Come i neocatecumenali
snaturano
Sacerdozio e Riconciliazione
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anche dalle testimonianze pervenute sul Weblog alle quali, per la rilevanza degli
argomenti, abbiamo ritenuto dare questo spazio
dedicato.
[v. anche Documento più recente:
I
Sacerdoti nel Cammino NC e nei confronti
della Chiesa
Sul Sacerdozio...
Voglio parlare di un'altra
questione, alla quale è bene allargare lo
sguardo per proseguire nell'analisi che avete
iniziata e che penso sia il caso di
approfondire per il bene di molti, ma
soprattutto per fare verità nella Chiesa... [vedi
anche Seminari R.M.]
Non si è ancora ben evidenziato il fatto che nelle
comunità neocatecumenali al presbitero viene
di solito riconosciuta o quasi
"concessa" solo la dimensione
cultuale e funzionale dell'ordine sacro,
mortificandolo se non addirittura privandolo
della sua connaturale dimensione
giurisdizionale che - come ben sappiamo - è
parte integrante e costitutiva dell'ordine
stesso. È il catechista
infatti che, per mandato di Kiko,
si appropria indebitamente della potestà
giurisdizionale propria del sacerdozio
ministeriale.
Avete presenti le 'confessioni pubbliche',
estorte dai catechisti nei cosiddetti
"scrutini", alle quali il
presbitero assiste, ma non nella sua funzione
di amministrare il sacramento della
riconciliazione, anzi deve assoggettarvisi
anche lui?
C'è da chiedersi: quale consonanza c'è con la
"Lumen Gentium", la quale precisa che
i sacerdoti "nelle singole comunità
locali di fedeli rendono, per così dire,
presente il vescovo, (...) santificano e
governano la porzione di gregge del Signore
loro affidata" (n. 28; Ev 1/355)?
A proposito del sacerdozio,
mi riferisco a quanto viene già annunciato
nelle prime catechesi (anche con schemi e
lavagne), e cioè il considerare la gerarchia
ecclesiale, – e in particolare il sacerdozio
ordinato – come non indispensabili,
illustrando la nuova idea di chiesa, nella
quale la parrocchia ormai alla deriva va
sostituita da non meglio chiarite cellule
comunitarie. Viene enfatizzato il sacerdozio
dei fedeli anche negando le validità delle
celebrazioni in assenza dell'Assemblea (questo
insegna Kiko). Se è vero che ogni cristiano è
'sacerdote, profeta e re' è altrettanto vero
che solo il Sacerdote ordinato può agire in
persona Christi nella Consacrazione, la
quale è valida anche se per una qualunque
ragione non vi partecipa nessuno! (questo
insegna la Chiesa)
C'è ancora molto da dire sul sacerdozio
ordinato e sul sacerdozio dei fedeli come
traspare dal resto della predicazione e come è
inteso nella Chiesa. La visione della Chiesa sul
sacerdozio appare molto chiara ed esplicita in
questo:
Estratto
da: CEI - Lettera ai Laici 27.3.2005
Il Signore Gesù è presente nella
sua Chiesa, che ne è come il sacramento, segno
visibile e rivelatore. In quanto tale – ci
ricorda il Concilio Vaticano II – «la Chiesa
prega e insieme lavora perché la pienezza del
mondo intero sia trasformata in popolo di Dio,
in corpo del Signore e in tempio dello Spirito
Santo». Ci ricorda pertanto la prima lettera
di Pietro: «Stringendovi a lui [il Signore],
pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta
e preziosa davanti a Dio, anche voi venite
impegnati come pietre vive per la costruzione
di un edificio spirituale, per un sacerdozio
santo, per offrire sacrifici spirituali graditi
a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1Pt 2,4-5)
Per realizzare tale grandioso progetto, Cristo
ha fatto del nuovo popolo di Dio “un regno di
sacerdoti”: ha rivestito di “sacerdozio
ministeriale” i pastori, ai quali ha affidato
il compito di formare e dirigere tale popolo, e
ha partecipato il “sacerdozio regale”, o
comune, a tutti i battezzati, affinché
esercitino il culto spirituale e operino per la
salvezza degli uomini. «Sono elementi propri
dell’originaria struttura inalienabile della
Chiesa l’apostolo e la comunità dei fedeli,
che si corrispondono tra loro in mutua
connessione sotto il Cristo capo e l’influsso
del suo Spirito».
Si può dire pertanto che il sacerdozio
ordinato dei pastori è finalizzato a far
emergere e rendere operante il sacerdozio
regale di tutti i fedeli; e il sacerdozio
regale dei fedeli sussiste ed è autentico in
quanto è congiunto al sacerdozio gerarchico,
la cui pienezza risiede nel Vescovo
«dispensatore della grazia del supremo
sacerdozio». «Mancando la presenza e l’azione
di quel ministero che si riceve mediante l’imposizione
delle mani e con la preghiera, la Chiesa non
può avere la piena certezza della propria
fedeltà e della propria continuità
visibile».
La distinzione di grado e di funzione, quindi,
non significa che nella Chiesa vi sia una zona
riservata all’opera dei pastori e una
riservata all’opera dei laici. L’azione
pastorale è affidata alla Chiesa particolare;
«ad essa, nella comunione dei suoi membri
sotto la guida del Vescovo, è dato il mandato
di annunciare il Vangelo», con compiti e
responsabilità distinte e complementari per
pastori e laici. Così pure l’azione
pastorale nell’ambito secolare è altrettanto
condivisa fra tutti i membri della Chiesa,
anche se questa è ambito peculiare dei laici.
E,
ancora, la visione delle Chiesa in questo
estratto da: Giovanni Paolo II (Plenaria della
Congregazione per il Clero, 15 ottobre 1998)
Il presbitero è anzitutto guida
del popolo a lui affidato. La struttura della
Chiesa trascende sia il modello democratico che
quello autocratico, perché si fonda sull'invio
del Figlio da parte del Padre e sul
conferimento della missione attraverso il dono
dello Spirito Santo ai Dodici e ai loro
successori (cfr. Gv 20, 21). , questo
l'insegnamento già presente in Presbyterorum
Ordinis, là dove il Decreto conciliare tratta
"dell'autorità con cui Cristo fa
crescere, santifica e governa il suo
popolo" (cfr. 2). E questa un'Autorità
che non ha origine dal basso e che non può,
quindi, essere autonomamente definita nella sua
estensione ed esercizio da nessun consesso di
base.
