Dialogo, riflessione
comuni
Indice della Sezione:
::
[Testimonianze
esterne] - [pagina
2]
:: [Testimonianze
di sacerdoti]
:: [Testimonianze di ex appartenenti al CN
- [pagina
2]
::
[Dialogo
e riflessione comune]
Stralcio di un recente dialogo, che
diviene 'testimonianza':
Mi piacerebbe approfittare
di voi che avete esperienza del CN per capire
meglio alcune testimonianze lette qui e là sul
Cammino. A me molti anni fa è capitato di
assistere ad una specie di confessione pubblica
di una persona sola in una adunanza di
preghiera di altro gruppo ecclesiale; la
persona lo fece liberamente, per umiltà e
senza che ne fosse richiesto né direttamente né
indirettamente (dal contesto). Eppure io, sarà
per mia debolezza spirituale, non ritengo utile
per me conoscere le colpe (men che mai gravi!)
degli altri, specialmente di quelli che conosco
e ancor meno di parenti stretti.
Come si può gestire sul momento una situazione
psicologicamente drammatica come questa, sia
che ci si confessi o che si sentano gli altri
confessarsi, e soprattutto come in un secondo
momento questo si riflette dal punto di vista
spirituale?
Di Robi 06 agosto, 2006 12:47
Le "esperienze",
gli "scrutini" ovverosia le
confessioni pubbliche (perché tali sono)
teoricamente dovrebbero aiutare il
neocatecumeno a realizzare la Kenosis, cioè
spogliare se stessi da ogni forma di orgoglio e
di idoli e prendere consapevolezza del proprio
nulla.
Ma appunto in questa distruzione psicologica
dell'individuo sta la grave aberrazione cui
conduce il cnc: il nulla, il non essere appunto
padroni di sé, la rinuncia ad ogni
autocontrollo a favore del controllo esterno.
Personalmente ho assistito a qualcuna di queste
"confessioni": non ne rifarei
l'esperienza.
L'autoaccusa davanti agli
altri ha inoltre una funzione ben precisa:
quella di dimostrare che il Cammino fa cambiare
radicalmente i cuori, fa
"convertire". Se tu giungi ad
autoaccusarti, mettendo in piazza le pieghe più
intime del tuo privato, nella logica
neocatecumenale, hai già rinunciato a te
stesso e sei veramente nel Cammino con i suoi
frutti straordinari.
L'autoaccusa in effetti non scaturisce da una
ponderata volontà di rinunciare a se stessi
bensì da un clima emotivamente drammatico
creato ad arte lungo quasi tutte le tappe del
cammino neocatecumenale.
Ti risulta, Robi, che Gesù
abbia mai indotto qualcuno dei suoi discepoli,
per non parlare delle folle, ad autoaccusarsi?
Di Francesco 06 agosto, 2006 14:16
No, non mi risulta, anzi mi
sovviene Gv, 8,3 :
"Allora gli scribi e i farisei gli
conducono una donna sorpresa in adulterio e,
postala nel mezzo,
gli dicono: "Maestro, questa donna è
stata sorpresa in flagrante adulterio.
Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di
lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?".
Questo dicevano per metterlo alla prova e per
avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si
mise a scrivere col dito per terra.
E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò
il capo e disse loro: "Chi di voi è senza
peccato, scagli per primo la pietra contro di
lei".
E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per
uno, cominciando dai più anziani fino agli
ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in
mezzo.
Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata?".
Ed essa rispose: "Nessuno, Signore".
E Gesù le disse: "Neanch'io ti condanno;
và e d'ora in poi non peccare più".
Il comportamento di Gesù davanti al peccatore
sulla pubblica piazza è quello... di chinarsi
a scrivere per terra. Solo per perdonare si
alza, ma quando Lui e il peccatore sono ormai
soli.
C'è forse come una sorta di pudore, Lui ha
orrore del peccato, ma ama il peccatore...
