Conferenza
Episcopale Italiana
Commissione per la Cultura e le Comunicazioni Sociali
Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali
Servizio nazionale per il progetto culturale
Convegno nazionale
Roma 7/9 novembre 2002
PROLUSIONE
Sua Em.za Card. Camillo Ruini
Presidente Conferenza Episcopale Italiana
1. - Sono
particolarmente lieto di aprire questo Convegno nazionale che
registra una partecipazione così numerosa e qualificata. È
l’occasione per fare il punto su una prospettiva consolidata, che
affonda le sue radici nel Convegno Ecclesiale di Palermo, e nello
stesso tempo per dare sostanza, su una delle frontiere più
sensibili del presente e del futuro dell’umanità, alla consegna
dataci dal Papa di "prendere il largo". Proprio
riflettendo sul “Vangelo della carità per una nuova società in
Italia”, al Convegno Ecclesiale di Palermo era emerso in tutta
evidenza, forse per la prima volta in termini così organici, il
nesso tra cultura e comunicazione, che allora definimmo «un
areopago di importanza cruciale ai fini dell’inculturazione della
fede cristiana» (Con il dono della carità dentro la storia, n.
28). Era il 1995 e l’Italia era nel vivo di quella transizione che
ancora oggi rappresenta la possibile definizione sintetica della
complessità della situazione sociale e politica e dell’ethos
collettivo. Prendemmo allora l’impegno di incoraggiare e
sviluppare «una presenza significativa e credibile nei luoghi dove
si elabora e si trasmette criticamene la cultura: scuola, università,
centri culturali, laboratori artistici, media, editoria».
L’elenco è evidentemente solo esemplificativo, ma è da
sottolineare come accanto ai luoghi più tradizionali – e
bisognosi di rinnovato investimento – comparissero a pieno titolo
i media, così da esprimere concretamente il nesso cultura e
comunicazione, al centro anche del nostro convegno.
Di più, in questo dinamismo si situa la scelta e il primo sviluppo
di un “progetto culturale cristianamente ispirato”, abbozzato
proprio al Convegno ecclesiale di Palermo, definito anche come un
processo «di ricerca, di risposta, di proposta e di comunicazione»
(Progetto culturale orientato in senso cristiano. Una prima proposta
di lavoro, n. 2). Avevamo chiara insomma la consapevolezza che di
fronte a una ulteriore accelerazione dei processi di cambiamento,
che ormai investono la persona in tutte le sue dimensioni, eravamo
chiamati a una nuova, corale, opera di discernimento e di impegno.
Un impegno che, proprio per essere fedeli alla scelta
dell’evangelizzazione, mettesse in primo piano il terreno della
cultura così come può essere definito nella “società della
comunicazione”. Ci siamo incamminati su questa strada con un
atteggiamento di grande apertura al futuro, quello stesso abito
spirituale e culturale che ci veniva dal Concilio Vaticano II e che
si traduce nel solido radicamento nella dottrina e nella tradizione
cristiana e nella coraggiosa disponibilità al dialogo.
L’interesse per il terreno della cultura e della comunicazione
emerge in tutta evidenza anche negli Orientamenti Pastorali per
questo primo decennio del duemila: Comunicare il Vangelo in un mondo
che cambia. Sono due parole-chiave, da sempre centrali nella vita
della Chiesa, oggi da declinare in termini nuovi, anche in ordine
allo sviluppo e al destino di quella “civiltà dell’amore”, o
“civiltà nuova”, evocata da Giovanni Paolo II alla Giornata
mondiale della gioventù di Toronto. Tale civiltà ha come
componente essenziale la sua anima cristiana, che è nostra
responsabilità testimoniare e sviluppare di fronte a molteplici
fattori e ragioni di crisi. Abbiamo insomma accettato la sfida,
anche per offrire, come Chiesa e come cattolici, un contributo
qualificato al Paese in una fase storica delicata. Di fronte alla
ricorrente domanda: come concretizzare il progetto culturale,
l’esperienza ci offre ormai la possibilità di delineare itinerari
precisi. Li si potrebbe schematizzare intorno ai diversi aspetti in
cui si pone oggi la questione antropologica e alla sfida della
comunicazione, o, più specificamente, alle modalità per “fare
cultura nel nostro tempo, secondo i ritmi, le regole, della
comunicazione”.