Il presbitero è, poi, in unione con il suo
Vescovo maestro della Parola. Ne è maestro,
essendone prima servo (cfr. PO 4). Tutti i
fedeli, in forza dei sacramenti
dell'iniziazione cristiana, sono chiamati ad
evangelizzare, secondo il proprio stato di
vita, ma il ministro ordinato compie tale
missione con un’autorevolezza e una grazia
che gli pervengono non dalla pur necessaria
scienza e competenza, ma dall'ordinazione (cfr.
PDV 35).
Il presbitero è, infine, ministro dei
sacramenti. Infatti non si può dare autentica
evangelizzazione che non tenda a sfociare nella
celebrazione dei sacramenti. Non può, dunque,
esserci evangelizzazione che non sia orientata
verso tale celebrazione (cfr. PO 5).
Dal
Discorso di Giovanni Paolo II ai Sacerdoti
delle comunità neocatecumenali il 9.12.1985
Gli
obiettivi che si propongono le vostre Comunità
neocatecumenali corrispondono certamente ad uno
degli interrogativi più angosciosi dei pastori
di anime di oggi, specialmente nei grandi
agglomerati urbani. Voi intendete raggiungere
la massa di battezzati adulti, ma poco istruiti
nella fede, per condurli, attraverso un cammino
spirituale, a riscoprire le radici battesimali
della loro esistenza cristiana e per renderli
sempre più consapevoli dei loro doveri. In
questo cammino l'opera dei sacerdoti rimane
fondamentale. Di qui la necessità che sia ben
chiara la posizione che a voi spetta come guide
delle Comunità, affinché la vostra azione sia
in sintonia con le reali esigenze della
pastorale.
La
prima esigenza che vi s'impone è di sapere
mantener fede, all'interno delle Comunità,
alla vostra identità sacerdotale. In virtù
della sacra Ordinazione, voi siete stati
segnati con uno speciale carattere che vi
configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter
agire in suo nome (cfr. Presbyterorum
Ordinis,
2). Il ministro sacro quindi dovrà essere
accolto non solo come fratello che condivide il
cammino della Comunità stessa, ma soprattutto
come colui che, agendo "in persona Christi",
porta in sé la responsabilità insostituibile
di Maestro, Santificatore e Guida delle anime,
responsabilità a cui non può in nessun modo
rinunciare. I laici devono potere cogliere
queste realtà dal comportamento responsabile
che voi mantenete. Sarebbe un'illusione credere
di servire il Vangelo, diluendo il vostro
carisma in un falso senso di umiltà o in una
malintesa manifestazione di fraternità.
Ripeterò quanto già ebbi occasione di dire
agli Assistenti Ecclesiastici delle
Associazioni Internazionali Cattoliche:
"Non lasciatevi ingannare! La Chiesa vi
vuole sacerdoti, e i laici che incontrate vi
vogliono sacerdoti e niente altro che
sacerdoti. La confusione dei carismi
impoverisce la Chiesa, non la arricchisce"
(Discorso del 13 settembre 1979, n. 4:
Insegnamenti 1112 (1979], p. 1391).
Altri punti - guarda caso
non evidenziati nel documento pubblicato in un
sito neocatecumenale, a differenza di altri -
del discorso di Giovanni Paolo II 18.3.2004 ai
superiori a agli alunni del Seminario
Redemptoris Mater di Roma:
Per ottenere questi
positivi risultati è fondamentale aver sempre
chiare, nel vostro itinerario formativo, la
natura e le caratteristiche del sacerdozio
ministeriale, come sono illustrate dal Concilio
Vaticano II e poi dall'Esortazione apostolica
post-sinodale Pastores dabo vobis . Il
sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio
ministeriale sono infatti ordinati l'uno
all'altro e intimamente collegati, partecipando
entrambi, ciascuno a proprio modo, all'unico
sacerdozio di Cristo. Differiscono però
essenzialmente e non solo di grado (cfr Lumen
gentium , 10). In virtù del sacramento
dell'Ordine i presbiteri sono configurati
infatti in modo speciale a Gesù Cristo come
Capo e Pastore del suo popolo e al servizio di
questo popolo devono - a somiglianza di Cristo
- spendere e donare la loro vita. Proprio perché
rappresentano sacramentalmente Gesù Cristo
capo e Pastore, sono dunque chiamati a
presiedere, in stretta comunione con il
Vescovo, le comunità loro affidate, secondo
ciascuna delle tre dimensioni - profetica,
sacerdotale e regale - in cui si articola
l'unica missione di Cristo e della Chiesa (cfr Pastores
dabo vobis , 12-16). Carissimi seminaristi,
attenendovi a questa solida dottrina nella
vostra formazione e poi nell'esercizio
quotidiano del ministero presbiterale potrete
vivere gioiosamente la grazia del sacerdozio e
assicurare un servizio autentico e fecondo alla
Diocesi di Roma e alle Chiese sorelle in cui
verrete inviati. La preghiera, lo studio, la
vita comunitaria, ben armonizzati nel progetto
formativo e messi in pratica con fedeltà e
generosità nell'esistenza concreta del vostro
Seminario, sono le vie attraverso le quali il
Signore scolpisce in voi, giorno dopo giorno,
l'immagine di Cristo Buon Pastore.
[..]
La vostra concreta destinazione compete infatti
al Vescovo, che ha a cuore sia le necessità
della propria Diocesi sia le esigenze della
missione universale. Affidandovi in
atteggiamento di fiduciosa e cordiale
ubbidienza alle sue decisioni voi troverete la
vostra pace e serenità interiore e potrete in
ogni caso esprimere il vostro carisma
missionario, dato che anche qui a Roma la
pastorale è, e dovrà essere sempre più,
caratterizzata dalla priorità
dell'evangelizzazione. 5. Carissimi Superiori e
alunni del Seminario " Redemptoris Mater
" di Roma, guardate sempre con gli occhi
della fede la vostra vita, la vostra vocazione
e la vostra missione.
Non è una strategia saggia
quindi quella di adottare, come nel cammino NC,
piani che assumono come normale, ritenendola la
più valida, una comunità senza un sacerdote
pastore (ogni comunità NC ha invece come guide
i 'catechisti', ai quali anche il sacerdote,
utilizzato solo per la consacrazione, deve
essere sottoposto).
