DINAMICHE PSICOLOGICHE
NELLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI
Relazione del Prof. Antonio Picano, Psichiatra presso
l’Ospedale San Camillo di Roma. Rocca
Priora, 20 aprile 1997
Vi
ringrazio di avermi chiamato qui, anche se la
cosa non mi fa piacere perché ciò sancisce
una divisione amara, dolorosa e apre il
problema di integrare tanti fratelli. Il
problema, infatti, non è costituito da Kiko e
Carmen ma da tantissima gente che ha una fede
sincera ed è ignara delle problematiche. Il
problema va, dunque, affrontato con amore:
dobbiamo sforzarci di amare. Io ho impostato
la mia vita al servizio di Dio (anche il mio
servizio psichiatrico), anche se nel mio mondo
il cristianesimo viene considerato una eresia.
Ho sempre ottenuto dei risultati straordinari,
anche perché ho cercato di aiutare nella
Grazia. Seguo il Papa, il credo della Chiesa
Cattolica, ho fatto volontariato, faccio parte
di una Associazione Missionaria. Da 20 anni
mia madre fa parte del Cammino Neocatecumenale
ma non ha ottenuto l’adesione di papà e
perciò c’è stata una divisione totale fino
alla sua morte. Io ho avuto una grande
sofferenza e una impossibilità di accettare
questi aspetti personali e perché in
contrasto con la mia fede. Colpito
personalmente, cacciato di casa pur essendo
medico e persona realizzata. Mi è stato detto
da un catechista e da uno psichiatra del
Movimento queste testuali parole "Noi
abbiamo vincolato tua madre all’obbedienza e
le abbiamo ordinato di cacciarti via di casa".
Un velo di dolore è sceso su di me e me ne
sono andato addolorato. Ciò mi ha permesso di
riflettere su ciò che sta dietro questo
movimento. Il Signore ha permesso questo ed
ora mi manda tanti clienti Neocatecumenali che
si sentono accettati e capiti perché conosco
bene questo comportamento.
DIVISIONE
DELLE FAMIGLIE
La prima problematica è la
divisione della famiglia, perché se c’è
una persona, un coniuge neocatecumenale e
l’altro no, si arriva ad una inconciliabilità
perché la struttura sociologica di base, tra
i neocatecumenali, è la comunità e non la
famiglia.
La
famiglia non è una istituzione umana, ma è
una cosa sacra e riconosciuta nella vita di
Gesù che ha avuto bisogno della famiglia. È
un fatto rilevante! e ciò nonostante
l’appartenenza di Gesù alla vita del Padre
(v. 5° mistero gaudioso dove il gaudio non è
dato tanto dall’aver ritrovato il Figlio,
quanto nell’aver riconosciuto la duplicità
della natura, che cioè il Figlio apparteneva
a Dio Padre prima che ai genitori). Ma questo
è vero sempre. È Dio che ha voluto la
struttura familiare. Quindi la famiglia ha
diritto di esistere prima della struttura
comunitaria. Ora nella Comunità vi è una
situazione di obbedienza assoluta al
catechista (visto nella maniera profetica
descritta prima, come ispirato da Dio). Esiste
una definizione diversa dei ruoli: non
esistono più le famiglie singole ma una
grande famiglia che accoglie tutti i membri
delle varie famiglie e in essa si definiscono
i vari ruoli di genitori e figli.
Questo
è molto simile a quanto avviene nei Kibbuz
ebraici, dove (per esigenze di difesa e di
lavoro) i figli sono figli di tutti i genitori
e tutti i genitori sono genitori di tutti i
figli. Questo sistema pedagogico ha molte
analogie col sistema familiare di gestione
comunitaria dei Neocatecumenali dove
l’autorità è rappresentata dal catechista
e non dal padre. Questo comporta una serie di
problemi più grossi. Ci sono patologie che si
verificano all’interno della comunità. Si
può verificare che l’essere autorevole del
catechista altro non sia che un desiderio di
supremazia e di dominio che si manifesta
attraverso una competenza maggiore
nell’ambito dottrinario per poter esercitare
il potere. Quando si verifica una competizione
fra un uomo ed una donna, all’interno di
questo sistema, si verificano situazioni
paradossali per cui si trovano coppie di
Neocatecumenali (uomo-donna) che in realtà
sono i padri-genitori della famiglia
comunitaria. Si può verificare un rapporto
affettivo con connotazioni sessuali (non nel
senso che ci siano rapporti fisici) ma nel
senso che diventano il padre e la madre di una
grande famiglia allargata. Ora, mentre la
famiglia al suo interno ha delle regole, dei
sistemi di protezione ben precisi che servono
a delimitare i ruoli (l’incesto, ad esempio,
è una regola di comportamento che serve a
definire i ruoli reciproci di genitori e
figli, fratelli e sorelle), quando in una
famiglia allargata come quella della Comunità
viene a mancare questo supporto, non c’è più
il vincolo sessuale e ci possono essere dei
rapporti patologici tra fratelli di comunità
o rapporti alterati fra genitori e figli,
perché la struttura creata da Dio è quella
familiare. La fedeltà coniugale serve per
avere una coppia stabile e per avere dei
riferimenti precisi. Quando non esiste più un
rapporto di stabilità all’interno dei
rapporti affettivi, non esiste più un vincolo
sessuale, si possono stabilire dei rapporti
"impuri" che creano delle dinamiche
alterate. Ecco che la Comunità diventa
fortemente disfunzionale.
