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I neocatecumenali dicono che il Cammino “non
è né un'associazione, né un movimento, ma
«un'iniziazione cristiana postbattesimale per
adulti»”.
Ho studiato diritto canonico all'università, permettetemi di dare due spiegazioni in merito. Da un punto di vista pastorale, il Cammino Neocatecumenale può essere definito come si vuole. Cammino, movimento, gruppo, carisma, ogni definizione può descriverlo in modo più o meno splendido. Da un punto di vista giuridico – l'unica cosa che lo Statuto deve regolamentare – il Cammino è una associazione privata di fedeli. Infatti esistono due forme di associazioni di fedeli, nella Chiesa, secondo l'attuale codice (quello del 1983; prima era diverso): le associazioni pubbliche, che sono quelle istituite dalla Santa Sede per tutta la Chiesa o da un ordinario per la sua Diocesi, e le associazioni private, che sono costituite dai fedeli stessi (con o senza partecipazione del clero), e che possono essere o non essere riconosciute in un secondo tempo dall'autorità. Il Cammino Neocatecumenale, dal punto di vista giuridico, è precisamente un'associazione privata, essendo stato fondato da due fedeli, negli anni '60, e non essendo ancora stato approvato in via definitiva. È bene scindere le definizioni emotive e pastorali, da quelle giuridiche. Uno Statuto non può far diventare bianco quello che è nero o nero quello che è bianco. Dalle considerazioni fatte da alcuni neocatecumenali, risulta che il Cammino non può essere valido universalmente per tutti, o comunque capace di soddisfare tutti, ma solo chi è senza fede e necessita di un percorso di “riabilitazione”. Chi ha una fede matura non ha quindi bisogno del metodo neocatecumenale, e può tranquillamente vivere da cattolico. Resta da capire con che criterio i neocatecumenali qualificano una fede sufficientemente matura da non aver bisogno del Cammino... Per difendere il metodo neocatecumenale, gli aderenti affermano talvolta che c'è gente che si allontanerebbe subito a sentir parlare in modo chiaro di teologia, tradizione, esegesi, magistero, magari anche maledicendo. Ciò è tristissimo, ma non è mia esperienza (né di moltissimi altri che conosco) ed anzi, specialmente in chi era digiuno di pratica religiosa, sapere con esattezza certe nozioni di catechismo o di teologia o altro, era sempre di grande interesse. Tuttavia, se il parlar chiaro non sempre è efficace, io mi augurerei volentieri che la reiniziazione cristiana degli adulti del Cammino Neocatecumenale (che tuttavia giudico eccessivamente lunga) porti ad avere una padronanza ed una familiarità con la teologia, l'esegesi cattolica ed il magistero, e non rimanga a livello di “carismatismo”, come spesso è doloroso constatare. I neocatecumenali fanno spesso leva sull'approvazione degli Statuti del 2002. Ma l'approvazione degli statuti è da intendersi ad experimentum e scadrà nel giugno 2007. Essa riguarda solo gli statuti e non la prassi liturgica, il metodo catechistico, la metodologia pratica, né il contenuto dottrinale del direttorio catechetico che, come espresso testualmente nello Statuto approvato, necessita di una approvazione separata, che ad oggi ancora non è arrivata (né sono stati pubblicati i quattordici volumi del direttorio catechetico). Ricordo una conferenza dell'allora cardinale Ratzinger, del 1993, che trovai riportata su Chiesa Viva (una pubblicazione comunque ostile alla Chiesa cattolica stessa; al momento non ho disponibilità di altri riferimenti, ma mi attiverò per metterli in un secondo tempo), in cui, ad una domanda di un fedele riguardo alle dottrine contenute nei “mamotreti”, il porporato rispondeva: «Ci è stato assicurato che il contenuto del direttorio non espone alcun elemento dottrinale che sia differente dal catechismo, ma che esso è solo la descrizione di una prassi metodologica. Spero tuttavia, con l'aiuto di Dio, che si possa venire ad una soluzione, dei problemi che ci pongono questi “orientamenti”». È triste notare che molti aderenti al Cammino Neocatecumenale, non so con quali finalità, hanno affermato contro ogni evidenza che l'approvazione degli statuti implicava l'approvazione della liturgia (che è stata definitivamente proibita con la lettera di Arinze del 1' dicembre 2005) e del direttorio (che a tutt'oggi è indicato