Il sacerdozio regale dei laici non deve venir
incoraggiato oscurando il sacerdozio
ministeriale degli ordinati, grazie al quale i
sacerdoti non solo celebrano l’Eucaristia, ma
sono anche padri spirituali, guide e maestri
dei fedeli che sono stati loro affidati.
Lo sviluppo di quello che anche nella Chiesa
viene comunemente definito "ministero dei
laici" è certamente un risultato positivo
e fecondo del rinnovamento avviato dal Concilio
Vaticano II. Particolare attenzione La Chiesa
accorda alla formazione spirituale e dottrinale
di tutti i ministri laici. In ogni caso essi
devono essere uomini e donne di fede, esemplari
nella vita personale e familiare, che con amore
abbracciano "il pieno e integrale annuncio
della Buona Novella" (Reconciliatio et
paenitentia, n. 9) trasmessa dalla Chiesa.
Ci sono chiare direttive anche diocesane per la
formazione iniziale e permanente dei laici, che
sono ufficialmente coinvolti nella vita
parrocchiale e diocesana e non agiscono
nell'ambito ristretto e 'chiuso' di una
comunità parcellizzata all'estremo come nel
cammino NC. Ma le direttive devono essere
correttamente applicate, e questo costituisce,
oggi, una sfida, laddove le parrocchie sono
contrassegnate dalla presenza di comunità
neocatecumenali.
Non basta infatti aver ascoltato le catechesi
di Kiko e aver avuto da lui (che non è un
Vescovo di Santa Romana Chiesa!) mandato di
trasmetterle come catechisti neocatecumenali,
per svolgere il compito dell'annuncio e
dell'evangelizzazione, che nel cammino assume
tra l'altro modalità e accentuazioni del tutto
avulse dagli insegnamenti della Chiesa e di
evidente carattere 'settario'.
Di questo soprattutto i Dicasteri Vaticani
interessati dovrebbero prendere consapevolezza,
oggi!!!
Sulla Riconciliazione...
Guardiamo da vicino la
predicazione di Carmen Hernandez sulla
riconciliazione. (Le citazioni sono prese dagli
Orientamenti editi nel '72 a Madrid per le
équipes di catechisti)
"Non è per parlarne alle persone tutto quel
che dirò, ma perché possa servire come
canovaccio, come base per gli innumerevoli
problemi che possono presentarsi con le
persone. Servirà ad evitare complicazioni,
perché il questionario sulla Penitenza si
presta a molte discussioni con le persone (p.124)"
È evidente,
attraverso questa frase iniziale di Carmen, che
i suoi ascoltatori si sentiranno lusingati per
la confidenza loro dimostrata: sentiamoci “di
casa”, iniziati nei segreti del neocatecumenato.
Sono già separati e distinti dalla vil plebe,
che non ha diritto di saper tutto. La stessa
frase ha anche una finalità didattica, mirando
a consigliare i futuri “maestri” – i catechisti
– su come meglio operare.
"Non diciamo nulla alle persone di tutte
queste cose; semplicemente rivalutiamo il
valore comunitario del peccato, la sua natura
sociale, il potere della Chiesa, ecc. (p.137)"
Perché il segreto? Perché ella è consapevole
che la dottrina che espone è contraria a tutto
quello che ha sempre insegnato la Chiesa
cattolica e che i cattolici in genere
conoscono. Il segreto del neocatecumenato
deriva dalla consapevolezza dei suoi
responsabili di predicare una dottrina che non
è cattolica.
"La Chiesa primitiva considerava peccato
mortale quasi unicamente l’apostasia, ossia, la
negazione del cammino o l’uscita da esso,
perché l’uomo durante il Cammino è debole e
cade, ma senza uscire dal Cammino (…) Per
questo la Chiesa primitiva non pone l’esame di
coscienza al termine del giorno, come fu più
tardi introdotto dai Gesuiti, ma invece al
mattino al momento di alzarsi, perché
convertirsi è porsi davanti a Dio quando si
comincia a camminare” (p.128) "
(Quindi nessuna riflessione né
responsabilizzazione sul comportamento tenuto…)
I cristiani della Chiesa primitiva correvano il
rischio di morire nell’arena, nel caso non
cedessero all’apostasia. Era quindi naturale
che questa fosse la loro grande prova, la
grande tentazione: quella di divenire apostati.
Questo era il loro rischio maggiore più che
qualsiasi altro peccato e da qui l’importanza
del problema. Ma ciò non significa che i
cristiani delle catacombe considerassero, ad
esempio, l’adulterio un peccato lieve.
Carmen sostiene che la Chiesa primitiva aveva
una nozione di peccato totalmente diversa da
quella attuale, e per questo la concezione del
Sacramento della Penitenza doveva
necessariamente essere diversa...
"Dobbiamo spiegare un
poco come con Costantino si entrerà nella
Chiesa delle masse, perdendosi quindi la
sensibilità della comunità. Non si vede più una
comunità che cammina in costante conversione
sotto gli impulsi dello Spirito Santo. Vediamo
persone che peccano individualmente che sono
assolte individualmente e, in seguito, vanno a
comunicarsi... Ma tutta una comunità in
conversione, che si riconosce peccatrice non la
vediamo (p.145)"
E, successivamente, mette in opposizione due
Chiese, quella sacramentale (prima di
Costantino) e quella giuridica (dopo
Costantino), che istituzionalizzandosi diviene
giuridica, nella quale il peccato diventa
violazione della legge che esige una punizione
legale...
Conoscete qualcosa di più falso? Anche se nel
secolo scorso può essere invalso un certo "giuridismo"
siamo ben lontani da questa concezione di
peccato che, la Chiesa ci ha sempre insegnato,
è innanzitutto un opporsi a Dio... e causare la
nostra rovina. Invece per Carmen il peccato ha
sempre una valenza solo comunitaria
"Per questo la Chiesa
primitiva non pone l’esame di coscienza al
termine del giorno, come fu più tardi
introdotto dai Gesuiti, ma invece al mattino al
momento di alzarsi, perché convertirsi è porsi
davanti a Dio quando si comincia a camminare (p.128)
"
Mi sembra chiaro che eliminare l'esame di
coscienza al termine del giorno elimina il
senso di responsabilità e l'esame di quanto
operato concretamente nel bene e nel male,
mettendosi davanti al Signore e riconoscendo la
propria realtà.