Una
donna, ad esempio, ha scoperto che il suo
ruolo era stato quello di "amante"
del leader-maschio e che aveva combattuto
contro di lui perché in realtà lo desiderava
sessualmente, che lei aveva disprezzato il
marito e che aveva dei comportamenti quasi a
nascondersi dietro quel leader della Comunità
alla scopo di non venir meno alle sue
responsabilità. Questa donna aveva concepito
4 dei suoi 7 figli per farli educare da questo
catechista autorevole, piuttosto che da suo
marito.
ISTITUZIONE
TOTALE
La Comunità diventa una
istituzione totale perché deve risolvere
tutti i problemi di tutti gli appartenenti e
non è possibile una soluzione esterna alla
Comunità.
Io
ho in terapia un ragazzo di 30 anni, figlio di
genitori che fanno parte delle Comunità. È
arrivato a me dopo 4 anni che stava chiuso in
casa e si occupava unicamente di curare un
bonsai. Credevo fosse schizofrenico ed invece
era semplicemente un ragazzo fallito, che
aveva solo problemi sessuali e perciò si era
chiuso. I genitori non hanno mai parlato col
figlio ma lo hanno portato in Comunità perché
parlasse con i Catechisti. Ecco un altro
meccanismo, perché non esistono genitori
specifici ma un insieme di genitori e
garantisti che hanno il meglio da offrire al
figlio. Questo ragazzo, non accettando di
parlare ad altri che non fossero i suoi
genitori, si è progressivamente chiuso. I
genitori gli dicevano che gli unici ragazzi
affidabili erano quelli della Comunità e,
quindi, hanno provato ad inserirvelo, ma lui
non si è sentito accettato perché stava
vivendo con dolore il suo problema sessuale
del quale si sentiva colpevole (ed in parte lo
era). Vedendo tutte quelle persone che avevano
risolto i loro problemi in maniera cosi
distaccata, li sentiva estranei a se stesso e
così si è sviluppata in lui questa estraneità.
Un meccanismo esterno alla Comunità era
proibito perché significava per lui tradire i
genitori. Ciò gli era impossibile perché
aveva estremo bisogno di loro. Quindi,
l’unica cosa che gli rimaneva era di restare
chiuso dentro casa. Dopo 8 mesi di terapia ha
ripreso ad avere fiducia in se stesso e ad
agire autonomamente. A mia insaputa, i
genitori gli davano farmaci sedativi mentre io
prescrivevo antidepressivi. Gli permetto di
andare in Comunità ma insegnandogli che non
è la sola strada e gli ho insegnato che gli
è consentito sentirsi estraneo a qual mondo.
Per lui non era possibile che si potesse
vivere un disagio come il suo all’interno di
un sistema buono per definizione.
Bisogna
dire a queste persone che esiste anche un
mondo diverso dalla Comunità, una possibilità
di esistere senza sentirsi sbagliati e
colpevoli. Se non sono "sale" ma
solo "salato" la mia vita è di
serie "B" ed è inaccettabile che
mio figlio viva una situazione del genere.
CHE
TIPO DI PERSONE VI APPARTENGONO
Bisogna
domandarsi perché esista questo movimento,
perché abbia avuto tanto successo, con chi
possiamo parlare, che cosa possiamo dire e che
linguaggio possiamo usare perché bisogna pure
che stabiliamo un dialogo con queste persone,
emarginate perché non avevano più speranza
nella loro vita. Purtroppo fondamentalmente
sono persone fallite, nelle parrocchie non
c’è una pastorale per i falliti, per gli
emarginati, per gli sbagliati. Ora i
Neocatecumenali si rivolgono a persone che non
hanno nessuno che li ascolti. Vengono
integrati a pieno diritto e sullo stesso
livello degli altri.