come ancora da verificare). Sottolineo che gli Statuti del Cammino sono molto stringati ed essenziali e di fatto non dicono nulla di importante, se non una generica descrizione della associazione privata di fedeli, denominata Cammino Neocatecumenale, prospettando rose e fiori nel rapporto con la gerarchia ecclesiastica (resta da vedere come e quanto verrà davvero applicato dai neocatecumenali). Non vi sono descritte le pratiche, non vi sono descritti i riti, ma solo alcune regole generali e le regole che si osservano nelle elezioni dei catechisti e del governo interno. Come in tutti gli statuti delle associazioni, insomma. Sulle confessioni pubbliche, occorre purtroppo dare torto a quelli che ne presentano un'immagine edulcorata e blanda. Il termine confessione non indica il sacramento della “riconciliazione”, bensì una parte di esso, ossia la semplice accusa dei peccati (totale o parziale) che viene effettuata sulle domande incalzanti dei catechisti di fronte a tutta la comunità in occasione degli 'Scrutini'. Secondo san Tommaso d'Aquino (nella terza parte della Summa Theologica) è sempre possibile “confessarsi”, indipendentemente dal sacramento della penitenza o riconciliazione. Egli dice addirittura che tale pratica, sebbene non sostituisca il sacramento, può essere utile ad esempio in punto di morte, per suscitare la contrizione perfetta, del moribondo che non possa altrimenti accedere al sacerdote (solo il sacerdote può amministrare l'assoluzione). A proposito degli “scrutini”: spesso i neocatecumenali affermano che gli “scrutini” del Cammino sarebbero uguali al RICA (Rito dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti), ma ciò è falso. Va anzitutto detto che nel Cammino si rispetta solo la struttura del RICA (con tre “scrutini”, consegna e riconsegna del Simbolo e del Padre Nostro), ma non il contenuto. Il RICA, come “scrutinio”, intende semplicemente una preghiera, durante la Messa, che comprende una invocazione, un esorcismo con alcuni responsori, e il congedo del catecumeno. Conosco bene questo rito, giacché vi ho partecipato in Roma. Il tutto è durato poco, assai brevemente, solo il tempo delle preghiere e di un piccolo fervorino del sacerdote. Non è affatto identico alla prassi neocatecumenale. A quanto risulta dalle testimonianze dirette e dalla lettura dei vari testi del Cammino, invece, ci sono parecchie aggiunte agli “scrutini” neocatecumenali. Ad esempio la pratica di svolgere questionari e di essere interrogati sugli stessi, con il cosiddetto “obbligo” di rispondere. Spiace dirlo, ma una simile pratica è una forma di confessione pubblica poiché chi è sorteggiato a leggere le sue risposte accusa i propri peccati. Varie sono le giustificazioni addotte: ad esempio che tale metodo rende i membri più legati alla comunità e aumenta la fratellanza e la vicinanza (ma sono gli stessi argomenti per qualificare un comportamento settario: se tutti conoscono i miei peggiori peccati, se mi allontano dalla comunità potrebbero vendicarsi facendoli conoscere). Altri hanno detto in tono accusatorio che chi ha vergogna di riconoscersi peccatore di fronte ai fratelli è un cattivo cristiano, e non ha compreso il valore ecclesiale del sacramento della penitenza che, stando agli insegnamenti della Hernández:
Queste idiozie, in voga negli anni '70
presso liturgisti eretici come Bouyer, hanno
avuto il demerito di aver spostato la teologia
dell'ecclesialità dal concetto di «Corpo
Mistico», al concetto di «assemblea».
Tristissime sono le parole della Hernández,
laddove critica la confessione auricolare,
come forma di “privatizzazione del
sacramento” che come tale avrebbe da essere
(secondo lei) comunitario. Ma ciò è un grave
errore: il sacramento è «ecclesiale», non
«comunitario», cioè è celebrato dalla
Chiesa attraverso il ministro che agisce in
persona Christi, ossia nella persona del
capo della Chiesa, e delle membra tutte a lui
congiunte. Un sacramento celebrato da una o
due sole persone (una messa “privata”, una
confessione auricolare) ha il medesimo grado
di ecclesialità di un sacramento celebrato di
fronte ad un milione di persone (come la Messa
al Marienfeld). La motivazione è semplice: il
celebrante è sempre Cristo, ossia tutto il
corpo mistico.
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Pagina inserita 18 luglio 2006 |