All'inizio del giorno puoi fare dei propositi e
l'esame riguarda se mai la tua situazione e
certo non per lasciarla così com'è ma per
cercare di cambiarla con l'aiuto della Grazia
santificante che nel cammino non ha alcun
diritto di cittadinanza!
"Le persone si chiedono se è
possibile offendere solo Dio. La domanda è
posta così perché abbiamo una concezione
verticale del peccato, individualista: che
siamo noi che offendiamo, in maniera
particolare Dio, come se il peccato fosse
un'offesa a Dio, nel senso di rubare a Dio la
sua gloria. Accreditiamo l'ipotesi che possiamo
causare danno a Dio. La prima cosa che dobbiamo
pensare è che non si può causare danno a Dio.
Dio non può essere offeso nel senso di togliere
a Lui la gloria, perché allora Dio sarebbe
vulnerabile e non sarebbe più Dio (p. 140)"
Come teologa, davvero carente, Carmen non sa
che si distingue la gloria intrinseca di Dio -
invulnerabile, infinita e immutabile - dalla
gloria estrinseca di Dio, gloria che può essere
maggiore o minore, e che risulta diminuita a
causa dei peccati degli uomini. Per questo S.
Ignazio ha scelto per la Compagnia di Gesù il
motto "Ad maiorem gloriam Dei", affermando che
essa avrebbe dovuto lottare per la "Maggior
gloria di Dio".
Del resto, basta notare quanto il peccato in
qualche modo escluda dalle situazioni della
storia individuale e collettiva la "Presenza"
del Signore, basta vedere il vuoto e i drammi
umani e sociali di questo nostro mondo in cui
si è perso il senso del peccato. E purtroppo si
è perso il senso del peccato come
responsabilità individuale, perché è sempre una
mancata risposta alla chiamata costante di Dio
alla conversione e al progetto che ha per
ognuno di noi. Questo non esclude né un ambito
comunitario né la nostra responsabilità anche
nei confronti del prossimo; ma tutto è fondato
nel rapporto IO-TU che ogni creatura ha col suo
Signore, un rapporto che può anche arricchirsi
e dispiegarsi in ambito comunitario (ek-lesìa =
la Chiesa di coloro raccolti insieme in
comunione nel Signore) ma è un rapporto pieno e
profondo individuale, non di gruppo né in
simbiosi. Il Signore ha creato e vuole
relazionarsi con delle persone, non con dei
burattini
il Sacro Cuore di Gesù è un
cuore vivo, che gioisce per le cose belle che
facciamo e si rattrista per i peccati. In
questo senso, il peccato è un'offesa, eccome se
è un'offesa... oltre a offendere Colui che è il
Sommo Bene, rompe la comunione tra l'uomo e Dio
e quindi, senza mezzi giri di parole, offende
anche la dignità umana dal momento che l'uomo è
tempio del Dio vivente. Duplice offesa, quindi.
È ovvio che il
peccato ha anche una ripercussione sociale, ma
questa è una dimensione successiva, che non
sostituisce ma si va aggiungere a quella
individuale.
Lo stesso Gesù nel Vangelo
dice: "C'è più gioia nel cielo per un peccatore
che si converte che per 99 giusti che non hanno
bisogno di conversione". Dunque se c'è gioia,
va da sé che c'è anche tristezza se non
camminiamo nella retta via. Poi è ovvio che si
potrebbe discutere anche del fatto che ogni
peccato è un altro chiodo conficcato in quella
Croce e su quella croce Gesù non ha fatto salti
di gioia, mi pare, ma ha gridato, magari
pianto... sofferto per tanta indifferenza...
Come può non soffrire tuttora per i tanti
peccati che commettiamo?
Ricordiamo il grido di S.Francesco per i boschi
de La Verna: "L'Amore non è amato". Gridava a
squarciagola, e probabilmente soffriva anche
lui, dopo aver sperimentato quell'amore nella
sua vita.
"La celebrazione del
sacramento della Penitenza ha avuto nel corso
dei secoli uno sviluppo che ha conosciuto
diverse forme espressive, sempre, però,
conservando la medesima struttura fondamentale
che comprende necessariamente, oltre
all'intervento del ministro — soltanto un
Vescovo o un presbitero, che giudica e assolve,
cura e guarisce nel nome di Cristo — gli atti
del penitente: la contrizione, la confessione e
la soddisfazione." [Motu Proprio
Misericordia Dei
di Giovanni Paolo II]
Da notare che il Papa afferma che c’è stata
un’evoluzione nelle forme espressive della
celebrazione del sacramento, ma che la Chiesa
"ha conservato la medesima struttura
fondamentale del sacramento", che comprende: 1.
l’azione di un ministro che giudica e assolve;
2. l’azione del penitente che include la
contrizione, la confessione, la soddisfazione.
Secondo il Papa in questa struttura nulla potrà
mutare e la Chiesa così l’ha conservata; per
Carmen, ciò che si è evoluto è la concezione
che le persone hanno del sacramento, che è
ben diverso da quello che dice il Papa
È questa concezione
evolutiva della fede, dei dogmi e dei
sacramenti che fa del neocatecumenato il
movimento eretico modernista che è.
Sulla penitenza è ormai
noto che i neocatecumenali pongono l'accento
essenzialmente sulla confessione comunitaria e
pubblica dei peccati, piuttosto che sulla
confessione resa al sacerdote. In più nella
confessione (non sacramentale) ma comunitaria
che avviene duranti gli 'Scrutini' è il catechista, e non
il presbitero, ad interrogare ed a guidare
spiritualmente i membri del Cammino. Abbiamo
visto che Carmen afferma che "il
peccato ha solo una dimensione sociale e,
quindi, anche la conversione dovrà riguardare
la società. Secondo lei, l'offeso non è Dio
ma la Comunità, e quindi sarà la Comunità a
perdonare e ad assolvere. La cosa, però, non
è poi importante perché in Gesù siamo già
stati perdonati". Per i fondatori del
Movimento la dimensione reale del peccato è
quella sociale e mai quella individuale;
inoltre "per Kiko l'uomo sarebbe costretto
a peccare: la sua natura non gli permetterebbe
di compiere il bene. Sarebbe quindi vano ogni
suo sforzo di correggersi". Tra l'altro i
fondatori del Cammino hanno una concezione
radicalmente pessimista sulla possibilità
dell'uomo di evitare il male e di poter
scegliere liberamente nella loro vita, per cui
"secondo Kiko e Carmen, la conversione non
consiste tanto nel dispiacere d'aver offeso Dio
e nel proposito d'emendarsi, ma semplicemente
nel riconoscimento (anche pubblico) delle colpe
commesse e nella totale fiducia nella potenza
salvifica di Gesù Risorto. Di conseguenza non
avrebbe senso insistere sulla Penitenza perché
la Santità non è possibile.
