Messaggio di
Benedetto XVI
per la 43ma Giornata delle Comunicazioni Sociali
Nuove
tecnologie, nuove relazioni.
Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia
Cari fratelli e sorelle,
in prossimità ormai della Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali, mi è caro rivolgermi a voi per esporvi alcune mie
riflessioni sul tema scelto per quest’anno: Nuove tecnologie, nuove
relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di
amicizia.
In effetti, le nuove tecnologie digitali stanno determinando
cambiamenti fondamentali nei modelli di comunicazione e nei rapporti
umani. Questi cambiamenti sono particolarmente evidenti tra i
giovani che sono cresciuti in stretto contatto con queste nuove
tecniche di comunicazione e si sentono quindi a loro agio in un
mondo digitale che spesso sembra invece estraneo a quanti di noi,
adulti, hanno dovuto imparare a capire ed apprezzare le opportunità
che esso offre per la comunicazione. Nel messaggio di quest’anno, il
mio pensiero va quindi in modo particolare a chi fa parte della
cosiddetta generazione digitale: con loro vorrei condividere alcune
idee sullo straordinario potenziale delle nuove tecnologie, se usate
per favorire la comprensione e la solidarietà umana. Tali tecnologie
sono un vero dono per l’umanità: dobbiamo perciò far sì che i
vantaggi che esse offrono siano messi al servizio di tutti gli
esseri umani e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso
e vulnerabile.
L’accessibilità di cellulari e computer, unita alla portata globale
e alla capillarità di internet, ha creato una molteplicità di vie
attraverso le quali è possibile inviare, in modo istantaneo, parole
ed immagini ai più lontani ed isolati angoli del mondo: è, questa,
chiaramente una possibilità impensabile per le precedenti
generazioni.
I giovani, in particolare, hanno colto l’enorme potenziale dei nuovi
media nel favorire la connessione, la comunicazione e la
comprensione tra individui e comunità e li utilizzano per comunicare
con i propri amici, per incontrarne di nuovi, per creare comunità e
reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie
idee e opinioni.
Molti benefici derivano da questa nuova cultura della comunicazione:
le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi
distanze, gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e
immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche e
possono, pertanto, lavorare in équipe da luoghi diversi; inoltre la
natura interattiva dei nuovi media facilita forme più dinamiche di
apprendimento e di comunicazione, che contribuiscono al progresso
sociale.
Sebbene sia motivo di meraviglia la velocità con cui le nuove
tecnologie si sono evolute in termini di affidabilità e di
efficienza, la loro popolarità tra gli utenti non dovrebbe
sorprenderci, poiché esse rispondono al desiderio fondamentale delle
persone di entrare in rapporto le une con le altre. Questo desiderio
di comunicazione e amicizia è radicato nella nostra stessa natura di
esseri umani e non può essere adeguatamente compreso solo come
risposta alle innovazioni tecnologiche. Alla luce del messaggio
biblico, esso va letto piuttosto come riflesso della nostra
partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol
fare dell’intera umanità un’unica famiglia. Quando sentiamo il
bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle
meglio e farci conoscere, stiamo rispondendo alla chiamata di Dio –
una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a
immagine e somiglianza di Dio, il Dio della comunicazione e della
comunione.
Il desiderio di connessione e l’istinto di comunicazione, che sono
così scontati nella cultura contemporanea, non sono in verità che
manifestazioni moderne della fondamentale e costante propensione
degli esseri umani ad andare oltre se stessi per entrare in rapporto
con gli altri. In realtà, quando ci apriamo agli altri, noi portiamo
a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più
pienamente umani. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati
progettati dal Creatore. Naturalmente, non parlo di passeggere,
superficiali relazioni; parlo del vero amore, che costituisce il
centro dell’insegnamento morale di Gesù: "Amerai il Signore tuo Dio
con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua
mente e con tutta la tua forza" e "Amerai il tuo prossimo come te
stesso" (cfr Mc 12,30-31). In questa luce, riflettendo sul
significato delle nuove tecnologie, è importante considerare non
solo la loro indubbia capacità di favorire il contatto tra le
persone, ma anche la qualità dei contenuti che esse sono chiamate a
mettere in circolazione. Desidero incoraggiare tutte le persone di
buona volontà, attive nel mondo emergente della comunicazione
digitale, perché si impegnino nel promuovere una cultura del
rispetto, del dialogo, dell’amicizia.
