CON IL DONO DELLA
CARITÀ DENTRO LA
STORIA
Nota Pastorale della Conferenza
Episcopale Italiana
Presentazione
Il Convegno
ecclesiale di Palermo è stato un evento di grazia, animato
dall'ascolto della parola di Dio, da una profonda esperienza di
preghiera, da un clima di vera comunione, sorretta dalla gioia dello
stare insieme come fratelli nel Signore Gesù. In questo contesto, a
Palermo è maturata un'intensa riflessione pastorale, che ha toccato
i punti più importanti dell'odierna coscienza ecclesiale: l'anelito
ad andare in profondità, alla radice del nostro essere chiesa,
della nostra fede e della nostra missione, evidenziando il primato
di Dio nella vita personale e comunitaria; la consapevolezza,
poi, che l'annuncio e la testimonianza della carità - intesa nella
pienezza del suo senso teologale - possono costituire il fermento e
il principio di un autentico rinnovamento della nostra società;
infine, la constatazione della necessità di evangelizzare la
cultura e di inculturare il Vangelo nel concreto di una società in
rapida evoluzione, istanza che costituisce l'anima e il senso di
quel «progetto culturale» con cui la chiesa in Italia intende
stare dentro al nostro tempo con amore
e insieme con libertà propositiva e critica.
Questa riflessione ha
raccolto i frutti del lavoro preparatorio svolto nelle diocesi
italiane, specialmente nei presbitèri e negli organismi di
partecipazione, ma anche nelle diverse espressioni della vita
consacrata e delle aggregazioni laicali. A questa attività
preparatoria hanno dato volto e interpretazione le relazioni
generali e di ambito che hanno aperto il convegno, offrendo
importanti elementi di analisi e di proposta. Ma ulteriore e
decisiva illuminazione abbiamo ricevuto dall'insegnamento del santo
padre, che abbiamo accolto con gioia e responsabilità. In questo
quadro si sono collocati l'approfondimento e il confronto nelle
commissioni che, al termine del convegno, sono stati ripresi in una
prima rilettura conclusiva e nelle sintesi e proposte che
l'assemblea ha voluto consegnare al discernimento dei vescovi.
Frutto di questo
servizio magisteriale è la nota pastorale, ora proposta alla
riflessione e all'impegno delle comunità. Essa vuole collocare il
convegno entro le coordinate di un cammino di chiesa volto a dare
piena attuazione alle prospettive del concilio Vaticano II e a
proiettarsi verso la celebrazione del grande giubileo che aprirà il
terzo millennio dell'era cristiana. In questa prospettiva ci siamo
preoccupati di aiutare le comunità a individuare i tratti salienti
del servizio al Vangelo nell'attuale contesto
storico, traendo dalle indicazioni emerse a Palermo alcune priorità
tra loro coordinate, che vengono presentate qui come vie di
comunione pastorale per far crescere la coscienza e l'operosità dei
credenti nei campi della cultura e della comunicazione, dell'impegno
sociale e politico, dell'amore preferenziale dei poveri, della
famiglia e dei giovani.
Il documento dei
vescovi non viene pubblicato da solo, ma insieme ai testi più
significativi del convegno, a cominciare dal discorso e dall'omelia
del santo padre. Essi costituiscono le radici da cui la nota
pastorale trae vita e quindi l'orizzonte in cui essa si colloca. E,
viceversa, le espressioni più qualificate del convegno non vengono
lasciate a una lettura personale senza riferimenti, ma la nota dei
vescovi ne orienta la lettura e la traduce in operosità
comunitaria.
Il Convegno di
Palermo viene così riconsegnato all'impegno pastorale delle nostre
comunità, come riferimento obbligato per questa seconda metà degli
anni '90, che conclude il decennio dedicato agli orientamenti
pastorali Evangelizzazione e testimonianza della carità e
contestualmente si propone come preparazione al giubileo dell'anno
duemila. Sono tappe di progettazione pastorale e svolte di scadenze
temporali che coincidono con un'epoca nella quale si fa ogni giorno
più acuto il bisogno di rinnovare il radicamento del Vangelo nella
trama quotidiana della cultura e della vita del nostro popolo.
Chiediamo a tutti di accogliere questo strumento come un aiuto che
ci è offerto per la missione che abbiamo in comune.
Roma, 26 maggio 1996, domenica di Pentecoste.
Camillo card. Ruini
presidente della Conferenza episcopale italiana
__________________
«Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo
Spirito dice alle chiese» (Ap
2,7)
1.
Carissimi fratelli e sorelle delle chiese che sono in Italia,
profondamente grati al Signore per il terzo Convegno ecclesiale,
celebrato a Palermo dal 20 al 24 novembre 1995 sul tema Il
Vangelo della carità per una nuova società in Italia, vogliamo
coltivarne con voi la memoria e promuoverne la fecondità.
Sono state giornate
intense di preghiera, di riflessione, di gioiosa fraternità,
assecondate dalla splendida accoglienza della comunità cristiana di
quella città. Vivo entusiasmo ha suscitato la visita del santo
padre, che con il suo messaggio ci ha trasmesso forti motivi di
speranza e chiare indicazioni di impegno. In quell'assemblea,
rappresentativa di tutte le componenti del popolo di Dio, abbiamo
visto ravvivarsi, come in una rinnovata esperienza del cenacolo, il
fuoco della comunione e della
missione.
Ora, animati da
profonda sollecitudine per le nostre chiese e per il nostro paese,
con questa nota pastorale noi vescovi vogliamo confermare e
ripresentare autorevolmente l'ispirazione fondamentale, gli
obiettivi generali, gli orientamenti e le proposte principali di
quei giorni. Vogliamo consegnare il convegno alle nostre
comunità, perché sia rivissuto in esse e le aiuti a camminare
insieme verso il terzo millennio, attuando con rinnovato slancio il
comune impegno di «Evangelizzazione e testimonianza della
carità», che caratterizza questi anni '90.
Significativamente
questa nota viene pubblicata insieme ai testi principali del
convegno. Essa si pone a conclusione di una ricca esperienza di
discernimento comunitario, che non può essere raccolta in un breve
scritto. Lo studio dei documenti nel loro insieme rimane
indispensabile, sia per avere una conoscenza adeguata dei contenuti,
sia, ancor più, per ritrovare il fervido clima spirituale dell'evento.
Un'immagine esemplare di chiesa
«Vidi la città santa, la nuova
Gerusalemme» (Ap 21,2)
2.
Il convegno, con lo stile stesso della celebrazione, prima ancora
che con i contenuti della riflessione, ci ha dato, in forte rilievo,
un'immagine di chiesa «concentrata sul mistero di Cristo e
insieme aperta al mondo».1 A Palermo si è manifestata una chiesa
che ascolta e medita la Parola, perché «non c'è rinnovamento,
anche sociale, che non parta dalla contemplazione»;2 una chiesa
che celebra la
liturgia con canti festosi e gesti semplici, ma significativi; una
chiesa unita nell'attiva partecipazione di pastori, teologi,
religiosi, laici, uomini e donne, nel confronto cordiale e
costruttivo di diverse esperienze e sensibilità; una chiesa
sinceramente disponibile alla condivisione ecumenica, al dialogo
interreligioso, al confronto interculturale; una chiesa aperta sulla
città, cioè inserita nella società, con un'attenzione
preferenziale ai poveri.
Tale modello si
colloca chiaramente nella prospettiva indicata dal concilio
Vaticano II. Testimonia la concorde volontà di attuarne
soprattutto le quattro grandi costituzioni: Dei Verbum,
perché la parola di Dio sia anima e «regola suprema»3 della
teologia, della pastorale, dell'intera esistenza cristiana; Sacrosanctum
concilium, perché la liturgia sia «culmine» e «fonte»4
della vita del cristiano e della comunità; Lumen gentium,
perché la comunità ecclesiale risplenda come segno pubblico
ed efficace «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano»;5 Gaudium et spes, perché la chiesa sia
profondamente inserita nella storia e incontri «le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi».6
L'esperienza di
Palermo sollecita le nostre chiese a procedere speditamente secondo
queste linee nei prossimi anni, verso il terzo millennio. Ci
ricorda che, per il grande giubileo, «la migliore preparazione è
la piena recezione e creativa attuazione del concilio Vaticano II»7
e che dobbiamo vivere questo tempo «come un nuovo avvento
missionario»,8 rivolti a Cristo e aperti agli uomini, preparando
per noi e per gli altri un nuovo incontro con il Signore Gesù.
Gesù Cristo: il Vangelo della
carità
«Il Testimone fedele ... Colui che
ci ama ... il Primo e l'Ultimo e il Vivente» (Ap
1,5.17-18)
3.
Il primo impegno a cui siamo chiamati è una rinnovata esperienza
del mistero di Cristo.
A Palermo, guidati
dal libro dell'Apocalisse, abbiamo rivolto lo sguardo a colui «che
era morto ed è tornato alla vita» (Ap 2,8); lo abbiamo
riconosciuto come rivelazione dell'amore del Padre, Signore della
storia, fondamento e compimento di ogni progetto di vita, personale
e sociale, «il Testimone fedele, ... il Primo e l'Ultimo e il
Vivente» (Ap 1,5.17-18), colui che viene a far «nuove tutte le
cose» (Ap 21,5). Lo stesso messaggio, che dava conforto alle prime
comunità cristiane, provate dalla
persecuzione e da
insidiose tentazioni contro la verità della fede e la santità
della vita, è risuonato ancora, immutato e sempre nuovo, per
infondere coraggio a noi e alle nostre chiese di fronte alle sfide
del tempo presente: secolarismo, oggettivismo etico, consumismo
materialista e vaga religiosità senza precise convinzioni e senza
impegnative esigenze di coerenza, esposta a pericoli di inquinamento
superstizioso, a tentazioni di relativismo e sincretismo.
4.
A Palermo abbiamo celebrato Gesù Cristo come Vangelo
vivente della carità. Nel Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso
e risorto, unico salvatore di tutti gli uomini, abbiamo contemplato
la novità inaudita dell'amore di Dio, manifestato nella storia. Il
Signore Gesù ha detto: «Chi ha visto me ha visto il Padre... Io
sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,9.11). L'unità è tale
che incontrare l'uno significa incontrare anche l'altro.
In Gesù Cristo il
mistero infinito, origine e fondamento di tutte le cose, ci viene
incontro come Padre, che dona il Figlio fino alla morte di croce;
come Figlio, che si dona per noi, accogliendo la volontà
misericordiosa del Padre; come Spirito Santo, amore del Padre e del
Figlio, che ci viene comunicato. Dio si rivela, nei nostri
confronti, come amore gratuito e misericordioso; in se stesso, come
comunione perfettissima di tre persone, Padre, Figlio e Spirito
Santo.
«Dio è carità»
(1Gv 4,16). Nella sua misericordia, il Padre non solo dona agli
uomini peccatori il Figlio unigenito irrevocabilmente, fino alla
morte di croce, ma lo risuscita a loro vantaggio, costituendolo
«capo e salvatore» (At 5,31), principio di giustificazione e di
vita nuova con la potenza dello Spirito Santo (cf. Rm 4,25). «Dio
ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv
3,16). Nessuna notizia è paragonabile a questa; nessuna è buona e
sorprendente come questa.
Il Signore,
crocifisso e risorto, comunicazione personale di Dio, è
anche attuazione perfetta dell'uomo. Ci rivela che l'amore è
la nostra vocazione fondamentale: «Se il chicco di grano caduto in
terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo,
la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,24-25).