2. - Molte delle
problematiche che toccano più da vicino l’evangelizzazione, la
pastorale tutta e i rapporti tra fede, vita e cultura, ruotano oggi
intorno alla cosiddetta questione antropologica, cioè alla domanda
su chi sia, realmente, l’uomo, con tutte le conseguenze che la
risposta, o meglio le diverse risposte a questa domanda portano con
sé. È chiaro che la stessa centralità del soggetto umano,
decisivo punto di riferimento della moderna civiltà, rischierebbe
di restare priva del proprio fondamento nella realtà, se dovessero
prevalere concezioni puramente naturalistiche o materialistiche
dell’essere umano, che tendono a rimuovere ogni vera differenza
qualitativa tra noi e il resto della natura, eludendo il problema di
una conciliazione armonica tra le varie componenti della persona.
Tali concezioni sono intimamente collegate e sotto vari aspetti
interdipendenti con tutta una gamma di scelte etiche, di
comportamenti e stili di vita, e anche di concezioni e indirizzi
sociali, economici e politici, giuridici e legislativi, sempre più
diffusi nel mondo contemporaneo, che a loro volta tendono a
respingere, spesso in maniera radicale, la dimensione razionale,
libera e responsabile della nostra vita, per privilegiare in via
quasi esclusiva la sfera dei sentimenti immediati, degli interessi
individuali e di una libertà sganciata dalla responsabilità.
Lo sviluppo concreto del progetto culturale, nella pluralità delle
sue dimensioni – dalla pastorale ordinaria alla vita familiare,
professionale, politica ed economica, alla ricerca scientifica,
filosofica e teologica, alla produzione artistica e letteraria e
alla comunicazione sociale – sembra pertanto una via efficace per
farsi carico responsabilmente delle domande e delle sfide che
provengono dall’attuale “questione antropologica”, nella
molteplicità delle sue valenze. Per questo il progetto culturale
non intende essere un nuovo settore della pastorale, ma si propone
piuttosto, accanto ad altre sue dimensioni, come un modo di fare
pastorale oggi, quando gli accelerati cambiamenti stanno
configurando un nuovo mondo, in gran parte inedito. Le attività
svolte dal Servizio nazionale per il progetto culturale, così come
l’impegno profuso dalle diocesi a livello locale, hanno già
portato a identificare alcuni importanti nodi problematici, su cui
si confronteranno i Vescovi durante l’Assemblea Generale che si
terrà a Collevalenza dal 18 al 21 novembre.
3. - Ciò che
sembra particolarmente rilevante è la progressiva caduta del ruolo
di “orientamento” che la cultura, intesa come appartenenza a un
complesso di idee e di valori, ha sempre svolto nella storia
dell’umanità. In più occasioni e con diverse motivazioni siamo
chiamati a confrontarci con la valenza multiculturale del contesto
in cui viviamo. Il dato su cui ancora non si riflette abbastanza è
che la multiculturalità attraversa gruppi omogenei, gli stessi
nuclei familiari e perfino la persona, che tende a modificare i
propri riferimenti fondamentali a seconda delle situazioni in cui è
chiamata a vivere ed esprimersi. Giovanni Paolo II, nella Fides et
ratio, ha denominato questo fenomeno “frammentazione del senso”:
«La settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio
parziale alla verità con la conseguente frammentazione del senso,
impedisce l'unità interiore dell'uomo contemporaneo. Come potrebbe
la Chiesa non preoccuparsene? Questo compito sapienziale deriva ai
suoi Pastori direttamente dal Vangelo ed essi non possono sottrarsi
al dovere di perseguirlo» (n. 85).
Il pensiero antropologico cristiano rifiuta il dualismo, inteso come
scissione tra le componenti della persona. Riprendere la prospettiva
unitaria dell’antropologia cristiana significa proporre per
l’uomo d’oggi adeguate interazioni fra la dimensione conoscitiva
e intellettuale, quella affettiva e quella volitiva
dell’esistenza. Con la consapevolezza delle derive oggi evidenti
nella cultura e nel sistema della comunicazione, quali ad esempio:
l’esasperazione di una razionalità tecnocratica e insieme di un
irrazionalismo incontrollabile, di cui sono espressione anche alcune
nuove forme di pseudoreligiosità; l’erosione della ricchezza
simbolica del corpo e della sessualità attraverso la scissione tra
aspetti puramente fisici e altri solamente spirituali; l’esercizio
della volontà, applicata unicamente all’utile e al progresso
materiale, che porta a scompensi nella persona e in ultima analisi a
un senso di disperata solitudine.