I neocatecumenali sono soliti affermare, per
sostenere la loro attendibilità e soprattutto
difendersi dalle accuse di eresia, che "Kiko
non ha inventato nulla, lui ha solo preso
quello che di meglio - a suo giudizio - gli
dona la storia millenaria della Chiesa. Come
fà del resto ogni ordine religioso."
Falso: Kiko non ha preso quel che gli ha donato
la storia millenaria della Chiesa, l'ha
semplicemente riscritta, criticandola a morte
(leggendo i più volte citati
"Orientamenti" o ascoltando le
catechesi si evince proprio questo!)
Affermano i neocat che il sacramento della
riconciliazione fu istituito solo nel sec XIII
(il che è vero, ma non ne giustifica la
critica distruttiva); inoltre essi affermano
che il sacramento della Penitenza è solo
riconciliazione con la Chiesa e quindi non c'è
bisogno di assoluzione, ma basta sentirsi in
pace e in comunione coi fratelli, per cui la
confessione sacramentale è destinata a
scomparire. (Orientamenti pag. 177) Infatti è
la comunità che assolve: questo è il vero
significato del 'segno della pace'!
Questi sono gli insegnamenti della Chiesa?
In realtà Kiko fa una
storia della Confessione da un certo punto in
poi e respinge in modo deciso la Confessione
privata e arriva in alcuni punti a
beffeggiarla, a ironizzare sui confessionali
"casette di legno", "non ridete
perché questo è successo anche a me a
confessare ogni stupidaggine (riferendosi certo
ai peccati veniali). Si arriva addirittura a
fare della confessione una devozione per la
santificazione personale, cosa che giungerà
fino ai nostri giorni". C'è nelle
catechesi un punto in cui Kiko fa abboccare le
persone semplici col dire: "(...) le persone
pensano che perfino il confessionale fu
inventato da Gesù Cristo" (p.143)
La confessione così com’è
prevista, non va bene. Dice ancora Kiko
"Confessandoti ritorni tranquillo. La
confessione privata ci ha segnati in questo
senso. Ma il Catechismo della Chiesa Cattolica
nell’elencare gli effetti spirituali della
confessione dice che essa conferisce la pace e
la serenità della coscienza e la consolazione
spirituale. Se il peccatore non ha offeso Dio,
non ha neppure senso la contrizione, il dolore
personale. "Come è curiosa l’idea (v.
p. 174) di confessarsi prima di fare la
Comunione, e questo è durato fino ai nostri
giorni. Così abbiamo vissuto noi la
Confessione: per l’efficacia del
sacramento!". "Attualmente la
Chiesa non compare da nessuna parte ed è un
uomo che ti perdona i peccati".
Così Kiko non nega solo la
finalità del sacramento della Confessione, ma
anche il ruolo del ministro ordinato ed il
potere che gli è conferito nella persona di
Cristo. Nel Cammino i peccati passati, presenti
e futuri sono già perdonati in partenza. Ma
questo concetto non è cattolico!
Sostanzialmente Kiko
contesta la Confessione privata, la Confessione
di devozione, la direzione spirituale e la
Confessione come mezzo di santificazione: tutte
sciocchezze da superare. Si tratta solo di
accogliere questo perdono gratuito. "Ma
alla gente non dite nulla di tutte queste
cose"! La stessa frase ripeterà a
proposito della vendita dei beni personali che
porrà come condizione per continuare il
Cammino Neocatecumenale, per fare certi
passaggi e quindi per accedere alla Salvezza.
Kiko è cosciente di essere su un’altra
strada e raccomanda di non imbarcarsi per nulla
in questo discorso quando si parla con la gente
"perché creereste un mucchio di
problemi".
Tra i modi ricorrenti di
vivere la "confessione" è quella coram
populo dei propri peccati e delle proprie
debolezze che caratterizza ogni passaggio e che
indiscutibilmente è una scimmiottatura del
sacramento vero della confessione.
A partire da quest'ultimo punto, si può
senz'altro osservare che anche uno psicologo da
quattro soldi rispetta i 'tempi' di una persona
perché possa aprire il cuore e l'anima
(chiamiamolo pure inconscio o anche quella
parte consapevole che può essere problematica).
E c'è un pudore grande in ogni persona nello 'scoprirsi'!
Ma se facciamo fatica a farlo - quando facciamo
sul serio - anche cuore a cuore con il Signore!
Esecrabili quelle corali proclamazioni di
colpevolezza che sembrano giochi al massacro e
quasi quasi viene il dubbio che qualcuno per
non sentirsi da meno possa anche amplificare le
proprie colpe.
Si può ragionevole pensare che è sano tutto
questo?
Ricordo le raccomandazioni martellanti dei
catechisti prima delle penitenziali con
confessioni individuali: "Siate chiari e
sintetici, non vi perdete in chiacchiere,
confessate i vostri peccati con nome e cognome
e non allungate il discorso inutilmente!".
Ricordo il senso di vuoto che dopo tale
esortazione provavi accostandoti al presbitero
mentre l'assemblea cantava a squarciagola per
coprire le parole, la paranoia di un dialogo
che tutto poteva sembrare meno che
riconciliazione con Dio e con i fratelli.
Non possiamo non riconoscere contrario agli
insegnamenti della Chiesa quanto detto dai
catechisti.
PRIMO, perché la confessione non è l'elenco dei
peccati. Per confessarsi occorre innanzitutto
scrutare dentro di sé e saper riconoscere cosa
c'è dietro a quell'errore ricorrente (dico
'errore' anziché peccato, così attenuiamo anche
un po' quella cupa atmosfera di colpevolezza,
ma senza voler sminuire la responsabilità). E
poi occorre guardare dentro di sé con gli occhi
della misericordia di Dio : il Signore ha detto
"non sono venuto per condannare, ma per
liberare"! Certo poi occorre anche la buona
volontà e l'aiuto del Signore, la preghiera, l'Eucarestia.
