MESSAGGIO DEL
SANTO PADRE
PER LA 17a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Carissimi fratelli e
sorelle in Cristo.
1. La promozione
della pace: è questo il tema che la Giornata mondiale delle
comunicazioni sociali propone quest'anno alla vostra riflessione.
Tema di estrema importanza e di palpitante attualità.
In un mondo che,
grazie allo spettacolare progresso e alla rapida espansione dei
mass-media, è divenuto sempre più interdipendente, la
comunicazione e l'informazione rappresentano oggi un potere che può
servire efficacemente la grande e nobile causa della pace, ma può
anche aggravare le tensioni e favorire nuove forme di ingiustizia e
di violazione dei diritti umani.
Pienamente
consapevole dei ruolo degli operatori della comunicazione sociale,
nel mio recente Messaggio per la Giornata mondiale della pace (1
gennaio 1983), che aveva come tema: «Il dialogo per la pace, una
sfida per il nostro tempo» (cfr. n. 11), ho creduto necessario
rivolgere un particolare appello a quanti lavorano nei mass-media
per incoraggiarli a pesare la loro responsabilità e a mettere in
luce col massimo di obiettività i diritti, i problemi e le
mentalità di ognuna delle parti
al fine di promuovere la comprensione e il dialogo fra i gruppi, i
paesi e le civiltà. In che modo la comunicazione sociale potrà
promuovere la pace?
2. Anzitutto mediante
la realizzazione, sul piano istituzionale, di un ordine della
comunicazione che garantisca un uso retto, giusto e costruttivo
dell'informazione, rimuovendo sopraffazioni, abusi e discriminazioni
fondate sul potere politico, economico e ideologico. Non si tratta
qui in primo luogo di pensare a nuove applicazioni tecnologiche,
quanto piuttosto di ripensare i principi
fondamentali e le finalità che devono presiedere alla comunicazione
sociale, in un mondo che è divenuto come una sola famiglia e dove
il legittimo pluralismo deve essere assicurato su una base comune di
consenso intorno ai valori essenziali della convivenza umana. A
questo fine si esige una sapiente maturazione della coscienza tanto
per gli operatori della comunicazione quanto per i recettori e si
rendono necessarie scelte oculate, giuste e coraggiose da parte dei
pubblici poteri, della società e delle istituzioni internazionali.
Un retto ordine della
comunicazione sociale e un'equa partecipazione ai suoi benefici, nel
pieno rispetto dei diritti di tutti, creano un ambiente e condizioni
favorevoli per un dialogo mutuamente arricchente tra i cittadini, i
popoli e le diverse culture, mentre le ingiustizie ed i disordini in
questo settore favoriscono situazioni conflittuali. Così,
l'informazione a senso unico, impostata arbitrariamente dall'alto o
dalle leggi del mercato e della pubblicità; la concentrazione monopolistica;
le manipolazioni di qualsiasi genere non sono solo attentati al
retto ordine della comunicazione sociale, ma finiscono anche per
ledere i diritti all'informazione responsabile e mettere in pericolo
la pace.
3. La comunicazione,
in secondo luogo, promuove la pace quando nei suoi contenuti educa
costruttivamente allo spirito di pace. L'informazione, a ben
riflettere, non è mai neutra, ma risponde sempre, almeno
implicitamente e nelle intenzioni, a scelte di fondo. Un intimo
nesso lega comunicazione ed educazione ai valori. Abili
sottolineature o forzature, come pure dosati silenzi rivestono,
nella comunicazione, un profondo significato. Pertanto, le forme e i
modi con cui sono presentati
situazioni e problemi quali lo sviluppo, i diritti umani, le
relazioni tra i popoli, i conflitti ideologici, sociali e politici,
le rivendicazioni nazionali, la corsa agli armamenti, per fare solo
alcuni esempi, influiscono direttamente o indirettamente nel formare
l'opinione pubblica e creare mentalità orientate nel senso della
pace o aperte invece verso soluzioni di forza.
La comunicazione
sociale, se vuole essere strumento di pace, dovrà superare le
considerazioni unilaterali e parziali, rimuovendo pregiudizi,
creando invece uno spirito di comprensione e di reciproca
solidarietà. L'accettazione leale della logica della pacifica
convivenza nella diversità esige la costante applicazione del
metodo del dialogo, il quale, mentre riconosce il diritto
all'esistenza e all'espressione di tutte le parti, afferma il dovere
che esse hanno di integrarsi con
tutte le altre, per conseguire quel bene superiore, che è la pace,
a cui oggi si contrappone, come drammatica alternativa, la minaccia
della distruzione atomica della civiltà umana.
Come conseguenza, si
rende oggi tanto più necessario ed urgente proporre i valori di un
umanesimo plenario, fondato sul riconoscimento della vera dignità e
dei diritti dell'uomo, aperto alla solidarietà culturale, sociale
ed economica tra persone, gruppi e nazioni, nella consapevolezza che
una medesima vocazione accomuna tutta l'umanità.
4. La comunicazione
sociale, infine, promuove la pace se i professionisti
dell'informazione sono operatori di pace. La peculiare
responsabilità e gli insostituibili compiti che i comunicatori
hanno in ordine alla pace si deducono dalla considerazione sulla
capacità ed il potere che essi detengono di influenzare, talora in
modo decisivo, l'opinione pubblica e gli stessi governanti.
Agli operatori della
comunicazione dovranno certamente essere assicurati, per l'esercizio
delle loro importanti funzioni, diritti fondamentali, quali
l'accesso alle fonti di informazione e la facoltà di presentare i
fatti in modo obiettivo. Ma, d'altro canto, è anche necessario che
gli operatori della comunicazione trascendano le richieste di
un'etica concepita in chiave meramente individualistica e
soprattutto non si lascino asservire ai gruppi di potere, palesi e occulti.
Essi devono invece tener presente che, al di là e al di sopra delle
responsabilità contrattuali nei confronti degli organi di
informazione e delle responsabilità legali, hanno anche precisi
doveri verso la verità, verso il pubblico e verso il bene comune
della società.
Se nell'esercizio del
loro compito, che è una vera missione, i comunicatori sociali
sapranno promuovere l'informazione serena e imparziale, favorire le
intese e il dialogo, rafforzare la comprensione e la solidarietà,
essi avranno dato un magnifico contributo alla causa della pace.
Affido a voi,
carissimi fratelli e sorelle, queste mie considerazioni proprio
all'inizio dell'Anno Santo straordinario, con cui intendiamo
celebrare il 1950° anniversario della Redenzione dell'uomo, operata
da Gesù Cristo, «Principe della pace (cfr. Is 9,6), Colui che è
la «nostra pace» ed è venuto ad «annunciare pace» (cfr. Ef
2,14.17).
Mentre invoco su di
voi e sugli operatori della comunicazione sociale il dono divino
della pace, che è «frutto dello Spirito» (cfr. Gal 5,22), imparto
di cuore la mia benedizione apostolica.
Giovanni Paolo
II - Dal Vaticano, 25 marzo 1983.
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