Il nostro punto di partenza (e al tempo stesso il nostro obiettivo)
per contribuire alla ricomposizione della cultura, e quindi del
senso, è proprio la comunicazione del Vangelo, che abbiamo
intenzionalmente posto al centro anche degli Orientamenti pastorali
per questo primo decennio del duemila: un messaggio incarnato e
universale che mette in luce il dinamismo di libertà e di verità
che è alla base dell’identità cattolica. Fare cultura nella
verità e nella libertà è il modo più efficace con cui i
cattolici possono contribuire alla crescita del nostro Paese,
dell’Europa e del mondo intero.
4. - L'Italia
offre la possibilità di una presenza significativa dei cattolici ed
è dovere dei credenti vivere la fede in un modo profondamente
incarnato nella storia e nella cultura del popolo italiano. Non si
serve il Paese vivendo la cittadinanza a prescindere dalla fede ma
piuttosto offrendo il proprio patrimonio di valori per la
costruzione del bene comune. La storia dell’Italia testimonia
quanto sia stato fecondo, nella varietà delle sue espressioni, il
contributo dei cattolici che hanno saputo collaborare allo sviluppo
della cultura, delle istituzioni e della vita civile. Tale
contributo non è oggi meno urgente e necessario. Le questioni di
primaria importanza che toccano la vita, la tutela e la promozione
della famiglia fondata sul matrimonio, l'educazione e la scuola, il
lavoro e la solidarietà, prima ancora della formulazione
legislativa, pongono il problema culturale. Quale visione abbiamo
dell’uomo e del suo destino? Quale uso fare delle innovazioni
tecnologiche e delle scoperte scientifiche, soprattutto sul versante
della vita umana? Quale significato dare alla natura umana e alla
struttura sessuata della persona? Come intendere il significato dei
rapporti sociali, sia "lunghi" sia "corti"?
L'Italia può inoltre svolgere un grande ruolo nella costruzione
dell'unità europea. Per vie diverse, e nel rispetto delle doverose
distinzioni, l’Italia, e in particolare i cattolici italiani,
possono molto contribuire a dare espressione e nuovo vigore a quella
che viene chiamata “l’anima” dell’Europa, aiutando a
riscoprire la fecondità anche civile della fede e della tradizione
cristiana e a superare atteggiamenti dimessi e rinunciatari,
presenti talvolta anche all’interno delle Chiese.
Di più, un sentire autenticamente cattolico non può non
proiettarsi sull'orizzonte del mondo, per promuovere prospettive di
pace e di comprensione reciproca, proprio quando crescono e si
radicalizzano i motivi di conflitto.
Il presupposto di ogni nostra presenza efficace ed autentica è in
ogni caso che non si indebolisca, ma la contrario si accresca e
irrobustisca la vitalità della fede cristiana nel nostro popolo.
5. - Questo
Convegno evidenzia per la comunità ecclesiale un’istanza di per sé
non nuova, ma che occorre assumere con inedito vigore e concretezza.
