Assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali
Aula vecchia del Sinodo
4-9 marzo 2007
Tema “Le priorità nelle comunicazioni sociali, per la Chiesa e per
il Consiglio”.
[Intervista John Foley]
[Riflessione
Paolo Bustaffa e Claudio Mazza] - Fonte Radio Vaticana
Inaugurando
l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio
delle Comunicazioni Sociali, il suo Presidente
ha proposto alla Chiesa di compiere un esame di
coscienza sulla sua opera comunicativa.
Nell’omelia della Messa celebrata nella Casa
“Santa Marta” del Vaticano, l’Arcivescovo
statunitense, in pieno clima quaresimale, ha
iniziato con il constatare che “tutti abbiamo
peccato, non solo come peccano tutti gli uomini
e tutte le donne, ma anche nel campo delle
comunicazioni – soprattutto con peccati di
omissione, ma anche con peccati d’azione”.
“Siamo colpevoli di peccato o almeno di
omissione per il fatto di non
usare i
mirifica – le splendide cose che Dio ha dato
all’essere umano da scoprire – per comunicare
nel modo migliore possibile il Suo amore e la
Sua bontà per il mondo”, ha affermato.
“Quanti cercano di smerciare prodotti hanno
usato i media con successo per vendere saponi e
automobili, vestiti e vacanze, mentre noi – che
abbiamo la responsabilità di proclamare il
messaggio più importante nella storia della
razza umana – spesso non abbiamo avuto
l’immaginazione e la dedizione di usare i media
in modo corretto per far conoscere la buona
novella di Gesù Cristo e la buona novella per
tutti gli uomini e le donne sul Suo amore e il
nostro destino”.
“A volte siamo anche colpevoli di peccato o
almeno di omissione per il fatto di ricorrere
più spesso alla condanna che alla lode nel
nostro uso dei media”, ha riconosciuto.
“Il nostro Santo Padre Papa Benedetto XVI ci ha
giustamente consigliati di non sembrare sempre
quelli che dicono ‘no’, ma di riflettere – e di
far vedere che riflettiamo – nel nostro uso dei
media l’amore, la misericordia e la compassione
di Gesù Cristo”, ha ricordato.
Citando il Vangelo di San Luca contemplato nella
liturgia del giorno, il presule ha ripreso le
parole di Gesù: “Siate miseericordiosi, come è
misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e
non sarete giudicati; non condannate e non
sarete condannati; perdonate e vi sarà
perdonato; date e vi sarà dato”.
“È sicuramente necessario identificare i mali
della società e mettere in guardia la gente
contro di essi, ma il nostro sforzo principale
dovrebbe consistere nel proclamare la conoscenza
e l’amore del nostro misericordioso Salvatore, Gesù Cristo, e il bene che si fa nel mondo in
Suo nome”.
“Quante ‘buone novelle’ ci sono che non vengono
mai riportate – spesso perché non le facciamo
conoscere!”.
“Quasi chiunque sa già che la Chiesa cattolica –
riflettendo l’insegnamento di Cristo – non
approva i rapporti sessuali fuori dal
matrimonio, siano essi di natura eterosessuale
oppure omosessuale, ma quanti sono a conoscenza
delle molte residenze e dei servizi per le donne
incinte e non sposate, per i bambini senza
genitori o per le vittime dell’Aids forniti
dalla Chiesa nel mondo in nome di Cristo?”, ha
chiesto.
Bisogna “usare i media per far conoscere il
messaggio del nostro misericordioso e amorevole
Salvatore”, ma “possiamo anche essere percepiti
come amorevoli e misericordiosi, seguendo il suo
esempio e il suo mandato”, ha detto ai presenti.
All’incontro sono
intervenuti Cardinali, Arcivescovi, Vescovi,
sacerdoti, religiosi e professionisti della
comunicazione. [Zenit 5 marzo 2007]
Un'assise rinnovata in molti dei suoi membri,
impegnati a valutare gli aspetti principali del loro servizio a
sostegno del Magistero papale. C'è questo dietro l'Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, che
si riunisce da oggi a venerdì prossimo nell'Aula vecchia del Sinodo,
in Vaticano. Il tema dell'incontro è "Le priorità nelle
comunicazioni sociali, per la Chiesa, per il nostro Consiglio".
Giovanni Peduto ha chiesto al massimo responsabile del
dicastero, l'arcivescovo John Foley, quali strade siano da
praticare per rendere efficace la comunicazione della Buona Novella
al mondo:
R. - Noi non dobbiamo
soltanto condannare i mali nel campo delle comunicazioni, ma
dobbiamo utilizzare i mezzi e convertire i mezzi stessi, trasformare
i mezzi perché nel corpo mistico di Cristo i mezzi delle
comunicazioni sociali sono una parte vivente di questo corpo mistico
e spero che possiamo utilizzarli per la crescita della formazione
della gente del mondo e non per la loro de-formazione o la loro
rovina.
D. - Il Papa ha
affermato che i media cattolici sono chiamati al dialogo della
verità...
R. – Noi dobbiamo
ricordare le verità essenziali della vita umana e non possiamo
permettere che le persone siano distratte dalle menzogne, dalle
false promesse. Noi dobbiamo proporre sempre le verità essenziali
per la vita umana. L’origine della vita umana, il destino della vita
umana, la redenzione operata da Gesù Cristo.