Creati a immagine di
Dio possiamo realizzarci solo nel dono di noi stessi e
nell'accoglienza dei fratelli. «Noi sappiamo che siamo passati
dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane
nella morte» (1Gv 3,14). Solo se ama, l'uomo vive veramente, è se
stesso.
Gesù Cristo è la
verità di Dio, che è carità, e la verità dell'uomo, che è
chiamato a vivere insieme con Dio nella carità. Il contenuto
centrale del Vangelo è «che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù
Cristo e ci amiamo gli uni gli altri» (1Gv 3,23).
5.
Credere e amare, prima di essere un comandamento, è dono
ed evento di grazia. La carità del Padre, che si rivolge
a noi in Cristo, ci viene comunicata nell'intimo mediante
l'effusione dello Spirito Santo. È venuta nella storia una volta
per sempre in Gesù Cristo e continua a venire con il dono sempre
nuovo dello Spirito. Per questo può essere accolta e conosciuta
pienamente solo nell'esperienza vissuta di carità, specialmente
nell'amore reciproco. «Amiamoci gli uni gli altri,perché l'amore
è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non
ama non ha conosciuto Dio,
perché Dio è amore» (1Gv 4,7-8). E proprio perché è la verità
dell'amore, la verità cristiana viene trasmessa in modo credibile
mediante il segno della carità vissuta tra gli uomini: «Io in loro
e tu [Padre] in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo
sappia che tu mi hai mandato» (Gv 17,23). La carità è
dunque il contenuto centrale e nello stesso tempo la via maestra
dell'evangelizzazione. Evangelizzare è far incontrare gli
uomini con l'amore di Dio e di Cristo, che viene
a cercarli: per questo è indispensabile la testimonianza vissuta;
è necessario «fare la verità nella carità» (Ef 4,15).
A Palermo il santo
padre ci ha detto che il grande giubileo dovrà essere per gli
uomini di oggi «un rinnovato incontro» con Gesù Cristo, «unico
Signore e Redentore» e che «un tale rinnovato incontro» è la
prima cosa di cui l'Italia ha bisogno.9
Noi tutti possiamo e
dobbiamo cooperare perché questo incontro avvenga, prendendo parte
alla nuova evangelizzazione. Ma saremo efficaci e credibili, solo se
ritroveremo «un rinnovato stupore di fede»10 davanti alla carità
di Dio rivelata in Gesù Cristo, se sapremo unire una convinzione
consapevole e motivata a una coraggiosa testimonianza di vita.
La comunicazione appassionata e il coinvolgimento personale
rimangono, anche nella società multimediale, il linguaggio basilare
dell'evangelizzazione. Nostro modello rimane la vergine Maria che
nel mistero della visitazione proclama le meraviglie del Signore con
il cantico di lode, la presenza gioiosa e il servizio operoso (cf.
Lc 1,39-56).
Anima di una storia rinnovata
«Ecco, io faccio nuove tutte le
cose» (Ap 21,5)
6.
La novità dell'amore di Dio, che è venuta e viene nella
storia, rinnova l'uomo, la comunità ecclesiale, la stessa
società civile. Il tema del convegno, Il Vangelo della
carità per una nuova società in Italia, mentre ci ricorda che
il mistero della carità divina deve essere al centro della nostra
esperienza, ci suggerisce anche che l'altro polo della nostra
attenzione deve essere il rinnovamento del paese. Anzi il Vangelo
stesso della carità ci muove ad agire in vista di tale obiettivo.
Seguendo
l'insegnamento del concilio Vaticano II, siamo convinti che la
fede non ci distoglie dai nostri doveri terreni, ma ci «obbliga
ancor più a compierli».11 La nostra vita è protesa nella speranza
verso il compimento ultimo oltre la storia; la carità, che ci
anima, anela alla perfetta comunione con le Persone divine
nell'eternità. Però la stessa carità ci impegna a preparare nella
storia il regno di Dio, promuovendo i valori umani nella loro
autenticità e consistenza propria. «I cristiani, in cammino verso
la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù:
questo tuttavia non diminuisce,
ma anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con
tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano».12
Dal Vangelo della
carità vengono innanzitutto nuove motivazioni e nuove energie,
quelle che a Palermo ci hanno fatto dichiarare il fermo proposito: Vogliamo
star dentro la storia, con amore!
7.
La crisi del nostro paese non è superficiale, ma «raggiunge
i livelli profondi della cultura e dell'ethos collettivo».13
Ha le sue radici nel secolarismo e nella scristianizzazione, cioè
nell'emarginazione e dimenticanza di Dio e nell'eclisse della fede
in Gesù Cristo. Da qui derivano la concezione deviante di una
libertà umana senza verità oggettiva, lo smarrimento di valori
morali, come quelli della vita, della famiglia, della solidarietà,
e infine il disordine della convivenza civile.
Tale dinamica
negativa, che impoverisce interiormente la società dell'occidente,
ricca peraltro di beni materiali e tecnologicamente evoluta, insidia
pericolosamente anche il nostro paese e il suo patrimonio di
civiltà.
D'altra parte,
accanto agli aspetti negativi, possiamo scorgere nel nostro tempo
anche importanti elementi di verità e di bene. Presso la
maggioranza della popolazione si nota una diffusa religiosità, anzi
un ritorno alla preghiera. Molti sono alla ricerca di punti di
riferimento, di ragioni di vita e di speranza. Quanto alla
concezione dell'uomo e della società, si affermano istanze e valori
di grande rilievo, quali il senso della dignità di ogni persona e
della pari dignità della donna, il bisogno di rapporti autentici
tra le persone, il bisogno di giustizia e di valori comuni per una
solida convivenza civile, il desiderio di trasparenza politica,
l'aspirazione alla pace, la salvaguardia e il rispetto della natura.
Tali elementi positivi ci fanno sperare che il travaglio in atto
finisca per rivelarsi una crisi di crescita e ci offrono preziose
opportunità per una nuova evangelizzazione.
8.
Intanto però non possiamo esimerci dal compiere come credenti e
come comunità ecclesiale un doveroso esame di coscienza.
Come mai la fede cristiana, con i suoi contenuti specifici e le sue
esigenze di coerenza, che rafforzano e trascendono il comune senso
religioso, incide debolmente sulla mentalità e sul costume della
gente, che pur si dichiara cattolica? Come mai incide ancor
meno nella cultura
cosiddetta «alta», nelle proposte culturali dei media, negli
indirizzi economici e politici? Non abbiamo anche noi cristiani
delle responsabilità? Non pesano forse ancora le
controtestimonianze che abbiamo dato in passato riguardo all'unità
dei cristiani, al rispetto della libertà di coscienza nel servizio
della verità, alla tutela dei diritti umani fondamentali? Non ci
sono anche oggi ritardi, omissioni, incoerenze? Ci teniamo
saldamente ancorati a Gesù Cristo con la
preghiera, come i
tralci alla vite? Abbiamo il coraggio di testimoniare il Vangelo
nella difesa di ogni uomo, a partire dai più deboli? Quali sono i
nostri difetti religiosi, morali e sociali che più nascondono il
volto di Dio-amore? Quale contributo culturale possiamo dare al
rinnovamento del nostro paese?
9.
Il nostro contributo più prezioso al bene del Paese non può essere
altro che una nuova evangelizzazione, incentrata sul Vangelo
della carità, che congiunge insieme la verità di Dio che
è amore e la verità dell'uomo che è chiamato all'amore:
una nuova evangelizzazione consapevolmente attenta alla cultura del
nostro tempo, per aiutarla a liberarsi dei suoi limiti e a
sprigionare le sue virtualità positive.
È tempo di un nuovo
incontro tra la fede e la cultura.
Se la fede ha bisogno della cultura per essere vissuta in modo
umano, la cultura ha bisogno della fede per esprimere la pienezza
della vocazione dell'uomo.
«È tempo di
comprendere più profondamente che il nucleo generatore di ogni
autentica cultura è costituito dal suo approccio al mistero di Dio,
nel quale soltanto trova il suo fondamento incrollabile un
ordine sociale incentrato sulla dignità e responsabilità
personale. È a partire da qui che si può e si deve costruire nuova
cultura. Questo è il principale contributo che, come cristiani,
possiamo dare a quel rinnovamento
della società in Italia che è l'obiettivo del convegno».14
Alla luce del primato
di Dio, la persona umana risalta in tutta la sua dignità e i valori
etici ricevono tutta la loro consistenza, consentendo di edificare
una società ordinata. La persona assume il ruolo di «principio,
soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali»15 e il rispetto
verso di essa si pone «come criterio basilare, quasi pilastro
fondamentale, per la ristrutturazione della società».16
Il Vangelo della
carità vuole farsi storia. In quanto manifesta pienamente la
verità dell'uomo, costituisce «la legge fondamentale dell'umana
perfezione e perciò anche della trasformazione del mondo».17 La
carità, è stato detto a Palermo, non è solo «pietosa
infermiera» che cura le patologie della società, ma rimedio per
rimuoverne le cause, anzi per prevenirle: a partire dai poveri essa
vuole farsi guida verso il futuro del paese; vuole essere «anima
d'una storia rinnovata».18
La vita secondo lo Spirito
«Al vincitore darò ... un nome
nuovo» (Ap 2,17)
10.
Come dire oggi nella storia il Vangelo della carità? Quali forze e
strategie mettere in campo?
In apertura del
convegno di Palermo abbiamo udito la dichiarazione appassionata che,
per la nuova evangelizzazione e per il rinnovamento della società,
la prima risorsa e la più necessaria sono uomini e donne nuovi,
immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società, santi e
santificatori.
Non basta aggiornare
i programmi pastorali, i linguaggi e gli strumenti della
comunicazione. Non bastano neppure le attività caritative. Occorre
una fioritura di santità. Essere santi significa vivere in
comunione con Dio, che è il solo Santo, e, poiché Dio è carità,
lasciarsi plasmare il cuore e la vita dalla forza della sua carità.
A Palermo ci è stato
ricordato il grande insegnamento del concilio Vaticano II sulla comune
vocazione alla santità: «Tutti i fedeli di qualsiasi stato o
grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla
perfezione della carità e tale santità promuove nella stessa
società terrena un tenore di vita più umano».19 Si tratta di una
meravigliosa possibilità, in cui credere fermamente, di un germe da
coltivare con perseveranza e con intenso desiderio che cresca. Ci
incoraggiano a ciò i moltissimi
santi della nostra tradizione cristiana e, con accento
particolarmente persuasivo, le nobili figure che hanno illuminato la
storia recente del nostro paese.
Noi vescovi
rinnoviamo ora lo stesso appello a uscire dal torpore e dalla
rassegnazione, a superare una religiosità di abitudine e di
costume. Il fervore della carità comporta uno stile esigente di
vita cristiana, pur nella normalità del vissuto di ogni giorno. Ci
sono senz'altro modalità diverse di attuare l'unica santità,
«come raggi dell'unica luce di Cristo riflessa sul volto della
chiesa»,20 ma gli elementi fondamentali sono comuni e accessibili a
tutti: sono gli elementi di una spiritualità trinitaria e incarnata
nel quotidiano.
11.