Ma ogni confessione è sempre una tappa
ulteriore nella conoscenza di noi stessi alla
luce della Parola e dello sguardo del Signore.
SECONDO, perché non allungare il discorso, che
invece significa tirar fuori i blocchi, i
problemi, le angosce in maniera razionale e
consapevole? E' proprio questo che aiuta a
crescere nella fede e come persone.
La confessione non è l'autoaccusa (ricordiamo
chi è l'accusatore?) ma il discernimento sereno
e consapevole della nostra realtà interiore che
si traduce in comportamenti e la ricerca delle
modalità per superare le difficoltà con la
nostra buona volontà, i consigli che riceviamo
dal sacerdote e l'indispensabile aiuto della
Grazia.
Poi forse troppo spesso dimentichiamo e certo
non ce l'insegnano i NC che la confessione
oltre alla CONFESSIO VITAE (la individuazione
delle difficoltà, delle cadute, ma anche delle
conquiste con l'aiuto della Grazia della
propria vita nella fede), in sostanza il
bilancio della nostra fatica ma anche della
nostra gioia di essere uomini e donne in
cammino!! è anche la CONFESSIO LAUDIS, il
riconoscimento e la lode per le meraviglie che
il Signore ha operato e opera nella nostra
vita!! Ed è infine CONFESSIO FIDEI, cioè della
fiducia che riponiamo nel Signore che è un
affidarsi, un corrispondergli...
la Chiesa non ha mai sollecitato, incoraggiato,
concesso in alcuna forma di celebrazione (Non
ne abbiamo riscontri nemmeno per la Chiesa
delle Origini o - come qualcuno spesso
impropriamente dice - per la Chiesa Primitiva)
la confessione o la testimonianza corale,
pubblica.
La Samaritana ritornando tra la sua gente dopo
la guarigione ottenuta gratuitamente al pozzo
di Sicar, grida la sua esperienza di fede, ma
prima di essa ha ottenuto, in un solo attimo,
la guarigione da parte di Gesù nella sua
esperienza individuale e "segreta" con lui.
Ridurre, minimizzare, annacquare, mistificare
(nel senso meno polemico possibile del termine:
usare collateralmente o addirittura in
sostituzione della confessione sacramentale una
mistagogia della confessione sia in senso di
pubblica testimonianza della propria fede sia
in senso pedagogico per l'assemblea, per il
gruppo) non è esattamente "cattolico".
In ogni caso siamo su piani
completamente diversi!
Il battesimo neocatecumenale lo dà la comunità
alla fine del cammino, l'eucaristia
neocatecumenale è fatta dalla comunità, il
perdono dei peccati lo dà la comunità neocat.
NO HAY VIDA CRISTIANA SIN COMUNIDAD!!!
Kiko ancora non può eliminare i Sacramenti (per
lui "magici") della Chiesa Cattolica Apostolica
Romana, pena l'esserne escluso. Ma solo per
ora. Lo stesso concetto di Sacramento che hanno
i "cattolici della domenica" è sbagliato per
Kiko, è "magico", e sparirà. Per lui è solo una
questione di tempo, e Sacramenti e Dogmi
cadranno per lasciare posto ad una chiesa tutta
nuova...
Per i neocatecumenali la confessione individuale è solo
formale, un atto a cui per ora li obbliga il
Papa, ma il vero perdono è ottenuto con la
confessione davanti alla comunità.
La prassi vince sulla
teoria.
La psiche prevale sullo spirito.
I neocatecumenali "si sentono" battezzati, "si
sentono" perdonati, "si sentono" in comunione
solo per mezzo della comunità.
È un sentimento
religioso. Un relativismo molto sottile...
Stralcio dalla lettera
dell'Arcivescovo di Catania "Hanno
proprio torto coloro che pensano che siete una
Chiesa parallela?", Avvento 2001
" 7. Non vorrei parlare
degli scrutini che, spesso, scarnificano le
coscienze con domande che nessun confessore
farebbe. Ma come ciò può essere permesso a un
laico, sia pure catechista?
Non vorrei parlare neppure delle confessioni
pubbliche... Ma chi può autorizzare uno stile
che la Chiesa, nella sua saggezza e materna
prudenza, ha abolito da secoli?"
È pertinente in questo contesto sulla
riconciliazione il seguente stralcio da un
discorso di Giovanni Paolo II ai NC il 10
febbraio 1983, che contiene anche un richiamo
sull'eucaristia e una esortazione finale alla
disciplina comune. Totalmente ignorato e
disatteso...
[...] Tenete
sempre presente la solenne e vigorosa
affermazione del Concilio Ecumenico Vaticano II:
“La Chiesa ha sempre venerato le divine
Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di
Cristo, non mancando mai, soprattutto nella
Sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane della vita
dalla mensa sia della Parola di Dio che del
Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli”
(Dei Verbum, 21). Da Cristo Parola a Cristo
Eucaristia, perché il Sacrificio eucaristico
è la fonte, il centro e il culmine di tutta la
vita cristiana.
Celebrate l’Eucaristia e, soprattutto, la
Pasqua, con vera pietà, con grande dignità,
con amore per i riti liturgici della Chiesa,
con esatta osservanza delle norme stabilite
dalla competente autorità, con volontà di
comunione con tutti i fratelli.
[...]
Il ministero della Riconciliazione - questo
dono mirabile della infinita misericordia di
Dio - è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene
ministri sempre degni, pronti, zelanti,
disponibili, pazienti sereni, attenendovi con
fedele diligenza alle norme stabilite in
materia dall’autorità ecclesiastica. I
fedeli potranno così trovare in tale
Sacramento un autentico segno e strumento di
rinascita spirituale e di letificante libertà
interiore.
E voi, fratelli tutti, celebrate il Sacramento
della Riconciliazione con grande fiducia nella
misericordia di Dio, in piena adesione al
ministero e alla disciplina della Chiesa, con
la confessione individuale, come ripetutamente
raccomanda il nuovo Codice di diritto canonico,
per il perdono e la pace dei discepoli del
Signore e come annuncio efficace della bontà
del Signore per tutti.