Credo che ci sia una dimensione psicologica ed
una più prettamente spirituale nella
confessione dei peccati. La psicologica ha a
che fare credo con l'infrazione della legge
umana e divina, forse con l'istanza chiamata
superego e il senso di colpa, con
l'accettazione sociale del comportamento
deviante. La spirituale credo abbia a che
vedere con una mancanza d'amore nei confronti
di Dio e del prossimo: dovrebbe essere molto
superiore, e qui solo Dio può intervenire
personalmente, a partire dalla decisione del
peccatore di convertirsi, solo per il tramite
del ministero sacerdotale. Poi spetta alla
libera iniziativa del peccatore sforzarsi di
liberarsi della "passione", cioè del
disordine che il peccato specie se ripetuto ha
portato nell'uomo (e come è faticoso, lo so
per esperienza!):sarebbero le
"opere", tanto invise al
protestantesimo, che si compiono guidati e
sorretti dalla Grazia
Ma il presbitero NC dà l'assoluzione
singolarmente o al gruppo? E vengono forniti
consigli spirituali al penitente durante questo
curioso penitenziale?
Mi pare che nel NC si lavori solo sul piano
psicologico, e che manchi l'incontro con Gesù
Cristo vivente, o sbaglio?
Di Robi 06 agosto, 2006 15:24
Non dimentichiamo il ruolo
delle confessioni pubbliche che servono anche a
legare indissolubilmente gli aderenti al
cammino e alle loro comunità.
Confessando pubblicamente (sempre però in
cerimonie neocat) i propri peccati si crea un
senso di completa fusione con la comunità col
gruppo, come si potrà lasciare un gruppo a cui
si è rivelato tutto, anche i segreti più
nascosti di sé?
Anche se questi discorsi non risuonano con la
sensibilità di alcuni qui, io li ripeto perché
sono indice di una possibile pericolosità di
questo movimento: le confessioni pubbliche sono
uno degli strumenti più diffusamente adottati
nelle sette! È possibile che non ci si renda
conto di come questo movimento cammini su un
solco pericolosamente confinante con quello
percorso già da tante sette con effetti ben
poco positivi?
Purtroppo ho assistito anch'io ad una di queste
"celebrazioni", sentire qualcuno
confessare pubblicamente i propri adulteri di
fronte anche a figli e familiari mi fece
davvero uno strano effetto...
La cosa un po' perversa e che nel clima di
esaltazione che accompagna tali celebrazioni il
non avere niente da confessare può sembrare
quasi una colpa, un indice di poca autenticità
nel percorrere il "Cammino", insomma
traete un po' voi le conseguenze sulla
pericolosità di queste pratiche...
Di Gherardo 06 agosto, 2006 21:05
secondo me questo punto
della confessione pubblica è molto importante,
va contro la prassi attuale della Chiesa
cattolica (cfr.: Catechismo della Chiesa
Cattolica n. 1447) ed è un segno molto
negativo per un gruppo chiuso di persone, credo
possa avere effetti devastanti su chiunque.
Inoltre solo Dio perdona i peccati ed ha
affidato l'esercizio della riconciliazione al
ministero apostolico cioè al sacerdote (CCC N.
1441 e 1442).
Chiedo scusa per le troppe domande, ma sto
cercando di informarmi e di capire: per gli
"adepti" NC penso ci sia poco da
fare, ma si possono informare tutti gli
altri...
Grazie per la collaborazione tua e di tutti.
Di Robi 06 agosto, 2006 21:44
L'intervento di Robi ci
spinge a parlare con più completezza delle
difformità che riguardano la Confessione o
'Sacramento della Riconciliazione'.