Se da anni la Chiesa in Italia opera per lo sviluppo del progetto
culturale nel suo complesso, ora appare evidente che un’attenzione
puntuale e mirata deve essere riservata alle forme della cultura che
nascono dal sistema mediatico e si alimentano delle sue influenze
sempre più pervasive. Tra i fattori che hanno favorito quel
fenomeno – la scissione tra la fede e la vita – che segna in
modo inquietante la contemporaneità, deve essere certamente
annoverato lo sviluppo rapidissimo e dirompente delle nuove tecniche
di comunicazione. I canali tradizionali di trasmissione del sapere e
delle categorie interpretative della realtà sono stati scossi
dall’avvento delle nuove modalità di comunicazione. L’incidenza
dei media nei processi formativi della mentalità, dei criteri di
giudizio e della stessa visione religiosa della vita ha raggiunto
livelli così alti da modificare radicalmente il rapporto tra le
persone e le agenzie tradizionali di formazione della coscienza e
dei criteri di giudizio. L’innovazione tecnologica ha trasformato
la comunicazione da sistema prevalentemente informativo (stampa e
radio) o artistico (cinema e teatro) a forma esistenziale
(televisione, internet, multimedialità…), per cui non c’è più
ambito dell’esistenza che non sia sotto l’influsso dei media,
dal lavoro alla vita familiare, dal tempo libero alle varie forme di
socializzazione. Si può dire che l’esistenza di ogni persona è
ormai inserita in un ingranaggio comunicativo che determina una
rielaborazione complessiva delle coordinate esistenziali. La
moltiplicazione delle fonti informative senza nessuna distinzione
del livello di autorevolezza, la progressiva sostituzione del
rapporto interpersonale con un approccio mediato che si impone per
la capacità di catalizzare l’attenzione a prescindere dai
contenuti, la formulazione di giudizi a partire dai sondaggi
d’opinione prescindendo da criteri veritativi, sono tutti fattori
che finiscono per generare molteplici forme di dissociazione nei
vari ambiti dell’esistenza personale e sociale, investendo anche
il rapporto tra la fede e la vita.
L’analisi fenomenologica richiede anche adeguati approfondimenti
in rapporto all’intersoggettività e alla relazionalità. Il
rischio evocato dalla prassi comunicativa vigente nel cosiddetto
villaggio globale sembra quello di assolutizzare il nesso, la rete,
la connettività, marginalizzando le realtà soggettive (nel senso
etimologico del subjectum) che sono parte costitutiva della
relazione. L’enfasi, anche sul piano ontologico, sulla
relazionalità può farci dimenticare il soggetto e il suo
costituirsi. Una percezione unitaria, e insieme adeguatamente
differenziata, della propria soggettività consentirà al cittadino
del villaggio globale di non soccombere dinanzi ai mutamenti
culturali in atto, ma di proporsi come vero protagonista e soggetto
di storia e di cultura. Infatti solo un'antropologia integrale, che
non vuol dire integralistica, può costituire il punto di partenza
per una sana e dialogica interattività e interconnettività
mediatica. La grazia, redimendo l’uomo, fa sì che si armonizzino
i conflitti fra le stesse dimensioni costitutive della persona, ma
ci spinge anche oltre noi stessi, alla comunione con Dio, e al
contempo ci rende protagonisti e non solo spettatori di una storia
intricata, complessa, che spesso ci appare disastrata, ma è anche
ricca di opportunità per la cultura e per la fede.
Tutto questo ovviamente non comporta alcun giudizio negativo nei
confronti dei media in quanto tali, ma impone una lucida presa di
coscienza dei processi e dei mutamenti da essi innescati. Dal
Concilio a oggi, numerosi documenti testimoniano quanto forte sia
l’esigenza di considerare in modo nuovo e più diretto il rapporto
tra missione della Chiesa e media. In questo rapporto, infatti, sono
in gioco la capacità e la possibilità per la comunità ecclesiale
di fare cultura cristianamente ispirata. La cultura si trasmette in
modo sempre più considerevole attraverso il sistema della
comunicazione e i media, in quanto costituiscono ormai una
condizione della stessa esistenza umana, fanno cultura per il
semplice fatto di esserci e di essere diventati componente ordinaria
della vita sociale. Paolo VI ebbe a dire nell’Evangelii nuntiandi
che «la Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se
non adoperasse questi potenti mezzi» (n. 45). Oggi forse dovremmo
aggiungere che le responsabilità legate all’annuncio del Vangelo
ci impongono non solo di usare, ma di vivere dall'interno - certo
con spirito libero e critico - questa cultura mediale, per
compenetrarla con la forza del messaggio cristiano.