Siamo chiamati a vivere in comunione con la Trinità divina. L'esistenza
cristiana è camminare secondo lo Spirito, lasciarsi guidare da
lui, umili, docili e per questo anche audaci. «Sappiamo bene che
agente principale della nuova evangelizzazione è lo Spirito Santo:
perciò noi possiamo essere cooperatori dell'evangelizzazione solo
lasciandoci abitare e plasmare dallo Spirito, vivendo secondo lo
Spirito e rivolgendoci nello Spirito al Padre».21 L'esistenza
cristiana è seguire Gesù, modello
e amico, scegliere di essere come lui e con lui: ascoltarlo nella
Parola, riceverlo nell'eucaristia, incontrarlo nei fratelli,
servirlo nei poveri, portare con lui la croce. L'esistenza
cristiana è andare con Cristo al Padre, come figli grati e
obbedienti, pieni di fiducia nella sua provvidenza, assumendo la
vita come vocazione, non come orgogliosa autorealizzazione,
accogliendo ogni persona e cosa, ogni evento e situazione come un
dono e una possibilità di bene.
L'unione con le
Persone divine abbraccia l'intero vissuto quotidiano: il dialogo è
continuo se è continuo l'amore, se in ogni cosa facciamo la
volontà di Dio. Tuttavia sono necessari i tempi della preghiera, in
cui il rapporto con Dio si fa consapevole, diventa contemplazione,
adorazione, lode, ringraziamento, ascolto, domanda. È bello
lasciarsi amare da Dio! È necessario ricevere da lui la forza della
carità per amare i fratelli, per trasformare in culto spirituale le
varie occupazioni e prove che ci
attendono: la nostra carità può esistere solo come riverbero della
sua.
A partire dalla
preghiera, la carità assume, purifica ed eleva tutte le realtà
dell'esperienza personale di ogni giorno: le relazioni familiari,
sociali, ecclesiali, le attività professionali, culturali,
ricreative. La carità congiunge la preghiera con l'impegno, in modo
da rendere contemplativi nell'azione e memori del mondo davanti a
Dio. Genera una spiritualità che guarda oltre la storia, ma è
sostanziata di storia. Ama appassionatamente Dio; ma vede Dio in
tutti e ama tutti appassionatamente, come Dio li ama. Né uno
spiritualismo intimista, né un attivismo sociale; ma una sintesi
vitale, capace di redimere l'esistenza vuota e frammentata, di dare
unità, significato e speranza.
Conviene qui
ricordare un bellissimo testo dei primi secoli cristiani ascoltato
nell'assemblea di Palermo: «I cristiani non si distinguono dagli
altri uomini né per territorio, né per lingua, né per il modo di
vestire. Essi non abitano città loro proprie, non usano un
linguaggio particolare, né conducono uno speciale genere di vita.
Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto
come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri... Sono
nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano sulla terra,
ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e con
la loro vita superano le leggi ... A dirla in breve, come è l'anima
nel corpo, così nel mondo sono i cristiani».22
12.
Per conformarsi a Cristo crocifisso e risorto e per essere veramente
liberi di donarsi a Dio e ai fratelli, bisogna sviluppare il dominio
di sé, la sobrietà nei consumi, la disciplina dei sentimenti.
Bisogna riconciliarsi
con la vita, assumendo anche la sofferenza, la malattia e
l'insuccesso come opportunità di maturazione personale, di
testimonianza e di intercessione a favore degli altri presso Dio:
«A tutti voi che soffrite, chiediamo di sostenerci. Proprio a voi
che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per
la chiesa e per l'umanità».23
Tutto questo è
possibile con la grazia dello Spirito Santo. Ma richiede un
cammino progressivo e perseverante di conversione personale,
scandito dal sacramento della riconciliazione. Riconoscere i propri
peccati, ritardi e debolezze «serve per rimanere umili, per essere
miti con gli altri, per confidare in Dio, che ci ama così come
siamo»;24 costituisce perfino una testimonianza in un tempo in cui
si è facilmente propensi all'autogiustificazione e si tende a
considerare la trasgressione come affermazione di libertà.
Apriamo con
sincerità il nostro cuore: accogliamo l'appello alla santità che
in prossimità dell'anno giubilare si fa più nitido e insistente.
Celebrare e contemplare Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo,
crocifisso e risorto, Vangelo vivente della carità, suscita uomini
nuovi, capaci di amare. «Noi amiamo, perché egli ci ha amati per
primo» (1Gv 4,19). «Il più grande omaggio ... a Cristo, alla
soglia del terzo millennio» saranno «i frutti di fede, di speranza
e di carità».25 «È necessario, pertanto,
suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio
forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di
sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del
prossimo, specialmente quello più bisognoso».26
Cammini di formazione
«Svegliati e rinvigorisci ciò che
rimane» (Ap 3,2)
13.
Come tendere seriamente alla santità? Come maturare una
spiritualità incarnata nella concretezza della vita quotidiana e
della storia? Come diventare soggetti credibili della nuova
evangelizzazione?
Non c'è altra via se
non quella di una seria formazione alla vita cristiana. Negli
orientamenti pastorali per questi anni '90 abbiamo affermato: «L'educazione
alla fede è una necessità generale e permanente: riguarda
cioè i giovani e gli adulti non meno dei bambini e dei ragazzi, e
comincia proprio da coloro che partecipano più intensamente alla
vita e alla missione della chiesa».27 A sua volta il Convegno di
Palermo ha ribadito l'urgenza, in un contesto di pluralismo
religioso e culturale come il
nostro, di conferire maggiore consapevolezza ed efficacia educativa
a tutta la pastorale.
Chiediamo alle
diocesi e alle parrocchie di privilegiare le scelte più idonee a
sollecitare la graduale trasformazione della pratica religiosa e
devozionale di molti in adesione personale e vissuta al Vangelo.
Finalizzino tutta la pastorale all'obiettivo prospettato dal nostro
progetto catechistico: «Educare al pensiero di Cristo, a vedere la
storia come lui, a giudicare la vita come lui, a scegliere e ad
amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere in lui la
comunione con il Padre e lo Spirito
Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede».28
14.
Come Dio, nel suo rivelarsi, incontra l'uomo nel tempo, così
l'educazione alla fede lo introduce passo dopo passo alla pienezza
del mistero e si fa itinerario. Il primo itinerario da valorizzare
è quello comune a tutto il popolo di Dio, l'anno liturgico,
scandito dalla domenica, giorno del Signore e giorno della chiesa,
della Parola, dell'eucaristia, della carità.
A partire da questo
fondamentale itinerario vanno poi sviluppati itinerari di vita
cristiana diversificati, che tengano conto dell'età, del ruolo
ecclesiale, dell'esperienza spirituale, della condizione familiare,
culturale e professionale. Nel comune cammino dell'anno liturgico
devono innestarsi attenzioni specifiche, perché la proposta non
suoni generica, ma colga ciascuno nella propria concreta situazione.
Perché l'esperienza
di fede venga personalizzata, si valorizzino i luoghi in cui la
persona esce dall'anonimato: la famiglia anzitutto, quindi la
parrocchia, «casa aperta a tutti»,29 le piccole comunità, i
gruppi, le aggregazioni ecclesiali. Queste realtà possono diventare
laboratori di preghiera, di rapporti umani e fraterni, di
apostolato, di servizio ai poveri e alla comunità, di progettazione
pastorale, culturale e sociale.
15.
Gli itinerari, diversi tra loro, devono comunque comprendere e
fondere in una circolarità dinamica le tre dimensioni fondamentali
della pastorale e della vita cristiana: annuncio, celebrazione e
testimonianza. Noi vescovi avevamo già indicata questa esigenza
come prioritaria negli orientamenti per questo decennio.30 A Palermo
lo stesso santo padre ce l'ha ricordata, chiedendo alle nostre
chiese di «lasciarsi plasmare dall'ascolto della parola di Dio, alimentandosi
e purificandosi continuamente alle fonti della liturgia e della
preghiera personale, per vivere più intensamente
la comunione».31
La reciproca
integrazione di catechesi, celebrazione e servizio della carità sta
alla base anche dell'itinerario di formazione che il santo
padre propone per tutto il popolo di Dio come preparazione
prossima al giubileo, un itinerario in tre tappe per gli anni
1997, 1998, 1999. Nel primo anno la catechesi si concentra su Gesù
Cristo unico Salvatore del mondo, l'iniziazione liturgica sul
battesimo, l'esperienza vissuta sulla testimonianza di fede. Nel
secondo anno alla catechesi, che ha per tema lo Spirito Santo e la
sua presenza nella chiesa, si uniscono la riscoperta della confermazione
e la partecipazione creativa e piena di speranza alla vita
ecclesiale e sociale. Nel terzo anno si compongono insieme la
catechesi incentrata sul ritorno al Padre, il sacramento della
penitenza e l'impegno per edificare, a partire dai poveri, una
civiltà dell'amore.32 Si tratta di un itinerario caratterizzato da
una dinamica trinitaria, «per Cristo nello Spirito al Padre», che
procede impegnando costantemente le tre dimensioni della vita
cristiana. Su di esso dovranno essere strutturati
l'itinerario comune e gli itinerari diversificati di fede che ci
siamo proposti.
16.
Per accogliere consapevolmente la verità della carità, che
risplende in Cristo, occorre unire l'esperienza vissuta alla
conoscenza dei contenuti e delle ragioni della fede (cf. 1Pt 3,15).
Un'attenta
riflessione, per la formazione di salde convinzioni, appare ancor
più indispensabile nel pluralismo religioso e culturale, che
caratterizza il nostro tempo.
In questa prospettiva
c'è anzitutto da diffondere la Bibbia e promuovere una lettura
sapienziale di essa. L'incontro diretto con la parola di Dio
scritta è di importanza vitale per la formazione di personalità
cristiane e per il discernimento evangelico della vita e della
storia. Ne abbiamo fatto intensa esperienza al Convegno di Palermo,
meditando quotidianamente il testo dell'Apocalisse.
Da parte sua il papa
ci ha additato come obiettivo del primo anno di preparazione al
giubileo il ritorno «con rinnovato interesse alla Bibbia».33
Occorre formare
animatori di incontri biblici, promuovere l'uso di pregare con la
Bibbia in famiglia e nei gruppi ecclesiali, diffondere specialmente
la pratica della lectio divina. Si sperimenta così come
l'interiorità cristiana non sia intimismo soggettivo, ma
interiorizzazione della parola di Dio che è venuta nella storia e
viene ora a plasmare la nostra esistenza.
Necessaria è anche
la conoscenza della dottrina della chiesa, senza la quale la stessa
lettura della Bibbia rischia di cadere nel soggettivismo. Gli
itinerari formativi devono prevedere specifici momenti catechistici,
in cui sono da utilizzare i testi del Catechismo della CEI per la
vita cristiana, destinati a sostenere l'educazione alla fede
nelle diverse età. In modo particolare raccomandiamo il catechismo
degli adulti La verità vi farà liberi, la cui struttura
trinitaria risponde esattamente alla dinamica dell'itinerario
proposto dal santo padre per la preparazione al giubileo.
17.
L'esistenza cristiana è adesione a una parola di verità, e insieme
accoglienza di un dono di vita, che ci viene comunicato nei segni
sacramentali. Essa trova la sua sorgente e il suo culmine nell'eucaristia,
sacramento della carità e della comunione.
La partecipazione
assidua all'eucaristia sia posta al centro degli itinerari di fede.