Parto dalle premesse contenute negli
Orientamenti per le catechesi di Kiko, il cui
testo è stato segreto per anni (il testo
attualmente all'esame dei competenti Dicasteri
Vaticani è stato faticosamente redatto dopo
anni di concordate trattative con gli stessi e
non corrisponde esattamente a quello
originale), per poi sottolinearne le
difformità, molto significative e preoccupanti
-
l'uomo non può non fare il peccato perché
è schiavo di Satana, che ne è il solo
responsabile (Or, pag. 129);
-
l'uomo non essendo libero non è neppure
colpevole del peccato (Or, pag. 138; I Scrut,
pag. 93);
-
il sacramento della Penitenza, di cui non si
dice mai essere stato istituito da Gesù Cristo
appare solo dopo il sec. III. (Or, pag. 167);
-
solo nel secolo XIII diventa importante la
confessione dei peccati e l'assoluzione (Or,
pag. 173);
-
il sacramento della Penitenza è solo
riconciliazione con la Chiesa (Or, pag. 173);
-
e quindi non c'è bisogno di assoluzione ma
basta sentirsi in pace e in comunione coi
fratelli, per cui la confessione sacramentale
è destinata a scomparire (Or, pag. 177);
-
chi leggerà il Direttorio di Kiko non
sentirà mai parlare di Gesù come fondatore
della Chiesa, né del Capo che Egli avrebbe
eletto, scegliendo Pietro e dotandolo di
carismi e doni particolari;
-
non si parlerà della istituzione dei
Sacramenti da parte di Cristo né dalla loro
natura e condizioni per la validità;
-
si dirà che Gesù viveva splendidamente (I
Scrut, pag. 107) avendo un manto così bello
che neppure vollero dividerlo, che mangiava
meravigliosamente, che non faceva sacrifici (II
Scrut, pag. 142), che aveva a disposizione una
villa splendida, quella di Betania, dove andava
quando voleva;
-
non si insegnerà più la cooperazione
dell' uomo all'azione della grazia
santificante;
-
Tra i modi ricorrenti di vivere la
"confessione" è quella coram populo
dei propri peccati che caratterizza ogni
passaggio e che indiscutibilmente è una
scimmiottatura del sacramento vero della
confessione.
A partire da quest'ultimo punto, si può
senz'altro osservare che anche uno psicologo da
quattro soldi rispetta i 'tempi' di una persona
perché possa aprire il cuore e l'anima
(chiamiamolo pure inconscio o anche quella
parte consapevole che può essere
problematica). E c'è un pudore grande in ogni
persona nello 'scoprirsi'! Ma se facciamo
fatica a farlo - quando facciamo sul serio -
anche cuore a cuore con il Signore!
Esecrabili quelle corali proclamazioni di
colpevolezza che sembrano giochi al massacro e
quasi quasi viene il dubbio che qualcuno per
non sentirsi da meno possa anche amplificare le
proprie colpe.
Si può ragionevole pensare che è sano tutto
questo?
Ricordo le raccomandazioni martellanti dei
catechisti prima delle penitenziali con
confessioni individuali: "Siate chiari e
sintetici, non vi perdete in chiacchiere,
confessate i vostri peccati con nome e cognome
e non allungate il discorso inutilmente!".
Ricordo il senso di vuoto che dopo tale
esortazione provavi accostandoti al presbitero
mentre l'assemblea cantava a squarciagola per
coprire le parole, la paranoia di un dialogo
che tutto poteva sembrare meno che
riconciliazione con Dio e con i fratelli.
Non possiamo non riconoscere contrario agli
insegnamenti della Chiesa quanto detto dai
catechisti.
PRIMO, perché la confessione non è l'elenco
dei peccati. Per confessarsi occorre
innanzitutto scrutare dentro di sé e saper
riconoscere cosa c'è dietro a quell'errore
ricorrente (dico 'errore' anziché peccato,
così attenuiamo anche un po' quella cupa
atmosfera di colpevolezza, ma senza voler
sminuire la responsabilità). E poi occorre
guardare dentro di sé con gli occhi della
misericordia di Dio : il Signore ha detto
"non sono venuto per condannare, ma per
liberare"! Certo poi occorre anche la
buona volontà e l'aiuto del Signore, la
preghiera, l'Eucarestia. Ma ogni confessione è
sempre una tappa ulteriore nella conoscenza di
noi stessi alla luce della Parola e dello
sguardo del Signore.
SECONDO, perché non allungare il discorso, che
invece significa tirar fuori i blocchi, i
problemi, le angosce in maniera razionale e
consapevole? È proprio questo che aiuta a
crescere nella fede e come persone.