6. - La
riflessione sviluppata a partire dal Convegno ecclesiale di Palermo
ha avviato una stagione di grande e fecondo impegno che ha prodotto
e sta producendo significativi risultati, sia sul versante
dell’elaborazione teorica sia in ordine a progetti e iniziative
concrete. L’obiettivo non era quello di realizzare grandi
cambiamenti nella struttura pastorale della Chiesa italiana, creando
nuovi settori, ma di innescare un processo virtuoso che permettesse
di manifestare quanto la trasmissione della fede, considerata in
tutte le sue forme ed espressioni, abbia una intrinseca valenza
culturale. Una fede che non genera cultura resta atrofizzata e non
esprime la sua autentica natura. La fede in Gesù di Nazareth è la
fede nel Figlio di Dio che ha assunto la condizione umana per
trasfigurarla e per cambiare, attraverso il Mistero Pasquale, il
destino del mondo, aprendolo alla prospettiva della piena e
definitiva salvezza. Le forme tradizionali di trasmissione della
fede legate alla catechesi, alla vita sacramentale e alla
testimonianza della carità sono e resteranno certamente centrali
anche per il futuro, ma è necessario che nelle loro modalità
espressive sia sempre più tenuta presente l’influenza della
cultura mediatica e nello stesso tempo occorre allargare
l’orizzonte delle vie attraverso cui sviluppare l’annuncio del
Vangelo. Ma questa prospettiva, che implica anche una nuova capacità
di gestire l’impegno pastorale quotidiano, richiede uno sforzo di
cambiamento e di convergenza che coinvolge tutti i membri della
comunità ecclesiale, come è sottolineato dagli Orientamenti
pastorali per il decennio: «per questo, ci sembra importante che la
comunità sia coraggiosamente aiutata a maturare una fede adulta,
“pensata”, capace di tenere insieme i vari aspetti della vita
facendo unità di tutto in Cristo. Solo così i cristiani saranno
capaci di vivere nel quotidiano, nel feriale – fatto di famiglia,
lavoro, studio, tempo libero – la sequela del Signore, fino a
rendere conto della speranza che li abita (cfr. 1Pt 3,15)»
(Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, n. 50). I Forum
promossi dal progetto culturale hanno cercato di concretizzare
l’impegno a “pensare la fede” nel duplice senso di una fede
che continuamente offra alla riflessione dell’uomo nuovi stimoli
per l’incontro con Dio, e di un pensiero che a partire dalla fede
sappia interloquire con tutte le componenti della cultura e della
vita.
7. - Per
contrastare visioni inadeguate e parziali della vita umana e della
sua dignità e per promuovere una cultura capace di proporre i veri
valori dell’esistenza è necessario, oggi, interagire in profondità
con il sistema della comunicazione. E’ questo un versante assai
importante per lo sviluppo e l’attuazione del progetto culturale e
più ampiamente dell'evangelizzazione. E’ necessario interloquire
con la cultura plasmata dai media, coltivando una presenza discreta
e autorevole all’interno delle varie realtà mediatiche. Nello
stesso tempo deve essere rafforzata la possibilità di un’autonoma
e libera presenza dei cattolici nel dibattito pubblico con propri
strumenti di comunicazione. In base alle indicazioni del Convegno di
Palermo e alla luce delle decisioni assunte dall’Episcopato
nell’Assemblea Generale del novembre del 1996, dedicata al tema
dei mezzi di comunicazione, i cattolici italiani sono stati
sollecitati a intraprendere nuove iniziative sul versante dei media.
Nel settore della stampa, l’agenzia SIR ha allargato il proprio
orizzonte all’Europa, il sistema dei settimanali diocesani è
stato rafforzato e rilanciato. Il quotidiano Avvenire, che
costituisce un punto di riferimento imprescindibile per i cattolici
e per tutti coloro che intendono conoscere il punto di vista della
comunità ecclesiale sui vari fatti di attualità e sui grandi temi
del dibattito culturale, è stato recentemente oggetto di un audace
rinnovamento grafico ed editoriale.
Un grande impegno è stato profuso inoltre nel campo televisivo per
dare vita ad un’emittente nazionale. Con Sat 2000 il progetto ha
preso avvio e in questi anni si è progressivamente sviluppato
ritagliandosi un proprio ruolo nel panorama dell’emittenza
satellitare e promuovendo sinergie per la diffusione dei programmi
da parte di varie emittenti televisive locali, di cui alcune
collegate in syndication. I confortanti risultati conseguiti in
termini di qualità dei programmi e di ascolti, pur nei limiti delle
risorse investite, incoraggiano a proseguire su questa strada
utilizzando tutte le possibilità che le nuove tecnologie digitali
metteranno a disposizione e promuovendo il massimo di collaborazione
tra i progetti a carattere nazionale e quelli, non meno importanti,
in ambito locale. Le potenzialità sinergiche di cui dispone il
mondo cattolico sono testimoniate anche dal progetto che di recente
ha portato alla costituzione del circuito “inBlu” al quale hanno
aderito oltre 200 radio, dando vita ad un modello nuovo ed originale
di radiofonia, sia per la qualità dei contenuti offerti,
soprattutto informativi, sia per la tipologia di palinsesto che ha
il suo punto di forza nello stretto legame tra dimensione nazionale
e radicamento nel territorio.
