AL
SERVIZIO DELLA COMPRENSIONE TRA I POPOLI
-
Intervista con l’arcivescovo John Foley -
[La sua omelia]
Oggi
8 maggio, 39.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sul
tema “I mezzi di comunicazione al servizio della comprensione
tra i popoli”. Il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata
è stato pubblicato il 24 gennaio scorso nella festa di San
Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Al centro della sua
riflessione c’è un appello preciso: gli operatori dei mass
media contribuiscano ad abbattere i muri dell’odio e della
violenza promuovendo, invece, la pace e il dialogo.
Ma ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto,
l’arcivescovo Jonh Foley, presidente del Pontificio Consiglio
delle comunicazioni sociali:
______________________
R.
– Papa Giovanni Paolo II ha detto che “le moderne tecnologie
hanno a loro disposizione possibilità senza precedenti per
operare il bene, per diffondere la verità. Eppure il loro cattivo
uso può fare un male incalcolabile, dando origine
all’incomprensione, al pregiudizio e addirittura al
conflitto”. Penso che questa sia la sintesi del potere e della
potenza dei mezzi di comunicazione per il bene e per il male.
D.
– “Dalla stessa bocca … esce benedizione e maledizione. Non
deve essere così”. Giovanni Paolo II iniziava il suo messaggio
sui mezzi di comunicazione sociale, citando la lettera di San
Giacomo. “Le parole – scriveva – hanno un potere
straordinario e possono unire i popoli o dividerli”…
R.
– Ricordo una conversazione avuta con Papa Giovanni Paolo II, a
pranzo, alcuni anni fa. Io gli ho parlato del valore delle sue
azioni simboliche e lui ha detto che la parola “simbolo” viene
da una parola greca, che
ha il significato di “portare insieme”, l’opposto della
parola greca, dia-ballo,
cioè “rompere”. Allora il Santo Padre ha affermato che le
cose simboliche possono unire le persone nell’amore, in
un’unione più completa. Le cose diaboliche invece possono
rompere i collegamenti tra le persone. Giovanni Paolo II allora ha
detto che le sue azioni simboliche hanno avuto l’intenzione di
portare la gente insieme, di unire le persone.
D.
– Il messaggio pontificio invita i comunicatori a “costruire
ponti di dialogo tra i popoli, rompendo il ciclo fatale di
violenza, rappresaglia e nuova violenza, oggi così diffuso”. In
questo senso - notava Giovanni Paolo II – “è stato consolante
vedere quanto velocemente la comunità internazionale ha risposto
al maremoto che ha sconvolto il sud-est asiatico, anche grazie
alla rapidità delle notizie” …
R.
– Penso che lo tsunami, questo maremoto, abbia avuto
un’eco nel mondo perché i mezzi di comunicazione hanno fatto un
rapporto completo sui bisogni delle persone in quella zona.
Possiamo parlare anche di uno tsunami di interesse nella
morte del Santo Padre, Giovanni Paolo II, e nella elezione del suo
successore, Benedetto XVI. Tutti i popoli del mondo sono stati
uniti in una cerimonia per la sepoltura del Santo Padre, Giovanni
Paolo II. E tutti si sono riuniti di nuovo per l’inaugurazione
del Ministero pastorale del suo successore, Benedetto XVI. La
stessa persona, una volta quale cardinale Ratzinger e l’altra
come Papa Benedetto XVI, ha parlato e ha fatto davanti alla gente
di tutto il mondo un programma di amore e di verità.
D.
– Nel messaggio c’è poi un forte appello agli operatori del
settore a promuovere una vera cultura della vita, prendendo loro
stessi le distanze dall’attuale cospirazione a danno della vita
e trasmettendo la verità sul valore e la dignità di ogni persona
umana.
R.
– La storia dei viaggi pastorali del Santo Padre Giovanni Paolo
II, è una storia di servizio ad ogni persona, alla dignità di
ogni persona. Lui ha parlato di una cultura della vita e di una
cultura della morte. Ha detto sempre una parola contro la cultura
della morte, che sembra essere presente nel mondo di oggi. Penso
che i mezzi di comunicazione possano aiutare a promuovere una
cultura di vita, indicando il valore di ogni vita umana, come
hanno fatto in occasione dello tsunami nel sud-est
asiatico. Per ogni tragedia umana i mezzi di comunicazione
sottolineano il valore di ogni vita umana. Spero che loro possano
fare questo sempre, per ogni avvenimento della vita, cioè
sottolineare l’importanza della vita umana, la dignità della
vita umana, come Giovanni Paolo II ha fatto e come Benedetto XVI
sta facendo.
D.