Si curino innanzitutto le disposizioni interiori, indispensabili per
una ricezione fruttuosa del sacramento. Ma si dia giusta importanza
anche al concreto linguaggio dei segni: parole e silenzi, gesti
espressivi e immagini, canti e suoni, spazi e luci. Per ravvivare la
fede nella presenza di «Gesù Cristo, unico salvatore del mondo,
ieri, oggi e sempre», si colga l'opportunità offerta dal prossimo
Congresso eucaristico nazionale, che sarà celebrato a Bologna nel
1997, come preludio a quello dell'anno giubilare.
18.
Nutrendoci della Parola e dell'eucaristia, saremo condotti a vivere
la carità, con uno stile di vita caratterizzato da servizio,
condivisione, attenzione preferenziale ai poveri, perdono e
riconciliazione. Gli itinerari formativi prevedano a riguardo non
solo gesti episodici, ma esercizio assiduo, capace di coinvolgere
intimamente e di creare mentalità. Si aprano all'animazione da
parte della Caritas diocesana e della Caritas parrocchiale;
valorizzino la testimonianza del volontariato e soprattutto dei
religiosi e delle religiose, che dedicano totalmente la vita a
servire i fratelli, per farli incontrare con l'amore di Dio e di
Cristo.
Sviluppo della comunione
«Ecco la dimora di Dio con gli
uomini» (Ap 21,3)
19.
Il Vangelo della carità, mentre chiama ogni persona a novità di
vita, interpella anche la comunità dei credenti in quanto tale.
Quale rinnovamento le occorre per essere percepita come segno della
presenza e dell'amore di Dio? Quale immagine di sé deve dare per
essere credibile nella società di oggi?
Abbiamo vissuto il Convegno di
Palermo come un gioioso evento di comunione. «Il Vangelo della
carità prima che il tema di questo convegno, ne è stato in larga
misura lo stile, il metodo di lavoro, il clima entro cui
discussioni, interventi, rapporti conviviali si sono svolti, anche
quando i pareri sono stati diversi».34
Ai nostri occhi si è illuminato di
vivida luce il senso della preghiera di Gesù: «Come tu, Padre, sei
in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il
mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Abbiamo costatato,
con nuova meraviglia, che davvero la comunione fraterna è
immagine della Trinità divina, immagine sommamente persuasiva
anche per gli uomini del nostro tempo.
Ci sentiamo confermati nella
convinzione che per la nuova evangelizzazione è necessario rifare
con la carità il tessuto delle nostre comunità cristiane. Dobbiamo
edificare comunità di carità vissuta, che siano segno tangibile
della novità di Cristo nella storia, lievito umile, ma fecondo,
nella società individualista e conflittuale.
20.
A Palermo abbiamo condiviso doni spirituali, esperienze e progetti
nell'incontro di una grande varietà di vocazioni, responsabilità e
competenze. Ci siamo sentiti provocati a «incrementare una
dinamica, matura e arricchente, di reciprocità tra le diverse
componenti della comunità ecclesiale in comunione e sotto la guida
dei vescovi».35
La convinzione che la pienezza dei
doni dello Spirito si trova solo nell'insieme della chiesa, deve
indurci a valorizzare le diverse componenti nella loro specificità,
facendole convergere verso l'unità. Dobbiamo alimentare una
cultura della reciprocità e della partecipazione e attivare
un'incessante comunicazione e collaborazione, per esprimere
concretamente la comunione. Tutti siamo abbastanza poveri per dover
ricevere; tutti siamo abbastanza ricchi per poter dare.
Segni e strumenti efficaci per la
crescita della comunione e per la promozione di una concorde azione
missionaria sono gli organismi di partecipazione: consiglio
presbiterale, consiglio pastorale, consiglio per gli affari
economici. È necessario che siano rilanciati, in diocesi e in
parrocchia, con convinzione, perseveranza e creatività.
Inoltre, per accrescere la vitalità
e l'efficacia missionaria delle nostre chiese, dobbiamo essere molto
determinati nei diversi impegni che ci attendono, secondo la nostra
vocazione e responsabilità.
Noi vescovi ci
sentiamo chiamati a curare l'unità e la formazione permanente del
presbiterio diocesano, a offrire opportunità di coinvolgimento ai
consacrati e alle consacrate, ad aprire spazi di partecipazione ai
laici, uomini e donne, e alle loro molteplici aggregazioni.
I presbiteri si
dedichino con fiducia e con gioia a rinsaldare la fraternità
sacerdotale e la corresponsabilità pastorale tra loro e con il
vescovo; a migliorare la comunicazione con i fedeli, specialmente con gli operatori
pastorali e gli adulti in genere. Curino seriamente la propria
formazione spirituale e culturale, per compiere degnamente il loro
ministero ai fini della nuova evangelizzazione.
I diaconi tengano
desto nel proprio cuore il fuoco della carità, per essere testimoni
e animatori instancabili del servizio ai fratelli, specialmente ai
poveri.
I consacrati e le consacrate ravvivino
l'amore reciproco nelle loro comunità; si inseriscano
concretamente, con la ricchezza dei carismi propri dei loro
istituti, nell'insieme della chiesa, come attuazione esemplare di
essa nella radicalità evangelica, nella lode a Dio,
nell'evangelizzazione, nell'educazione dei giovani, nel servizio ai
poveri.
I fedeli laici, uomini e donne,
cui spetta in modo peculiare il compito di «illuminare e ordinare
tutte le cose temporali»36 mediante la fede che opera attraverso la
carità, si impegnino nel mondo con coerenza cristiana e partecipino
alle attività ecclesiali senza venir meno alle loro responsabilità
secolari.
I teologi coltivino
liberamente e rigorosamente la ricerca, in armonia con la fede della
chiesa e il magistero dei pastori, ricordando che «c'è una carità
della verità... che oggi forse è più urgente ancora delle
altre».37 Privilegino i temi che sono centrali e decisivi
nell'odierno dibattito culturale, riguardo a Dio, a Gesù Cristo, al
destino dell'uomo, interpretando la verità cristiana come verità
della carità.
Le famiglie crescano
nell'amore reciproco come «viva immagine del mistero della
chiesa».38 I coniugi tra loro e i genitori con i figli stiano
volentieri insieme; condividano beni spirituali e materiali, gioie e
sofferenze; dialoghino, riflettano e decidano insieme; riportino
nella comunicazione familiare interessi e impegni esterni.
Le aggregazioni di fedeli siano
in comunione di pensieri e di comportamenti con le direttive del
vescovo; coltivino la comunicazione cordiale e assidua tra loro e
con tutte le componenti della comunità diocesana e parrocchiale.
L'Azione cattolica si senta incoraggiata, secondo il suo carisma di
diretta collaborazione con i pastori, a promuovere il senso della
chiesa particolare e l'organicità della pastorale.
21.
Come espressione dinamica della comunione ecclesiale e metodo di
formazione spirituale, di lettura della storia e di progettazione
pastorale, a Palermo è stato fortemente raccomandato il discernimento
comunitario. Perché esso sia autentico, deve comprendere i
seguenti elementi: docilità allo Spirito e umile ricerca della
volontà di Dio; ascolto fedele della Parola; interpretazione dei
segni dei tempi alla luce del Vangelo; valorizzazione dei carismi
nel dialogo fraterno; creatività spirituale, missionaria, culturale
e sociale; obbedienza ai pastori, cui spetta disciplinare la ricerca
e dare l'approvazione definitiva. Così inteso, il discernimento
comunitario diventa una scuola di vita cristiana, una via per
sviluppare l'amore reciproco, la corresponsabilità, l'inserimento
nel mondo a cominciare dal proprio territorio. Edifica la chiesa
come comunità di fratelli e di sorelle, di pari dignità, ma con
doni e compiti diversi, plasmandone una figura, che senza deviare in
impropri democraticismi e sociologismi, risulta credibile
nell'odierna società democratica.
Si tratta di una prassi da diffondere
a livello di gruppi, comunità educative, famiglie religiose,
parrocchie, zone pastorali, diocesi e anche a più largo raggio. I
responsabili delle comunità cristiane ne approfondiscano il senso e
le modalità per poterla promuovere come autorevoli guide spirituali
e pastorali, saggi educatori e comunicatori.
22.
La comunione, generata dal Vangelo della carità, non può essere
circoscritta entro l'ambito di ciascuna chiesa particolare. Dobbiamo
intensificare anche la comunicazione e lo scambio dei doni tra le
chiese, a cominciare dalle nostre in Italia.
Particolarmente urgente si fa oggi la
cooperazione tra il nord e il sud d'Italia, in modo che la
comunione ecclesiale sia fermento di solidarietà sociale e di
unità nazionale. A Palermo abbiamo avuto una percezione più viva
della grande tradizione culturale del mezzogiorno e della perdurante
vitalità di importanti valori, quali il senso religioso, il senso
della famiglia, dell'amicizia, dell'ospitalità. Purtroppo abbiamo
udito anche il dolore e la protesta contro mali intollerabili, quali
l'inefficienza politica e
amministrativa, il ritardo produttivo, il dramma della
disoccupazione giovanile, il peso della criminalità organizzata.
Mentre auspichiamo una nuova stagione di intelligente e operosa
solidarietà, avvertiamo la verità e l'attualità del monito che
già da tempo noi vescovi abbiamo formulato: «Il paese non
crescerà se non insieme».39
Oltre i confini nazionali, memori
della missione storica del nostro popolo in ordine alla trasmissione
della fede e dei valori di autentica umanità, dobbiamo mantenerci
aperti alla cooperazione con le chiese che sono in Europa e nel
mondo, con un'attenzione particolare a quelle in cui si trovano
i nostri concittadini emigrati all'estero.
Dobbiamo inoltre intensificare il dialogo
ecumenico con i fratelli cristiani delle altre chiese e
comunità ecclesiali, aiutandoci a crescere gli uni e gli altri
nella verità e carità, in modo che «al grande giubileo ci si
possa presentare se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi
a superare le divisioni del secondo millennio».40 A riguardo si è
rivelata assai positiva la presenza dei delegati fraterni a Palermo,
che già sta dando frutti di reciprocità. Alla ricerca della piena
unità devono contribuire tutti i fedeli con la preghiera e il
comportamento. Si tratta di «un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla
fede e guidata dalla carità».41
Questi ampi orizzonti ci vengono
additati anche da due prossimi eventi ecclesiali di grande rilievo:
il Simposio dei vescovi europei che si terrà a Roma nell'ottobre di
quest'anno e l'Assemblea ecumenica europea che si riunirà a Graz in
Austria nel giugno dell'anno venturo. Da essi ci vengono ricordate
quelle responsabilità per la difesa e lo sviluppo della grande
eredità cristiana dell'Europa, a cui il santo padre non si stanca
di richiamare la nostra attenzione.42
Coraggio della missione
«Recava un vangelo eterno da
annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza,
lingua e popolo» (Ap 14,6)
23.
La carità spinge la chiesa a farsi carico di onerosi servizi
sociali e a porsi come riferimento etico per la società. Molti,
addirittura, di fatto riducono a questo la sua missione. Essa,
invece, sa di dover condividere con tutti la pienezza della sua
esperienza di fede. La chiesa «esiste per evangelizzare»,43 per
far incontrare gli uomini con l'amore di Dio in Cristo. Ci
domandiamo allora quali siano le urgenze attuali della missione e
quali vie si debbano percorrere.