Mantenere e salvaguardare un alto profilo qualitativo, sia pure con
le risorse limitate che abbiamo a disposizione, rappresenta una
testimonianza importante, un segno di rispetto e di attenzione per
le persone, nella consapevolezza della valenza etica del sistema
della comunicazione, in ordine all’ethos collettivo e ai
comportamenti diffusi. L’obiettivo principale è mettere
maggiormente in luce le testimonianze e le esperienze positive della
vita, evitando quell’appiattimento sul sesso, sulla violenza e
sulla “cronaca nera” che oggi purtroppo inonda i media.
Con particolare attenzione, inoltre, vengono seguite da anni le
innovazioni sul fronte delle reti informatiche. La realizzazione di
servizi e progetti assieme alle numerose occasioni di confronto e di
studio promosse in questi anni, hanno permesso alla Chiesa italiana
di non rimanere estranea agli sviluppi delle tecnologie,
valorizzandone le potenzialità, nel quadro delle nostre finalità
culturali e pastorali. Si sono sviluppati così il sito della CEI, i
servizi offerti alle diocesi con il SIDI (Sistema Informativo
Diocesano), la sperimentazione dell’intranet, che può diventare
strumento di condivisione e di comunione tra le realtà ecclesiali,
la banca dati dei beni culturali delle diocesi italiane, con la
quale si vuole catalogare e rendere maggiormente fruibile un
patrimonio di inestimabile valore spirituale e culturale. Anche le
iniziative legate alle sale della comunità, con il cinema, il
teatro e le varie attività culturali, documentano un rinnovato
fermento dei cattolici che si stanno riappropriando di forme di
presenza culturale e sociale che in un modo troppo frettoloso erano
state archiviate come superate o perché ritenute estranee alla
missione della Chiesa. Una nuova stagione è auspicabile anche sul
versante associativo. Le aggregazioni cattoliche che operano negli
ambiti della comunicazione e della cultura sono numerose e coprono
svariati settori. Alcune hanno una tradizione consolidata da
conservare e nello stesso tempo da aggiornare secondo le esigenze di
oggi, altre hanno preso vita per sostenere e coordinare l’impegno
dei cattolici nei nuovi ambiti comunicativi e culturali. La presenza
di organismi nazionali, molti dei quali con forti articolazioni
anche in ambito locale, rappresenta una risorsa sia per la comunità
ecclesiale sia per il Paese. Se è molto quello che si sta facendo,
molto di più dovrà essere fatto per dare voce alla sensibilità e
al punto di vista di tanti che non si riconoscono nei modelli e nei
valori prevalentemente trasmessi dai media. Non possono mancare, in
un sistema democratico e pluralista, anche forme chiare di denuncia
e di protesta per il degrado che, purtroppo, sempre più spesso si
registra in non poche trasmissioni televisive e radiofoniche, come
anche lungo tutto l'arco del sistema comunicativo.
8. - In
concreto ci troviamo di fronte, innanzi tutto, ad una questione
educativa, nelle molteplici sue forme e connessioni. Per promuovere
adeguatamente l’educazione e la formazione delle giovani
generazioni, l’impegno della famiglia, della scuola e della stessa
comunità ecclesiale ha senza dubbio bisogno di un contesto
complessivo, morale, culturale e sociale, il più possibile
favorevole, o almeno non negativo. Sono molte le “agenzie
educative” oggi presenti e influenti, e tra queste esercitano un
ruolo di grande rilievo i mezzi di comunicazione. In tutta questa
materia sono numerosi e gravi, come è ben noto, i problemi aperti e
le domande che attendono risposta. Non meno importante è la
comprensione di che cosa significhi comunicare e di come si possa
dare una comunicazione autentica e vitale, capace di far crescere le
persone e le comunità. Fondamentale in proposito è quella nota di
autenticità che caratterizza l'impegno comunicativo di Giovanni
Paolo II, trovando un riscontro altamente positivo in ogni fascia
d'età.
