altro approccio
all'ecumenismo; ma anche noi abbiamo bisogno
dell'incontro per far crollare i pregiudizi che ci sono
pure tra di noi".
Davide, valdese, Italia: "Ci siamo incontrati alla
pari, nonostante le responsabilità diverse".
Anne-Claire, cattolica, Svizzera: "L'ecumenismo ha
bisogno di gente perseverante. Io vorrei far parte di
questo "popolo di perseveranti"".
Dirk, evangelico, Germania: "La Charta descrive ciò
che in Germania è già possibile. Però anche da noi
molto di quanto scritto non viene realizzato, per
pigrizia. E la pigrizia è un grande nemico
dell'ecumenismo".
Valentine, cattolica, Francia: "Il dialogo diventa
molto più semplice quando uno non si ritiene tanto
importante. Una sana misura di umiltà può operare
miracoli".
Charta Oecumenica
Nei quattro giorni trascorsi a Strasburgo, le Chiese in
Europa hanno elaborato un documento in cui esse stesse si
sono date delle regole per la loro convivenza. Una
commissione mista della Conferenza delle chiese d'Europa
(Kek) - a cui appartiene gran parte delle Chiese
ortodosse, riformate, anglicane, libere e vecchio
cattoliche del continente - e del Consiglio della
conferenze episcopali d'Europa (Ccee) - l'associazione
delle 34 Conferenze episcopali cattoliche europee - aveva
steso una prima bozza della Charta, che nel luglio del
1999 era stato mandata alle diverse chiese. Delle loro
susseguenti annotazioni si era tenuto conto nella seconda
stesura, che il 22 aprile scorso è stata firmata a
Strasburgo dai presidenti delle due organizzazioni, il
metropolita Jérémie di Parigi ed il cardinale Miloslav
Vlk, arcivescovo di Praga. La Charta ha come sottotitolo:
"Linee guida per la crescita della collaborazione
tra le Chiese in Europa".
Il documento descrive i compiti ecumenici fondamentali, e
ne fa derivare una serie di impegni che le Chiese in
Europa vogliono far propri. Si tratta, ad esempio,
dell'impegno di rendere visibile l'unità già esistente,
la comune missione di evangelizzare l'Europa ed il
desiderio delle chiese che il continente cresca sul
fondamento dei valori cristiani.
La serietà di questo impegno è stata sottolineata dal
fatto che l'assemblea di Strasburgo per un pomeriggio si
è incontrata nel palazzo del Consiglio d'Europa. In
quell'occasione sette partecipanti all'assemblea hanno
dato la loro testimonianza di come l'incontro con Gesù
Cristo li avesse portati ad assumere responsabilità nel
mondo civile ed ecclesiastico.
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Fonte: Città Nuova