Oggi in Italia l'evangelizzazione
richiede una conversione pastorale. La chiesa, ha affermato
il papa a Palermo, «sta prendendo più chiara coscienza che il
nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente,
ma della missione».44 Non ci si può limitare alle celebrazioni
rituali e devozionali e all'ordinaria amministrazione: bisogna
passare a una pastorale di missione permanente.
«È venuta meno un'adesione alla
fede cristiana basata principalmente sulla tradizione e il consenso
sociale»; appare perciò urgente «promuovere una pastorale di
prima evangelizzazione che abbia al suo centro l'annuncio di
Gesù Cristo morto e risorto, salvezza di Dio per ogni uomo, rivolto
agli indifferenti o non credenti».45 Tale annuncio è efficace se
è sostenuto dalla testimonianza di carità dei cristiani e della
comunità e se esso stesso si attua con uno stile di carità, «con
dolcezza e rispetto» (1Pt 3,15). Non può non contenere un appello
deciso alla conversione; ma deve cercare di
incontrare le domande esistenziali e culturali delle persone e
valorizzare i «semi di verità» di cui sono portatrici. Perché
nasca un'adesione di fede convinta e personale, occorre un incontro
vivo con Cristo, attraverso i segni della sua presenza e della sua
carità.
Inoltre nell'attuale situazione di
pluralismo culturale, la pastorale deve assumersi, in modo più
diretto e consapevole, il compito di plasmare una mentalità
cristiana, che in passato era affidato alla tradizione familiare
e sociale. Per tendere a questo obiettivo, dovrà andare oltre i
luoghi e i tempi dedicati al «sacro» e raggiungere i luoghi e i
tempi della vita ordinaria: famiglia, scuola, comunicazione sociale,
economia e lavoro, arte e spettacolo, sport e turismo, salute e
malattia, emarginazione sociale.
La pastorale attuata nelle strutture
parrocchiali dovrà saldarsi organicamente con la cosiddetta
pastorale degli ambienti, in modo che la parrocchia si
edifichi come comunità missionaria e soggetto sociale sul
territorio. Il ministero dei presbiteri e dei diaconi dovrà essere
integrato da una varietà di servizi stabili e riconosciuti, con
doni e competenze rispondenti a concrete esigenze. Si aprono così
spazi per molteplici presenze e figure: catechisti; animatori della
liturgia, della pastorale della carità e di altri settori
pastorali; responsabili di gruppi e piccole comunità.
Sono da valorizzare le aggregazioni
ecclesiali e le associazioni di ispirazione cristiana.
Più generalmente è da promuovere una diffusa coscienza missionaria
nelle famiglie e nei singoli cristiani. La famiglia
che vive la carità è soggetto evangelizzante e scuola di umanità
con la sua stessa vita quotidiana, prima ancora di assumere
eventuali impegni particolari di carattere ecclesiale o sociale. Il cristiano
adulto nella fede «cerca le occasioni per annunziare Cristo sia ai
non credenti per (...) indurli alla fede, sia ai fedeli per condurli
a una vita più fervente».46
L'apostolato personale, se avviene in
un contesto di compagnia amichevole, con franchezza unita a umiltà,
cordialità e rispetto dell'altrui libertà, è particolarmente
incisivo; per di più è capillare, costante e possibile ovunque, in
famiglia, tra vicini e amici, tra colleghi di lavoro, tra compagni
di svago e di viaggio.
Quanto alla diocesi,
ricordiamo che nella sua identità di chiesa particolare è anche il
fondamentale soggetto pastorale e missionario sul territorio, con
apertura al mondo intero. Sotto la guida del vescovo cercherà di
sostenere, orientare, coordinare, verificare e integrare la
pastorale delle parrocchie e degli altri soggetti nel suo ambito.
24.
La nuova evangelizzazione sul territorio riceverà slancio e
ispirazione da una sincera ed effettiva apertura alla missione
universale. Un'autentica pastorale non può mancare di questa
dimensione, perché la carità è vasta come il mondo. E,
ringraziando il Signore, le nostre chiese sono tradizionalmente ben
disposte alla cooperazione missionaria e alla collaborazione
internazionale allo sviluppo: esprimono numerosi missionari e
volontari; li sostengono spiritualmente e materialmente.
Da Palermo, avamposto nel
Mediterraneo verso i grandi continenti extraeuropei e crogiuolo
storico di numerose civiltà, ci viene l'appello a vedere nei
missionari i testimoni esemplari, spesso eroici, della carità; ad
aiutarli con la preghiera, l'amicizia e i mezzi economici; a
ricevere da loro e dalle giovani chiese la freschezza delle loro
esperienze spirituali, pastorali e culturali.
«Cooperare alla missione vuol dire
non solo dare, ma anche saper ricevere».47 Dallo scambio di doni ci
verrà uno stimolo per convertirci a una pastorale di missione
permanente, per sviluppare il dialogo interreligioso e
interculturale, sempre più urgente anche all'interno del nostro
paese.
25.
In una prospettiva di pastorale missionaria, rivolta a formare una
mentalità cristiana, si colloca il progetto culturale della
chiesa in Italia, che si sta progressivamente precisando nelle
sue coordinate.
Da sempre la pastorale ha una valenza
culturale, perché la fede stessa ha un legame vitale con le sue
espressioni culturali. Ora però è necessario assumere con maggiore
consapevolezza il rapporto fede e cultura. Rendere più vigile e
consapevole questa attenzione è l'obiettivo generale del progetto
culturale.
Il progetto non è una sintesi
dottrinale organica e completa fin dall'inizio, ma un processo di
formazione e di animazione prolungato nel tempo, che si sviluppa
secondo la dinamica del discernimento comunitario. Alla luce del
nucleo di riferimento, che è costituito dall'immagine cristiana
dell'uomo rivelata in Gesù Cristo, vengono valutate le tendenze
emergenti, i fatti e le situazioni di maggior rilievo del nostro
tempo, per maturare orientamenti di pensiero e di azione.
«Dalla centralità di Cristo si può
ricavare un orientamento globale per tutta l'antropologia, e così
per una cultura ispirata e qualificata in senso cristiano. In Cristo
infatti ci è data un'immagine e un'interpretazione determinata
dell'uomo, un'antropologia plastica e dinamica capace di incarnarsi
nelle più diverse situazioni e contesti storici, mantenendo però
la sua specifica fisionomia, i suoi elementi essenziali e i suoi
contenuti di fondo. Ciò riguarda in concreto la filosofia come il
diritto, la storiografia, la politica, l'economia. Incarnare e
declinare nella storia _ per noi nelle vicende concrete dell'Italia
di oggi _ questa interpretazione cristiana dell'uomo è un processo
sempre aperto e mai compiuto».48
Tale processo esige da una parte
fedeltà alla dottrina della fede e all'insegnamento sociale della
chiesa e dall'altra rispetto della legittima autonomia delle realtà
terrene e quindi competenza, professionalità e rigore metodologico.
Comporta tra i cattolici profonda e convinta unità negli
orientamenti fondamentali insieme alla possibilità di valutazioni
storiche e linee operative differenziate a livello di mezzi e
strategie di attuazione. Coinvolge sia la cultura cosiddetta
«alta», sia la pastorale ordinaria, sia l'esperienza propria dei
fedeli nelle attività temporali. Valorizza anche il confronto con
le persone di altre posizioni religiose e culturali. Non coltiva
pretese di egemonia, ma vuole rendere culturalmente e socialmente
rilevante il messaggio evangelico e dare così un valido contributo
al futuro del paese.
Entro le coordinate del progetto
culturale sono invitati a situarsi creativamente i molteplici
soggetti pastorali delle nostre chiese. Inoltre, in funzione di
stimolo, per alimentare e rilanciare continuamente la riflessione
nei luoghi pastorali, verranno organizzati un servizio di
coordinamento presso la CEI e una rete di laboratori di studio e di
proposta, distribuiti sul territorio e distinti per aree tematiche.
Un primo germe del progetto culturale
è già spuntato a Palermo, dove il discernimento comunitario si è
concentrato su cinque ambiti ritenuti oggi particolarmente rilevanti
sia per la nuova evangelizzazione sia per il rinnovamento del paese:
la cultura e la comunicazione sociale, l'impegno sociale e politico,
l'amore preferenziale per i poveri, la famiglia, i giovani. Il senso
globale di tale riflessione è che la verità dell'uomo, manifestata
pienamente dal Vangelo della carità, si traduce in una cultura
della responsabilità e della solidarietà nelle molteplici
dimensioni della vita.
Al centro della cultura la verità
dell'uomo
«Grandi e mirabili sono le tue
opere,o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie» (Ap
15,3)
26.
La cultura di un popolo è il suo patrimonio storico, frutto e
condizione dello sviluppo dell'uomo:lingua, scienza, arte,
tecnologia, leggi e istituzioni, usanze e modelli di comportamento.
La cultura odierna, in Italia e nel mondo, è diffusa e plasmata dai
media in misura così rilevante, che alcuni non esitano a parlare di
rivoluzione antropologica. Non si tratta infatti di semplici
strumenti, ma di nuovi linguaggi e processi di
comunicazione, che trasformano le attitudini psicologiche, i modi di
sentire e di pensare, le abitudini di vita e di lavoro,
l'organizzazione stessa della società.
Ci chiediamo: che cosa è l'uomo
nella nostra cultura? Quale visione della vita sta dietro a tante
parole, immagini, spettacoli, messaggi pubblicitari, fenomeni di
costume?
«Oggi, in Italia come quasi
dappertutto nel mondo, gli sviluppi della cultura sono
caratterizzati da una intensa e globale ricerca della libertà».49
L'uomo moderno si percepisce come soggetto autocosciente e libero;
afferma giustamente la propria originalità e centralità
nell'ambiente naturale e sociale. È tentato però di mettere da
parte il rapporto vitale con la verità oggettiva, con gli altri e
con Dio. A volte spinge la propria autonomia fino a considerarsi
«sorgente dei valori» e a decidere «i criteri del bene e del
male».50 Allora rimane prigioniero della propria libertà; decade a
individuo chiuso in se stesso e solo. I valori e le norme morali
diventano punti di vista soggettivi. L'esistenza si frantuma in una
successione di esperienze effimere senza disegno, come un andare a
vuoto, senza direzione e senza meta. La società, malgrado
l'interdipendenza sempre più fitta e ampia, si riduce a una folla
di individui, indifferenti, conflittuali e nella migliore delle
ipotesi reciprocamente tolleranti.
Tali tendenze culturali trovano il
loro ambiente propizio nella veloce mobilità e nella complessità
della vita moderna, groviglio di relazioni parcellizzate senza un
centro. Sono alimentate e amplificate dai media, che diffondono
troppo spesso la cultura dell'individuo, dell'effimero, del
frammento e dell'apparenza.
27.
Questo clima culturale pone a noi cristiani la domanda fondamentale
sulla verità dell'uomo e di Dio. «È questa la sfida più
importante e più difficile che deve affrontare chi vuol incarnare
il Vangelo nell'odierna cultura e società».51
La nostra risposta deve essere
anzitutto attenzione intelligente e cordiale ai preziosi elementi
positivi della modernità avanzata, come il bisogno di senso e di
speranza, l'esigenza di solidarietà e di etica pubblica, la ricerca
di relazioni interpersonali sincere e di informazione non
manipolata.