Pertanto, coloro che operano nel settore della produzione e della
diffusione di contenuti dei nuovi media non possono non sentirsi
impegnati al rispetto della dignità e del valore della persona
umana. Se le nuove tecnologie devono servire al bene dei singoli e
della società, quanti ne usano devono evitare la condivisione di
parole e immagini degradanti per l’essere umano, ed escludere quindi
ciò che alimenta l’odio e l’intolleranza, svilisce la bellezza e
l’intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi.
Le nuove tecnologie hanno anche aperto la strada al dialogo tra
persone di differenti paesi, culture e religioni. La nuova arena
digitale, il cosiddetto cyberspace, permette di incontrarsi e di
conoscere i valori e le tradizioni degli altri. Simili incontri,
tuttavia, per essere fecondi, richiedono forme oneste e corrette di
espressione insieme ad un ascolto attento e rispettoso. Il dialogo
deve essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della
verità, per realizzare la promozione dello sviluppo nella
comprensione e nella tolleranza. La vita non è un semplice
succedersi di fatti e di esperienze: è piuttosto ricerca del vero,
del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre
scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella
verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Occorre non
lasciarsi ingannare da quanti cercano semplicemente dei consumatori
in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se
stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza,
l’esperienza soggettiva soppianta la verità.
Il concetto di amicizia ha goduto di un rinnovato rilancio nel
vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni.
Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana.
Nelle nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci
sviluppiamo come esseri umani. Proprio per questo la vera amicizia è
stata da sempre ritenuta una delle ricchezze più grandi di cui
l’essere umano possa disporre. Per questo motivo occorre essere
attenti a non banalizzare il concetto e l’esperienza dell’amicizia.
Sarebbe triste se il nostro desiderio di sostenere e sviluppare
on-line le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per
la famiglia, per i vicini e per coloro che si incontrano nella
realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo
libero. Quando, infatti, il desiderio di connessione virtuale
diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si isola,
interrompendo la reale interazione sociale. Ciò finisce per
disturbare anche i modelli di riposo, di silenzio e di riflessione
necessari per un sano sviluppo umano.
L’amicizia è un grande bene umano, ma sarebbe svuotato del suo
valore, se fosse considerato fine a se stesso. Gli amici devono
sostenersi e incoraggiarsi l’un l’altro nello sviluppare i loro doni
e talenti e nel metterli al servizio della comunità umana. In questo
contesto, è gratificante vedere l’emergere di nuove reti digitali
che cercano di promuovere la solidarietà umana, la pace e la
giustizia, i diritti umani e il rispetto per la vita e il bene della
creazione. Queste reti possono facilitare forme di cooperazione tra
popoli di diversi contesti geografici e culturali, consentendo loro
di approfondire la comune umanità e il senso di corresponsabilità
per il bene di tutti. Ci si deve tuttavia preoccupare di far sì che
il mondo digitale, in cui tali reti possono essere stabilite, sia un
mondo veramente accessibile a tutti. Sarebbe un grave danno per il
futuro dell’umanità, se i nuovi strumenti della comunicazione, che
permettono di condividere sapere e informazioni in maniera più
rapida e efficace, non fossero resi accessibili a coloro che sono
già economicamente e socialmente emarginati o se contribuissero solo
a incrementare il divario che separa i poveri dalle nuove reti che
si stanno sviluppando al servizio dell’informazione e della
socializzazione umana.
Vorrei concludere questo messaggio rivolgendomi, in particolare, ai
giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la
testimonianza della loro fede.
Carissimi, sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo
nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la
vostra vita! Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro
discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco
romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa,
richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei
popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora
l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una
loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo. A
voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con
questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il
compito della evangelizzazione di questo "continente digitale".
Sappiate farvi carico con entusiasmo dell’annuncio del Vangelo ai
vostri coetanei! Voi conoscete le loro paure e le loro speranze, i
loro entusiasmi e le loro delusioni: il dono più prezioso che ad
essi potete fare è di condividere con loro la "buona novella" di un
Dio che s’è fatto uomo, ha patito, è morto ed è risorto per salvare
l’umanità. Il cuore umano anela ad un mondo in cui regni l’amore,
dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la
libertà trovi il proprio significato nella verità e dove l’identità
di ciascuno sia realizzata in una comunione rispettosa. A queste
attese la fede può dare risposta: siatene gli araldi! Il Papa vi è
accanto con la sua preghiera e con la sua benedizione.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2009
BENEDICTUS PP. XVI
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Manifesto dell'antropologia digitale
Se Pietro arruola i giovani
navigatori del web
Francesco Ognibene, su Avvenire del 24 gennaio 2009
C’è un continente
ancora da evangelizzare, ma non cercatelo sulle mappe geografiche.