5. Lungo il vostro itinerario spirituale
cercate di armonizzare le esigenze “catecumenali”
con l’impegno della necessaria dedizione ai
fratelli, alla famiglia, ai doveri
professionali e sociali. Soprattutto non cedete
alla tentazione di chiudervi in voi stessi,
isolandovi dalla vita della Comunità
parrocchiale o diocesana, giacché soltanto da
un effettivo inserimento in quegli organismi
più vasti possono derivare autenticità ed
efficacia al vostro impegno apostolico.
Non voglio chiudere queste mie riflessioni
senza ricordare a voi e alle Comunità che
rappresentate quanto ho detto di recente in
occasione della presentazione ufficiale dei
nuovo Codice di diritto canonico: il cristiano
deve disporre il proprio animo ad accoglierlo e
a metterlo in pratica. Le leggi sono munifico
dono di Dio e la loro osservanza è vera
sapienza. Il diritto della Chiesa è un mezzo,
un ausilio e anche un presidio per mantenersi
in comunione col Signore. Pertanto le norme
giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno
osservate senza negligenze e senza omissioni.
Sono sicuro che le vostre Comunità, animate
dal fervore di distinguersi nella celebrazione
del Battesimo, dell’Eucaristia e della
Penitenza, vogliano anche distinguersi, sotto
la guida della Chiesa, in questo impegno di
fedeltà alla disciplina comune.
Avete mai trovato presente nel
Cammino quanto
raccomanda il Papa?
Riportiamo infine i punti
del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla
Riconciliazione, per raffrontarli attentamente
con una delle prassi presente com'è noto fra
metodi neocatecumenali, quella delle
confessioni pubbliche - il più delle volte
estorte - dai catechisti e con la
scarnificazione delle coscienze, il potere
sulle persone nonché il mancato rispetto per
il loro pudore e la loro interiorità che ne
consegue:
1465 Celebrando il
sacramento della Penitenza, il sacerdote compie
il ministero del buon pastore che cerca la
pecora perduta, quello del buon Samaritano che
medica le ferite, del padre che attende il
figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno,
del giusto giudice che non fa distinzione di
persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto
e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il
segno e lo strumento dell'amore misericordioso
di Dio verso il peccatore.
1466 Il confessore non è il padrone, ma
il servitore del perdono di Dio. Il ministro di
questo sacramento deve unirsi all'intenzione e
alla carità di Cristo. Deve avere una provata
conoscenza del comportamento cristiano,
l'esperienza delle realtà umane, il rispetto e
la delicatezza nei confronti di colui che è
caduto; deve amare la verità, essere fedele al
Magistero della Chiesa e condurre con pazienza
il penitente verso la guarigione e la piena
maturità. Deve pregare e fare penitenza per
lui, affidandolo alla misericordia del Signore.
1467 Data la delicatezza e la grandezza
di questo ministero e il rispetto dovuto alle
persone, la Chiesa dichiara che ogni sacerdote
che ascolta le confessioni è obbligato, sotto
pene molto severe, a mantenere un segreto
assoluto riguardo ai peccati che i suoi
penitenti gli hanno confessato. Non gli è
lecito parlare neppure di quanto viene a
conoscere, attraverso la confessione, della
vita dei penitenti. Questo segreto, che non
ammette eccezioni, si chiama il « sigillo
sacramentale », poiché ciò che il penitente
ha manifestato al sacerdote rimane « sigillato
» dal sacramento.
1468 « Tutto il valore della Penitenza
consiste nel restituirci alla grazia di Dio
stringendoci a lui in intima e grande amicizia
». Il fine e l'effetto di questo sacramento
sono dunque la riconciliazione con Dio. Coloro
che ricevono il sacramento della Penitenza con
cuore contrito e in una disposizione religiosa
conseguono « la pace e la serenità della
coscienza insieme a una vivissima consolazione
dello spirito ». Infatti, il sacramento della
Riconciliazione con Dio opera una autentica «
risurrezione spirituale », restituisce la
dignità e i beni della vita dei figli di Dio,
di cui il più prezioso è l'amicizia di Dio.
Possiamo ben dire con
l'Apostolo Paolo: "Verrà giorno, infatti,
in cui non si sopporterà più la sana
dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa,
gli uomini si circonderanno di maestri secondo
le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto
alla verità per volgersi alle favole."
(2Tim 4, 3-5)
Testimonianze:
Vorrei solo invitare a non
cercare di soffocare il dialogo. Mi pare che
Emanuele [un nostro interlocutore
neocatecumenale che sostiene che nel cammino
non esistono confessioni pubbliche -ndR] non
abbia nascosto che le confessioni pubbliche
esistano (sicuramente le presenta a noi come
anche lui se le giustifica con se stesso).
In effetti anche secondo la mia esperienza non
esistono "confessioni pubbliche" in
maniera esplicita nel senso proprio del
termine, ma in pratica è quello che avviene,
come dice correttamente Emanuele, nella Redditio
Symbolum quando i membri di una comunità,
con la solita martellante procedura fatta nel
NC, vengono invitati a mostrare i segni della
propria fede, in questo processo vengono
sollecitati a mostrare qual è la loro
condizione di peccato e come il cammino li
abbia salvati. Quasi tutti quindi raccontano
davanti a una platea NC, che comprende anche
comunità sconosciute, i propri peccati.
Credo che questa sia l'esperienza comune a chi
ha fatto parte dei NC (io ho assistito una sola
volta a questa cerimonia e ricordo un padre di
famiglia confessare le sue infedeltà coniugali
davanti a tutti compresi i figli, insomma ..).
Però anche ad Emanuele direi di non
nascondersi dietro le parole, quello che
avviene in queste celebrazioni è una vera
confessione pubblica, sappiamo bene che se i
membri della comunità in queste celebrazioni
non denudano davanti a tutti la loro anima,
vengono ritenuti "non convertiti",
non sinceri...
Insomma sappiamo che ci sono le bocciature nel
cammino non nascondiamoci dietro un dito per
favore, i modi di far pressione ci sono e
rendono questi momenti veramente sconcertanti.
Se non si tratta di confessioni pubbliche la
differenza è davvero minimale...
I dubbi sul cammino
purtroppo sono pesanti, noi che ne siamo usciti
sappiamo che uscirne non è indolore perché
l'approccio alla fede, sia nei suoi principi
che nel modo in cui viene vissuta viene
completamente stravolto.