D. – Eccellenza, un
suo invito ai giornalisti cattolici…
R. – Un invito ai
giornalisti cattolici è di non vergognarsi della fede cattolica,
perché come ha detto il Santo Padre, Gesù è la Verità e la Vita e
noi non dobbiamo vergognarci di questo fatto essenziale. I
giornalisti cattolici devono essere non soltanto cattolici convinti
ma professionisti di un altissimo livello, perché non possiamo e non
dobbiamo offrire meno del meglio a Dio.
D. – Cosa direbbe
invece ai giornalisti, diciamo così, di “estrazione laica”?
R. – Di avere
rispetto della verità, rispetto per i diritti degli altri e una
dedizione al loro lavoro per essere sempre onesti, oggettivi e
persone che lavorano per il bene comune.
Proprio nel suo messaggio per la Giornata
delle Comunicazioni Sociali di quest’anno,
Benedetto XVI ha indicato alcune grandi sfide
con le quali tutti gli operatori della
comunicazione devono confrontarsi. In
particolare, il Papa ha rivolto un appello ai
media di oggi, affinché siano “responsabili”,
“protagonisti della verità e promotori della
pace”. Una riflessione sulle priorità per i
media cattolici ci viene offerta da Paolo
Bustaffa, direttore dell’agenzia SIR,
intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Io vorrei rispondere con una frase che
Benedetto XVI pronunciò ricevendo in udienza il
2 giugno scorso i media cattolici, i media della
Conferenza episcopale italiana e quindi anche
l’agenzia SIR, e la frase è questa: “Costruire
ponti di comprensione e comunicazione tra
l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica”.
Questo, credo, sia un primo compito fondamentale
che racchiude poi tutte le grandi questioni che
riguardano il linguaggio, che riguardano la
professionalità, la credibilità e
l’attendibilità del nostro servizio. Quindi,
questo costruire ponti significa davvero
mettersi in un atteggiamento di ascolto e
racconto della realtà, cercando di individuare i
valori, gli ideali più sentiti, più veri, quelli
che danno significato pieno alla vita di ogni
persona, di una società e di una comunità.
D. - La Chiesa e il Papa annunciano un
messaggio. Spesso, però - basti pensare al caso
clamoroso del
discorso di Ratisbona - i media
offrono un’informazione parziale, se non
addirittura strumentale. Cosa possono fare i
media cattolici per far passare la notizia in
modo corretto e completo?
R. - Non è un lavoro facile, perché una volta
che i “potenti”, i “grandi” mezzi di
comunicazione stravolgono un messaggio, è
davvero molto difficile per noi cercare di
offrire degli elementi conoscitivi più profondi,
più attendibili, più credibili perché l’opinione
pubblica, le persone possano rendersi conto
davvero di quello che è stato detto, di quello
che è il pensiero, di chi ha parlato.
D. - Nel messaggio per l’ultima Giornata
mondiale delle Comunicazioni sociali, il Papa ha
esortato i media di oggi ad essere protagonisti
della verità. Come mettere in pratica questa
esortazione nell’era della globalizzazione che
propone spesso messaggi anche confusi?
R. – Io credo che sia possibile, grazie a un
percorso che attraversi le coscienze delle
persone. Il nostro compito è quello davvero di
stimolare domande, di stimolare il desiderio di
cercare la verità, cercare risposte che siano
nel senso della verità. Questo credo lo si possa
fare, si possa raggiungere tale obiettivo
mettendo tutta la professionalità possibile - è
un tema che continuamente richiamiamo - ma
avendo noi stessi poi passione per la verità,
quindi mettendoci anche noi alla ricerca della
verità, insieme a tutti coloro ai quali noi ci
rivolgiamo.
Quali, invece, le priorità in un mezzo di
comunicazione cattolico che opera a livello
locale? Al microfono di Alessandro Gisotti,
risponde Claudio Mazza, vicedirettore de
“Il Segno”, mensile della diocesi di Milano,
voluto nel 1961 dall’allora cardinale Giovanni
Battista Montini:
R. - La priorità è sostanzialmente ancora
quella dettata da Montini con molta lungimiranza
allora, già dal nome, lui lo volle chiamarlo “Il
Segno” perché fosse un segno della presenza
della Chiesa nella società, attraverso le
parrocchie le famiglie e le famiglie cristiane.
Questo è il senso della sua analisi di allora.
Di pari passo doveva essere una specie di
supporto ai bollettini parrocchiali.
È
uno strumento laico a servizio della Chiesa di
Milano. Di fatto ci sono giornalisti
professionisti, quindi non ha niente da
invidiare agli altri mensili, agli altri
settimanali. L’obiettivo che ci poniamo è quello
di essere presenti all’interno del tessuto
sociale e culturale della diocesi ambrosiana.
Questo deve interagire con lo stesso territorio
e in un contesto di verità e di regole, avendo
sempre davanti il bene della persona, della
comunità. Certo in un confronto aperto con tutte
le culture e le persone che convivono con noi in
questo luogo e del nostro tempo.
D. - Qual è la risposta dei lettori, che cosa
apprezzano in particolare del “Segno”, e com’è
cambiata nel tempo la percezione da parte dei
fedeli di questo mezzo di comunicazione
diocesano?
R. - La percezione del mezzo è pressoché
identica, questo per un motivo semplice, cioè
che al “Segno” nella stragrande maggioranza sono
collegate poi delle pagine di informatori
locali, pagine locali a lui più vicine.
Bollettini che raccontano la vita della
parrocchia, la vita dell’associazione, dei
movimenti, tutto quello che ruota attorno alla
comunità cristiana, e questo è il primo dato di
lettura. Poi c’è un secondo dato di lettura: non
diamo un’attenzione solo al particolare che è la
comunità, ma al tessuto diocesano e alla Chiesa
in Italia e nel mondo.
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