La confessione non è l'autoaccusa (ricordiamo
chi è l'accusatore?) ma il discernimento
sereno e consapevole della nostra realtà
interiore che si traduce in comportamenti e la
ricerca delle modalità per superare le
difficoltà con la nostra buona volontà, i
consigli che riceviamo dal sacerdote e
l'indispensabile aiuto della Grazia.
Poi forse troppo spesso dimentichiamo e certo
non ce l'insegnano i NC che la confessione
oltre alla CONFESSIO VITAE (la individuazione
delle difficoltà, delle cadute, ma anche delle
conquiste con l'aiuto della Grazia della
propria vita nella fede), in sostanza il
bilancio della nostra fatica ma anche della
nostra gioia di essere uomini e donne in
cammino!! è anche la CONFESSIO LAUDIS, il
riconoscimento e la lode per le meraviglie che
il Signore ha operato e opera nella nostra
vita!! Ed è infine CONFESSIO FIDEI, cioè
della fiducia che riponiamo nel Signore che è
un affidarsi, un corrispondergli...
la Chiesa non ha mai sollecitato, incoraggiato,
concesso in alcuna forma di celebrazione (Non
ne abbiamo riscontri nemmeno per la Chiesa
delle Origini o - come qualcuno spesso
impropriamente dice - per la Chiesa Primitiva)
la confessione o la testimonianza corale,
pubblica.
La Samaritana ritornando tra la sua gente dopo
la guarigione ottenuta gratuitamente al pozzo
di Sicar, grida la sua esperienza di fede, ma
prima di essa ha ottenuto, in un solo attimo,
la guarigione da parte di Gesù nella sua
esperienza individuale e "segreta"
con lui.
Ridurre, minimizzare, annacquare, mistificare
(nel senso meno polemico possibile del termine:
usare collateralmente o addirittura in
sostituzione della confessione sacramentale una
mistagogia della confessione sia in senso di
pubblica testimonianza della propria fede sia
in senso pedagogico per l'assemblea, per il
gruppo) non è esattamente
"cattolico". Per non parlare delle
modalità con cui queste cose accadono, con le
rovinose e dolorose conseguenze sottolineate da
chi ne ha fatto esperienza.
Ricordiamo che lo stesso Giovanni Paolo II non perdeva
occasione di "scendere" nel
confessionale in San Pietro per esercitare
questo ministero che insieme alla celebrazione
del sacrificio eucaristico è cuore del
ministero sacerdotale ordinato. Vi preghiamo di
leggere le sue parole - ben lontane da quel che
avviane nel segreto delle comunità NC -
rivolte proprio ai neocatecumenali, nei brani
che abbiamo stralciato dal suo discorso:
Stralci da un discorso di Giovanni Paolo II
ai NC il 10 febbraio 1983.
" [...] Tenete sempre presente la solenne
e vigorosa affermazione del Concilio Ecumenico
Vaticano II: “La Chiesa ha sempre venerato le
divine Scritture come ha fatto per il Corpo
stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto
nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane
della vita dalla mensa sia della Parola di Dio
che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai
fedeli” (Dei Verbum, 21). Da Cristo Parola a
Cristo Eucaristia, perché il Sacrificio
eucaristico è la fonte, il centro e il culmine
di tutta la vita cristiana.
Celebrate l’Eucaristia e, soprattutto, la
Pasqua, con vera pietà, con grande dignità,
con amore per i riti liturgici della Chiesa,
con esatta osservanza delle norme stabilite
dalla competente autorità, con volontà di
comunione con tutti i fratelli.
[...]
Il ministero della Riconciliazione - questo
dono mirabile della infinita misericordia di
Dio - è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene
ministri sempre degni, pronti, zelanti,
disponibili, pazienti sereni, attenendovi con
fedele diligenza alle norme stabilite in
materia dall’autorità ecclesiastica. I
fedeli potranno così trovare in tale
Sacramento un autentico segno e strumento di
rinascita spirituale e di letificante libertà
interiore.
E voi, fratelli tutti, celebrate il Sacramento
della Riconciliazione con grande fiducia nella
misericordia di Dio, in piena adesione al
ministero e alla disciplina della Chiesa, con
la confessione individuale, come ripetutamente
raccomanda il nuovo Codice di diritto canonico,
per il perdono e la pace dei discepoli del
Signore e come annuncio efficace della bontà
del Signore per tutti.
