Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per
la
39ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali
8 maggio 2005
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I mezzi della comunicazione sociale
al servizio della comprensione tra i popoli |
Cari Fratelli e Sorelle,
1. Nella Lettera di San Giacomo leggiamo “È
dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non deve
essere così, fratelli miei” (Gc 3,10). Le Sacre Scritture ci
ricordano che le parole hanno un potere straordinario e possono
unire i popoli o dividerli, creando legami di amicizia o
provocando ostilità. Questo è valido non solo per le parole
pronunciate da una persona nei confronti di un'altra: lo stesso
concetto si applica anche alla comunicazione, a qualsiasi livello
essa avvenga. Le moderne tecnologie hanno a loro disposizione
possibilità senza precedenti per operare il bene, per diffondere
la verità della nostra salvezza in Gesù Cristo e per promuovere
l'armonia e la riconciliazione. Eppure, il loro cattivo uso può
fare un male incalcolabile, dando origine all'incomprensione, al
pregiudizio e addirittura al conflitto. Il tema scelto per la
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2005 - “I mezzi
della comunicazione sociale: al servizio della comprensione tra i
popoli” - fa riferimento a un bisogno urgente: promuovere
l'unità della famiglia umana attraverso l'utilizzo di queste
grandi risorse.
2. Un modo pregevole per raggiungere questo
scopo è l'educazione. I media possono educare milioni di persone
circa altre parti del mondo e altre culture. A buon motivo, sono
stati definiti “il primo Areopago dell'era moderna... per molti
il principale strumento informativo e formativo, di guida e di
ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali”
(Redemptoris missio,
37). Un'attenta conoscenza promuove la comprensione, dissipa il
pregiudizio e incoraggia ad imparare di più. Le immagini in
particolare hanno il potere di trasmettere impressioni durevoli e
di sviluppare determinati comportamenti. Insegnano alla gente come
considerare i membri di altri gruppi e nazioni,
influenzando sottilmente se considerarli amici o nemici, alleati o
potenziali avversari. Quando gli altri vengono rappresentati in
modo ostile, si spargono semi per un conflitto che può facilmente
sfociare nella violenza, nella guerra, addirittura nel genocidio.
Invece di costruire l'unità e la comprensione, i media possono
demonizzare altri gruppi sociali, etnici e religiosi, fomentando
la paura e l'odio. I responsabili dello stile e dei contenuti di
quanto viene comunicato hanno il serio dovere di assicurare che
questo non avvenga. Anzi, i media hanno un potenziale enorme per
promuovere la pace e costruire ponti di dialogo tra i popoli,
rompendo il ciclo fatale di violenza, rappresaglia e nuova
violenza, oggi così diffuso. Come afferma San Paolo nelle parole
che costituiscono la base del Messaggio per la Giornata Mondiale
della Pace di quest'anno: “Non lasciarti vincere dal male, ma
vinci con il bene il male” (Rm 12,21).
3. Se un tale contributo alla realizzazione
della pace è uno dei modi in cui i media possono avvicinare i
popoli, un altro è la loro influenza per realizzare una veloce
mobilitazione di aiuti in risposta ai disastri naturali. È stato
consolante vedere quanto velocemente la comunità internazionale
ha risposto al recente tsunami che ha provocato vittime
incalcolabili. La rapidità con cui oggi si propagano le notizie
accresce chiaramente la possibilità di prendere in tempo misure
pratiche per offrire il maggior sostegno possibile. In questo modo
i media possono conseguire un'immensa quantità di bene.
4. Il Concilio Vaticano II ha ricordato: “Per
usare rettamente questi strumenti è assolutamente necessario che
coloro i quali se ne servono conoscano le norme della legge morale
e le osservino fedelmente” (Inter
mirifica, 4). Il principio
etico fondamentale è il seguente: “La persona umana e la
comunità umana sono il fine e la misura dell'uso dei mezzi di
comunicazione sociale. La comunicazione dovrebbe essere fatta da
persone a beneficio dello sviluppo integrale di altre persone” (Etica
nelle comunicazioni sociali,
21). Prima di tutto, dunque, i comunicatori stessi devono mettere
in pratica nella propria vita i valori ed i comportamenti che sono
chiamati ad insegnare agli altri. In particolare, questo richiede
un impegno autentico per il bene comune - un bene che non è
confinato nei limitati interessi di un determinato gruppo o di una
nazione, ma che abbraccia i bisogni e gli interessi di tutti, il
bene dell'intera famiglia umana (cfr Pacem
in terris, 132). I
comunicatori hanno l’opportunità di promuovere una vera cultura
della vita prendendo loro stessi le distanze dall'attuale
cospirazione a danno della vita (cfr Evangelium
vitae, 17) e trasmettendo la
verità sul valore e la dignità di ogni persona umana.
5. Il modello e l'esempio di ogni comunicazione
si trova nella Parola di Dio. “Dio, che aveva già parlato nei
tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei
profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo
del Figlio” (Eb 1,1).
Il Verbo incarnato ha stabilito un nuovo patto tra Dio e il suo
popolo - un patto che unisce anche noi in comunione gli uni con
gli altri. “Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due
un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era
frammezzo, cioè l'inimicizia” (Ef 2,14). In occasione della
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest'anno, la
mia preghiera chiede che gli uomini e le donne dei media facciano
la loro parte per abbattere il muro di ostilità che divide il
nostro mondo, muro che separa popoli e nazioni alimentando
l'incomprensione e la sfiducia; affinché sappiano utilizzare le
risorse a loro disposizione per consolidare i vincoli di
amicizia e di amore che indicano chiaramente l'inizio del Regno di
Dio qui sulla terra.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2005, festa di San
Francesco di Sales.
IOANNES PAULUS II
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