A questo proposito voglio
condividere una mia recente esperienza
personale riguardo la confessione.
Questo sacramento purtroppo
viene completamente svilito nel Cammino.
Sappiamo come vengono svolte le
"penitenziali": canti in sottofondo e
confessioni in cui si viene semplicemente
invitati a fare al prete senza fronzoli e senza
perdere tempo la lista dei propri peccati.
Stop. Quasi un atto notarile, lista dei
peccati, assoluzione, canti di sottofondo che
certo non favoriscono una vera comunicazione
fedele-confessore.
Il motivo di ciò mi sono
reso conto che è dovuto al fatto che il
Cammino non vuole nemmeno che nel confessionale
(che anzi non è usato) ci sia interferenza sul
lavoro "catechetico" (ma si potrebbe
definirlo in altro modo) fatto sulle anime nel
percorso neocatecumenale.
La confessione prima
dell'esperienza NC era per me anche un dialogo
col confessore che, al di là dei peccati, mi
aiutava a capire e a correggere il mio modo di
rapportarmi col Signore, insomma molto
dipendeva dal confessore ma sempre si
instaurava un dialogo per far luce sul rapporto
tra l'anima del "confessando" e Dio.
Questa è in effetti la confessione nella vera
tradizione della Chiesa (anche se molte fonti
ecclesiastiche denunciano una attuale
"crisi" di questo Sacramento nella
Chiesa, indipendentemente dal CN, ma questo è
un altro problema).
Ebbene questo l'ho capito
solo oggi dopo 8 anni che ne sono uscito. Per
tutto questo tempo infatti, non riuscivo più
veramente a confessarmi, il sacramento non
aveva il solito effetto su di me, perché in
effetti c'era una parte di me che ancora si
aspettava il lavoro successivo delle catechesi
NC. Non so se sono riuscito a spiegare sta
cosa. In fondo in noi si creano degli 'imprinting',
che spesso non è facile superare.
Probabilmente come ho già
detto il fatto di non avere avuto una
parrocchia, un ambiente stabile e persone sagge
e consapevoli del fenomeno NC (e a questo
aggiungi una certa diffidenza creatasi in me
dopo l'esperienza NC) in cui e con cui
rielaborare l'esperienza, ha rallentato di
molto la mia "guarigione".
Comunque sono contento di
aver maturato questa cosa, ora quando mi
confesso mi sento pronto ad aprirmi di nuovo a
questo dialogo e ad affidarmi tramite esso al
Signore.
Quello che volevo comunicare
esponendo la mia esperienza sulla confessione,
è che nel cammino alcuni pilastri della fede e
pratica cattolica come la confessione sembrano
venire tenuti in seconda considerazione, quasi
tollerati in modo legalistico.
Quello che importa è il
lavoro "catechetico" NC strutturato
nei passaggi e basato su una dottrina che, come
molti, Zoffoli per tutti, hanno rivelato è
discutibile.
E infatti a proposito della
confessione, perché questa dovrebbe essere
importante se l'uomo non può non peccare e la
sua giustificazione passa solo tramite la
comunità?
Spero di aver comunicato
bene questa mia riflessione, mi sono reso conto
che alla confessione andavo diciamo
"chiuso", facevo la lista dei miei
peccati ma non mi aprivo veramente alla grazia
e al perdono perché in realtà quelli mi
aspettavo di trovarli nella comunità!
Sono andato avanti con questo approccio alla
confessione "interiorizzato" nel
cammino, per tutto questo tempo anche dopo
esserne uscito. Erano anni che provavo a
confessarmi ma ne uscivo smarrito, ne avevo
perso il senso. Ora però credo di averlo
finalmente ritrovato.
Di Gherardo 15
ottobre, 2006 11:59
“Culto della
confessione”.
"Al di là delle sue espressioni
religiose, legittime e terapeutiche, nel culto
distruttivo la confessione diventa un culto di
per sé. La confessione, in questo caso,
diviene un mezzo per capitalizzare le
vulnerabilità personali a favore
dell’istituzione confessionale; sussidiaria e
marginale la “consolazione” nella pratica
effettiva. Le sedute destinate alla confessione
di solito avvengono all’interno di piccoli
gruppi e sono accompagnate da verbalizzazioni
di critica e autocritica. La forte pressione
che si viene a ingenerare nell’individuo,
diviene un elemento attivo per il processo del
cambiamento personale. I culti ideologici si
appropriano dei sentimenti di colpa e di
vergogna dell’individuo, con il risultato di
esercitare una forte influenza sui cambiamenti
che il discepolo deve fare per essere ritenuto
tale a tutti gli effetti."
Meditate gente...
Di Anonimous (non
abbiamo i dati, ma la inseriamo a titolo di
cronaca...)
Io voglio farvi notare, per
mia esperienza, che i due fondatori, Kiko e
Carmen, continuano ancora oggi ad arricchire la
loro 'costruzione' del cammino: una realtà
soltanto umana che definiscono come la
"vera Chiesa"!!!
Tutti i riferimenti ebraici
di cui avete solo accennato, sui quali si
potrebbe fare uno studio complesso, sono il
loro pallino per un ritorno alle cosiddette
"origini", insieme alla riscoperta
delle cosiddette catechesi battesimali.
Il ritorno alle origini è solo una scusa per
soppiantare la Chiesa e costruire "ex
novo" una realtà che ha le sue gerarchie,
le sue regole non scritte, per di più segrete
perché note solo a quelli che contano e
comunque a chi arriva a superare le varie tappe
del cammino...
È anche una costruzione immaginifica e
affascinante, come affascinante è il senso del
mistero e delle rivelazioni consegnate in
maniera solenne e coinvolgente, che trasmettono
agli "iniziati" facendoli sentire
speciali. Anche per questo è difficile venire
fuori...
Di Dubitans
|
Che dire poi della preghiera Eucaristica II, la sola usata dai neocatecumenali, nella quale il sacerdote ringrazia Dio “per averci ammessi alla tua presenza a compiere il sevizio sacerdotale”, confondendo il suo ruolo Ministeriale, con il sacerdozio comune... (cavalcato, distorcendolo, sempre da Lutero e seguaci vari...)?
Non a caso la lettera di Arinze richiede al punto 6):
6. Il Cammino Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre Preghiere eucaristiche contenute nel messale, e non solo la Preghiera eucaristica II.