Congresso organizzato dal Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali
La stampa cattolica si interroga su quale sia il proprio ruolo
nell'era del digitale. Duecento giornalisti provenienti da
ottantacinque Paesi del mondo sono riuniti in questi giorni a Roma
nel Congresso internazionale [4-7 Ottobre 2010] organizzato dal
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Iniziato lunedì 4
ottobre, si concluderà giovedì 7 con l'udienza concessa da Benedetto
XVI. Si tratta del quinto congresso organizzato dal Consiglio a
dimostrazione di un'attenzione crescente per le varie dimensioni
nelle quali si articola la comunicazione oggi.
Dunque, dopo le
televisioni cattoliche, convocate a Madrid nel 2006; dopo le
facoltà di comunicazione delle università cattoliche riunite nel
2008 a Roma e poi, le radio cattoliche, sempre a Roma nel 2008; dopo
i vescovi responsabili della comunicazione all'interno delle
conferenze episcopali dei vari Paesi accolti lo scorso anno a Roma,
quest'anno è la volta dei giornalisti. L'intento è quello di
analizzare la presenza della stampa cattolica nell'attuale contesto
mondiale, fortemente influenzato e segnato dalle nuove tecnologie
che spingono verso la multimedialità, e cercare di recuperare il
senso della propria identità e della propria missione.
Questa mattina, martedì 5, i lavori si sono concentrati proprio
sulle prospettive future. L'arcivescovo presidente, Claudio Maria
Celli, nel saluto di apertura del congresso, aveva in effetti
tracciato le linee da seguire per un dibattito teso a ridefinire il
ruolo della stampa cattolica in una prospettiva di servizio. Un
dibattito possibile a proposito della stampa, ha detto, "solo se ci
si domanda quale deve essere il suo ruolo nella società e nella
Chiesa". L'ideale sarebbe dare vita a una stampa cattolica intesa
come una missione "suggestiva quando la si vive come realtà vicina,
in grado di accompagnare la vita, capace di cogliere le
preoccupazioni, i desideri, i progetti delle persone che sono, poi,
i suoi lettori. Non solo di quelli che appartengono alla comunità
cattolica: sembrerebbe ovvio il dirlo, ma a volte non è così
evidente".
È chiaro invece che in una società sempre più multiculturale e
multireligiosa il servizio reso debba svolgersi nel contesto di un
articolato, serio e rispettoso dialogo culturale, dove emergono
esigenze nuove e diversificate, ma dove, in pari tempo, risplende
senza timore quella verità integrale sull'uomo che la luce della
fede aiuta più facilmente a percepire e la Chiesa, esperta in
umanità - come ha ripetuto monsignor Celli nel suo intervento - fa
trasparire con le sue ampie visioni.
Una sottolineatura dunque del ruolo della stampa cattolica, anche e
soprattuto all'interno della Chiesa, perché può essere "uno
strumento privilegiato nel non facile dovere di favorire e nutrire
la comprensione intellettuale della fede". Solo così, ha notato
ancora l'arcivescovo Celli, "si diventa luogo in cui si promuove una
proficua comunione tra le varie parti o settori che compongono la
comunità ecclesiale e si diventa efficaci nell'affrontare e offrire
soluzioni ai problemi di oggi".
Su queste tematiche si sono sviluppati i lavori delle prime giornate
congressuali. Ne hanno parlato tra gli altri Ferruccio de Bortoli,
direttore del "Corriere della Sera", Michael Prüller, vice direttore
di "Die Presse", Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire", Dominique
Quinio, direttore de "La Croix", Michael Rutz, direttore di "Rheinischer
Merkur" nella prima giornata; il vescovo di Coutances et Avranches,
monsignor Stanislas Lalanne, Carole Andrade, l'editore indiano di "Afternoon
Despach and Courrier", il docente della facoltà di comunicazione
dell'università Sant'Agostino in Tanzania, Bernardine Mfumbusa, il
rappresentante di Carlos Arturo Quintero, segretario del
dipartimento di comunicazioni del Consiglio Episcopale Latino
Americano, e il direttore del nostro giornale.