– Giovanni Paolo II nei suoi oltre 26 anni di Pontificato ha
richiamato con forza i cattolici ad essere presenti nel campo dei
mass media. Ma i cattolici fanno abbastanza o dovrebbero fare di
più?
R.
– Dovrebbero fare di più in molti sensi. Penso che nelle nostre
scuole dovremmo avere un corso per preparare la gente ad
utilizzare i mezzi, come consumatori e come persone attive nei
mezzi di comunicazione sociale. Come consumatori, devono essere
persone che fanno scelte intelligenti e responsabili, perché i
mezzi di comunicazione possono nutrire la nostra vita
intellettuale e spirituale. Più cattolici dovrebbero essere
presenti nei mezzi stessi. Dobbiamo motivare le persone ad essere
presenti, per fare un lavoro positivo, per aiutare in modo
positivo la gente a conoscere Gesù e a sapere quali sono i valori
fondamentali per una vita felice.
__________________
[Fonte:
Radio Vaticana dell'8 maggio 2005]
torna su
I comunicatori
cattolici, annunciatori della Buona Novella, ma senza coercizioni
Omelia di
monsignor Foley per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 2005
“Voi avete il delicato compito di proclamare la buona novella di
Gesù Cristo e di annunciarla al più vasto pubblico possibile, ma
mai in modo minaccioso o coercitivo”, ha detto l’Arcivescovo
statunitense durante la celebrazione tenutasi in occasione della
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
“La fede è un dono gratuito di Dio, e la fede arriva attraverso
l’ascolto. Noi siamo responsabili se non predichiamo la buona
novella, ma non possiamo mai forzare un altro ad accettarla”, ha
ricordato agli alunni del Centro Interdisciplinare sulla
Comunicazione Sociale .
“Si, l’accettazione da parte di qualcuno della buona novella
di Gesù Cristo ed il rifiuto di quel messaggio da parte di altri
qualche volta potrà sembrare motivo di divisione, ma non dovrebbe
mai essere colpa nostra”, ha sottolineato il prelato.
“La nostra proclamazione del messaggio di Gesù Cristo dovrebbe
essere sempre un’esposizione ed un invito, mai un atto di
forza”, ha aggiunto facendo poi appello ad “evangelizzare
senza mai terrorizzare”.
Riallacciandosi al tema scelto per l’edizione di quest’anno
della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, “I mezzi
delle comunicazioni sociali al servizio della comprensione fra i
popoli”, monsignor Foley ha constatato che “nell’attuale
epoca delle immagini i mass media costituiscono effettivamente una
straordinaria risorsa per promuovere la solidarietà e l’intesa
della famiglia umana”.
“Ne abbiamo avuto recentemente una prova straordinaria in
occasione della morte e delle solenni esequie dell’amato mio
Predecessore Giovanni Paolo II”, ha affermato.
“Questi importanti strumenti della comunicazione possono
favorire la conoscenza reciproca e il dialogo, oppure, al
contrario, alimentare il pregiudizio ed il disprezzo tra gli
individui e i popoli; possono contribuire a diffondere la pace o a
fomentare la violenza”, ha però tenuto a sottolineare.
L’arcivescovo Foley ha quindi richiamato alla “responsabilità
personale” di chi lavora nell’ambito della comunicazione
sociale, affinché vengano assicurati l’ “obiettività”, il
“rispetto della dignità umana” e l’ “attenzione al bene
comune”.
“In tal modo si contribuisce ad abbattere i muri di ostilità
che ancora dividono l’umanità, e si possono consolidare quei
vincoli di amicizia e di amore che sono segni del Regno di Dio
nella storia”, ha continuato.
“Non dobbiamo mai dimenticare, alla radio, alla televisione, nei
giornali, che rappresentiamo la Chiesa cattolica, l’unica vera
Chiesa fondata da Gesù Cristo” e “dobbiamo sforzarci di
promuovere sempre la comprensione e il rispetto, ma mai l’indifferentismo”,
ha ricordato.
“Dobbiamo impegnarci nel promuovere la comprensione e il
rispetto all’interno della Chiesa cattolica e nel dissipare
l’ignoranza sui vari riti e i vari gruppi etnici”, così come
“dobbiamo inoltre combattere ogni forma di bigottismo religioso,
anche se in quanto cattolici ne siamo spesso vittime e alle volte
responsabili”.
Monsignor Foley ha quindi concluso
con le parole ascoltate durante la lettura del Vangelo e
contenenti “l’ultimo insegnamento dato da Gesù ai Suoi
Apostoli prima di ascendere al cielo”: “Andate dunque e
battezzate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto
ciò che vi ho comandato”.
_______________
[Fonte: Zenit.org del 10
maggio 2005]
| home | inizio
pagina |