Dobbiamo quindi sollecitare la
cultura del soggetto e della libertà a liberarsi dalle chiusure del
soggettivismo e dell'individualismo e a evolversi verso la
cultura della persona, soggetto autocosciente e libero, ma anche
aperto alla verità dell'essere, agli altri, a Dio. Invitiamo
particolarmente i teologi a impegnarsi per «aprire gli
orizzonti del pensiero e della cultura del nostro tempo all'incontro
con la verità e la carità del Vangelo».52 Auspichiamo un
rinnovato dialogo interdisciplinare per orientare in senso
umanistico i vari saperi e i nuovi poteri offerti dalla scienza e per valorizzare a scopo formativo
l'immenso patrimonio della nostra tradizione culturale, impregnato
di valori cristiani.
28.
A Palermo è emersa un'acuta consapevolezza del ruolo della cultura
per la formazione della coscienza personale e del ruolo dei media
per la formazione della cultura; si è affermato che «Cultura e
comunicazione sociale costituiscono un "areopago" di
importanza cruciale ai fini dell'inculturazione della fede
cristiana».53 Pertanto noi vescovi incoraggiamo le aggregazioni
ecclesiali e le associazioni professionali di ispirazione cristiana
a esprimere personalità capaci di una presenza significativa e
credibile nei luoghi dove si elabora e si trasmette criticamente
la cultura: scuola, università, centri culturali, laboratori
artistici, media, editoria.
Riaffermiamo il ruolo insostituibile
della scuola nell'offrire strumenti di interpretazione
critica della realtà ed esperienze di vita comunitaria, per la
formazione di persone consapevoli e responsabili.
Un valido contributo in tal senso
potrà venire dall'insegnamento della religione cattolica e da una
più incisiva pastorale scolastica.
Auspichiamo che si dia vera priorità
a una politica per la scuola, da cui largamente dipende la crescita
culturale del nostro popolo. Inoltre, nel contesto di un servizio
pubblico pluralista e di autonomia scolastica, chiediamo la parità
giuridica ed economica della scuola non statale accanto a quella
statale, per rispettare effettivamente il diritto delle famiglie
alla libertà di educazione per i propri figli e per favorire uno
sviluppo culturale più dinamico e creativo.
29.
Pur ribadendo il valore primario della comunicazione interpersonale
sia per l'evangelizzazione che per la crescita umana, consapevoli
del ruolo sempre più decisivo che assumono i media, intendiamo
promuovere in ogni diocesi una pastorale organica della
comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e
animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei
comunicatori e degli utenti. Ci
impegniamo a far sì che i media cattolici attivino sollecitamente
tra loro una rete di sinergie redazionali, gestionali, diffusionali,
a livello locale e nazionale, per elevare la qualità e abbassare i
costi. Chiediamo ai sacerdoti e agli operatori pastorali di
sostenere e di utilizzare più largamente, nella loro formazione e
nel loro servizio, i media cattolici.
Invitiamo i cristiani, soprattutto
quelli impegnati in politica, ad adoperarsi per un'organizzazione
e regolamentazione dei media che favorisca il libero formarsi
dell'opinione pubblica, evitando, il più possibile, che
l'informazione sia strumentalizzata dal potere economico e politico.
Un rinnovato impegno per la città
dell'uomo
«Al vincitore che persevera ...
nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni» (Ap
2,26)
30.
In ambito sociale e politico il paese conosce oggi una delicata
fase di transizione, in cui si colloca, come elemento non
secondario, il venir meno della cosiddetta unità politica dei
cattolici in un solo partito. Per i cattolici si conclude una
stagione del loro impegno politico e se ne apre un'altra. Una
valutazione serena ed equilibrata non può non riconoscere quanto
rilevante sia stato il loro contributo alla formazione della carta
costituzionale della Repubblica, alla difesa della democrazia, alla ricostruzione nel
dopoguerra, al successivo progresso economico e sociale,
all'edificazione dell'Europa. Purtroppo, non sono di poco conto in
tale esperienza neppure le carenze: insufficiente attenzione alla
famiglia e alle comunità intermedie; corresponsabilità nel
dissesto della finanza pubblica; coinvolgimento in gravi fenomeni di
immoralità sociale e politica.
Al momento presente gravosi compiti
attendono i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà nella
difficile situazione del paese, segnata da vari fenomeni di degrado:
squilibrio tra i pubblici poteri, stato che gestisce troppo e
governa poco, inefficienza della pubblica amministrazione,
particolarismi corporativi e territoriali, illegalità diffusa,
diffidenza dei cittadini per la politica. Molti purtroppo si tengono
in disparte, preferendo sviluppare un prezioso e imponente
volontariato in campo ecclesiale e sociale, che non può però
esaurire la loro responsabilità. Altri, giustamente, vanno
maturando la consapevolezza che la politica è necessaria, che
partecipare è oggi più urgente che mai e che la presenza dei
cattolici, sia pure in forme diverse rispetto al recente passato, ha
ancora molto da dire per il bene del popolo italiano. È questa la
convinzione condivisa e dichiarata a Palermo: «I cattolici non sono
una "realtà a parte" del paese. Essi intendono rinnovare
il loro servizio alla società e allo stato alla luce della loro
tradizione culturale e civile, della dottrina sociale della chiesa e
delle numerose testimonianze di carità politica, alcune giunte fino
al martirio».54
Occorre guardare avanti, non aver
paura del futuro, valorizzare le grandi capacità del nostro popolo,
diffondere ulteriormente in tutto il paese quella volontà e quelle
attitudini di libera inziativa, economica e sociale, spesso a
livello familiare, che già hanno consentito a non poche regioni
italiane di uscire da situazioni di secolare povertà e di svolgere
un forte ruolo in Europa.
31.
La non facile transizione sollecita la nostra progettualità
pastorale a inserire l'educazione all'impegno sociale e politico
nella catechesi ordinaria dei giovani e degli adulti, avendo
come riferimento la dottrina sociale della chiesa. Sulla base della
verifica in atto, sono poi da ripensare e da rilanciare le scuole
di formazione all'impegno socio-politico, già avviate negli
ultimi anni in numerose diocesi. Parimenti sono da sostenere le
iniziative che la pastorale sociale e del lavoro promuove per animare con i valori del
Vangelo il mondo del lavoro e aiutare la crescita della spiritualità
dei lavoratori.
Nelle molteplici proposte formative,
lo specifico impegno politico, inteso come servizio al bene
comune, venga presentato ai fedeli laici come una particolare
vocazione, una via di santificazione e di evangelizzazione. Ne
sono modello non poche figure di cristiani che hanno dato coerente e
alta testimonianza in questo ambito. Va poi raccomandata
insistentemente, secondo le possibilità di ciascuno, la
partecipazione attiva alla vita pubblica, a cominciare dal
proprio territorio e dalle comunità intermedie.
32.
In ambito sociale e politico, il cattolico opera secondo la propria
responsabilità e competenza; ma le sue scelte devono essere
coerenti con la visione cristiana dell'uomo e la dottrina sociale
della chiesa, criterio obbligato di riferimento. La comunità
cristiana, e di conseguenza anche i soggetti che la rappresentano
pubblicamente, non si schiera con nessun partito o coalizione, ma
non può rimanere indifferente a qualsiasi posizione. «La chiesa
non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di
schieramento politico o di partito, come del resto non esprime
preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o
costituzionale, che sia rispettosa dell'autentica democrazia. Ma
ciò nulla ha a che fare con una "diaspora" culturale dei
cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo
compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a
forze politiche e sociali che si oppongano, o non prestino
sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della
chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica,
la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace. È più
che mai necessario dunque educarsi ai principi e ai metodi di un
discernimento non solo personale, ma anche comunitario, che consenta
ai fratelli di fede, pur collocati in diverse formazioni politiche,
di dialogare, aiutandosi reciprocamente a operare in lineare
coerenza con i comuni valori professati».55
Per dare concreta attuazione al
discernimento comunitario in ambito politico, si promuovano, a vari
livelli, luoghi e opportunità di confronto tra i cattolici
che fanno politica, a cominciare dal rilancio delle Settimane
sociali a livello nazionale. Tali iniziative, mentre possono
contribuire a rasserenare lo stesso dibattito politico, sono
preziose per evitare che le divisioni politiche si ripercuotano
dannosamente all'interno della comunità ecclesiale. Più preziosa
ancora è la preghiera per gli uomini politici, «per tutti quelli
che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e
tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2,2).
33.
La coerenza chiesta al cristiano riguarda sia i contenuti
che i metodi della politica. Egli è chiamato a operare secondo
una logica di servizio al bene comune, quindi con umiltà e mitezza,
competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari,
preferendo il dialogo allo scontro, rispettando le esigenze del
metodo democratico, sollecitando il consenso più largo possibile
per l'attuazione di ciò che obiettivamente è un bene per tutti.
Quanto ai contenuti, riproponiamo quelli che, alla luce
dell'insegnamento sociale della chiesa, sono oggi in Italia da tener
presenti con particolare attenzione: il primato e
la centralità della persona; la tutela della vita umana in ogni
istante della sua esistenza; la promozione della famiglia fondata
sul matrimonio; la dignità della donna e il suo ruolo nella vita
sociale; l'effettiva libertà dell'educazione e della scuola; il
consolidamento della democrazia e il giusto equilibrio tra i poteri
dello stato; la valorizzazione delle autonomie locali e dei corpi
sociali intermedi nel quadro dell'unità della nazione; la
centralità del lavoro, la giustizia sociale, la libertà e
l'efficienza del sistema economico e lo sviluppo dell'occupazione; l'attenzione
privilegiata alle aree geografiche meno favorite e alle fasce più
deboli della popolazione, facendosi carico della «questione
meridionale» e anche, d'altra parte, della nuova «questione
settentrionale»; la pace e la solidarietà internazionale, con le
conseguenti responsabilità dell'Italia in Europa e nel mondo; il
rispetto dell'ambiente e la salvaguardia delle future generazioni.
Riguardo a questi valori, non ci si
può fermare a generiche dichiarazioni di adesione, ma occorre
individuare strategie per la loro concreta attuazione, ricercando il
consenso democratico di quanti hanno a cuore il bene comune.
Inviati a evangelizzare i poveri
«Conosco la tua tribolazione, la tua
povertà; tuttavia sei ricco» (Ap
2,9)
34.
«Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Nei poveri
il cristiano vede una speciale presenza di Cristo. Accogliere e
servire i poveri è per lui accogliere e servire Cristo. L'amore
preferenziale per i poveri si rivela così una dimensione
necessaria della nostra spiritualità.
«Mi ha mandato per annunziare ai
poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). L'evangelizzazione dei poveri
è segno caratteristico della missione di Gesù, che ora si prolunga
nella chiesa. Quando i cristiani compiono le opere di misericordia,
«è Cristo stesso che fa queste opere per mezzo della sua chiesa,
soccorrendo sempre con divina carità gli uomini».56 Se dunque
evangelizzare è fare incontrare gli uomini con l'amore di Cristo,
appare evidente che il servizio ai poveri è parte integrante
dell'evangelizzazione e non solo frutto di essa. Anzi è parte
eminente dell'evangelizzazione, perché nella scelta degli ultimi si
manifesta più chiaramente il carattere disinteressato e gratuito
della carità. Ciò si verifica specialmente quando non ci si limita
a compiere gesti occasionali di beneficenza, ma ci si coinvolge
creando legami personali e comunitari. Ne sono testimoni numerosi
volontari in ogni angolo del nostro paese e in ogni paese povero del
mondo. Più ancora ne sono testimoni quanti, sacerdoti, religiosi e
laici, dedicano la vita intera al servizio dei poveri, a volte fino
al martirio. Tale servizio deve però diventare «sempre più un fatto
corale di chiesa, una nota saliente di tutta la vita e la
testimonianza cristiana».57
Evangelizzare i poveri, testimoniare
che sono amati da Dio e contano molto davanti a lui, significa
riconoscere che le persone valgono per se stesse, quali che siano le
loro povertà materiali o spirituali; significa dar loro fiducia,
aiutandole a valorizzare le loro possibilità e a trarre il bene
dalle stesse situazioni negative. Le comunità cristiane devono
essere accoglienti verso i poveri, promuovendo la loro crescita
umana e cristiana e aprendo loro spazi di testimonianza e di azione
nella chiesa e nella società. Essi sono in grado non solo di
ricevere, ma di dare molto. Non solo vengono evangelizzati, ma
evangelizzano. Ci arricchiscono di una più profonda comprensione ed
esperienza del mistero di Cristo.