Emergono qui la missione e il ruolo dei cristiani laici: soltanto
attraverso il loro impegno quotidiano, e a tutto campo, sarà
possibile imprimere al pensare e all’operare che coinvolgono il
soggetto umano degli orientamenti rispettosi della sua intrinseca
dignità e in sintonia con il progetto di salvezza che ha il suo
centro in Cristo. Dobbiamo dunque investire molto, come Chiesa,
sulla formazione dei laici, sulla loro responsabilità e creatività
di credenti, su una capacità senza frontiere di presenza e
testimonianza missionaria. Una creatività che si esprime nel campo
specifico in cui ciascuno sviluppa la sua attività professionale e
il suo servizio ecclesiale: ecco allora le molte iniziative che
danno vita al “cantiere del progetto culturale”, le occasioni di
incontro e di discussione, di studio e di ricerca, l'impegno
rilevante di formazione e di sostegno ai mezzi di comunicazione,
tanto quelli più consolidati, quanto i nuovi mezzi, dai giornali -
il quotidiano, i settimanali, l’agenzia - alle radio, alla
televisione, al mondo digitale ed alla rete internet. Questo
impegno, ambizioso e per molti aspetti anche oneroso, non sarebbe
possibile senza il contributo di competenza, di passione, di fede,
di tante donne e di tanti uomini, sacerdoti, religiose e religiosi,
ma soprattutto laici. Certo, moltissimo resta da fare, ma possiamo
toccare con mano che la strada che insieme stiamo percorrendo,
ancorché difficile e piena di ostacoli, è giusta e feconda, per l'evangelizzzione
e l'inculturazione della fede, in Italia e non solo in Italia.
In un quadro di cambiamenti sociali e culturali tanto rapidi e
profondi quanto confusi e spesso privi di attendibili riferimenti
antropologici ed etici, è essenziale infatti una forma rinnovata di
presenza culturale, che richiede anche il contributo di persone
sensibili e appositamente preparate. Prende corpo così la figura
dell’operatore o animatore della cultura e della comunicazione. Da
tempo si sente l’urgenza di avere, nel quadro delle figure
impegnate nella comunicazione della fede e nella testimonianza dei
valori cristiani, dei soggetti che sappiano mettersi a servizio
della comunità e della missione della Chiesa assumendo
responsabilità e impegni proprio sui versanti della comunicazione e
della cultura. Ci sono già tante persone che operano in questa
ottica nei media cattolici, nei centri culturali, attraverso le
buone stampe, nelle sale della comunità, ma è tempo che esse siano
pienamente riconosciute e valorizzate in un quadro di azione
ecclesiale pluriforme e organica. Voi che siete presenti al
Convegno, assieme a tutti coloro che si uniranno a noi sabato
prossimo, per la sessione allargata del Convegno e l’Udienza
speciale del Santo Padre, e alle tante persone che, spesso nel
nascondimento e con grande abnegazione, operano per fare cultura a
partire dalla fede, rappresentate già, concretamente, una base
consolidata di animatori della cultura e della comunicazione. È
necessario crescere nel numero perché il campo di lavoro è
vastissimo, ma, ancor più, occorre far crescere una mentalità
nuova nella comunità ecclesiale perché sostenga e promuova questa
nuova figura nelle parrocchie, nelle aggregazioni e negli areopaghi
moderni.
Non possiamo
dimenticare, infine, che la modalità privilegiata della
comunicazione della fede, anche nel villaggio globale e nella rete,
resta la testimonianza: non c’è comunicazione mediale o maschera
virtuale che possa sostituirla o coprirla. Ovunque sia e con
chiunque si incontri, il credente cristiano non può derogare dal
suo compito di testimone della propria fede, fino a sperimentare la
martyria dell’incomprensione e del disprezzo, e talvolta la stessa
martyria della sofferenza e della morte. La storia del secolo breve
ha mostrato come nessun’epoca sia priva di autentici testimoni e
di martiri della fede. La loro presenza inquietante e confortante è
per noi motivo di speranza e di parresia, nel momento in cui ci
apprestiamo ad offrire la nostra testimonianza attraverso le
“parabole mediatiche”, che la provvidenza di Dio mette nelle
nostre mani e sui tetti delle nostre case.
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