5. Lungo il vostro itinerario spirituale
cercate di armonizzare le esigenze
“catecumenali” con l’impegno della
necessaria dedizione ai fratelli, alla
famiglia, ai doveri professionali e sociali.
Soprattutto non cedete alla tentazione di
chiudervi in voi stessi, isolandovi dalla vita
della Comunità parrocchiale o diocesana,
giacché soltanto da un effettivo inserimento
in quegli organismi più vasti possono derivare
autenticità ed efficacia al vostro impegno
apostolico.
Non voglio chiudere queste mie riflessioni
senza ricordare a voi e alle Comunità che
rappresentate quanto ho detto di recente in
occasione della presentazione ufficiale dei
nuovo Codice di diritto canonico: il cristiano
deve disporre il proprio animo ad accoglierlo e
a metterlo in pratica. Le leggi sono munifico
dono di Dio e la loro osservanza è vera
sapienza. Il diritto della Chiesa è un mezzo,
un ausilio e anche un presidio per mantenersi
in comunione col Signore. Pertanto le norme
giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno
osservate senza negligenze e senza omissioni.
Sono sicuro che le vostre Comunità, animate
dal fervore di distinguersi nella celebrazione
del Battesimo, dell’Eucaristia e della
Penitenza, vogliano anche distinguersi, sotto
la guida della Chiesa, in questo impegno di
fedeltà alla disciplina comune."
Di Miriam
Amanuense ha detto:
"Nella convocazione del 3 giugno scorso
in Piazza San Pietro Kiko ha avuto a dire che
la Chiesa si poggi su due pilastri: Pietro e
Paolo: la giurisdizione e il Carisma, vale a
dire Benedetto XVI e lui stesso"
A proposito delle due anime
della Chiesa, a conferma di quanto dice
Amanuense, vi trascrivo i seguenti post dal
vecchio blog.
È superfluo precisarlo perché i post parlano
da soli, ma il primo interlucutore, Agostino,
è neocatecumenale, chi replica sono io...
# 315
Preciso.
In questo blog è difficile restare neutrali,
forse perché è nato come luogo di
incontro/scontro tra le "due anime"
della Chiesa. La pietra è Pietro, e Pietro è
il Papa, la solidità della Chiesa e della sua
dottrina. Pietro è “il pescatore di anime”,
colui che le raccoglie con la sua rete. Egli
mostra ai cristiani le vie della Salvezza e
apre loro le porte del Paradiso. Paolo ha la
spada, la Chiesa militante, la Chiesa dello
Spirito che soffia dove vuole, la spada, che è
la Parola di Dio.
Di agostino (inviato il 12/05/2006 @ 19:42:45)
# 316
Preciso per due anime intendo: Petrina e
Paolina.
Di agostino (inviato il 12/05/2006 @ 19:43:40)
__________
# 318
Per agostino e il suo post 316
La Chiesa non ha due anime, agostino, la Chiesa
ha una sola anima perché Uno solo è il
Signore. L'Apostolo Pietro, il Pescatore di
uomini è il vicario di Cristo in terra e
Paolo, l'Apostolo delle genti, tutt'al più è
una colonna portante. E la Chiesa militante
dello Spirito che soffia dove vuole, non è
prerogativa di Paolo né di nessuno e, se la
spada è la Parola di Dio, non esiste al mondo
nessuno che la possiede. Esiste solo Uno, come
Uno è il Signore e come Una è la Chiesa che
ne è garante. Nell'oggi della nostra storia è
Benedetto XVI e non c'è nessun altro che possa
dire di incarnare l'Apostolo Paolo come anima
numero due, perché anche lui, quando voleva
dirimere controversie si rivolgeva a Pietro...
e ha imparato tutto da Pietro e da Anania (che
lo ha guarito dalla cecità)... non si è posto
lui, come iniziatore, ma predicava Cristo e
"Cristo crocifisso"
Di Mic (inviato il 12/05/2006 @ 20:06:42)
Di Mic
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