La discussione si è incentrata innanzitutto sulle "emergenze
mediatiche", quelle che hanno visto spesso la Chiesa messa sotto
accusa per diverse vicende, anche se l'informazione non è stata
sempre corretta. Lo ha ribadito monsignor Celli quando ha invocato
"rigorosa e corretta informazione religiosa", soprattutto nel
momento in cui "quella offerta da molta parte della stampa laica è
poco oggettiva e, a volte, fuorviante".
A questo proposito Tarquinio ha denunciato "un impressionante
snobismo mediatico che relega in secondo piano notizie, pur
rilevanti, che parlano della Chiesa". Una cosa che è avvenuta non
più tardi di "ieri alla visita del Papa a Palermo" ha detto il
direttore di Avvenire, finita "nelle retrovie dei notiziari". Una
considerazione già avanzata nell'edizione di ieri del nostro
giornale dall'editoriale sulla visita di Benedetto XVI in Sicilia.
La scarsa attenzione sia all'informazione sia alla formazione, ma
soprattutto "le critiche esterne, comprensibili e legittime - ha
detto nel suo intervento il nostro direttore - e quelle interne,
meno comprensibili e meno legittime, hanno finito per diffondere
stereotipi, come quello della presunta incapacità della Santa Sede
di reagire". Compito della stampa cattolica è quello di informare e
di formare - ha aggiunto tra l'altro il direttore - per "contribuire
alla crescita politica e religiosa della società". Per sincerarsene
basterebbe rileggere la lettera a Diogneto: "Ciò che è l'anima nel
corpo, questo sono i cristiani nel mondo". E più avanti: "La carne
odia l'anima e le fa la guerra, senza averne avuto alcun torto".
Su informazione corretta e formazione punta "L'Osservatore Romano",
nell'ottica di quella che "Romano Guardini - ha spiegato il
direttore - chiama visione cattolica. Etimologicamente vuol dire
universale e, storicamente, cristiana secondo le tradizioni della
Chiesa di Roma". Una tradizione che da sempre pone il cristianesimo,
la Santa Sede e i suoi media all'avanguardia nel mondo della
comunicazione. Il nostro direttore ha poi accennato al ruolo
interpretato oggi dai media vaticani nel mondo della comunicazione:
dal Centro televisivo vaticano, al Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, dalla Sala Stampa della Santa Sede, alla
Radio Vaticana fino a "L'Osservatore Romano". Parlando
dell'esperienza del giornale della Santa Sede, ne ha sottolineato
l'identità politica e religiosa internazionale, come dimostrano le
diverse edizioni periodiche che hanno raccolto la sfida della
diffusione del magistero del Papa in tutto il mondo. Come mostra
soprattutto l'esempio dell'edizione settimanale in lingua spagnola
che ha raggiunto, grazie all'abbinamento con "La Rázon", oltre
duecentomila copie di tiratura.
Di numeri hanno parlato anche Amy Mitchell, vice direttore del Pew
Research Center (progetto per l'eccellenza in giornalismo) e Prüller.
Dai dati comunicati si evidenzia proprio una discriminazione nei
confronti dei cristiani. Una situazione denunciata anche da altri
rappresentanti dei media dei Paesi d'Europa nei quali, nonostante
siano abitati per l'85 per cento della popolazione da cristiani,
essi vengono regolarmente ignorati. Concluse le relazioni i
partecipanti al congresso hanno sviluppato, in gruppi di lavoro
continentali, la riflessione su come possa la stampa cattolica
contribuire al dibattito pubblico, alla diaconia della cultura, alla
vita della Chiesa.
Nel pomeriggio di martedì 5, si affronta il tema "Comunione
ecclesiale e controversie. Libertà d'espressione e verità della
Chiesa". Intervengono Anna Arco, del "Catholic Herald" di Londra,
John Thavis capo della redazione romana del "Catholic News Service",
il gesuita Federico Lombardi direttore della Sala Stampa, della
Radio Vaticana e del Centro televisivo vaticano, il vescovo di
Albano monsignor Marcello Semeraro e Ludwig Ring-Eifel, direttore
del "Katholiske Nachrichtenagentur Pressebild".
I lavori di gruppo continentali sono invece dedicati a un argomento
delicato quale quello delle controversie. La giornata di mercoledì 6
sarà invece dedicata ai nuovi media e alle sfide che si pongono
nell'era del digitale.
(©L'Osservatore Romano - 6 ottobre 2010)
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