Se sapremo evangelizzare i poveri e
lasciarci evangelizzare da loro, daremo un contributo decisivo per una
diffusa cultura della solidarietà, come la prospettavamo in un
nostro testo degli anni '80: «Con gli "ultimi" e con gli
emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita.
Demoliremo, innanzitutto, gli idoli
che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a
vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo poi i
valori del bene comune: della tolleranza, della solidarietà, della
giustizia sociale, della corresponsabilità. Ritroveremo fiducia nel
progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza
interna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo. E avremo
la forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di
vivere».58
35.
La pastorale della carità attenta ai poveri deve costituire una
dimensione rilevante della pastorale diocesana e parrocchiale. Per
l'animazione a livello parrocchiale, si faccia il possibile per
conseguire l'obiettivo da noi già indicato negli orientamenti per
questo decennio e che a Palermo è stato ribadito come urgente: la costituzione
in ogni parrocchia della Caritas parrocchiale. Perfino nelle
comunità di modeste dimensioni è possibile individuare qualche
animatore. Nelle parrocchie più grandi è opportuno realizzare
anche una struttura di servizio ai poveri che, aggiungendosi
agli edifici destinati al culto e alla catechesi, sia segno della
dimensione caritativa della pastorale. L'attenzione si rivolga
alle povertà antiche e nuove, materiali e spirituali, quali
ad esempio: indigenza economica e mancanza di speranza;
disoccupazione e disagio giovanile; crisi della famiglia ed
emarginazione sociale di disabili, anziani, tossicodipendenti,
vittime della prostituzione, carcerati, malati di AIDS; precarietà
degli immigrati e miseria dei paesi sottosviluppati. Si dia adeguato rilievo alla pastorale
sanitaria, perché la malattia è una povertà che prima o poi
colpisce tutti, aiuta a cercare il senso della propria vita e ad
aprirsi all'incontro con Dio. Gesù stesso ha collegato
esplicitamente la cura dei malati all'evangelizzazione (cf. Mt 9,35;
10,7-8).
Si proponga uno stile sobrio ed
essenziale di vita nelle famiglie e nella stessa comunità
ecclesiale, senza peraltro compromettere l'efficacia operativa delle
attività di apostolato.
Si promuova l'impegno per individuare
e rimuovere le cause delle varie povertà e si faccia opera di
sensibilizzazione per un'economia e una politica della
solidarietà. Si tenga conto di alcune significative proposte
emerse a Palermo: promozione del «terzo settore», forme di
risparmio solidale, di cooperazione e di imprenditoria a favore
dell'occupazione giovanile, specialmente nel sud del paese; garanzie
e servizi fondamentali da assicurare a tutti; legge organica per
l'accoglienza degli immigrati; rilancio della cooperazione
internazionale allo sviluppo; alleggerimento del debito dei paesi
poveri; allargamento del servizio civile; riconversione delle
industrie belliche e divieto del commercio delle armi.
La carità «spinge alla condivisione
con gli ultimi, esige una pratica concreta della generosità,
alimenta e sostiene la responsabilità civile e politica per una
società nuova e più giusta».59
La famiglia: una priorità per la
chiesa e per la società
«Beati gli invitati al banchetto
delle nozze dell'Agnello» (Ap
19,9)
36.
Nel nostro paese la famiglia è sentita ancora come valore
importantissimo da gran parte della gente. Sono numerose le
famiglie ben riuscite e non rare quelle di elevata spiritualità.
Vogliamo dire la nostra gratitudine a
tanti coniugi che vivono il matrimonio come partecipazione all'amore
di Cristo per la chiesa sua sposa. Di questo amore, non poche volte
con fatica e sofferenza, offrono concreta testimonianza nella
reciproca fedeltà, nella generosa accoglienza e nell'educazione dei
figli, nella premurosa attenzione agli anziani, nel servizio ai
poveri, nell'apertura alla chiesa e alla società. Anche al Convegno
di Palermo abbiamo potuto costatare la realtà di questa presenza
«feriale», non gridata dai media, ma fondamentale per il presente
e il futuro della nostra comunità ecclesiale e civile.
D'altra parte dobbiamo costatare
anche in Italia una crisi sempre più evidente della
famiglia. È in questo ambito che gravano in modo particolarmente
distruttivo gli elementi negativi della cultura di oggi. La
mentalità individualista e refrattaria agli impegni duraturi incide
sulla diminuzione dei matrimoni, sull'alto numero delle separazioni,
dei divorzi e delle convivenze di fatto. Il ritmo frenetico della
vita, creando impegni e interessi divergenti, impoverisce il dialogo
e la comunicazione tra i coniugi. La ricerca delle sensazioni
intense ed effimere porta a enfatizzare la sessualità genitale, dissociandola
dall'amore. La mancanza di progettualità e di speranza influisce
sulla scarsità delle nascite, «un triste e quasi incredibile
primato»60 che mette in pericolo il futuro stesso del nostro
popolo. Il soggettivismo, incurante della verità e dei valori
oggettivi, porta a giustificare l'aborto e ne facilita la
diffusione; misconosce la stessa famiglia come realtà radicata
nella nostra natura e la riduce a mutevole prodotto culturale. Da
più parti si assiste con indifferenza, quando non addirittura con
compiacimento, alla disgregazione di questo istituto basilare per l'esistenza stessa della
società.
37.
La chiesa che è in Italia intende affermare la priorità della
famiglia, fondata sul matrimonio, come soggetto sociale ed
ecclesiale. Vede in essa la cellula originaria della società,
la prima scuola di umanità, la chiesa domestica che ha la missione
di trasmettere il Vangelo della carità in modo peculiare, con
l'eloquenza dei fatti. Perciò si impegna a promuovere una
pastorale organica con e per le famiglie, secondo gli
orientamenti del Direttorio di pastorale familiare della CEI,
valorizzando l'apporto complementare di sacerdoti, di persone
consacrate, di coppie animatrici e di gruppi ecclesiali. Si
educheranno anzitutto i giovani all'amore come dono di sé,
presentando come modalità complementari di vita cristiana la
vocazione al matrimonio e la vocazione alla verginità consacrata.
Si prepareranno i fidanzati al matrimonio con veri e propri
itinerari di fede. Si curerà la formazione spirituale dei coniugi,
specialmente delle giovani coppie. Si aiuteranno con premura e discrezione le famiglie in
difficoltà e le coppie in situazioni irregolari. Si offrirà
sostegno alle famiglie in cui sono presenti persone disabili,
soprattutto per facilitare a quest'ultime l'inserimento nella
comunità cristiana e nel cammino di fede.
In considerazione degli ostacoli che
derivano dai costumi diffusi e dalle carenze legislative, la chiesa
raccomanda vivamente la partecipazione delle famiglie alle associazioni
familiari, perché siano agevolate nello svolgimento dei loro
compiti e possano tutelare i loro diritti. Ricorda ai responsabili
della politica che «è interesse primario della collettività
nazionale accordare finalmente una reale priorità alle politiche
sociali a favore della famiglia, riguardanti la previdenza, il
trattamento fiscale, la casa, i servizi sociali e quel complesso di
condizioni per cui la maternità non sia socialmente
penalizzata».61 «Servire la famiglia, in ultima analisi, può
tradursi in un autentico servizio all'intera società».62
Con i giovani per testimoniare la
speranza
«Chi sarà vittorioso erediterà
questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio» (Ap
21,7)
38.
Le nuove generazioni, volto umano della speranza, sono per la chiesa
invito a volgere lo sguardo al Signore che fa «nuove tutte le
cose» (Ap 21,5); sono per tutti richiamo alla responsabilità verso
il futuro.
Purtroppo la speranza appare oggi
problematica per molti degli stessi giovani, smarriti di fronte al
futuro, incapaci di andare oltre il frammento, chiusi in un presente
che continuamente fugge. Solo il primato di Dio, riconosciuto e
accolto può dare solidità alla speranza ed elevare la libertà a
livello di responsabilità, oltre il vuoto protagonismo. Ci sentiamo
perciò impegnati a offrire alle nuove generazioni la
possibilità di un incontro personale con Cristo, nell'ambito di
una comunità fraterna, dove ciascuno sia aiutato a sviluppare la
propria identità, a scoprire e seguire la propria vocazione.
39.
Le comunità cristiane, sollecitate da meravigliosi testimoni della
carità totalmente consacrati all'educazione, sono tradizionalmente
attente ai giovani e dedicano a essi molte energie. Oggi però, di
fronte alla carenza di relazioni educative, che provoca disagio ed
emarginazione, avvertono l'urgenza di ripensare la pastorale
giovanile, conferendole organicità e coerenza in un progetto
globale, che sappia esaltare la genialità dei giovani e riconoscere
in essa un'opportunità di grazia. Sono consapevoli che
potranno mediare l'incontro vivo con il Signore Gesù, solo se
sapranno essere luoghi di carità vissuta, laboratori di dedizione e
condivisione.
Come fece Gesù con il giovane ricco
(cf. Mt 19,16-22), le comunità guardino ai giovani con amore
disinteressato e nello stesso tempo esigente, senza discriminazioni
e strumentalizzazioni. Devono essere per loro una casa
accogliente, in cui trovare occasioni di dialogo con gli adulti
e nello stesso tempo essere valorizzati come soggetti attivi,
protagonisti della propria formazione e dell'evangelizzazione.
Di grande importanza, per rendere
concreta questa accoglienza, sono gli oratori e le altre strutture
educative parrocchiali, le associazioni e i movimenti ecclesiali,
luoghi privilegiati di crescita spirituale e di irradiamento
missionario. I progetti diocesani non potranno prescindere dal loro
ricco patrimonio di educatori, progetti educativi, itinerari di
formazione.
40.
I giovani chiedono di non essere lasciati soli. Hanno bisogno di
qualcuno che sia loro vicino, senza però essere loro uguale. È
perciò indispensabile formare educatori e guide spirituali,
sacerdoti, religiosi e laici, in grado di accompagnarli nel cammino
personale e di gruppo, disponibili a loro volta a lasciarsi educare
dagli stessi giovani, dalle loro attese e dalle loro ricchezze.
Specialmente è necessario che i
presbiteri non siano soltanto amici e animatori, ma si comportino da
veri pastori, capaci di svolgere la direzione spirituale e di
condurre i giovani, con regolare frequenza, all'incontro con il
Signore Gesù nel sacramento della penitenza. Più generalmente
occorre risvegliare responsabilità e passione educativa in varie
figure di adulti: genitori, insegnanti, animatori culturali,
operatori della comunicazione sociale, dirigenti sportivi,
responsabili di ambienti ricreativi.