Le sue coordinate sono nel mondo virtuale, dentro l’immaterialità
brulicante di vita del cyberspazio. Ci fosse san Paolo,
probabilmente scioglierebbe le vele per prendere le misure a
Internet e seminarvi il Vangelo con tutta la forza e l’intelligenza
dell’apostolo allergico ai complessi d’inferiorità e pronto a
esplorare le reti sociali che oggi spopolano sul Web, potenti
magneti che attraggono milioni di persone e generano nuove forme di
rapporti umani.
Ma i giovani cui Benedetto XVI anzitutto consegna il suo messaggio
per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in calendario
a fine maggio, non devono temere il confronto con l’Apostolo delle
genti. Non di certo se prenderanno sul serio le parole con le quali
il Papa li lancia in un’impresa degna della Chiesa delle origini: «A
voi, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi
nuovi mezzi di comunicazione – gli scrive –, spetta in particolare
il compito di evangelizzazione di questo 'continente digitale'».
È in un simile mondo inesplorato e in piena espansione che Pietro
manda i giovani «a portare la testimonianza della loro fede»,
proponendogli di «introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente
comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita».
All’orizzonte dell’impresa c’è lo sconfinato reticolo di siti che
costituisce il territorio originario di Internet, ma che viene ora
affiancato e surclassato per popolarità e immediatezza di linguaggi
dal fenomeno dilagante dei 'social network', le nuove regioni appena
colonizzate sulle quali si affolla l’umanità connessa e palesemente
ansiosa di condividere con altri una porzione pur piccola della
propria vita. Un grido di solitudine tradotto in bit? Con lucida
percezione delle cose che stanno accadendo in rete,
Benedetto legge questo prorompente sviluppo di Internet – che i
massmediologi hanno catalogato con l’etichetta informatica di Web
2.0 – come il tracimare di un’esigenza profonda, connaturata
all’uomo. Il «bisogno di avvicinarsi ad altre persone» – chiave
dell’Internet 'sociale' – altro non è se non un «riflesso della
nostra partecipazione al comunicativo e unificante amore di Dio, che
vuol fare dell’umanità un’unica famiglia». Nel linguaggio del
cristiano, la connessione non è solo un passaggio di impulsi
elettrici ma un «desiderio» e la comunicazione un «istinto»,
entrambi «manifestazioni moderne della fondamentale e costante
propensione degli esseri umani ad andare oltre se stessi per
entrare in rapporto con gli altri», e diventare così «più pienamente
umani». Ecco il manifesto di un’antropologia dell’era digitale che
legge la tecnologia come risposta a un’attesa, sofisticato calco di
un’era dove l’'utente' e il 'consumatore' non ne possono più di
venir trattati da strumenti e tornano a essere persone capaci di
scelte, di amicizie, di identità non dissimulate. Donne e uomini
nostalgici del vero e del bene che desiderano di scovare, nascosto
forse tra le pieghe del Web.
L’umanità online affolla le reti sociali cercando se stessa, e in
questo viaggio deve poter incontrare uno spiraglio aperto verso il
cielo grazie all’inaspettato incontro con rapporti all’insegna «del
rispetto, del dialogo, dell’amicizia», secondo le parole del Papa.
No, da oggi in poi aggiornare la propria bacheca personale su Facebook, inserire un commento su un blog, caricare un video su
YouTube – magari incrociando il canale vaticano aperto proprio ieri
– non sarà la stessa cosa. Definire le 'tecnologie della relazione'
come un «vero dono per l’umanità » – pur con tutte le avvertenze
dettate da un’«approfondita conoscenza» e da un «adeguato utilizzo»
– vuol dire infatti capovolgere il computer e usarlo per creare
comunità anziché trincee di solitudine tecnologica, toccando «le
menti e i cuori» di chi abita il mondo virtuale. Il sesto continente
dell’evangelizzazione è lì, un clic e si attracca. Sta aspettando
esploratori con il coraggio dei primi cristiani.
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