Noi,
invece, facciamo l’errore del fratello del
Figliol prodigo. Tutti siamo fratelli e quindi
dobbiamo reintegrare il fratello che ha
sbagliato, perdonandolo come se quello che ha
commesso non fosse stato commesso.
I
Neocatecumenali accolgono così e
non richiedono niente. Come tutte le Comunità
sono un luogo, un elemento di
riabilitazione psicologica e spirituale.
"La tribolazione genera pazienza, la
pazienza genera virtù provata, la virtù
provata genera la speranza e questa non
delude". La tribolazione (quella di chi
ha sbagliato, quella che ci procurano coloro
che sono fuori della Chiesa) genera la
pazienza e questa la capacità di sopportare
(che il Cammino non ammette perché non è
propria dell’uomo).
Noi
non funzioniamo perché etichettiamo la
persona che ha sbagliato e diciamo: "è
sbagliata"! Questo meccanismo è
arbitrario; dobbiamo sentircene colpevoli e
responsabili di fronte a Dio. Se questo
Movimento esiste è perché supera questo
limite. Noi dobbiamo imparare a non
etichettare mai e a concedere un perdono
totale che ridia "la veste bianca"
(e questa la dà il confessore e non noi) e
"l’anello al dito" (il potere) e i
"calzari ai piedi" (reintegrare, cioè,
nella dignità di vita). Noi tendiamo ad
etichettare: "quello è pazzo",
"quella è una prostituta",
"quello ha il padre ubriacone",
"è neocatecumenale"! Bisogna
accogliere e integrare queste persone che sono
adulte. Purtroppo queste persone, che sono
adulte, non trovano in parrocchia chi li
ascolti per risolvere i problemi di coppia
perché in genere si ha attenzione solo per i
piccoli o per gli anziani ma, in genere, chi
sbaglia sono i giovani o gli adulti. I
Neocatecumenali, invece, accolgono e offrono
aiuto. Anche il Papa sceglierà in funzione di
una integrazione di questi fratelli. Una
guerra di dottrina non serve alla Chiesa.
Bisogna stabilire tanti singoli rapporti umani
e insegnando loro il perdono.
(Dopo
qualche altro intervento, dal pubblico
qualcuno pone queste domande)
D.
Quali sono le patologie ricorrenti presso
coloro che hanno fatto queste esperienze?
R.
La patologia è quella di tutte le persone
che hanno una personalità debole, che sono
fallite e che non sono capaci di affrontare il
proprio errore e che hanno bisogno di
rinchiudersi in un sistema rigido e senza
comunicazione, perché altrimenti non
sarebbero in grado di accettare il proprio
errore. È la patologia comune a tutti quelli
che si chiudono in comunità, in sette, in
sistemi chiusi,..... che non accettano il
proprio limite.
R.
Il problema è la de-responsabilizzazione
di un individuo che viene a perdere la libertà,
che non ha più discernimento, che non ha
più capacità volitive, che non ha più
coscienza del proprio errore. Ne esce un
individuo indebolito, senza più una morale,
senza una progettualità, senza una speranza,
senza una capacità di amare. La malattia che
potrà prendere è, poi, la più varia.
D.
Porta al suicidio, a depressioni gravi?
R.
No! Personalmente non ho esperienze né
statistiche di questo genere: Qualsiasi
sistema chiuso che non permetta relazioni col
mondo esterno, che non sviluppa l’individuo,
è un sistema tendenzialmente patologico.
Ma ci sono tanti casi di questo genere. Certo,
il fatto che non ci siano più riferimenti
affettivi precisi, il fatto che il figlio non
sappia più chi è suo padre, che il marito
non abbia più una relazione preferenziale con
la moglie, ma una relazione indifferenziata
con un sistema piuttosto che con una persona,
sono sistemi che non favoriscono una salute
mentale, ma favoriscono la confusione. Dal
punto di vista spirituale il peccato è la
disfunzione individuale; dal punto di vista
psicologico è disfunzione psicologica. Nei
movimenti va chi non vive la spiritualità
parrocchiale.
Persone
forti nella fede non aderiscono al Movimento
Neocatecumenale.
Rinnovo
l’invito a pregare per la nostra conversione
e per il perdono, perché solo perdonandoli
noi potremo favorire la crescita della Chiesa.
Qualsiasi manifestazione di rabbia, di rancore
o di amarezza, va nella stessa linea dei
Neocatecumenali, dell’egoismo e della
divisione. Con la nostra preghiera potremo
aiutarli a vedere la vera Grazia, la vera
Salvezza e il vero amore. Ma lo faremo solo
perdonando.
[Siamo in contatto con il
Professore, che si riserva di confermare ed
integrare il testo, trascritto da una
registrazione]
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