La formazione sia attuata mediante itinerari,
differenziati per età e per situazioni esistenziali, impegnativi ed
esigenti, ma rispettosi della gradualità. Gli itinerari non si
limitino a coltivare la dimensione intellettuale, ma introducano a
una vitale esperienza di fede; non siano solo operativi, ma diano
spazio alla contemplazione; non accettino riduzioni fideistiche o
devozionistiche, ma si misurino con le esigenze della cultura; non
offrano solo modi di vivere, ma ragioni di vita; sappiano infondere
la passione per il vero e il bene, conducano a scelte coscienti e
responsabili; presentino la vita come vocazione comune all'amore,
che si concretizza nelle vocazioni specifiche al matrimonio, alla
vita consacrata, al ministero sacerdotale, alla missione «ad
gentes», le quali a loro volta assumono una fisionomia propria
nel cammino personale di ognuno.
L'educazione alla fede, impostata
sulla base del Catechismo dei giovani della CEI, unisca momenti di
riflessione, incontri con testimoni autentici, esperienze vive di
celebrazione, di preghiera personale, di carità fraterna e di
servizio ai poveri. Nei cammini formativi siano collocate
progettualmente iniziative straordinarie come veglie, pellegrinaggi,
esercizi spirituali, esperienze ricreative, riunioni con altri
gruppi, convegni, giornate diocesane, regionali e nazionali,
partecipazione alla Giornata mondiale della gioventù. Il Servizio
nazionale per la pastorale giovanile della CEI, nel contesto della
sua attività rivolta alla promozione di una diffusa e molteplice
progettualità, darà impulso e sostegno anche a questi incontri a
vasto raggio.
La pastorale giovanile deve
estendersi agli ambienti della scuola, dell'università,
delle caserme, del lavoro e del tempo libero, della vita di
relazione e dell'impegno sociale, dove è possibile raggiungere
anche i molti che non incrociano i percorsi specificamente
ecclesiali. «Pastori ed educatori incontrino i giovani là dove
essi sono... valorizzando i carismi e le esperienze proprie delle
associazioni e dei movimenti nella pastorale di ambiente».63 I
giovani credenti siano aiutati a essere i primi testimoni e
annunciatori del Vangelo ai propri coetanei, ovunque Dio vorrà
chiamarli.
Tutti dobbiamo ricordare che,
investendo energie a favore di coloro che saranno i protagonisti del
primo secolo del nuovo millennio, si testimonia la speranza che ha
il suo fondamento in Cristo, Signore della storia.
Incontro a «Colui che viene»
«Lo Spirito e la sposa dicono:
"Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!"» (Ap
22,17)
41.
Nella redazione di questa nota pastorale ci ha guidato la
convinzione che la nuova evangelizzazione e il rinnovamento del
paese sono intimamente collegati. Il Vangelo della carità fonda la
speranza ultima dell'uomo e ne ispira i progetti storici. L'attesa
di una terra nuova intensifica la sollecitudine per la terra
presente, dove fin d'ora cresce quella novità che è germe e figura
del mondo che verrà.64 «Passa la figura di questo mondo» (1Cor
7,31), ma «la carità non avrà mai fine» (1Cor 13,8). Resterà
«la carità con i suoi frutti».65
Mentre però raccomandiamo un impegno
serio e concreto nella storia, ricordiamo anche il limite e la
provvisorietà di ogni conquista terrena. Non ci lasciamo
imprigionare nel ruolo di maestri di etica, di animatori culturali e
di promotori dei servizi sociali. Se è vero che la salvezza si
prepara nella storia, è vero soprattutto che si compie oltre la
storia. I cristiani «dimorano sulla terra, ma sono cittadini del
cielo».66 Le attività temporali perdono il loro più alto
significato e diventano facilmente disordinate e distruttive, quando
assorbono tutti gli interessi e le energie. La storia è esodo:
testimoniare e annunciare questa verità è il più grande dono che
possiamo fare agli uomini del nostro tempo.
La vergine Maria, donna della fede,
della speranza e della carità, ci ottenga con la sua intercessione
di essere docili all'azione interiore dello Spirito. Ci aiuti ad
attuare le indicazioni, emerse al Convegno di Palermo e confermate
da noi vescovi: esse dovranno scandire il cammino delle chiese in
Italia verso il duemila. Se saremo concordi e perseveranti
nell'impegno, la nostra celebrazione del giubileo non sarà solo
memoria di un evento passato e lontano nel tempo, ma sarà
soprattutto testimonianza a un Vivente che è con noi «tutti i
giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
L'assemblea di Palermo, con la
meditazione quotidiana del libro dell'Apocalisse, si è posta
davanti al Signore crocifisso, risorto, che viene a far nuove tutte
le cose. Ha contemplato l'Agnello «in piedi come ucciso», forte
con la potenza dello Spirito, che apre il «rotolo sigillato» del
disegno di Dio sulla storia e costituisce i credenti «regno» e
«sacerdoti», collaboratori per la salvezza del mondo.
Quindi ha ribadito la propria
dedizione al Vangelo della carità con un ultimo gesto, la consegna
di una lucerna accesa a ciascuno dei presenti. Manteniamo accesa
quella lucerna, per andare incontro nel grande giubileo a «Colui
che viene» (cf. Ap 4,8; 5,1-10).
«Vieni, Signore Gesù. La grazia del
Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!» (Ap 22,20-21).
_______________
NOTE
1 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 9; Regno-doc. 21,1995,671.
2 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 11; Regno-doc. 21,1995,671.
3 Concilio ecumenico Vaticano II,
cost. dogm. Dei verbum (=DV) sulla divina rivelazione,
n. 21; EV 1/904.
4 Vaticano II, cost. dogm. Sacrosanctum
concilium (=SC) sulla sacra liturgia, n. 10; EV 1/16.
5 Vaticano II, cost. dogm. Lumen
gentium (=LG) sulla chiesa, n. 1; EV 1/284.
6 Vaticano II, cost. past. Gaudium
et spes (=GS) sulla chiesa nel mondo contemporaneo, n. 1;
EV 1/1319.
7 Giovanni Paolo II, lett. apost. Tertio
millennio adveniente (=TMA), 10.11.1994, n. 4; Regno-doc.
21,1994,642.
8 Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptoris
missio (=RMi), 7.12.1990, n. 86; EV 12/718.
9 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, nn. 1-2; Regno-doc. 21,1995,668.
10 TMA 32; Regno-doc. 21,1994,648.
11 GS 43; EV 1/1454.
12 GS 57; EV 1/1504.
13 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 4; Regno-doc. 21,1995,668.
14 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 4; Regno-doc. 21,1995,669.
15 GS 25; EV 1/1396.
16 Giovanni Paolo II, esort. apost. Christifideles
laici (=CfL), 30.12.1988, n. 39; EV 11/1777.
17 GS 38; EV 1/1437.
18 Card. Giovanni Saldarini, Relazione
introduttiva al Convegno ecclesiale di Palermo, n. 5; Regno-doc.
21,1995,651.
19 LG 40; EV 1/389.
20 Giovanni Paolo II, esort. apost. Vita
consecrata, 25.3.1996, n. 16; Regno-doc. 9,1996,261.
21 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 2; Regno-doc. 21,1995,668.
22 Lettera a Diogneto, V,
1-2.5; 8-10; VI, 1.
23 Giovanni Paolo II, lett. apost. Salvifici
doloris, 11.2.1984, n. 31; EV 9/685.
24 Conferenza episcopale italiana,
Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi, 933.
25 TMA 37; Regno-doc. 21,1994,650.
26 TMA 42; Regno-doc. 21,1994,651.
27 Conferenza episcopale italiana, Evangelizzazione
e testimonianza della carità (=ETC), 8.12.1990, n. 7;
ECEI 4/2725.
28 Conferenza episcopale italiana, Il
rinnovamento della catechesi, 2.2.1970, n. 38; ECEI 1/2482.
29 CfL 27; EV 11/1715.
30 Cf. ETC 28; ECEI 4/2747.
31 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 9; Regno-doc. 21,1995,671.
32 TMA 39-52; Regno-doc. 21,1994,651ss.
33 TMA 40; Regno-doc. 21,1994,650.
34 III Convegno ecclesiale, I
lavori degli ambiti: contenuti generali, Sintesi dei lavori.
35 III Convegno ecclesiale, I
lavori degli ambiti: contenuti generali, Indicazioni e proposte,
5.
36 LG 31: EV 1/363.
37 III Convegno ecclesiale, I
lavori degli ambiti: contenuti generali, Sintesi dei lavori.
38 Giovanni Paolo II, esort. apost. Familiaris
consortio, 22.11.1981, n. 49; EV 7/1678.
39 Consiglio episcopale permanente
della CEI, La Chiesa italiana e le prospettive del Paese (=CiPP),
23.10.1981, n. 8; ECEI 3/760.
40 TMA 34; Regno-doc. 21,1994,649.
41 Giovanni Paolo II, lett. enc. Ut
unum sint, 25.5.1995, n. 8; Regno-doc. 13,1995,395.
42 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera
ai vescovi italiani, 6.12.1994, n. 4; Discorso
al Convegno ecclesiale di
Palermo,
n. 2; Regno-doc. 3,1994,79 e 21,1995,668.
43 Paolo VI, esort. apost. Evangelii
nuntiandi, 8.12.1975, n. 14; EV 5/1601.
44 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 2; Regno-doc. 21,1995,668.
45 ETC 31; ECEI 4/2751.
46 Vaticano II, decreto Apostolicam
actuositatem sull'apostolato dei laici, n. 6; EV 1/935.
47 RMi 85; EV 12/715.
48 Card. Camillo Ruini, Intervento
conclusivo al Convegno ecclesiale di Palermo, n. 7; Regno-doc.
21,1995,686.
49 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 3; Regno-doc. 21,1995,668.
50 Giovanni Paolo II, lett. enc. Veritatis
splendor, 6.8.1993, n. 32; EV 13/2620.2622.
51 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 3; Regno-doc. 21,1995,668.
52 ETC 31; ECEI 4/2752.
53 III Convegno ecclesiale, I
lavori del primo ambito, Indicazioni e proposte, I; Regno-doc.
21,1995,672.
54 III Convegno ecclesiale, I
lavori del secondo ambito, Indicazioni e proposte, I, 2; Regno-doc.
21,1995,675.
55 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 10; Regno-doc. 21,1995,671.
56 Paolo VI, lett. enc. Mysterium
fidei, 3.9.1965: EV 2/422.
57 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 11; Regno-doc. 21,1995,671.
58 CiPP 6; ECEI 3/758.
59 III Convegno ecclesiale, I
lavori del terzo ambito, Sintesi dei lavori; Regno-doc. 21,1995,676.
60 Giovanni Paolo II, Discorso al
Convegno ecclesiale di Palermo, n. 7; Regno-doc. 21,1995,670.
61 ETC 52; ECEI 4/2789.
62 III Convegno ecclesiale, I
lavori del quarto ambito, Sintesi dei lavori, III; Regno-doc.
21,1995,677.
63 III Convegno ecclesiale, I
lavori del quinto ambito, Proposte, 10.
64 Cf. GS 39; EV 1/1440.
65 GS 39; EV 1/1439.
66 Lettera a Diogneto, V, 9.
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